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N. 137 - Maggio 2019 (CLXVIII)

LA GRAN BRETAGNA E LA CRISI DEI MISSILI DI CUBA DEL 1962

Un RUOLO DIBATTUTO

di Sofia Abourachid

 

Gli inglesi hanno contribuito a salvare il mondo dalla possibile catastrofe nucleare del 1962? Quali sono stati gli aiuti concreti che hanno offerto? E come venne considerato il ruolo britannico?

 

Con il fine di rispondere a questi interrogativi e cercando di riflettere sulla complicità della Gran Bretagna in una crisi che a primo impatto fa pensare a mille implicazioni fuorché questa, si è voluto indagare la crisi dei missili di Cuba dalla prospettiva inglese.

Data l’importanza di questo evento – che ha visto l’installazione di missili sovietici da parte di Nikita Khrushchev in territorio cubano in un periodo critico come quello della guerra fredda – molti si sono dedicati allo studio della tematica inserita nel contesto delle relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Ma gli storici si sono interrogati anche riguardo il possibile coinvolgimento della Gran Bretagna. Aspetto specifico a cui, quindi, si è cercato di rivolgere le ricerche è stato quello delle relazioni tra Stati Uniti e Gran Bretagna in occasione della crisi missilistica del 1962.

 

Stati Uniti e Gran Bretagna, da sempre accomunati da lingua, interessi, valori e ideologie comuni, hanno visto l’instaurarsi di importanti rapporti. Inoltre, lo scambio di informazioni, tecnologie e risorse materiali, inaugurato durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale ha reso la relazione anglo-americana ancor più straordinaria. Ad aggiungersi a questo quadro vi sono stati il bisogno reciproco e l’insicurezza data dalle minacce sovietiche del secondo dopo-guerra, diventate base del rilancio della relationship.

 

Personalità essenziali nella relazione anglo-americana ai tempi della crisi di Cuba sono state il Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, il Primo Ministro britannico Harold Macmillan, e l’Ambasciatore inglese presente a Washington David Ormsby-Gore. In merito al coinvolgimento e all’importanza di queste figure la storiografia ha dibattuto a lungo aprendo a differenti correnti di pensiero. Ci sono autori che credono che gli inglesi abbiano avuto un ruolo marginale durante la crisi: hanno ritenuto che la Gran Bretagna sia stata meramente informata della presenza dei missili sovietici a Cuba al pari delle altre Nazioni alleate.

 

Diversamente, ci sono autori che esaltano il ruolo britannico riconoscendo nelle figure di David Ormsby-Gore e Harold Macmillan contributi essenziali per la risoluzione della crisi. Su questa scia c’è chi, come Alistair Horne, ha sostenuto che il Primo Ministro Macmillan e il Presidente Kennedy siano diventati amici e che l’affinità nata tra queste due figure, accompagnata dal rapporto di amicizia tra l’Ambasciatore Ormsby-Gore e Kennedy, abbia permesso un rilancio delle relazioni anglo-americane. Le diverse considerazioni dipendono anche dall’interpretazione che si è riconosciuta alla documentazione e ad alcuni termini specifici come quelli di ‘consultazione’, ‘informazione’ e ‘partecipazione’.

 

La Gran Bretagna si è vista coinvolgere a partire dal 21 ottobre 1962, giorno in cui il Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy informò gli alleati europei della scoperta dei missili a Cuba e della decisione di rispondere alla provocazione sovietica con l’imposizione di un blocco navale attorno all’isola caraibica.

 

Mentre i primi giorni della crisi, dal 16 ottobre al 21, gli Stati Uniti mantennero segreta la questione, per il resto della crisi John Fitzgerald Kennedy tenne con l’alleato inglese costanti aggiornamenti. Il Primo Ministro britannico Harold Macmillan fu, difatti, l’unico leader dei Paesi alleati con cui il Presidente Kennedy mantenne continue comunicazioni per gran parte di quei giorni. A tal proposito Arthur Schlesinger ha definito la loro relazione la più intima che il Presidente Kennedy abbia stretto con un leader straniero.

 

La storiografia ha riconosciuto grande peso anche all’Ambasciatore britannico David Ormsby-Gore vista l’amicizia nata col Presidente Kennedy già ai tempi della loro adolescenza. L’accesso privilegiato che l’Ambasciatore inglese ebbe alla Casa Bianca durante il periodo dell’amministrazione Kennedy permise alla Gran Bretagna maggior vicinanza all’alleato americano. Rilevante, inoltre, anche il ruolo della doppia spia Oleg Penkovsky che, presente a Mosca, riuscì a riportare all’Intelligence americana e inglese significative informazioni sulle operazioni sovietiche precedenti alla crisi di ottobre.

 

In quanto ai contributi effettivi, rilevante è stata la proposta dell’Ambasciatore inglese Ormsby-Gore di ridurre la misura della linea di quarantena da imporre attorno all’isola di Cuba. Ad aggiungersi a questa vi è stato anche il consiglio dato al Presidente Kennedy di rendere pubbliche alla stampa le foto dei voli U-2 con cui gli americani avevano rilevato la presenza dei missili in territorio cubano. I consigli avanzati da parte dell’Ambasciatore britannico hanno assunto grande rilievo nella risoluzione della crisi.

 

A questi si sommano gli sforzi del Governo inglese, che videro il Primo Ministro britannico Macmillan e il Ministro degli Esteri Sir Alec Douglas-Home, avanzare a Kennedy diverse strade di risoluzione della crisi. Non risultano, perciò, irrilevanti le informazioni e le proposte che nel complesso sono state offerte da parte inglese. È anche per questo che alcuni storici come Ernest May e Philip Zelikow hanno ritenuto David Ormsby-Gore e Harold Macmillan membri ‘de facto’ dell’Executive Committee, la Commissione creata da John Fitzgerald Kennedy per la risoluzione della crisi di Cuba del 1962.

 

L’Ex-Comm, formata a partire dal National Security Council, coinvolse coloro che il Presidente statunitense ritenne essere le menti migliori per la risoluzione della crisi in atto. Se alcuni storici sono arrivati a considerare gli alleati britannici come parte di questa Commissione significa che un ruolo importante l’hanno esercitato.

 

Attraverso Cuba, come ha sostenuto anche Henry Kissinger, gli inglesi sono riusciti a rendersi indispensabili nel processo di decision-making statunitense. Non tutti gli storici, però, sono stati dello stesso parere. Ma per contrastare coloro che svalorizzano la relazione speciale tra Stati Uniti e Gran Bretagna ritenendola al pari delle relazioni tra Stati Uniti e altre Nazioni europee basti pensare al Presidente francese Charles de Gaulle.

 

Compiendo un confronto tra le figure di Harold Macmillan e Charles de Gaulle pare evidente la differenza nel loro coinvolgimento: il Generale francese fu semplicemente informato dagli US all’inizio della crisi, così come gli altri Paesi alleati, ma con esso non si tennero i contatti che, invece, vi furono costantemente tra John Fitzgerald Kennedy e Harold Macmillan.

 

Considerato che il rapporto anglo-americano è stato messo in discussione da alcuni, il risultato ha visto gli storici, e le stesse Nazioni, percepire l’alleanza in modi diversi. Secondo alcuni autori la crisi dei missili di Cuba – nella sua fase iniziale – ha dimostrato come l’amministrazione americana riconoscesse poca importanza alla consultazione con gli alleati. Bisogna, pertanto, riconoscere che la relazione anglo-americana non godette sempre di segni positivi.

 

Vi sono stati momenti storici in cui l’abitudine alle consultazioni diplomatiche è venuta meno, come nel 1957 in occasione della crisi di Suez, e a fine 1962 durante la crisi dei missili Skybolt (in quell’occasione gli americani decisero unilateralmente, senza consultare gli inglesi, di eliminare i missili Skybolt che erano stati promessi in precedenza per dotare la Gran Bretagna di un proprio deterrente nucleare).

 

La relazione, fatta di alti e bassi, ha visto da una parte l’affermazione della supremazia americana, e dall’altra, il declino del potere britannico. Per gli inglesi è stato difficile accettare la perdita del proprio Impero, ma nel complesso, le relazioni anglo-americane sono state riaffermate con determinazione. La crisi di Cuba e il sostegno offerto in maniera incondizionata da parte britannica ne è stata prova.

 

La crisi dei missili di Cuba, inserita in un quadro più ampio, è servita ai Paesi europei a comprendere quali fossero gli interessi americani nella gestione della politica occidentale. A prova dello squilibrio di potere nel contesto internazionale si è vista accrescere la dipendenza degli alleati europei nei confronti degli Stati Uniti. Nel caso della Gran Bretagna, questo evento ha dimostrato in che termini gli inglesi siano riusciti ad influenzare le decisioni degli Stati Uniti. In quest’occasione ha trovato concretizzazione l’aspirazione di Harold Macmillan a contribuire alla risoluzione della crisi, spinta, oltre che dal timore di una guerra nucleare in Europa, dall’impulso ad esercitare un ruolo importante nelle sorti dell’assetto mondiale.

 

Quella che si è instaurata tra Stati Uniti e Gran Bretagna durante la crisi missilistica di Cuba non è stata solo un’alleanza volta a sconfiggere un nemico comune, ma ha permesso il salto di qualità per la special relationship anglo-americana.

 

Le fonti archivistiche, rese recentemente accessibili attraverso l’opera di declassificazione, hanno rivelato molti aspetti fino a poco fa sconosciuti. I numerosi riferimenti contenuti in questi documenti permettono di affermare che la Gran Bretagna è stata coinvolta nella risoluzione della crisi missilistica del 1962.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Sofia Abourachid, La special relationship anglo-americana e la crisi dei missili di Cuba: speciale per chi?, Tesi di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali, A.A. 2017/2018.



 

 

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