[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

164 / AGOSTO 2021 (CXCV)


arte

CONQUISTA DELLO SPAZIO E INFLUENZE SULLA MODA
КОСМИЧЕСКАЯ ГОНКА IN URSS / PARTE II

di Denisa Kucik & Leila Tavi

 

Nel 1962 Pavel Klušancev (Па́вел Влади́мирович Клуша́нцев, 1910–1999) ruppe la tradizione del cinema di fantascienza con finalità educative in Unione Sovietica con I sette navigatori dello spazio, conosciuto anche come Il pianeta delle tempeste (Планета бурь / Planeta bur’), che oltre ad avere effetti speciali molto sofisticati per l’epoca, presentava alcuni aspetti innovativi nella sceneggiatura, con un approccio umoristico alla storia e con una morale politica riguardo al confronto con gli Stati Uniti sulla corsa allo spazio. Il film è ispirato all’omonima novella di Aleksandr Kazancev (Алекса́ндр Петро́вич Каза́нцев, 1906–2002).

 

Come nel caso di Stazione spaziale K9 (Небо зовет) del 1959, uno dei primi film sovietici di successo sulla space race, per la regia di Aleksandr Kozyr’ (Александр Фомич Козырь, 1903-1961) e Michail Karyukov (Михаи́л Фёдорович Карюко́в, 1905), Planeta bur’ fu concepito come film di fantascienza per evitare problemi con la censura, come sottolineato dall’inizio del film che inquadra la filmografia su Venere come frutto dell'immaginazione, non avendo a disposizione in quegli anni sufficienti informazioni scientifiche sul secondo pianeta del sistema solare. Klušancev auspicava comunque che gli scienziati sovietici sarebbero riusciti in breve tempo a esplorare Venere. 

 

Il film si apre con tre astronavi, Vega (Вега), Sirius (Сириус) e Capella (Капелла), che si dirigono verso Venere in una spedizione sovietico-statunitense. All’inizio del film la Capella si distrugge, colpita da un asteroide, così, la Vega e la Sirius devono aspettare in orbita intorno a Venere una nave spaziale sostitutiva, l’Arcturus (Арктур), perché la missione richiede tre astronavi: due devono scendere su Venere, mentre la terza astronave deve rimanere in orbita per controllare la situazione. L’Arcturus ha bisogno di circa due mesi per raggiungere Venere, allora gli astronauti rimasti in vita decidono di esplorare comunque il pianeta.

 

Vediamo in questa foto di scena come l’abbigliamento dell’equipaggio non sia estroso e dai colori sgargianti, ma riporti alla mente il genere sobrio e pratico della tuta degli operai in fabbrica. Tra i partecipanti alla missione troviamo: Il’ja Veršinin (Илья Васильевич Вершинин, interpretato da Владимир Николаевич Емелья́нов / Vladimir Emel’janov, 1911—1975), il comandante della Sirius; Roman Bobrov (Роман Бобров, interpretato da Гео́ргий Степа́нович Жжёнов / Georgij Žžjonov, 1915-2005), l’ingegnere della Sirius; John (робот Джон, interpretato da Борис Александрович Прутковский / Boris Protkovskij, 1929—1976), il robot dell’austronauta e ingegnere statunitense Allan Kern (Аллан Керн, interpretato da Георгий Николаевич Тейх / Georgij Teich, 1906—1992), a bordo della Vega. 

 

John il robot avrebbe dovuto andare in perlustrazione da solo su Venere, ma il radiotelegrafista della Sirius, Alyoša (Алёша, interpretato da Геннадий Вернов), insiste per partecipare all’esplorazione insieme al geologo che è al comando della Vega, Ivan Ščerba (Иван Щерба, interpretato da Ю́рий Дми́триевич Сара́нцев / Yuri Sarantsev, 1928—2005). 

 

L’astronauta statunitense, insieme alla sua invenzione John, sceglie di scendere su Venere in aliante, mentre i sovietici utilizzano direttamente la nave spaziale Sirius. L’unica donna della missione, Maša Ivanova (Маша Иванова, interpretata da Кюнна Николаевна Игнатова / Kjunna Ignatova, 1934—1988) rimane in orbita nella Vega.

 

L’abbigliamento dell’unica protagonista donna rappresenta una delle poche note di colore, con il giallo caldo del dolcevita che Maša indossa, che crea una sensazione di tepore in un’ambientazione fredda e lunare. 

 

In Occidente il pull a collo alto rappresentava negli anni Sessanta l’emancipazione femminile e in Gran Bretagna la sua diffusione era dovuta al movimento di scrittori della metà degli anni Cinquanta soprannominato Angry Young Men, mentre negli Stati Uniti era un capo amato dai rappresentanti della Beat Generation e del Black Panther Party, l’organizzazione rivoluzionaria afroamericana.

 

Poco dopo il loro atterraggio, Maša perde il contatto con gli altri astronauti e, rimasta da sola, s’interroga se è meglio raggiungere i compagni su Venere per aiutarli o attendere in orbita che il contatto si ristabilizzi. 

 

Su Venere i cosmonauti devono affrontare creature e un ambiente ostili. Il pianeta è coperto da una vegetazione simile alla giungla e da fiumi di lava, popolato da dinosauri e altre bestie preistoriche. 

 

La spedizione può essere interpretata come un'allegoria del popolo sovietico, che è solidale, nonostante le avverse forze esterne, ma allo stesso tempo ha uno spirito pionieristico. Gli astronauti hanno, come ufficiali, disobbedito agli ordini dei superiori di non esplorare Venere prima dell’arrivo della nave spaziale di riserva, ma allo stesso tempo scendono a perlustrare il pianeta mossi dalla curiosità scientifica.

 

La scelta stilistica per le tute spaziali conferma la tendenza all’utilizzo di tessuti tecnici e comodi come calzamaglie, funzionali, con la possibilità di appendere corde per scalare, a cui però si abbina una parte rigida simile a uno scafandro di un palombaro.

 

I cosmonauti sovietici discutono insieme prima di correre il rischio di disobbedire agli ordini imposti dalla madre patria, in un gesto che sottolinea nei sovietici la tendenza al collettivismo, mentre l’astronauta statunitense prende la sua decisione in autonomia. Andare alla scoperta di un pianeta inesplorato sembra ai sovietici un giusto rischio in nome del progresso scientifico.  

 

La scelta di non aspettare i rinforzi dalla Terra, rappresenta la natura eroica del cosmonauta sovietico, che è pronto al sacrificio della sua vita per il progresso a beneficio della collettività. Questo tratto comune a molti film di fantascienza sovietici, li distingue da quelli statunitensi, che presentano di solito un mostro, un alieno o un’altra forza esterna da combattere in ambientazioni apocalittiche. Un genere distopico che i registi sovietici associano a una decadenza morale tipica dell’Occidente. 

 

In Planeta bur’ il conflitto è rappresentato invece da forze fuori dal controllo dei cosmonauti: l'asteroide che distrugge Capella, la flora e la fauna venusiane, oltre alle difficoltà tecniche che incontrano. Eppure, a un’analisi più profonda, l'ambiente "selvaggio" in cui i protagonisti della storia sono immersi può rappresentare una metafora delle potenze occidentali, il cui capitalismo è visto come una conseguenza negativa dei primordiali istinti dell'umanità.

 

Il progresso tecnologico e l’emancipazione femminile sono due temi portanti del film. John il robot è una semplificazione dell’ampio e complesso dibattito sulla cibernetica tra gli scienziati sovietici. Nel film Allan è designato dall'Associazione Internazionale degli Scienziati per testare la sua invenzione, John, durante la missione su Venere. 

 

Il robot ha una lontana somiglianza con Der Eisenhans, il protagonista di una fiaba dei fratelli Grimm, che nella versione inglese prende il nome di Iron John; è simile nell'aspetto a Robby the Robot del film statunitense The Forbidden Planet del 1956, diretto da Fred M. Wilcox (1907–1964). I due robot hanno in comune una cupola di vetro come il casco e artigli a tenaglia per le mani, ma a differenza di Robby, John ha una forma più spigolosa e presenta degli artigli come arti inferiori al posto delle scarpe rotonde di Robby.

 

Anche nella rappresentazione del robot notiamo quindi una certa differenza tra URSS e USA e l’idea un futuro prossimo caratterizzato da creazioni di cibernetica.

 

Negli anni '60 il governo sovietico non considerava più la cibernetica come "pseudoscienza borghese", ma in Planeta Bur’ gli scienziati sovietici sono contrari ad affidare l’esplorazione di Venere a un automa, mentre sono ben propensi alla collaborazione e  al confronto con il collega statunitense. 

 

John assiste i cosmonauti in molte occasioni, ma non è privo di difetti, insinuando l’idea nello spettatore che i robot potrebbero non essere così promettenti come sostengono gli scienziati in Occidente. Comico e maldestro nella sua rappresentazione, in una scena del film i cosmonauti cercando di comunicare con il robot, che non reagisce alle loro sollecitazioni e si chiude in un mutismo, suonando musica jazz. In un’altra scena un astronauta sovietico osserva che John risponde ai comandi soltanto se gli sono formulati con gentilezza.

 

Alcuni critici interpretano il robot John come una metafora degli Stati Uniti, che agli occhi dei sovietici, secondo la morale del film, devono essere messi alla prova come partner nella conquista dello spazio, anche se alla fine del film il robot si sacrifica e resta sul pianeta, perché la Sirius può portare indietro soltanto cinque astronauti e l'aliante non può tornare in orbita. John si sacrifica aiutando Allan e Ivan il geologo ad attraversare la lava incandescente per salire a bordo della Vega. 

 

Per quanto riguarda il ruolo della donna, durante la loro esplorazione su Venere, i cosmonauti sentono la voce di una donna ma non riescono a individuarne la provenienza. Alyoša possiede una pietra che ha trovato in fondo al mare di Venere, che alla fine del film cade dalla sua borsa e si apre in due. La pietra si rivela essere una scultura del viso di una donna dai tratti atipici per la Terra.

 

Dopo il decollo, una donna vestita di bianco emerge dal solco che la nave spaziale ha lasciato. Non possiamo vedere il suo viso, solo il riflesso della figura nell'acqua, ma la figura femminile alza le mani e canta con ardore.

 

Nella scena finale del film una figura misteriosa si riflette in una piscina di acqua naturale su Venere, lasciando intravedere la possibilità di forme di vita umanoidi fuori dai confini della Terra. Il costume scelto per la misteriosa figura femminile è in questo caso tradizionale, ricorda il peplo della Grecia classica nella forma e nel bianco candore.

 

Come John, anche la protagonista femminile del film, Maša, si sacrifica per la buona riuscita della missione. Sebbene abbia il fondamentale ruolo di intermediaria tra i suoi colleghi su Venere e la Terra, non fa parte della spedizione ed è come se rimanesse indietro, impossibilitata a vivere l’esperienza dei suoi compagni di viaggio, nonostante la sua esperienza in altre missioni importanti come quella dello Sputnik.

 

ll suo sacrificio rappresenta quello di molte scienziate sovietiche e occidentali che negli anni Sessanta ancora avevano un ruolo secondario nella ricerca, anche se con la morte di Stalin il culto della domesticità fu superato, ma la Doppelbelastung era il peso da pagare per l’emancipazione, che rispetto a quella delle donne occidentali non prevedeva una “questione femminile” da portare all’attenzione del governo. 

 

Nel film Maša sacrifica il suo desiderio di essere la prima donna a mettere piede su Venere, ligia al dovere. L’eroica cosmonauta incarna i tipici valori culturali femminili sovietici, quali lealtà e abnegazione, ma resta relegata a un ruolo “domestico”, con la Vega che rappresenta per tutti gli astronauti su Venere durante tutta la spedizione un quartier generale, un punto fisso, una “casa”, con una moderna Penelope, riflessiva e premurosa che aspetta il loro ritorno dall’avventura venusiana. 

 

Il regista del film Klušancev mette in scena queste due figure incomprese e oppresse in modo non convenzionale rispetto ai precedenti film sovietici sulle avventure spaziali, reinterpretandoli e discutendo allo stesso tempo, con leggerezza e senso dell’umorismo, di problemi scientifici e culturali all’interno della società sovietica.

 

 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]