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N. 69 - Settembre 2013 (C)

le miniere di carbone sarde
storia, memoria e valorizzazione

di Marco Siddi

 

In Sardegna, lo sfruttamento delle miniere di carbone ha generato attese, speranze e delusioni per oltre un secolo. Soprattutto, ha segnato la vita di migliaia di famiglie di sardi che hanno trovato impiego nel settore.

 

Proprio in questi ultimi mesi dell’estate 2013, si parla di un parziale rilancio dell’industria carbonifera nel Sulcis, un’iniziativa sostenuta dalla politica per tentare di risollevare l’economia della provincia (quella di Carbonia-Iglesias) più povera d’Italia. Un investimento di 68,3 milioni di euro nei prossimi dieci anni dovrebbe condurre alla costruzione di una centrale termoelettrica non lontano dalla miniera di carbone di Nuraxi Figus, l’ultima rimasta attiva nel Sulcis e nell’intero territorio nazionale. Non c’è dunque migliore occasione per ricordare, seppur in modo molto riassuntivo, quella che è stata la storia del principale polo minerario sardo.

 

L’estrazione del carbone del Sulcis cominciò nel 1853, quando venne rilasciata la prima concessione per lo sfruttamento della miniera di Bacu Abis.

 

Fu però negli anni ’30 e ‘40 del secolo scorso che l’attività estrattiva conobbe una rapida espansione. Il periodo compreso tra il 1934 e il 1947 può essere considerato l’età d’oro dell’industria mineraria del Sulcis, attorno alla quale nacquero paesi e città e si sviluppò una notevole rete di comunicazioni stradali e ferroviarie.

 

La rapida espansione dell’estrazione del carbone in questi anni è riconducibile alle scelte politiche del governo nazionale. Negli anni ’30, il regime fascista avviò politiche autarchiche volte a rendere l’Italia quanto più possibile autosufficiente dal punto di vista economico.

 

Lo stato di guerra in cui l’Italia si trovò quasi ininterrottamente dal 1935 fino al 1945 – prima con l’aggressione all’Etiopia, poi con l’intervento nella guerra civile spagnola e infine lo scoppio della seconda guerra mondiale – rendeva insicure o impossibili le importazioni dall’estero.

 

In campo energetico, l’autarchia implicava un drastico aumento della produzione nazionale. Le miniere del Sulcis, insieme a quelle dell’Istria,  divennero i principali poli carboniferi del Paese. I dati relativi al carbone estratto nel Sulcis danno un’idea dell’espansione dell’attività mineraria in quegli anni: si passò da 53.427 tonnellate nel 1934 a un picco di 1.295.779 tonnellate nel 1940.

 

A gestire gran parte dell’attività estrattiva in Sardegna era la Società Mineraria Carbonifera Sarda, meglio nota come Carbosarda, costituita nel 1933.

 

Oltre all’estrazione del carbone, l’azienda aveva in origine un’importante funzione propagandistica: il regime tentava di dimostrare che l’Italia non era povera di materie prime e che, con la dovuta tenacia, poteva diventare indipendente dalle importazioni. Dietro questo mito nacque una delle più importanti realtà minerarie italiane.

 

L’impresa partiva con un vizio fondamentale: il carbone del Sulcis era di qualità inferiore rispetto a quello commerciato sui mercati internazionali e poteva competere solo sul mercato nazionale, a condizione che le importazioni restassero bloccate per scelta politica. Un ulteriore problema derivava dalla distanza tra i giacimenti carboniferi e le industrie che avrebbero dovuto beneficiare del prodotto, la maggioranza delle quali si trovava nell’Italia continentale.

 

Il secondo conflitto mondiale mise in evidenza quest’ultimo problema. Tra il 1942 e il 1943, la marina e la flotta italiana persero definitivamente il controllo dei canali di collegamento tra la Sardegna e il resto del Paese, mentre il porto di esportazione di Sant’Antioco venne bombardato pesantemente. L’isola restò tagliata fuori dal continente e la produzione di carbone si ridusse a 317.218 tonnellate nel 1943 (un quarto di quella dell’anno precedente).

 

Nell’immediato dopoguerra, tra il 1945 e il 1947, il bacino carbonifero del Sulcis conobbe un secondo periodo di sviluppo a causa della disperata necessità di fonti energetiche e delle difficoltà nel ripristino delle importazioni nell’immediato periodo post-bellico.

 

La produzione raggiunse e superò nuovamente il milione di tonnellate annue, ma si trattava di un fuoco di paglia. Con la ripresa del commercio internazionale e delle importazioni, la sorte del carbone del Sulcis era segnata, nonostante i notevoli sforzi per razionalizzare la produzione e ridurre i costi.

 

Alla competizione del carbone estero si aggiunse la diffusione di fonti energetiche alternative, petrolio e gas in primis, e la conseguente diminuzione dei consumi del carbone.

 

La neocostituita Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (Ceca) - di cui l’Italia faceva parte insieme a Francia, Germania Ovest, Belgio, Olanda e Lussemburgo – prevedeva inoltre il progressivo abbandono di giacimenti carboniferi di minore importanza come quelli del Sulcis, a vantaggio dei grandi poli produttivi in Belgio, Germania e Francia. I bilanci della Carbosarda erano costantemente in perdita e, a partire dal 1958, la produzione calò drasticamente, con la progressiva chiusura delle miniere.

 

La storia delle miniere del Sulcis dal secondo dopoguerra a oggi è dunque una storia di crisi; il recente tentativo di rilancio – l’ultimo di una lunga serie – dovrà essere valutato negli anni a venire.

 

Sono però nate importanti iniziative per la valorizzazione del patrimonio minerario del Sulcis e la preservazione della memoria di un periodo che ha profondamente segnato la storia contemporanea della Sardegna.

 

La più importante è senza dubbio quella che ha portato all’istituzione del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna nel 2001.

 

Il parco si estende su 3800 kmq complessivi e il suo valore culturale e ambientale è stato riconosciuto dall’UNESCO, che lo ha inserito nella rete di tutela internazionale Global Geoparks.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Alberti, Alberto e Massimo Carta, Industria mineraria e movimento operaio in Sardegna 1850-1950,  Edizioni Della Torre, Cagliari 1980.

Are, Giuseppe e Marco Costa, Carbosarda. Attese e delusioni di una fonte energetica nazionale, Ciriec/Angeli, Milano 1989.

Carta, Massimo, Carbonia - 70 anni: 1938 – 2008, Edizioni Sulcis, Carbonia 2010.

Cauli, Bruno, Dall'ossidiana all'oro: sintesi di storia mineraria sarda, Editrice S’Alvure, Oristano 1996.

Dessi’, Maria Dolores, Donne e bambini nell’epopea mineraria sarda, Astra, Quartu 1996.

Fantinel, Alessandra et al., Bacu Abis. Storia e racconti di vita, Edizioni Sulcis, Carbonia 2011.

Marzocchi, Giuliano, Cronistoria della Miniera di Montevecchio, Favilli Fausto Editore, Roma 1995.

Piras, Vincenzo, Bocca di miniera. Storia di uomini e di miniere nella Sardegna nord-occidentale, Carlo Delfino Editore, Sassari 2011.

Ruju, Sandro, I mondi minerari della Sardegna, Cuec, Cagliari 2008.

Sotgiu, Girolamo, Storia della Sardegna durante il fascismo., Laterza, Roma 1995.

Sotgiu, Girolamo, La Sardegna negli anni della Repubblica, Laterza, Roma 1996.



 

 

 

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