N. 75 - Marzo 2014
(CVI)
Eleusi
I misteri greci
di Dorotea Feliciotto
Il
termine
“mistero”
deriva
dal
greco
mysterion
ed è
connesso,
etimologicamente,
a
una
radice
indoeuropea
(mu)
che
significa
“chiudo
la
bocca”
e da
qui
deriverebbe
il
verbo
greco
myo
(iniziare
ai
misteri).
Tra
i
misteri
più
famosi
ricordiamo
quelli
che
si
celebravano
a
Eleusi,
piccola
cittadina
vicina
Atene,
in
onore
di
due
divinità:
Demetra
e
Persefone,
appartenenti
al
pantheon
olimpico.
La
prima,
nella
mitologia
greca,
era
sorella
di
Zeus
e la
sua
sfera
di
competenza
era
la
fecondità
del
suolo,
quindi
dea
del
grano
e
dell’agricoltura;
la
seconda,
detta
anche
Kore
–
giovinetta
-
era
figlia
di
Demetra
e,
insieme
allo
sposo
Ade,
dio
degli
inferi,
presiede
il
sottoterra.
Il
più
antico
documento
del
culto
è
l’Inno
a
Demetra
di
Omero
che
racconta
l’origine
dei
misteri:
il
rapimento
di
Persefone.
Mentre
la
giovane
raccoglieva
fiori
in
un
prato
insieme
alle
figlie
di
Oceano,
improvvisamente
la
terra
si
apre
lasciando
uscire
Ade,
insieme
al
suo
cocchio
trainato
da
cavalli,
che
trascina
con
sé
Persefone
nel
mondo
degli
inferi.
Demetra,
sentendo
le
urla
della
figlia,
si
mette
alla
sua
ricerca,
vagando
per
nove
giorni
senza
sapere
cosa
fosse
accaduto.
Da
Helios,
il
sole,
che
dall’alto
ha
visto
tutto,
apprende
che
la
figlia
è
stata
rapita
da
Ade
per
diventare
sua
sposa.
Demetra,
allora,
entra
in
crisi
e
non
accetta
la
volontà
degli
dei
di
stare
lontano
dalla
figlia.
Per
questo
motivo
si
avvicina
al
mondo
degli
uomini
e
assume
l’aspetto
di
una
donna
anziana.
Giungendo
a
Eleusi,
è
ospitata
dalla
famiglia
regale
a
cui
si
offre
come
nutrice
del
figlio.
Alleva
il
bambino
in
maniera
straordinaria,
nutrendolo
con
ambrosia,
il
cibo
degli
dei
e
immergendolo
nel
fuoco
la
notte
per
renderlo
immortale.
La
regina,
insospettita
delle
doti
della
nutrice,
la
spia
e,
vedendo
il
bambino
nel
fuoco,
lancia
un
grido
spezzando
l’incantesimo.
La
dea
Demetra
si
manifesta
allora
nella
sua
vera
identità
e
rimprovera
la
donna;
non
potendo
più
stare
a
contatto
con
gli
uomini,
esige
che
le
sia
eretto
un
tempio
in
suo
onore.
Ecco
che
si
presenta
un
momento
decisivo:
la
dea
in
lutto
fa
cessare
la
fecondità
del
suolo
e,
nonostante
gli
uomini
continuino
ad
arare
la
terra,
questa
non
produce
più
alcun
frutto.
Tutto
questo
minaccia
l’ordine
cosmico
poiché
gli
uomini
rischiano
di
morire
di
fame
e
gli
dei
di
non
ricevere
sacrifici.
Zeus
è
costretto
a
intervenire.
Invia
il
messaggero
degli
dei,
Hermes,
negli
inferi
per
consentire
a
Persefone
di
tornare
dalla
madre;
Ade
non
può
lasciare
andare
la
sua
sposa
in
maniera
definitiva
perché
la
ragazza
ha
mangiato
il
melograno.
Si
narra
che
chi
è
accolto
negli
inferi
e lì
ha
preso
cibo,
rimane
indissolubilmente
legato
a
esso.
Demetra
e
Persefone
si
ritrovano
ma
per
sei
mesi
l’anno
la
fanciulla
è
costretta
a
tornare
dal
suo
sposo;
in
quel
periodo
la
terra
diventa
infeconda
e
spoglia.
Si
tratta
chiaramente
dei
mesi
invernali
quando
generalmente
in
Grecia
la
vegetazione
ingiallisce
e
muore.
Dello
svolgimento
del
rituale
si
sa
ben
poco
poiché
si
trattava
di
riti
esoterici,
quindi
riservati
soltanto
agli
iniziati.
Si
celebravano
nel
mese
di
boedromione
(settembre-ottobre)
e la
prassi
prevedeva
tre
livelli
fondamentali:
si
compivano
“certi
riti”
(ta
dromena),
si
annunciavano
le
formule
sacre
agli
iniziati
(ta
deiknymenna)
e si
mostravano
ai
seguaci
spettacoli
o
oggetti.
Il
culto
era
aperto
a
tutti
quelli
che
conoscevano
la
lingua attica:
uomini,
donne,
bambini
e
schiavi
partecipavano
attivamente,
entrando
in
contatto
direttamente
con
le
divinità
considerate
personaggi
che
hanno
sofferto,
hanno
subìto
una
crisi
e
sono
riuscite
a
superarla.
Ciò
che
rendeva
il
rito
particolare
non
era
un
corpus
di
dottrine
che
venivano
trasmesse
ma
il
partecipare,
quindi,
a
un’esperienza
da
vivere
con
eventi
e
simboli.
Gli
iniziati
avevano
un
duplice
beneficio:
abbondanza
di
beni
nella
vita
terrena
e
garanzie
di
benessere
nella
vita
ultraterrena.
Sappiamo
che
anche
Cicerone
si
fece
iniziare
ai
riti di
Eleusi:
“Beneficio
migliore
che
Atene
abbia
portato
agli
uomini.
Attraverso
i
misteri
abbiamo
imparato
a
conoscere
i
principi
della
Vita
[principia
vitae]
e
attraverso
questi,
il
mezzo
non
solo
di
vivere
nella
gioia,
ma
anche
di
morire
con
una
speranza
migliore”
(De
Legibus
II,
14).
I
misteri eleusini
terminarono
ufficialmente
nel
391
con
un
editto
dell'imperatore
Teodosio.
Nonostante
la
città
e il
tempio
fossero
stati
distrutti
dai
Goti,
il
culto
ebbe
però
una
sopravvivenza
clandestina,
per
poi
definitivamente
scomparire
con
l’avvento
del
cristianesimo.