N. 17 - Maggio 2009
(XLVIII)
Brescia-Roma andata e ritorno
storia della Mille Miglia
di
Simone Valtieri
In una terra da sempre legata indissolubilmente al mondo
dei motori, nasce, più di ottant’anni fa, una
competizione che dello stesso ha fatto la storia: la
Mille Miglia.
Pur nella sua non lunghissima vita agonistica, durata
un’arco di trent’anni, la corsa italiana ha riscosso un
successo tale da entrare di diritto nella leggenda.
Siamo a Brescia nel 1927. Da qualche anno la federazione
aveva spostato la sede del Gran Premio d’Italia dal
circuito cittadino di Montichiari al nuovo autodromo di
Monza.
In risposta a tale scelta, quattro bresciani veraci
decidono di organizzare una corsa automobilistica di
durata, da svolgersi sulle strade dell’Italia
centro-settentrionale.
I quattro “moschettieri” sono: i promotori Renzo
Castagneto e Giovanni Canestrini (giornalista della
Gazzetta dello Sport), il conte Aymo Maggi e il
finanziatore Franco Mazzotti.
La prima e unica edizione prevista doveva partire e
concludersi a Brescia, senza tappe intermedie e dopo
aver toccato Roma nel punto più a sud del tracciato.
Il lunghissimo percorso a forma di otto passava per
Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Firenze, Siena,
Viterbo, Roma, Terni, Perugia, Ancona, Pesaro, Rimini,
Cesena, ancora Bologna, Ferrara, Rovigo, Padova,
Treviso, Vicenza e Verona, prima di concludersi, laddove
era partito, a Brescia.
Così fu.
Il 26 marzo 1927 alle otto in punto, partono, da Viale
Venezia, i primi concorrenti: Aymo Maggi e il suo
copilota Bindo Maserati, al volante di una “Isotta
Fraschini 8A SS”.
Gli iscritti alle classi A,B e C presero il via a
distanza di due minuti l’uno dall’altro, mentre per le
classi fino alla G si optò per una partenza dilazionata
di un minuto.
Davanti a loro 1.628 km di strada (da qui il nome di
mille miglia) da percorrere tutta d’un fiato su terreni
a volte sterrati e al limite della praticabilità.
Era così partita la prima edizione di una
manifestazione, che di lì a poco, avrebbe riscosso un
successo clamoroso.
Già in quel 1927 servirono 25 mila militi per contenere
gli spettatori assiepati sul ciglio della strada,
soprattutto nei tratti dove, non essendo abituale il
transito delle autovetture, non era previsto il rispetto
di alcun limite di velocità.
All’arrivo delle prime automobili, verso le quattro del
mattino del giorno seguente, la città era già sveglia ad
attendere i piloti.
Vi parteciparono, a fronte di tre soli equipaggi
stranieri, i migliori piloti italiani dell’epoca e
alcuni personaggi pubblici come il presidente della
Federcalcio Leandro Arpinati e, sotto lo pseudonimo di
“Frate ignoto”, Arturo Mercanti, direttore dell’Automobil
Club di Milano.
A vincere furono Ferdinando Minoia e Giuseppe Morandi,
alla guida di una “OM 665 S spyder” , meglio nota come
“Superba”, primi dei 55 equipaggi arrivati al traguardo
(sui 77 partiti) all’ottima media di 77,2km/h.
Il Corriere della Sera scrisse: Poco più di venti
ore, nemmeno un giorno e una notte per compiere quasi
1.700 chilometri: una media che supera i 77 orari. Un
treno direttissimo sarebbe stato largamente battuto.
L’automobile è passata per le strade di mezza Italia
come un dominatore di tempo e di spazio. Il successo del
mezzo meccanico appare dunque grandioso, come appare
bellissima la vittoria conquistata dagli uomini che
hanno saputo audacemente condurlo e saggiamente
disciplinarlo.
Si narra che Augusto Turati, segretario del P.N.F., dopo
la conclusione della prima Mille Miglia, abbia redatto
una relazione sulla gara per Benito Mussolini, il quale
dopo averla letta, rispose con un sintetico: “Si
ripeta”.
Così nel 1928 la corsa fu riorganizzata nonostante la
critica situazione economica, e vide alla partenza,
grazie ad un crescente numero di presenze straniere, un
totale di iscritti maggiore di sei unità rispetto
all’edizione precedente.
A trionfare, a bordo di un’Alfa Romeo 6C 1500, è
Giuseppe Campari, che alla Mille Miglia deve oggi buona
parte della sua notorietà avendone vinte due edizioni,
coadiuvato da Giulio Ramponi nel ruolo di copilota, ad
una media di oltre 84Km/h su un percorso analogo a
quello del 1927.
La “Freccia Rossa”, nome con cui è anche nota la
manifestazione bresciana, si stava rapidamente
affermando come una delle più difficoltose e
affascinanti competizioni su strada del mondo.
La crescente popolarità della Mille Miglia era evidente
anche da una serie di significativi indizi: il fatto ad
esempio che accanto ai campioni della velocità facevano
la loro apparizione anche celebri personaggi dello
spettacolo e della vita pubblica, o che il regolamento
di gara era stampato in quadricromia (non comune per
l’epoca) e in due lingue (italiano e francese) a
testimoniare che l’interesse per la corsa stava varcando
anche i confini nazionali.
Nelle edizioni immediatamente successive scrivono il
proprio nome nell’albo d’oro, nomi mitici
dell’automobilismo italiano: Achille Varzi, Baconino
Borzacchini (che con il sopraggiungere della fama
cambierà il suo sovversivo nome riecheggiante
l’anarchico “Bakunin” in un più compiacente “Mario
Umberto”), Carlo Pintacuda e il leggendario mantovano
volante, Tazio Nuvolari.
Nel 1938, però, una sciagura si abbatte sulla
manifestazione.
Renzo Castagneto, per rendere ancor più spettacolare la
sua corsa, decide di modificare in maniera sostanziale
il percorso, eliminando una buona parte di strade
appenniniche troppo tecniche e lente, a favore
dell’utilizzo di tratti costieri come la Firenze-Mare e
l’Aurelia.
Le velocità di percorrenza ne risentirono fortemente,
testimonianza ne è il fatto che il vincitore Clemente
Biondetti trionferà alla media di 135,4 chilometri
orari, e che nel primo tratto, da Brescia a Bologna,
Carlo Pintacuda farà registrare la media record di quasi
179 chilometri all’ora.
Viaggiare a queste folli velocità su strade ordinarie
però porta presto all’irreparabile.
Sulla circonvallazione di Bologna, la Lancia Aprilia di
Bruzzo e Mignanego esce di strada travolgendo una folta
scolaresca. Il tragico bilancio fu di 10 morti (tra cui
sette bambini) e 23 feriti. L’anno successivo la Mille
Miglia non si disputò.
Nel 1940, a fronte del rifiuto di Mussolini di far
ripartire la corsa (“Voi bresciani, con la vostra Mille
Miglia, mi avete rotto i c…” fu la telegrafica risposta
del Duce), si decide di organizzare un’inconsueta
edizione su un circuito di 167 km passante per Brescia,
Cremona e Mantova da ripetere nove volte.
A dominare è la BMW 328 dei tedeschi von Hanstein e
Baumer che umiliano la concorrenza distanziando di
quindici minuti i secondi arrivati, la coppia italiana
Farina-Mambelli su Alfa Romeo.
Poi arriverà la guerra e dopo il 1945 ci vorranno altri
due anni prima che le strade e i paesaggi italiani,
devastati dalle bombe, siano di nuovo pronti ad ospitare
il passaggio dei bolidi a quattro ruote.
Il 21 giugno del 1947 la Mille Miglia riparte.
A vincere, come se il tempo si fosse fermato per nove
anni, è sempre Clemente Biondetti che al volante di una
Alfa Romeo 8C coupé precede di un quarto d’ora sul
traguardo la Cisitalia 202 di Tazio Nuvolari.
La rinata competizione mette ben presto da parte tutti i
timori della vigilia, sollevati da chi pensava non si
sarebbe raggiunto un cospicuo numero di iscritti a causa
dei finanziamenti insufficienti per comprare pneumatici
e benzina, ancora sotto razionamento dopo la guerra.
Invece 155 sono le macchine che riescono a presentarsi
al via, grazie anche ad alcuni accordi speciali che
prevedevano prezzi scontati per l’acquisto di pneumatici
Pirelli e la distribuzione di buoni benzina.
Tra queste c’è l’esordio di alcune giovanissime case
automobilistiche come Cisitalia e soprattutto Ferrari.
Al via della quattordicesima edizione si presenta
inamovibile anche il fondatore Renzo Castagneto, con in
testa un cappello filoscio al posto della tradizionale
bombetta che lo aveva accompagnato nelle tredici
edizioni precedenti.
Alla domanda postagli da un giornalista riguardo il suo
vecchio copricapo, Castagneto risponde: Perduta,
liquefatta, subissata nei bombardamenti con tutto
l’armadio. E quel che è peggio, non se ne trovano più. E
allora sono passato alla lobbia...
Bombette e lobbie a parte, il ritorno della Mille Miglia
sulle strade dell’Italia centro-settentrionale fu un
successo clamoroso di pubblico, desideroso soprattutto
di tornare alla normalità dopo gli anni durissimi della
guerra.
Le due successive edizioni vedono lo stesso vincitore
sul gradino più alto del podio, stavolta alla guida di
una Ferrari: una 166 S nel 1948 e una 166 MM (che sta
per Mille Miglia) nel 1949.
Clemente Biondetti sarà l’unico pilota ad aggiudicarsi
ben quattro edizioni della corsa, entrando di diritto
nella leggenda dello sport motoristico italiano.
A testimoniare la durezza della competizione, basterebbe
citare i nomi di alcuni campioni delle quattro ruote che
non sono mai riusciti a scalare il gradino più alto del
podio della corsa bresciana: Nino Farina, Luigi Musso,
Luigi Fagioli, Peter Collins e soprattutto il
campionissimo Juan Manuel Fangio, che negli anni in cui
dominava la neonata Formula 1, dovette sempre arrendersi
ed accontentarsi al massimo del secondo posto.
Dal 1950 al 1953 sarà la scuderia di Enzo Ferrari ad
aggiudicarsi ogni singola edizione della corsa, due
volte con il conte Giannino Marzotto (’50 e ’53), ed una
con Luigi Villoresi (’51) e Giovanni Bracco (’52).
Nel 1954 è la volta del bicampione mondiale di Formula 1
Alberto Ascari su una Lancia D24 e l’anno seguente di
Stirling Moss, inglese, su Mercedes. Poi ancora toccherà
alle due Ferrari di Eugenio Castellotti nel ’56 e di
Piero Taruffi, nella tragica edizione successiva.
Nel 1957 la popolarità della Mille Miglia era al suo
apice, vi partecipavano i più grandi piloti del mondo e
il numero degli iscritti toccava quote impensabili (Ben
521 equipaggi alla partenza nel 1955) ma la sicurezza
era un tema caldissimo.
Negli ultimi anni tanti erano stati gli episodi
drammatici che avevano toccato il mondo delle corse. Nel
1955 era morto a Monza il campione italiano Alberto
Ascari, e nel 1956, alla 24 ore di Le Mans c’era stata
quella che viene ricordata ad oggi come la più grande
tragedia mai avvenuta in una corsa automobilistica: la
morte di 81 spettatori travolti dalla vettura del pilota
francese Pierre Levegh, anch’esso rimasto ucciso
nell’incidente.
Gli organizzatori avevano così deciso già l’anno prima
di limitare la partecipazione dei concorrenti ai soli
piloti professionisti, ma questo purtroppo non bastò ad
evitare l’inevitabile.
A 40 km dall’arrivo della Mille Miglia 1957, mentre
percorreva una curva veloce, assimilabile ad un
rettilineo, nei pressi di Guidizzolo (Modena), Alfonso
De Portago, bravo e giovane pilota spagnolo della
Ferrari, ha un incidente. Il pneumatico anteriore
sinistro della sua auto esplode improvvisamente. La
vettura sbanda, urta violentemente un paracarro e
decolla ricadendo sulla folla. Dieci spettatori, tra cui
cinque bambini, il copilota Edmund Gurner Nelson ed il
pilota stesso, periscono nell’incidente.
La gara era già stata funestata da altri due lutti,
riguardanti un poliziotto ed un altro concorrente. La
Mille Miglia nella forma di competizione velocistica
termina qui.
In seguito alla tragedia di Guidizzolo, il governo
italiano decreterà la fine di tutte le competizioni
motoristiche italiane su strada aperta.
Enzo Ferrari, tra l’altro, andrà in contro ad un lungo
processo, conclusosi con assoluzione piena, per
accertare le responsabilità della scuderia e del
costruttore nell’incidente di De Portago.
Negli anni successivi l’Automobil Club di Brescia
tenterà, senza grande successo, di riorganizzare la
corsa, con formula mista che premiasse più la regolarità
che la velocità dei concorrenti, scontrandosi però
sempre con il volere opposto delle autorità.
La Mille Miglia fu costretta dunque a chiudere
definitivamente dopo tre edizioni anomale organizzate
nel 1958, 1959 e 1961.
Nelle sue 24 edizioni agonistiche, la corsa ha visto
cambiare gli itinerari di gara praticamente ogni anno,
per una lunghezza complessiva mai inferiore ai 1512 km
del 1953 e mai superiore ai 1830 km del 1948.
A causa di tali variazioni non esiste un record
ufficiale di percorrenza, ma la media oraria premia il
campione inglese Stirling Moss, che, coadiuvato dal
giornalista e suo amico Denis Jenkinson, chiuse
l’edizione del 1955 ad una media di 157,65km/h, sulla
splendida Mercedes 300SLR.
Tante anche le case internazionali che hanno sfruttato
negli anni il palcoscenico della Mille Miglia per
pubblicizzare i loro modelli oltre i locali confini:
BMW, Jaguar, Peugeot, Aston Martin, Renault, senza
dimenticare la Mercedes, vincitrice in due occasioni
della Mille Miglia, a fronte delle undici affermazioni
dell’Alfa Romeo e degli otto successi della Ferrari.
Nel 1977, per celebrare i cinquant’anni dalla prima
edizione del ‘27 viene organizzato, sulla falsa riga
delle ultime tre edizioni, il Rally 1000 Miglia, posto
sotto le regole che la Federazione Internazionale aveva
codificato per il campionato europeo rally.
Ai margini di questa competizione, prese il via anche
una rievocazione storica della corsa che fu possibile
realizzare grazie al crescente fenomeno del
collezionismo di auto d’epoca. Il vincitore sarebbe
stato decretato stilando una classifica basata
esclusivamente sulla puntualità degli equipaggi nel
passaggio alle stazioni di controllo.
Il buon successo di pubblico che la manifestazione
riscosse alla sua prima uscita, convinse gli
organizzatori a programmare una seconda edizione nel
1982, ripetuta nel 1984 e ancora nel 1986.
Successivamente l’ulteriore crescita di interesse
attorno a questa passerella di auto d’epoca, portò gli
organizzatori a decidere di cambiare la cadenza: da
biennale ad annuale. Era così nata la cosiddetta “Mille
Miglia Storica”.
Ad oggi, la Mille Miglia, anche se ha perso il suo
carattere di sfida, è amata e conclamata forse anche più
di un tempo.
Annualmente, seguendo a grandi linee l’itinerario del
1927, la carovana storica parte da Brescia, guidata da
tre vetture preparate dalle Officine Meccaniche
bresciane, in onore alle tre mitiche OM trionfatrici
nella prima edizione.
Centinaia di auto d’altri tempi, molto spesso pezzi
unici, sfilano per le strade delle città italiane,
suscitando ogni volta il plauso, l’emozione e la
passione di decine di migliaia di spettatori assiepati
lungo il percorso e mettendo in scena, tra i più bei
paesaggi del paese, quello che è stato da alcuni
definito il “più affascinante museo itinerante del
mondo”. |