N. 105 - Settembre 2016
(CXXXVI)
milano
regina
di
coppe
Il
Milan
e
l'Inter
che
dominarono
negli
anni
’60
di
Michele
Mozzanica
L’Italia
degli
anni
’60
evoca
spiagge,
famiglie
che
vanno
in
vacanza
con
la
vespa
o la
500,
e
poi
la
televisione
che
intrattiene
gli
italiani
con
il
carosello,
canzonissima
e
campanile
sera.
E
c’era
ovviamente
anche
il
calcio.
Il
calcio
c’è
sempre
nell’Italia
del
dopoguerra
ma
negli
anni
‘60
la
capitale
del
calcio
italiana,
se
non
europea
e
mondiale,
diviene
Milano.
In
quegli
anni
e in
particolare
dal
’62
al
’69
le
milanesi
dominarono
in
Italia
e in
Europa.
La
città
era
divisa,
da
una
parte
i
casciavit,
che
tifavano
Milan
formati
dalla
classe
operaia,
poveri
e
spesso
immigrati,
dall’altra
i
bauscia,
costituita
dalla
borghesia
medio-alta
meneghina.
Il
Milan
e
l’Inter
diversi
in
tutto
tranne
che
nella
voglia
di
vincere.
Tanti
gli
uomini
simbolo
di
quelle
due
squadre
degli
anni
’60,
Maldini,
Trapattoni,
Rivera
da
un
lato,
la
filastrocca
Sarti,
Burgnich
e
Facchetti
dall’altro.
Ma i
personaggi
più
importanti
sono
i
due
allenatori.
Per
i
Casciavit
un
rude
omaccione
triestino
dal
gomito
facile
ma
di
un’umanità
straordinaria:
Nereo
Rocco,
El
Paron;
per
i
Bauscia
un
uomo
elegante,
fine
psicologo,
attento
ai
dettagli
e
grandissimo
motivatore:
Helenio
Herrera,
il
mago.
Le
milanesi
erano
già
state
protagoniste
in
Italia
già
nel
decennio
precedente
con
un
totale
di
sei
scudetti,
quattro
per
i
rossoneri
e
due
per
i
nerazzurri,
ma
in
Europa
non
ci
furono
trionfi
anche
se
il
Milan
riuscì
ad
arrivare
in
finale
di
Coppa
Campioni
nel
1958
perdendo
con
il
leggendario
Real
Madrid
per
3-2,
mentre
l’Inter
vinse
i
suoi
due
scudetti
prima
dell’istituzione
della
maggior
competizione
europea.
Sempre
negli
anni
’50
e
per
la
precisione
verso
la
fine
della
stagione
1954-55
divenne
presidente
dell’Inter
Angelo
Moratti,
il
presidente
dei
trionfi
europei
e
mondiali.
Quella
stessa
stagione
fu
importante
anche
dall’altra
sponda
del
Naviglio
in
quanto
esordì
in
rossonero
Cesare
Maldini
comprato
l’estate
precedente
per
espressa
volontà
dell’allenatore
Béla
Guttmann
dopo
una
grandissima
stagione
nella
Triestina
allenata
da
Nereo
Rocco.
Maldini
con
27
presenze
e
una
rete
contribuì
allo
scudetto
e
prima
della
fine
del
decennio
ne
conquistò
altri
due,
imponendosi
come
una
colonna
portante
del
Milan.
E
l’Inter?
Per
i
nerazzurri
furono
anni
avari
di
successi
a
cui
Angelo
Moratti
pensò
di
mettere
fine
mettendo
in
panchina
Helenio
Herrera
reduce
da
alcune
buone
stagioni
con
il
Barcellona.
Il
primo
anno
del
mago
a
Milano
terminò
con
un
terzo
posto.
L’anno
successivo
lo
scudetto
arrivò
a
Milano,
ma
dalla
parte
dei
rossoneri
sulla
cui
panchina
si
era
seduto
Nereo
Rocco.
Il
Milan
era
uno
squadrone
con
giocatori
come
Maldini,
Trapattoni,
Sani,
Danova,
Altafini
e
Rivera.
Interessante
anche
la
fugace
esperienza
di
Jimmy
Greaves,
che
giocò
le
prime
dieci
partite
segnando
otto
reti
di
cui
una
nel
derby
vittorioso
per
3-1,
ma
poi
per
il
suo
carattere
troppo
esuberante,
che
non
piaceva
alla
dirigenza,
fu
rispedito
in
Inghilterra
già
a
novembre.
Nella
rosa
di
quel
Milan
figurava
anche
Ghiggia
campione
del
mondo
nel
1950
quando
fu
uno
dei
principali
fautori
del
Maracanazo.
Scese
in
campo
quattro
volte
senza
segnare.
Anche
l’Inter
aveva
un’ottima
rosa
con
giocatori
del
calibro
di
Picchi,
Facchetti,
Suarez
e
Mazzola,
ma
si
dovette
accontentare
del
secondo
posto
finale.
Fu
un
bel
campionato
con
l’Inter
campione
d’inverno
che
però
nel
girone
di
ritorno,
perse
molti
punti
e
non
riuscì
a
contenere
la
marcia
del
Milan,
pur
vincendo
la
stracittadina,
che
vinse
il
titolo
con
una
giornata
di
anticipo.
Si
arrivò
così
alla
stagione
1962-63
una
stagione
magica
per
Milano.
I
campioni
d’Italia
si
rafforzarono
con
Benitez
e
Bruno
Mora,
oltre
a
Germano,
primo
giocatore
di
colore
del
campionato
italiano,
che
però
finì
all’onore
della
cronaca
rosa
più
che
di
quella
sportiva:
si
fidanzò
con
la
contessina
Augusta,
creando
scalpore
nella
società
di
quegli
anni.
All’Inter
arrivarono,
tra
gli
altri,
Burgnich,
Di
Giacomo
che
arrivò
a
novembre
scambiato
con
il
Torino
per
Hitchens,
e
Jair.
Finalmente
la
squadra
di
Angelo
Moratti
vinse
il
titolo
dopo
vari
anni
di
astinenza,
con
quattro
punti
sulla
Juventus.
Il
Milan
finì
terzo
a
sei
punti
dalla
vetta.
Il
capolavoro
del
Milan
fu
però
in
Europa.
Esordì
a
Milano
il
12
settembre
contro
l’Union
Luxemburgo
che
travolse
per
8-0
con
ben
cinque
goal
di
Altafini,
ipotecando
di
fatto
la
qualificazione
che
arrivò
dopo
un’altra
goleada
in
Lussemburgo,
questa
volta
la
vittoria
fu
un
6-0.
Negli
ottavi
di
finale
il
Milan
se
la
dovette
vedere
contro
i
campioni
d’Inghilterra
dell’Ispwich
Town,
guidati
da
Alf
Ramsey.
I
rossoneri
vinsero
l’andata
3-0
e
furono
sconfitti
in
Inghilterra
per
2-1
trovandosi
quindi
ai
quarti
contro
i
turchi
del
Galatasaray.
Questa
volta
l’andata
fu
in
Turchia
e i
milanesi
si
imposero
3-1
suggellando
il
passaggio
in
semifinale
con
un
rotondo
5-0
casalingo.
La
semifinale
fu
contro
gli
scozzesi
del
Dundee
e il
Milan
chiuse
la
formalità
già
all’andata
con
un
5-1
che
rese
inutile
la
vittoria
degli
scozzesi
per
1-0
nel
ritorno.
Si
arrivò
così
alla
finale
di
Wembley
del
22
maggio
1963,
contro
il
Benfica
di
Eusebio
che
nei
due
anni
precedenti
aveva
vinto
la
competizione
sconfiggendo
in
finale
prima
il
Barcellona
e
poi
il
Real
Madrid.
I
portoghesi,
oltre
che
sulla
pantera
Nera,
potevano
contare
sul
capitano
Coluna
e
sul
centravanti
di
1,91
metri
Torres.
Il
Milan
era
sfavorito
e la
sfida
era
difficile
anche
da
un
punto
di
vista
di
ambiente.
La
società
infatti
era
allo
sbando:
Rizzoli
stava
per
lasciare
la
presidenza
e
Rocco
aveva
praticamente
già
preso
accordi
con
il
Torino
per
la
stagione
seguente.
Il
tutto
fu
reso
ancora
più
difficile
dalla
rete
di
Eusebio,
meno
di
venti
minuti
dopo
il
calcio
d’inizio.
Ma
nel
secondo
tempo
il
Milan,
grazie
anche
ad
alcuni
cambi
tattici,
cambia
marcia
e
riesce
a
ribaltare
il
risultato.
Al
minuto
58
pareggia
con
Altafini
che
ribatte
un
rimpallo
su
tiro
di
Rivera.
Gli
stessi
sono
protagonisti
anche
del
secondo
goal:
Rivera
ruba
palla
a
centrocampo
e
lancia
il
compagno
di
squadra
brasiliano
che
dopo
una
corsa
si
trova
davanti
a
Costa
Pereira
che
respinge,
ma
la
palla
finì
nuovamente
sui
piedi
di
Altafini
che
sigla
la
doppietta
personale.
I
portoghesi
non
reagiscono
e il
Milan
diventa
campione
d’Europa,
prima
squadra
italiana
a
riuscire
nell’impresa.
Gioia
personale
anche
per
Altafini
che
diventa
capocannoniere
con
14
reti.
Il
Milan
complessivamente
ne
segnò
33,
in
barba
alla
fama
difensivistica
del
Paron.
La
coppa
rimase
a
Milano
anche
nei
due
anni
successivi
ma
dalla
parte
dell’Inter.
Per
la
stagione
1963-64,
l’Inter
si
rafforzò
con
Giuliano
Sarti
e
Aurelio
Milani
per
l’esordio
in
Coppa
Campioni.
In
campionato
fu
una
corsa
a
tre
con
Inter,
Milan
e
Bologna.
A
metà
campionato
Milan
e
Bologna
erano
in
testa
ma i
rossoneri
subirono
le
conseguenze
della
coppa
intercontinentale
che
persero
contro
il
Santos
di
Pelé
in
tre
partite,
anche
a
causa
di
un
arbitraggio
poco
ortodosso.
Così
i
rossoneri
persero
la
testa
della
classifica.
A
fine
campionato,
segnato
anche
da
accuse
di
doping
rivolte
ai
felsinei
che
costarono
una
penalizzazione
di
tre
punti
poi
tolta,
Bologna
e
Inter
si
trovarono
in
testa
a
pari
merito.
Per
la
prima
e
unica
volta
lo
scudetto
si
assegnò
con
uno
spareggio.
I
rossoblù
vinsero
2-0
e
portarono
lo
scudetto
in
Emilia-Romagna
dopo
più
di
vent’anni.
I
nerazzurri
trionfarono
però
in
Europa.
Dopo
la
doppia
sfida
contro
l’Everton
0-0
all’andata
e
1-0
al
ritorno,
gli
ottavi
furono
contro
i
francesi
del
Monaco,
in
entrambe
le
sfide
l’Inter
si
impose,
1-0
all’andata
e
3-1
al
ritorno,
passando
con
un
4-1
complessivo.
Lo
stesso
risultato
si
vide
nei
quarti
contro
il
Patizan
Belgrado,
frutto
di
un
2-0
e
2-1.
La
semifinale
fu
contro
i
tedeschi
del
Borussia
Dortmund.
L’andata
in
Germania
si
concluse
con
un
2-2,
ma
al
ritorno
grazie
a
Mazzola
e
Corso
i
nerazzurri
staccarono
il
biglietto
per
la
finale
di
Vienna,
che
sarebbe
stata
contro
il
Real
Madrid
di
Di
Stefano,
Puskas
e
Gento.
La
finale
si
giocò
il
27
maggio
al
Prater.
Nonostante
il
prestigio
dei
blancos
l’Inter
non
ebbe
nessun
timore
reverenziale
e
passò
in
vantaggio
poco
prima
della
fine
del
primo
tempo,
grazie
a
Mazzola.
Al
61°
Milani
raddoppia
e
avvicina
il
coronamento
del
sogno
europeo.
Al
70°
Felo
accorcia
le
distanze
ma
meno
di
dieci
minuti
dopo
Mazzola
porta
il
risultato
sul
3-1
finale.
L’Inter
è
campione
d’Europa.
La
stagione
successiva
è
ancora
più
esaltante.
A
settembre
i
nerazzurri
si
scontrarono
con
l’Independiente
per
la
coppa
Intercontinentale.
Dopo
l’andata
persa
in
Argentina
per
1-0,
i
nerazzurri
si
imposero
2-0
a
Milano;
ma
per
il
regolamento
dell’epoca
non
si
faceva
la
sommatoria
dei
goal
e si
dovette
disputare
una
terza
partita,
che
i
nerazzurri
vinsero
ai
supplementari
con
una
rete
di
Corso.
Per
la
prima
volta
una
squadra
italiana
era
sul
tetto
del
mondo.
Il
campionato
fu
ancora
una
volta
dominato
dalle
milanesi,
con
l’Inter
che
alla
fine
si
aggiudicò
al
torneo,
dopo
che
per
gran
parte
della
stagione
i
rivali
cittadini
erano
stati
in
testa.
Anche
il
cammino
in
Coppa
dei
Campioni
fu
trionfale.
In
qualità
di
campioni
in
carica
i
nerazzurri,
furono
qualificati
d’ufficio
agli
ottavi
di
finale
dove
si
sbarazzarono
facilmente
della
Dinamo
Bucarest,
con
un
complessivo
7-0.
Ai
quarti
trovano
i
Rangers
Glasgow,
il
3-1
dell’andata
rende
indolore
la
prima
sconfitta
in
assoluto
in
Coppa
Campioni,
arrivata
in
Scozia
con
il
risultato
di
1-0.
La
semifinale
è
decisamente
più
ostica:
l’avversario
è il
Liverpool
che
all’Anfield
Road
si
impone
3-1
ma
al
ritorno
si
vide
tutta
un’altra
gara:
dopo
dieci
minuti
l’Inter
era
già
avanti
di
due
goal
grazie
a
Corso
e
Peirò,
che
in
quella
stagione
giocava
solo
in
coppa.
A
suggellare
il
passaggio
del
turno
fu
il
solito
Mazzola
al
60°.
Il
miracolo
era
avvenuto
e
grazie
a
quella
grandissima
impresa
l’Inter
si
trovò
in
finale
per
la
seconda
volta
consecutiva.
La
partita
si
giocò
proprio
a
Milano
e
gli
avversari
erano
i
portoghesi
del
Benfica,
con
gran
parte
della
stessa
squadra
che
aveva
perso
contro
il
Milan
nel
’63.
Anche
nel
’65
i
portoghesi
dovettero
soccombere
agli
italiani,
questa
volta
per
1-0
con
Jair.
L’Inter
vinse
fu
sul
tetto
d’Europa
per
la
seconda
volta
consecutiva.
In
quella
stagione
magica
sfiorò
perfino
la
tripletta
perdendo
in
finale
di
Coppa
Italia
contro
la
Juventus.
L’anno
successivo
l’Inter
si
confermò
campione
del
Mondo
battendo
sempre
l’Independiente
per
3-0
a
Milano
e
pareggiando
0-0
in
argentina.
In
campionato
l’Inter
vinse
il
suo
terzo
titolo
in
quattro
anni,
uno
scudetto
assai
dolce
perché
era
il
decimo
che
valse
ai
nerazzurri
la
stella,
seconda
squadra
ad
ottenerla
dopo
la
Juventus.
In
Coppa
Campioni
la
corsa
nerazzurra
si
fermò
in
semifinale,
dopo
aver
eliminato
Dinamo
Bucarest
e
Ferencvaros.Nel
penultimo
atto
trovò
il
Real
Madrid,
che
vendicò
la
sconfitta
di
due
anni
prima
vincendo
1-0
in
Spagna
e
pareggiando
1-1
a
Milano.
La
stessa
stagione
fu
invece
oscura
per
il
Milan
che
aveva
perso
Altafini
anche
se
aveva
acquistato
Sormani
e
Schnellinger.
I
rossoneri
dovettero
far
fronte
anche
a
guai
extra
calcistici
con
il
presidente
Felice
Riva
che
fu
arrestato
per
bancarotta
fraudolenta
a
causa
del
fallimento
delle
industrie
tessili
di
famiglia.
La
guida
della
società
passò
a
Luigi
Carraro,
dopo
una
parentesi
di
Federico
Sordillo.
La
stagione
del
1966-67
fu
deludente
per
la
grande
Inter,
che
in
una
settimana
vide
sfumare
prima
la
coppa
Campioni,
persa
in
finale
contro
il
Celtic
Glasgow
per
2-1,
e
una
settimana
dopo
persero
anche
lo
scudetto,
perdendo
a
Mantova
per
1-0
e
facendosi
superare
dalla
Juventus
dell’altro
Herrera,
Heriberto,
vittoriosa
contro
la
Lazio.
Per
il
Milan,
orfano
di
Maldini
e
con
la
fascia
di
capitano
passata
a
Rivera,
il
campionato
fu
anonimo,
con
un
ottavo
posto
finale,
la
stagione
tuttavia
fu
salvata
dalla
coppa
Italia
che
i
rossoneri
conquistarono
ai
danni
del
Padova
che
in
semifinale
aveva
eliminato
proprio
l’Inter.
E
così
se
da
una
parte
finiva
il
ciclo
della
grande
Inter
dall’altra
parte
del
Naviglio
vi
fu
la
risurrezione
del
Milan
pronta
a
dominare
nuovamente
in
Italia
e in
Europa
negli
anni
seguenti.
All’inizio
della
stagione
1967-68
in
rossonero
ci
furono
novità
e
ritorni:
la
novità
fu
il
presidente
che
divenne
Franco
Carraro
figlio
di
Luigi,
morto
poche
settimane
dopo
la
conquista
della
coppa
Italia.
In
panchina
tornò
Nereo
Rocco;
della
squadra
campione
d’Europa
del
’63
erano
rimasti
in
pochi,
tra
cui
Trapattoni
e
Rivera,
ma
arrivarono
in
squadra
giovani
di
belle
speranze
come
Pierino
Prati,
che
sarà
capocannoniere
della
serie
A, e
Nevio
Scala,
entrambi
cresciuti
in
rossonero.
Insieme
a
loro
giunsero
a
MIlanello
giocatori
d’esperienza
come
Kurt
Hamrin
e
Fabio
Cudicini
che
andarono
ad
aggiungersi
ai
vari
Sormani,
Schnellinger,
Malatrasi,
Anquiletti
e
Lodetti.
La
corazzata
rossonera
dominò
in
campionato
vincendo
il
titolo
con
ben
quattro
turni
di
anticipo.
Il
Milan
tornò
al
successo
anche
in
Europa
conquistando
la
prima
Coppa
delle
Coppe
della
propria
storia
ai
danni
dell’Amburgo
con
un
2-0
maturato
nei
primi
dieci
minuti
grazie
a
una
doppietta
di
Hamrin.
Prima
della
finale
di
Rotterdam
i
rossoneri
avevano
eliminato
il
Bayern
Monaco,
lo
Standard
Liegi,
il
Gyot
ETO
e il
Levsky
Sofia.
In
quella
stagione
il
Milan
arrivò
anche
secondo
in
Coppa
Italia
dietro
al
Torino.
Per
l’Inter
invece
fu
l’ultimo
anno
con
Herrera
in
panchina
e
Moratti
come
presidente.
In
campionato
arrivò
solo
un
quinto
posto.
Per
la
prima
volta
l’Inter
con
l’argentino
in
panchina
non
conquistò
il
podio
della
serie
A.
Nel
‘68-’69
la
sfida
scudetto
fu a
tre
squadre,
Milan,
Fiorentina
e
Cagliari.
Alla
fine
il
titolo
andò
a
Firenze
con
quattro
punit
di
distacco
sulle
altre,
seconde
parimerito.
Per
il
Milan
arrivò
comunque
la
seconda
Coppa
dei
Campioni.
Se
nel
’63
il
Milan
aveva
passeggiato
nelle
fasi
eliminatorie
e
sofferto
in
finale,
nel
‘69
accadde
il
contrario.
L’avventura
europea
partì
male
con
la
sconfitta
subita
in
Svezia
contro
il
Malmo
per
2-1.
A
Milano
poi
risolse
tutto
Prati
che
con
una
doppietta
contribuì
al
4-1
finale.
Grazie
a un
sorteggio,
dovuto
alla
non
partecipazione
di
alcune
squadre
dell’Est
alla
competizione
per
via
della
Primavera
di
Praga,
il
Milan
saltò
gli
ottavi
e si
trovò
direttamente
ai
quarti
contro
il
Celtic.
Tale
turno
fu
molto
duro
e la
squadra
rossonera
passò
grazie
a un
1-0
in
Scozia,
dopo
il
pareggio
a
reti
bianche
in
un
San
Siro
innevato.
In
semifinale
i
rossoneri
dovettero
confrontarsi
con
i
campioni
d’Europa
in
carica
del
Manchester
United
di
Bobby
Charlton
e
George
Best.
A
Milano
i
rossoneri
trionfarono
per
2-0
grazie
a
Hamrin
e
Sormani
il
che
rese
inutile
la
vittoria
inglese
all’Old
Trafford.
Il
Milan
era
in
finale.
L’atto
conclusivo
era
previsto
peri
il
28
maggio
1969
al
Santiago
Bernabeu.
L’avversario
era
l’Ajax
di
un
giovane
Johan
Cruijf
e di
Rinus
Michels
che
pochi
anni
dopo
avrebbero
spadroneggiato
in
Europa
con
il
loro
calcio
totale.
Ma
quella
sera
di
maggio
il
Milan
era
troppo
forte:
trascinata
da
un
Pierino
Prati
in
grande
forma
la
squadra
milanese
vinse
4-1.
Il
Milan
era
campione
d’Europa
1969.
La
cavalcata
rossonera
non
era
finita
in
quell’anno
di
grazia:
a
ottobre
il
Milan
riuscì
dove
nel
’63
aveva
fallito,
vincendo
la
Coppa
Intercontinentale
dopo
una
doppia
sfida
con
l’Estudiantes
3-0
a
Milano
e
sconfitta
2-1
in
Argentina,
in
una
partita
tristemente
famosa
per
l’aggressività
degli
argentini
che
ruppero
anche
il
naso
a
Nestor
Combin,
neoacquisto
rossonero
e
considerato
un
traditore
dagli
argentini
perché
giocava
contro
i
suoi
compatrioti.
La
tensione
era
tale
che
la
coppa
fu
data
al
Milan
dai
dirigenti
FIFA
negli
spogliatoi,
saltando
tutti
i
riti
di
premiazione.
Ma
il
Milan
era
campione
del
mondo,
degna
conclusione
di
quel
decennio
magico
per
la
città
di
Milano
che
vinse
con
le
sue
due
squadre
quattro
cinque
scudetti,
oltre
a
svariati
secondi
e
terzi
posti,
una
Coppa
Italia,
quattro
Coppe
dei
Campioni,
una
Coppa
delle
Coppe
e
tre
Coppe
Intercontinentali.
E
con
questi
titoli
la
città
della
Madonnina
ascese
all’olimpo
calcistico
internazionale.