N. 141 - Settembre 2019
(CLXXII)
i décollages di mimmo rotella
l'ultimo
re
dei
re
di
Ludovica
Cozza
Caposavi
L’opera
L’ultimo
re
dei
re
fu
realizzata
da
Mimmo
Rotella
nel
1961.
Questa
è la
datazione
del
quadro
che
compare
nel
catalogo,
a
cura
di
Luca
Barbero,
della
mostra
Nascita
di
una
Nazione
tenutasi
a
Palazzo
Strozzi
a
Firenze
dal
16
marzo
al
22
luglio
2018,
dove
l’opera
è
stata
esposta.
L’ultimo
re
dei
re
appartiene
alla
collezione
Ahlers
e
non
si
hanno
notizie
della
sua
presenza
a
nessuna
mostra
degli
anni
Sessanta
e
nemmeno
informazioni
riguardanti
il
precedente
proprietario.
Questo
ci
lascia
supporre
che
sin
dalla
sua
creazione,
abbia
sempre
fatto
parte
di
una
collezione
privata.
Si
potrebbe
anche
ipotizzare
che
la
sua
realizzazione
sia
avvenuta
sotto
commissione
o
che
l’opera
sia
stata
acquistata,
appena
prodotta
dall’artista,
da
qualcuno
che
non
aveva
piacere
fosse
esposta
in
pubblico,
oppure
che
Rotella
stesso
non
volesse
che
quest’opera
divenisse
nota.
Per
parlare
di
questo
quadro,
è
necessario
accennare
al
processo
creativo
con
il
quale
fu
realizzato,
il
décollage.
Rotella
diede
vita
alla
tecnica
del
décollage
nel
1953,
definizione
coniata
da
Emilio
Villa,
critico
d’arte
che
fu
anche
il
primo
a
percepire
il
valore
di
questo
tipo
di
opere
consentendogli
di
esporle
alla
mostra
I
sette
pittori
sul
Tevere
a
Ponte
Santangel.
La
tecnica
in
questione
consiste
nell’azione
dell’artista
di
strappare
i
manifesti
dai
muri
della
città
per
poi
tornare
nello
studio
e
assemblarli
o
lacerarli
a
piacimento
con
le
mani
o
con
l’utilizzo
di
un
raschietto
o
del
manico
del
pennello.
Dopo
aver
terminato
quest’operazione,
ciò
che
resta
dei
manifesti
viene
incollato
da
Rotella
con
la
colla
vinavil
diluita
in
acqua
su
vari
tipi
di
supporti
differenti,
in
alcuni
casi
si
tratta
di
tele
di
juta
o
lino,
metallo,
cartone,
legno.
Le
opere
che
egli
realizza
con
questa
tecnica
nei
primi
anni,
dal
1953
al
1957,
consistono
in
manifesti
strapparti,
incollati
sulla
tela
e
poi
nuovamente
lacerati,
fino
a
ottenere
un
effetto
ben
definito
per
quanto
riguarda
la
materialità
e il
colore
dell’opera
che
è
ciò
che
interessa
all’artista
in
questo
periodo:
si
tratta
di
invertire
il
processo
del
collage
creando
una
vera
e
propria
decostruzione
dell’immagine
originaria.
In
principio
alcuni
dei
primi
manifesti
venivano
esposti
al
rovescio,
ottenebrando
ciò
che
la
gente
vedeva
e
poteva
riconoscere
in
quelle
opere.
I
décollages
nascono
in
un
periodo
di
crisi
dell’artista;
egli
stesso
nel
1957,
all’interno
del
catalogo
di
una
sua
mostra
alla
Galleria
Selecta,
per
descrivere
il
cambio
di
rotta
che
da
qualche
anno
aveva
preso
la
sua
produzione
disse:
«Strappare
i
manifesti
dai
muri
è
l’unica
rivalsa,
l’unica
protesta
contro
una
società
che
ha
perduto
gusto
dei
mutamenti
e
delle
trasformazioni
strabilianti.
Io
incollo
i
manifesti,
poi
li
strappo:
nascono
forme
nuove,
imprevedibili.
Ho
abbandonato
la
pittura
da
cavalletto
per
questa
protesta
(…)».
Certamente
erano
ben
impressi
nella
memoria
di
Rotella
i
muri
calabresi
ricoperti
dai
manifesti
con
gli
slogan
del
regime
fascista
che
richiamavano
i
cittadini
di
tutta
Italia
a
seguire
le
regole
della
dittatura
e
dalle
locandine
di
propaganda
politica.
Il
gesto
dello
strappo
dei
manifesti
nella
gioventù
dell’artista,
ovviamente,
è
visto
con
un
tabù
che
egli
sfaterà
solo
molti
anni
dopo
grazie
alla
comparsa
in
larga
scala
dei
manifesti
pubblicitari
e
cinematografici
che
utilizzerà
per
le
sue
opere.
Mimmo
Rotella
nasce
a
Catanzaro
nel
1918,
dove
rimase
a
vivere
con
la
sua
famiglia
fino
al
trasferimento
a
Roma
nel
1945
per
lavorare
come
disegnatore
per
l’Ufficio
del
Patrimonio
del
Ministero
delle
Poste
e
Telecomunicazioni.
Una
volta
trasferitosi
a
Roma,
Rotella
non
sembra
interessarsi
all’arte
americana
che
in
quel
periodo
stava
riscuotendo
molto
successo,
influenzando
e
ispirando
i
lavori
di
numerosi
artisti;
egli
invece
in
questi
anni
si
cimenta
in
un
tipo
di
pittura
“astratta”,
caratterizzata
da
elementari
forme
geometriche
e
colori
privi
di
materialità,
e si
dedica
alla
scrittura
delle
poesie
epistaltiche,
che
egli
declama
spesso
in
occasioni
pubbliche
dove
sono
esposte
le
sue
opere.
Il
momento
di
svolta
nel
percorso
artistico
di
Rotella,
che
poi
lo
porterà
alla
creazione
dei
primi
décollages,
si
può
collocare
durante
il
soggiorno
a
Kansas
City
tra
il
1951
e il
1952,
in
cui
la
figurazione
e
l’interesse
per
la
pubblicità
e il
suo
impatto
sul
paesaggio
urbano
iniziano
ad
affacciarsi
all’interno
della
sua
produzione.
L’ultimo
re
dei
re
è
stato
realizzato
sovrapponendo
due
manifesti.
In
quello
sotto
è
raffigurato
nella
parte
superiore
il
volto
di
Benito
Mussolini
e
nella
parte
sottostante
è
riportata
tra
virgolette
la
frase
pronunciata
dal
Duce
nel
1934:
«Quale
sorte
attende
la
Cina?
L’avvenire
della
civiltà...
dipende
dal
compito
che
i
Cinesi
si
assumeranno
in
questo
secolo».
Questa
citazione
è
stata
ripresa
da
un
articolo
che
Mussolini
scrisse
per
l’Universal
Service
sul
Popolo
d’Italia,
dove
egli
ricordava
i
punti
principali
del
discorso
che
aveva
tenuto
agli
studenti
orientali
nel
dicembre
del
1933,
nel
quale
era
stata
trattata
la
problematica
dei
delicati
rapporti
tra
Oriente
e
Occidente
e
l’importanza
di
stringere
una
solida
alleanza
tra
le
due
parti.
Nei
primi
anni
Sessanta
questa
frase
ovviamente
faceva
subito
pensare
alla
Cina
di
Mao
Tse-tung
e al
ruolo
che
quest’ultimo
aveva
assunto
nelle
dinamiche
politiche
dell’epoca.
I
colori
dei
manifesti
hanno
un
impatto
visivo
molto
forte,
quello
sotto
in
bianco
e
nero,
con
la
scritta
racchiusa
in
un
riquadro
giallo
e i
bordi
arancioni.
Mentre
gli
stralci
del
manifesto
sovrapposto
sono
quasi
tutti
nei
toni
del
rosso
e
dell’arancione,
vanno
a
creare
un
netto
contrasto.
Il
manifesto
con
il
volto
di
Mussolini
fu
usato
per
tappezzare
i
muri
durante
le
elezioni
amministrative
della
città
di
Roma
nel
1960,
quindi
certamente
Rotella
lo
aveva
strappato
e
conservato
nel
suo
studio
già
da
qualche
tempo
prima
che
l’opera
fosse
realizzata
oppure
gli
fu
fornito
da
qualcuno
che
possedeva
una
copia
del
manifesto.
Infatti,
la
locandina
cinematografica
incollata
sopra
il
volto
di
Mussolini
è
quella
di
un
film
americano
di
grande
successo
Il
Re
dei
Re
che
uscì
in
Italia
nel
dicembre
1961
ed è
quindi
molto
probabile
che
in
quel
periodo
fosse
affissa
per
le
strade
della
città
e
che
Rotella
decise
di
strapparla
per
sovrapporla
al
manifesto
con
raffigurato
il
Duce
che
possedeva
già.
Di
questo
manifesto
del
film
l’artista
ha
deciso
di
lasciare
solamente
dei
brandelli,
nei
quali
si
può
leggere
la
parola
“RE”
facente
parte
del
titolo,
due
volte,
mentre
sotto
la
grande
scritta
ci
sono
degli
stralci
di
immagini
che
rappresentano
una
folla,
dei
guerrieri
a
cavallo
e si
intravede
una
parte
di
un
edificio.
i
Mimmo
Rotella,
L'ultimo
re
dei
re,
collage
su
tela,
130
x 97
cm,
1961,
Collezione
Alhers.
Dietro
alla
“lacerazione”
che
avviene
nello
studio
di
Rotella
c’è
già
una
visione
ben
precisa
del
risultato
finale,
di
cosa
può
scaturire
la
sovrapposizione
di
diversi
tipi
di
manifesti,
di
cosa
egli
tramite
le
sue
lacerazioni
e
ciò
che
decide
di
lasciare,
può
comunicare
e
trasmettere
al
pubblico.
Il
titolo
dell’opera
scelto
dall’artista
è
molto
interessante
poiché
egli
decide
di
riprendere
il
nome
del
film
della
locandina
Il
Re
dei
Re
ma
di
aggiungervi
davanti
“l’ultimo”.
Si
possono
quindi
attuare
varie
supposizioni:
ad
esempio
si
può
pensare
che
egli
voglia
fare
riferimento
alla
figura
del
Negus
neghesti,
Hailé
Selassié,
poiché
si
diceva
che
egli
fosse
l’ultimo
Re
dei
re
poiché
era
l’ultimo
discendente
del
Re
Salomone
e
della
Regina
di
Saba,
ovvero
della
stirpe
di
Re
Davide,
della
quale
faceva
parte
Gesù,
e
nel
1961,
quando
l’opera
fu
realizzata
da
Rotella,
era
il
Re
di
Etiopia
e lo
fu
fino
alla
deposizione
del
1974.
La
figura
del
Negus
può
essere
legata
sia
al
discorso
presente
nel
manifesto
dove
è
ritratto
Mussolini,
sia
al
film
Il
Re
dei
Re,
poiché
il
kolossal
cinematografico
tratta
la
storia
della
vita
di
Gesù
narrata
dai
Vangeli.
Il
discorso
di
Mussolini
del
1933,
di
cui
uno
stralcio
è
ripreso
nel
manifesto,
riguardava
le
mire
espansionistiche
del
Giappone
che
aveva
invaso
la
Manciuria
e la
sua
conseguente
uscita
dalla
Società
delle
Nazioni,
mentre
il
Duce
aveva
già
delle
mire
di
conquista
dell’Etiopia,
che
si
concretizzarono
nell’ottobre
del
1935
con
l’invasione
dell’Impero
di
Etiopia
da
parte
delle
truppe
italiane;
questo
evento
diede
inizio
alla
Guerra
conclusasi
il 9
maggio
dell’anno
successivo
con
la
proclamazione
di
Mussolini
della
costituzione
dell’Impero
italiano
di
Etiopia.
In
seguito
a
questa
invasione,
Hailé
Selassié,
dopo
un’estenuante
resistenza,
fu
costretto
all’esilio
e si
rifugiò
in
Gran
Bretagna
e
tornò
sul
trono
etiope
nel
1941
dopo
che
gli
Italiani
furono
sconfitti
dagli
Inglesi.
Nonostante
nel
1961
il
fascismo
sia
un
capitolo
chiuso,
è
evidente
che
nell’immaginario
e
nella
cultura
popolare
italiana,
la
figura
del
Duce
non
passasse
inosservata;
esisteva
un
vero
e
proprio
“culto”
dell’immagine
del
Duce,
poiché
si
trattava
di
una
presenza
costante
e
oppressiva
nei
ricordi
della
quotidianità
di
coloro
che
erano
cresciuti
durante
il
Ventennio
fascista,
come
in
questo
caso
Rotella.
Il
volto
di
Mussolini
in
questo
décollage
ha
un
impatto
visivo
molto
forte,
poiché
si
tratta
di
una
fotografia
di
grandi
dimensioni
dove
vi è
in
primo
piano
il
Duce
ritratto
con
il
viso
girato
di
tre
quarti
con
l’imponente
mascella
messa
in
mostra,
posa
comunemente
assunta
nelle
sue
più
celebri
rappresentazioni
fotografiche,
pittoriche
e
scultoree,
nelle
quali
sembra
quasi
tramutarsi
in
una
statua
vivente.
In
questo
caso
egli
è
stato
fotografato
mentre
sta
parlando,
lo
si
può
notare
dalla
bocca
semi
aperta,
che
suggerisce
l’idea
che
egli
stia
intraprendendo
un
discorso,
forse
proprio
quello
riportato
nel
manifesto.
Nel
1960
Rotella
aveva
iniziato
a
lavorare
a
una
delle
sue
più
celebri
serie:
“Cinecittà”,
décollages
creati
utilizzando
manifesti
cinematografi
rappresentanti
i
più
popolari
film
e
personaggi
dell’epoca,
ne
sono
un
esempio
i
quadri
dove
compare
Marylin
Monroe,
Sofia
Loren
e
Marcello
Mastroianni.
È
singolare
che
L’ultimo
re
dei
re
sia
stato
realizzato
con
lo
stesso
procedimento
delle
opere
coetanee,
lacerando
un
cartellone
di
un
film
dell’epoca,
ma
che
vi
sia
stato
aggiunto
un
altro
manifesto
rappresentate
un’icona
politica
simbolo
di
un
delicato
periodo
della
storia
italiana,
conclusosi
da
poco
e
certamente
non
dimenticato,
invece
di
una
diva
di
Hollywood.
Pierre
Restany,
critico
e
teorico
del
Nouveau
Réalisme,
movimento
artistico
nato
a
Parigi
proprio
nel
1960,
riferendosi
a
queste
opere
di
Rotella
parla
di
una
“sur-presenza
demistificante”
cioè
il
possedere
la
capacità
di
rendere
reali
le
immagini
viste
e
riviste
dei
manifesti,
di
trasformare
in
durevole
nel
tempo
qualcosa
di
per
sé
effimero.
Riferimenti
bibliografici:
Celant
G.,
Mimmo
Rotella:
catalogo
ragionato,
Vol.
1
(1944-1961),
Milano,
Skira,
2016.
Cinelli
B.
et
alii,
Arte
moltiplicata.
L’immagine
del
‘900
italiano
nello
specchio
dei
rotocalchi,
Milano-Torino,
Mondadori,
2013.
Ghiat
R.
B.,
Why
are
so
many
fascist
monuments
still
standing
in
Italy?
, in
“The
New
Yorker”,
(October
2017).
L'arte
pop
in
Italia:
pittura,
design
e
grafica
negli
anni
Sessanta,
Catalogo
della
mostra,
(Parma,
Galleria
d'arte
Niccoli,
18.12.1999-6.03.2000)
mostra
a
cura
di
De
Martiis
P.;
consulenza
per
il
design:
F.
Giacobone
T.,
breve
antologia
critica
di
Lancioni
D.,
Verona,
Grafiche
Aurora,
1999.
Mimmo
Rotella,
catalogo
della
mostra
(Catanzaro,
Complesso
Monumentale
del
S.
Giovanni,
26.11.1999-5.03.2000)
a
cura
di
Restany
P. e
Sicoli
T.,
Catanzaro,
Fratelli
Palombi
Editori,
1999.
Mimmo
Rotella:
dal
décollage
alle
nuove
icone,
catalogo
della
mostra
(Milano,
Galleria
San
Carlo,
Bollate
2003)
a
cura
di
Corgnati
M.,
Milano,
Signum,
2003.
Mimmo
Rotella:
décollages
e
retro
d’affiches,
catalogo
della
mostra
(Milano,
Palazzo
Reale,
13.06-31.08.2014
a
cura
di
Celant
G.,
Milano,
Skira,
2014.
Nouveau
Réalisme:
Que
Faut-il
Penser? Prefazione
per
l'esposizione Les
Nouveaux
Réalistes,
(Monaco,
Neue
Galerie
im
Künstlerhaus,
febbraio
1963)
a
cura
di
Restany
P.,
Terzo
Manifesto
del
Nouveaux
Réalisme,
1963.
Restany
P., Manifeste
des
Nouveaux
Réalistes,
Parigi,
Éd.
Dilecta,
2007.
Rotella
M.,
Autorotella:
autobiografia
di
un
artista,
Milano,
Sugar,
1972.