N. 8 - Agosto 2008
(XXXIX)
il mito delle
olimpiadi antiche
la gloria in cinque
cerchi – parte I
di Simone Valtieri
Domanda: come si fa a racchiudere la più bella raccolta di
storie che lo sport possa narrare nelle poche righe
di un articolo? Risposta:
non si può.
Perciò si avvisano i gentili lettori che l’articolo
che si apprestano a leggere è altamente incompleto
ed è solo una minima parte di ciò che è il grande
racconto delle Olimpiadi e che meriterebbe giorni,
mesi, anni e – perché no – secoli di
approfondimento.
Centododici anni: un secolo e spiccioli è l’età che
compiono i Giochi Olimpici, come noi li conosciamo,
l’8 agosto del 2008 a Pechino.
Otto-otto-zerootto, i Cinesi sono superstiziosi e visto che
l’otto è considerato un numero fortunato, perché non
cominciare le XVIII Olimpiadi dell’era moderna in
quella data? Dell’era moderna, è bene precisare, visto che in realtà i giochi sono nati nel lontano 776
a.C. ad Olimpia, antico centro del Peloponneso.
In quella data vi si recarono atleti e spettatori da tutta
la Grecia e non solo, per partecipare a una
manifestazione dai connotati più religiosi che
sportivi.
Giochi in onore degli dei: di conseguenza la città di
Olimpia, e le successive sedi della manifestazione,
venivano interdette agli eserciti in armi durante
tutto il periodo delle gare e veniva dichiarata la
cosiddetta “tregua olimpica”.
Di certo non si può ancora parlare di sport come lo
conosciamo oggi: se già alcuni eventi di inizio
secolo possono sembrare anacronistici se messi a
confronto con quelli odierni, figuriamoci che
differenza può esserci tra una disciplina di 2800
anni fa e una di oggi.
In quell’epoca, ad esempio, era frequente addirittura
perdere la vita durante una semplice competizione
sportiva.
E’ quello che accadde in una storia dai
connotati epici ad Arrachione, lottatore, già vincitore
due volte nella sua categoria e che si accingeva a
partecipare nel 564 a.C. alla sua terza olimpiade.
Durante la finale fu afferrato in una presa di
strangolamento dall’avversario, di cui gli annali non
tramandano il nome.
Nonostante l’evidente situazione di
difficoltà riuscì a liberare la gamba destra e con
questa a fare pressione sulla caviglia sinistra del suo
rivale che fu costretto, sentendosi la gamba come
strapparsi dal corpo, a dichiarare la resa alzando la
mano libera.
I giudici decretarono la fine del
combattimento e la vittoria di Arrachione, ma questo,
ancora avvolto dal braccio del rivale, nel tentativo di
liberarsi si era fratturato le vertebre cervicali
morendo all’istante, prima ancora di sapere della sua
vittoria.
Vincere o morire, si dice talvolta: Arrachione
riuscì a fare entrambe le cose insieme.
I giochi olimpici antichi continueranno fino al 393 d.C. A
decretarne la fine fu l’imperatore bizantino Teodosio,
che su esplicita richiesta del vescovo di Milano
Ambrogio, vietò ogni tipo di gioco pagano.
Si tentò più
volte di ripristinare l’antica manifestazione, ma
soltanto millecinquecento anni più tardi l’iniziativa
ebbe successo.
Il merito fu del barone Pierre de Coubertin.
Egli aveva l’opinione che il corpo e la mente
andassero educati alla stessa maniera e che principi
come il rispetto, la correttezza, la lotta e il
divertimento dovessero essere alla base della formazione
di un giovane.
Fu così che la costituzione del Comitato
Olimpico Internazionale (CIO) nel 1894 gettò le basi per
la ripresa delle Olimpiadi.
Due anni più tardi fu Atene,
in omaggio alla storia, ad ospitare la prima edizione
dei giochi moderni.
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