st.louis 1904, il
punto più basso
della storia
olimpica
la gloria in cinque
cerchi
– parte Iv
di Simone Valtieri
La presenza delle donne, inaugurata alle Olimpiadi
parigine, quasi scomparve per volere di De Coubertin
stesso già alla successiva edizione, a St.Louis nel
1904, in quanto contrario alla pratica sportiva
femminile.
Le Olimpiadi attraversarono l’Atlantico con
la speranza di rilanciarsi dopo il flop parigino e la
città designata fu scelta a discapito di Chicago o New
York grazie all’intervento del presidente americano Theodore Roosevelt, per far coincidere l’evento con
l’Esposizione Mondiale di quell’anno.
Fece il suo
debutto olimpico il pugilato e si resero protagonisti di
una comparsata sport praticati in Nord America come il
lacrosse e il roque.
Dei 687 concorrenti iscritti oltre
cinquecento erano statunitensi, che monopolizzarono il
medagliere vincendo 76 gare su 90.
La presenza europea
era ridotta ai minimi termini in quanto la trasferta
risultava onerosa per i più.
Nessun italiano partecipò
alle gare. Non ci fu neanche il successo di pubblico
sperato, anche alle competizioni più accese, che si
svolsero all’interno delle strutture della Washington University, erano presenti poche migliaia di spettatori.
La pista di atletica misurava 536 metri ed era ricoperta
da un manto di cenere e per le prove di nuoto venne
utilizzato un bacino artificiale all’interno del campus,
che era anche usato per lavare gli animali della fiera.
L’acqua melmosa e inquinata provocò addirittura il
decesso di quattro pallanotisti colpiti dal tifo.
L’atletica leggera fu l’unica disciplina di un certo
livello internazionale che vide ai nastri di partenza
atleti da dieci nazioni.
Gli americani vinsero comunque
23 gare su 24, i loro eroi furono James Lightbody nel
mezzofondo, Harry Hillman negli ostacoli, Archibald Hahn
nella velocità e il già citato Ewry nei salti, tutti con
tre affermazioni a testa.
Nella maratona, in una
giornata di caldo afoso, vinse Thomas Hicks, dopo la
squalifica di Fred Lorz, che aveva percorso alcuni
chilometri del percorso in automobile.
Hicks arrivò
distrutto nello stadio, grazie anche ad alcuni beveroni
che il suo allenatore gli aveva fatto prendere durante
la gara, a base di albume d’uovo, brandy e stricnina,
provocandogli uno stato di spossatezza talmente forte
che non fu scattata alcuna foto celebrativa all’arrivo.
Quarto arrivò un postino cubano, Felix Carbajal, che
perse tutti i suoi averi al gioco in una bisca di New
Orleans e si presentò alla partenza all’ultimo momento
in pantaloni lunghi e stivaloni da cowboy, recuperati
per strada prima di arrivare.
Corse tutta la gara con
quelle calzature e se non fosse stato per i crampi e per
alcune mele acerbe colte durante il tragitto, che gli
procurarono forti dolori di stomaco, avrebbe
probabilmente portato a termine la prova da vincitore.
Nella ginnastica a farla da padrone furono i due
statunitensi Anton Heida, con cinque vittorie il più
vittorioso atleta di questa edizione, e George Eyser che
gareggiava con una gamba di legno perché finito sotto un
tram in giovane età e che portò a casa sei piazzamenti
tra i primi tre.
Marcus Hurley vinse in quattro gare di
ciclismo, prima di appendere la bicicletta al chiodo e
dedicarsi alla pallacanestro prima e a una brillante
carriera da architetto poi.
Nella scherma il cubano
Ramon Fonst vinse tre ori tra spada e fioretto,
diventando il primo atleta latino-americano a
conquistare un alloro olimpico.
A proposito di etnie, si
toccò a St.Louis il punto più basso di sempre nella
storia olimpica, con le “giornate antropologiche”, gare,
mascherate da esperimenti scientifici con in realtà
forti connotati razzisti, che vedevano cimentarsi atleti
di varie etnie tra i quali filippini, nativi americani,
mongoli, inuit e pigmei.
Gli stessi gareggiarono in
discipline mai provate prima e che a causa delle loro
difficoltà e dei loro goffi tentativi di confrontarsi,
suscitavano l’ilarità del pubblico presente.
Lo stesso
De Coubertin, che non aveva mai autorizzato un simile
spettacolo, si vergognò a vita dell’accaduto.