N. 37 - Gennaio 2011
(LXVIII)
“Mitteleuropa”
storia di un concetto
di Marco Siddi
Il
termine
“Mitteleuropa”
è
stato
utilizzato
per
indicare
un
complesso
variabile
di
stati
e
regioni.
Nella
sua
accezione
più
ampia
include
gran
parte
dei
territori
un
tempo
occupati
dall'impero
asburgico
(corrispondenti
oggi
ad
Austria,
Ungheria,
Repubblica
Ceca,
Slovacchia,
Slovenia,
Sud
Tirolo,
Venezia-Giulia,
Romania
nord-occidentale
e
l'estremità
occidentale
dell'Ucraina,
ad
ovest
dei
Carpazi)
e le
attuali
Germania,
Polonia
e
Svizzera.
Considerata
l'estensione
dell'area
di
influenza
culturale
tedesca
fino
al
1945
e
quella
asburgica
fino
al
1918,
anche
buona
parte
dei
territori
delle
Repubbliche
baltiche
(Lituania,
Lettonia
ed
Estonia)
e
della
Croazia
può
essere
considerata
come
facente
parte
della
Mitteleuropa.
La
Mitteleuropa
corrisponde
all'area
dove
sono
fiorite
la
cultura
e la
lingua
tedesca,
i
numerosi
dialetti
di
quest'ultima,
ivi
compreso
l'Yiddish,
parlato
dalle
popolazioni
ebraiche
insediate
in
tutta
quest'area
fino
al
loro
sterminio
a
opera
del
regime
nazista.
Il
termine
fu
utilizzato
per
la
prima
volta
da
Friedrich
Naumann
nell'omonimo
testo
di
geopolitica
pubblicato
nel
1915.
Prete
liberale
ma
con
forti
tendenze
nazionaliste,
Naumann
auspicava
l'egemonia
politica,
economica
e
culturale
tedesca
nell'Europa
centro-orientale
al
termine
del
primo
conflitto
mondiale,
invocando
la
fusione
delle
nazioni
insediate
in
quest'area
del
continente
e
nei
Balcani
in
una
confederazione
guidata
dalla
Germania.
Come
emerge
già
da
queste
prime
considerazioni,
il
termine
in
questione
risulta
inseparabile
dalle
problematiche
essenziali
della
storia
europea
del
diciannovesimo
secolo
e
della
prima
metà
del
ventesimo
secolo:
la
questione
tedesca,
ovvero
l'unificazione
economica
e
politica
della
Germania,
la
sua
rapida
industrializzazione,
l'era
della
Weltpolitik
di
Guglielmo
II e
il
programma
di
espansione
nell'
Europa
centro-orientale
avviato
da
Ludendorff
e
Hindenburg
durante
il
primo
conflitto
mondiale
e
portato
alle
estreme
conseguenze
da
Adolf
Hitler
nella
ricerca
di
“spazio
vitale”
(Lebensraum)
ad
est.
Le
idee
di
Naumann
ebbero
notevole
risonanza
nel
mondo
di
lingua
tedesca.
Tuttavia,
esse
suscitarono
anche
notevoli
preoccupazioni
da
parte
delle
nazioni
che
avrebbero
avuto
un
ruolo
minore
o
subalterno
nella
Mitteleuropa
di
Naumann,
prime
fra
tutte
quelle
di
lingua
slava.
Per
questo
motivo,
il
leader
ceco
in
esilio
Tomaš
G.
Masaryk
e lo
storico
Robert
W.
Seton-Watson
lanciarono
la
pubblicazione
New
Europe
nel
Regno
Unito,
tramite
la
quale
sostenevano
la
causa
delle
nazioni
non
germaniche
situate
tra
Finlandia
e
Grecia.
Ancor
prima
che
dalla
propaganda
alleata,
che
aveva
scarso
effetto
all'interno
della
Germania,
il
progetto
di
Naumann
naufragò
dinanzi
ai
ben
più
ambiziosi
piani
di
espansione
ad
oriente
elaborati
dai
generali
Hindenburg
e
Ludendorff
nel
biennio
1917-1918.
Messi
in
pratica
con
il
punitivo
trattato
di
Brest-Litovsk
ai
danni
della
Russia,
tali
progetti
includevano
l'annessione
o
l'occupazione
di
Lituania,
Polonia,
Lettonia
e
dell'
Ucraina
fino
al
Mar
Nero.
Al
termine
della
prima
guerra
mondiale,
il
concetto
di
Mitteleuropa
perse
momentaneamente
importanza
a
causa
del
temporaneo
crollo
della
potenza
tedesca,
alla
quale
esso
era
strettamente
legato.
Una
serie
di
progetti
in
competizione
con
Mitteleuropa
emersero,
caratterizzati
dall'esclusione
della
Germania
al
loro
interno.
Nel
1918
il
premier
rumeno
Ionescu
e il
già
citato
Masaryk
proposero
la
creazione
di
una
confederazione
di
tutte
le
nazioni
a
est
della
Germania
e a
ovest
della
Russia.
L'idea
ebbe
breve
vita:
già
a
dicembre
dello
stesso
anno
le
delegazioni
polacca
e
jugoslava
abbandonarono
i
negoziati
sull'Unione
Democratica
Centroeuropea
proposta
da
Masaryk.
La
proposta
di
Edvard
Beneš,
assistente
di
Masaryk
e
co-fondatore
della
Cecoslovacchia,
riscosse
maggior
successo,
anche
se
solo
temporaneamente
e
per
via
della
modestia
dei
suoi
obiettivi.
Essa
consisteva
in
un'alleanza
difensiva,
una
“Piccola
Intesa”,
tra
Cecoslovacchia,
Jugoslavia
e
Romania
contro
i
tentativi
di
restaurazione
austroungarici.
Più
che
ad
unire
l'Europa
centrale,
l'alleanza
mirava
a
costituire
un
blocco
militare
da
cui
si
escludeva
una
parte
essenziale
di
quella
regione,
comprendente
città
come
Vienna
e
Budapest.
I
tentativi
di
estendere
l'alleanza
sul
piano
economico
fallirono
per
via
della
frammentazione
politica
della
regione,
i
numerosi
dazi
doganali
e il
devastante
impatto
della
Grande
Depressione.
Altre
proposte
contemporanee,
come
quelle
del
professore
ungherese
Elemer
Hantos
e
dello
statista
slovacco
Milan
Hoda,
riguardanti
la
formazione
di
una
confederazione
danubiana,
o
quella
del
conte
boemo
Richard
Coudenhove-Kalergi,
intesa
a
integrare
l'intera
Mitteleuropa
in
una
confederazione
Pan-Europea,
non
ebbero
alcun
riscontro
pratico.
La
crisi
degli
anni
trenta
e la
rapida
ripresa
economica
della
Germania
nazista
a
metà
del
decennio
lasciarono
l'intera
area
in
balia
dell'egemonia
economica
e
militare
di
Berlino.
La
sistemazione
politica
dell'Europa
centro-orientale
determinata
dai
trattati
di
Versailles,
Saint-Germain
e
Trianon
lasciò
più
di
17
milioni
di
individui
di
etnia
tedesca
al
di
fuori
dei
confini
della
repubblica
di
Weimar,
di
cui
circa
12
milioni
erano
diventati
cittadini
dei
nuovi
stati
di
Austria,
Cecoslovacchia,
Polonia
e
Danzica.
Tra
il
1919
e il
1933,
l'idea
di
una
Mitteleuropa
guidata
dalla
potenza
egemone
tedesca
rimase
viva
soprattutto
nelle
coscienze
di
queste
popolazioni,
a
cui
gli
Alleati
avevano
negato
ad
hoc
il
diritto
di
autodeterminazione.
Quest'ultimo
tema
venne
fatto
proprio
dalla
propaganda
nazista,
che
sfruttò
il
desiderio
di
unione
con
la
Germania
(Anschluss)
dei
tedeschi
d'Austria
e il
malcontento
delle
minoranze
tedesche
in
Polonia
e
Cecoslovacchia
per
giustificare
le
mire
espansionistiche
del
Terzo
Reich.
Al
desiderio
di
unione
con
la
Germania
da
parte
delle
popolazioni
tedesche
si
aggiunse
un
fattore
ancora
più
importante
a
favore
dell'egemonia
nazista
nella
Mitteleuropa.
Con
la
ripresa
economica
della
Germania
hitleriana
cominciò
un'intensa
penetrazione
commerciale
tedesca
in
tutta
la
regione.
Tale
penetrazione
assunse
la
forma
di
un
sistema
di
dipendenza
reciproca
tra
una
dozzina
di
stati
dell'Europa
centro-orientale,
che
esportavano
cibo
e
materie
prime,
e la
Germania,
esportatrice
di
prodotti
industriali.
Entro
pochi
anni
la
Germania
divenne
il
maggior
partner
economico
di
tutti
questi
paesi,
con
la
parziale
eccezione
della
Cecoslovacchia,
le
cui
esportazioni
erano
di
tipo
simile
a
quelle
tedesche.
Tuttavia,
le
ambizioni
di
dominio
nazista
andavano
ben
oltre
il
controllo
economico
della
Mitteleuropa.
Influenzato
probabilmente
dalle
idee
di
espansione
radicali
del
geopolitico
Karl
Haushofer
e
dal
programma
di
conquista
a
est
di
Hindenburg
e
Ludendorff
nel
1918,
oltre
che
dall'odio
nei
confronti
dell'URSS
comunista,
Hitler
decise
che
la
“Grande
Germania”
doveva
estendersi
fino
ad
Ucraina,
Caucaso
e
all'intera
costa
orientale
del
Baltico.
La
conquista
dello
“spazio
vitale”
a
est
prese
dunque
il
sopravvento
sul
concetto
di
una
Mitteleuropa
tedesca.
La
seconda
guerra
mondiale
distrusse
l'essenza
culturale
della
Mitteleuropa;
la
guerra
fredda
ne
distrusse
i
legami
economici
e
politici.
Durante
il
conflitto
mondiale,
milioni
di
persone
furono
espulse
dalle
loro
case
per
lasciar
spazio
ai
progetti
di
colonizzazione
tedeschi.
La
popolazione
ebraica
della
Mitteleuropa
fu
sterminata
nei
campi
di
Auschwitz,
Treblinka,
Sobibor,
Chelmno
e
Majdanek.
Con
essa,
scomparì
la
vivace
atmosfera
culturale
di
cui
erano
stati
protagonisti
Franz
Kafka,
Max
Brod,
Gustav
Mahler
e
Franz
Werfel.
Nella
sola
Polonia,
3
milioni
di
cittadini
ebrei
morirono
nei
campi
di
concentramento.
A
questi
si
devono
aggiungere
2,4-2,7
milioni
di
cittadini
polacchi
che
morirono
durante
il
conflitto,
vittime
della
durezza
dell'occupazione
tedesca
e
della
politica
nazista
di
eliminazione
sistematica
dell'
intelligentsia
polacca.
Inoltre,
al
termine
del
conflitto
12
milioni
di
tedeschi
furono
espulsi
dall'Europa
centro-orientale.
Con
essi
venne
cancellata
anche
la
secolare
influenza
germanica
in
queste
regioni.
Durante
la
guerra
fredda,
la
Mitteleuropa
divenne
quasi
completamente
parte
della
sfera
di
influenza
sovietica.
Punto
di
partenza
per
numerosi
eserciti
che
avevano
tentato
di
conquistare
la
Russia,
dai
Cavalieri
Teutonici
del
XIII
secolo
fino
alla
Wehrmacht
nel
1941,
la
Mitteleuropa
era
considerata
dai
sovietici
strategicamente
essenziale
nel
nuovo
contesto
di
rivalità
col
mondo
capitalista.
Per
questo
motivo,
l'URSS
impose
un
rigido
controllo
sulla
regione,
trasferendovi
dottrine
politiche,
economiche
e
culturali,
nonché
reprimendo
tentativi
di
emancipazione
di
stampo
liberal-nazionalista,
come
la
rivolta
ungherese
del
1956,
e
persino
tentativi
di
riforma
di
tipo
socialista,
quali
la
“primavera
di
Praga”
nel
1968.
Benché
rimanessero
alcune
voci
dissonanti,
specie
quelle
di
emigrati
come
Czesław
Miłosz
e
Milan
Kundera,
la
vita
culturale
della
Mitteleuropa
sovietica
fu
adattata
ai
rigidi
schemi
del
socialismo
reale.
Al
termine
della
guerra
fredda,
l'Europa
centro-orientale
recuperò
la
sua
indipendenza
politica,
economica
e
culturale.
Tuttavia,
a
questo
punto
le
idee
di
cooperazione
e
integrazione
mitteleuropee
erano
state
superate
dagli
eventi
storici
e
dalla
sopra
citata
frantumazione
dei
legami
politici,
economici
e
culturali
che
avevano
tenuto
insieme
la
regione
nella
prima
parte
del
ventesimo
secolo.
Tentativi
di
cooperazione
regionale
negli
anni
'90,
come
il
gruppo
di
Visegrad
(costituito
da
Polonia,
Ungheria,
Repubblica
Ceca
e
Slovacchia),
ebbero
scarsi
risultati.
Nei
vent'anni
successivi
alla
caduta
del
Muro
di
Berlino,
la
Mitteleuropa
è
diventata
sempre
più
parte
integrante
del
sistema
economico
e
politico
dell'Unione
Europea.
Questo
può
essere
considerato
uno
sviluppo
positivo
per
una
regione
che,
nello
scorso
secolo,
è
stata
caratterizzata
prima
da
regimi
autocratici,
genocidi
e
pulizia
etnica
e
successivamente
da
quattro
decenni
di
sovranità
limitata
imposta
dal
potente
vicino
orientale.
Tuttavia,
numerosi
problemi
che
accomunano
la
regione
restano
irrisolti,
primo
fra
tutti
un
diffuso
nazional-populismo
che
spesso
sfocia
in
ondate
xenofobe,
anti-rom
e
persino
antisemite
- si
pensi
all'attuale
governo
Orban
in
Ungheria
o ai
“fenomeni”
Kaczynski
in
Polonia
e
Haider-Strache
in
Austria.
Affrontare
questi
problemi
sarà
reso
ancora
più
difficile
dal
fatto
che
anche
in
numerosi
stati
europei
a
occidente
della
Mitteleuropa,
spesso
presi
come
esempi
di
democrazia
e
liberalismo,
fenomeni
come
xenofobia,
intolleranza
e
populismo
dominano
nuovamente
la
scena
politica.
Questo
articolo
è
basato
sui
contributi
offerti
da
Robert.
J.W.
Evans,
Lothar
Hoebelt,
Milan
Hauner,
Muriel
Blaive,
Emil
Brix,
Hannes
Adomeit,
Josef
Jarab
e
Otto
Pick
durante
la
conferenza
sul
tema
“Does
Central
Europe
still
exist?”
(Vienna,
8-9
novembre
2006)
e
raccolti
nel
volume
edito
da
Thomas
Row,
Does
Central
Europe
Still
Exist?,
Favorita
Papers
of
the
Diplomatic
Academy
Vienna
(03/2006).