N. 52 - Aprile 2012
(LXXXIII)
Misteri italiani
Dove abbonda il "Segreto di stato"
di Renato Biondini
Sono
stato
sempre
appassionato
alle
vicende
relative
ai
vari
misteri
“politici”
della
nostra
Repubblica
e
non
mi
rassegno
al
fatto
che
su
queste
vicende
non
si
riesce,
nonostante
siano
passati
molti
anni
dai
fatti,
a
conoscere
come
sono
andate
realmente
le
cose,
a
partire
dal
mistero
della
morte
di
Benito
Mussolini
che
pose
fine
al
fascismo
in
Italia
e
che
portò
alla
nascita
della
Repubblica,
passando
per
il
rapimento
e
l’uccisione
di
Aldo
Moro,
fino
alle
stragi
del
1992/1993
dove
morirono,
tra
gli
altri,
Giovanni
Falcone
e
Paolo
Borsellino
e
nelle
quali
ci
sono
ancora
dei
lati
oscuri
da
chiarire.
Per
esempio,
secondo
le
ultime
ricerche
portate
avanti
dal
giornalista
Fabio
Andriola,
Mussolini
fu
ucciso
in
modo
diverso
da
quanto
raccontato
dalla
storia,
sta
emergendo
un’altra
versione
che
sbugiarda
la
versione
ufficiale
portata
avanti
dalla
Resistenza.
Perché
si è
voluta
nascondere
la
verità,
quale
altro
evento
così
inconfessabile
si è
voluto
celare?
Qualche
ipotesi
può
essere
fatta,
come
il
fatto
che
la
morte
di
Mussolini
fu
voluta
dagli
inglesi
per
recuperare
il
carteggio
segreto
intercorso
negli
anni
precedenti
tra
il
Duce
e
Churchill
o
anche
l’ipotesi
che
i
valori
(il
famoso
oro
di
Dongo)
sequestrati
ai
gerarchi
fascisti
che
erano
al
seguito
di
Mussolini,
furono
spartiti
alle
nascenti
nuove
forze
politiche
tra
cui
il
partito
comunista.
Altro
caso
ancora
avvolto
nel
mistero
è
quello
relativo
ai
mandati
e
agli
esecutori
della
strage
di
via
D’Amelio
a
Palermo,
molti
ed
inquietanti
interrogativi
emergono
da
una
nuova
inchiesta
dei
magistrati
di
Caltanisetta
per
l’ipotesi
di
depistaggio
sull’eccidio
di
Paolo
Borsellino
e
della
sua
scorta,
dove
emerge
tutta
un’altra
verità
da
quella
conosciuta
finora.
Quante
persone,
magistrati,
giudici,
giornalisti,
scrittori,
o
semplici
cittadini
che
per
ruolo
istituzionale
e/o
per
solo
amore
per
la
verità
hanno
cercato
di
indagare
su
questi
fatti
non
ci
sono
riuscite
o
perché
non
hanno
raccolto
prove
sufficienti,
o
perché
sapevano
troppo
sono
state
messe
nella
condizione
di
tacere.
Perché?
L’unica
spiegazione
possibile
è
che
la
verità
non
la
si
può
svelare,
in
quanto
su
questi
fatti
lo
Stato
ha
imposto
il
segreto
di
stato.
Il
segreto
di
stato
è un
vincolo
posto
su
atti,
documenti,
notizie,
attività,
cose
e
luoghi
la
cui
divulgazione
può
danneggiare
gravemente
gli
interessi
fondamentali
dello
Stato.
Si
tratta
di
un
atto
politico
che
può
essere
disposto
esclusivamente
dal
Presidente
del
Consiglio
dei
ministri
in
quanto
vertice
del
potere
esecutivo.
In
questa
ottica,
è
evidente
che
lo
Stato
non
lo
dice
apertamente
che
quel
determinato
fatto
è
coperto
da
segreto.
Appare
logico,
infatti,
che
se
su
un
evento
viene
apposto
il
segreto,
non
lo
si
può
neanche
dire
apertamente
in
quanto
anche
l’apposizione
del
segreto
deve
essere
segreto,
dichiarando
ufficialmente
che
si è
apposto
il
segreto,
esso
viene
automaticamente
vanificato.
Questo
fa
sì
che
la
magistratura
su
queste
vicende
apre
un’indagine,
un
procedimento
giudiziario,
processi
che
durano
anni,
decenni,
impiegando
notevoli
risorse
umane
ed
economiche,
e
che
si
concludono
con
un
nulla
di
fatto.
Viene
quindi
a
nascere
una
dicotomia
tra
una
parte
dello
Stato
che
cerca
la
verità
e
l’altra
che
cerca
di
nasconderla.
Ma è
possibile
che
ciò
accada
in
un
paese
che
si
reputa
democratico?
Negli
altri
paesi
più
“civili”
del
nostro,
succede
la
stessa
cosa?
Ho
trovato
sempre
insopportabile
ed
inaccettabile
che
nelle
varie
cerimonie
ufficiali
in
ricordo
dei
più
importanti
misteri
italiani
(per
esempio
il
caso
dell’aereo
dell’Itavia
caduto
nel
mare
di
Ustica
il
27
giugno
1980)
le
più
alte
cariche
dello
stato
come
il
Presidente
della
Repubblica
enuncino
la
volontà
e la
determinazione
dello
Stato
di
ricercare
la
verità
ed
individuare
i
responsabili,
ma
poi
dopo
anni
se
non
decenni
la
verità
non
viene
svelata.
I
casi
sono
due,
o
queste
enunciazioni
sono
parole
di
circostanza
dettate
dal
protocollo
istituzionale
ma
nella
realtà
chi
le
pronuncia
sa
che
il
fatto
deve
rimanere
segreto
(si
devono
dire
delle
cose
ma
si
sa
di
mentire)
o
chi
pronuncia
quei
discorsi
crede
in
quello
che
dice
e
quindi
è
vero
che
lo
Stato
si
impegna
e
vuole
scoprire
la
verità,
ma
allora
abbiamo
uno
Stato
impotente
e
questo
forse
è
ancora
peggiore.
Secondo
questa
seconda
ipotesi
quindi
lo
Stato
nonostante
tutti
i
suoi
sforzi,
non
riesce
a
scoprire
la
verità
su
queste
vicende
svoltesi
sul
proprio
territorio
ma
allora
che
Stato
è?
Forse
c’è
un
motivo
per
il
quale
il
nostro
Stato
non
ha
la
sovranità
sul
proprio
territorio
e
sul
proprio
popolo?
Il
tutto
sarebbe
spiegabile
(o
quasi)
negli
accordi
internazionali
che
l’Italia
ha
stipulato
poco
dopo
la
fine
del
secondo
conflitto
mondiale.
In
effetti
dalla
documentazione
sul
segreto
di
stato
in
Italia
si
evince
che
per
il
segreto
di
stato
c’è
un
limite
temporale
di
15
anni,
prorogabile
di
altri
15.
Ma
quando,
in
base
ad
accordi
internazionali,
la
sussistenza
del
segreto
incide
anche
su
interessi
di
Stati
esteri
o di
organizzazioni
internazionali,
il
provvedimento
con
cui
è
disposta
la
cessazione
del
vincolo,
salvo
che
ricorrano
gravi
ragioni
di
eccezionale
gravità
e a
condizione
di
reciprocità,
è
adottato
previa
intesa
con
le
autorità
estere
o
internazionali
competenti.
Questo
significa
che
in
base
ad
accordi
internazionali
se
la
sussistenza
del
segreto
o
meglio
la
conoscenza
della
verità
lede
gli
interessi
di
stati
esteri
essi
possono
negare
la
desecratazione
e
far
mantenere
il
segreto
per
un
tempo
indeterminato.
In
effetti,
considerando
come
siamo
usciti
miseramente,
moralmente
ed
economicamente,
dalla
seconda
guerra
mondiale,
e
vista
la
nostra
posizione
geopolitica
strategica
nello
scenario
internazionale
con
l’inizio
della
“guerra
fredda”
lo
stato
italiano
è
stato,
ed
ancora
in
parte
lo
è,
un
paese
a
sovranità
limitata.
Da
diverso
tempo
ho
in
mente
di
effettuare
una
ricerca
storica
su
alcuni
misteri
italiani,
non
solo
per
pura
passione
di
storico,
ma
anche
come
impegno
civile
contribuendo
a
rendere
giustizia
alle
vittime
e
dare
un
servizio
alla
collettività.
Ma
da
quello
che
ho
detto
in
precedenza,
non
ha
senso
fare
questo
tipo
di
ricerca,
perderei
solo
del
tempo,
non
riuscirei
mai
a
scoprire
la
verità,
considerato
che
è lo
Stato
che
vuole
celarla.
O
no?
La
domanda
che
si
deve
porre
è
un’altra,
i
segreti
di
stato
sono
contrari
alla
democrazia?
È
logico
che
il
segreto
di
stato
è
legittimo,
ma
più
sono
questi
segreti
di
stato
più
vengono
meno
le
regole
democratiche.
Secondo
il
prof.
Joseph
La
Palombara,
docente
alla
Yale
University
ed
esperto
di
politica
internazionale,
quando
negli
stati
c’è
la
tendenza
ad
apporre
su
molti
documenti
e
fatti
il
segreto,
ciò
non
può
che
insospettire
il
cittadino
che
si
chiede,
perché
il
mio
governo
sente
il
bisogno
di
nascondermi
tutte
queste
informazioni?
Perché
ci
sono
tutti
questi
documenti
top-secret?
Cosa
ha
fatto
il
che
non
vuole
che
io
sappia?
Ci
deve
essere
più
trasparenza
da
parte
dei
governi,
l’esistenza
di
troppi
segreti
fanno
male
alla
democrazia.
Ritornando
in
Italia,
anche
per
l’on.
Felice
Casson
(deputato
PD),
“è
invalso
un
uso
esagerato
e
non
corretto
dell’apposizione
del
segreto
di
stato”,
e si
dimenticherebbero
“gli
interessi
costituzionalmente
protetti
in
gioco:
l’accertamento
della
verità
su
fatti
gravissimi
e
l’esercizio
della
giurisdizione”.
“Il
messaggio
che
passa
è
che
i
servizi
segreti
possono
fare
quello
che
vogliono,
tanto
poi
possono
appellarsi
al
segreto
e
tutto
finisce
lì”.
È
evidente
infatti
che
in
una
democrazia
il
potere
appartiene
al
popolo
quindi
tanto
più
ci
sono
fatti
e
notizie
con
il
segreto
di
stato
tanto
più
al
popolo
è
negata
la
conoscenza
dei
fatti
e la
decisione
sugli
stessi
e
quindi
viene
meno
il
livello
di
democrazia
di
un
paese.