I Goti sono generalmente visti come
un popolo “primitivo”, soprattutto
se confrontati ai Romani o ai Greci.
Nel volume, però, emerge una civiltà
complessa, molto diversa dagli
stereotipi che le sono stati
costruiti addosso…
Il fatto è che la storia ha la
pessima abitudine di non fermarsi
mai! Come il tardo impero romano non
è uguale al principato augusteo, o
questo alla Repubblica, così anche i
Germani non sono rimasti fermi nei
secoli, ma si sono evoluti nel
corso del tempo. Se ai tempi di
Augusto Germani erano ancora a uno
stadio che potremmo definire
“primitivo”, nel IV secolo la loro
era una civiltà molto più
sofisticata, anche per effetto della
vicinanza geografica dei Goti con
Costantinopoli, nuova capitale
dell’impero romano. Proprio tale
prossimità permise ai Goti di
costruire delle strutture economiche
che si integrarono sempre di più con
quelle dell’impero: in campo
agricolo, per esempio, assistiamo
alla costruzione delle prime
villae sull’esempio romano
(autentiche “aziende agricole”
dell’epoca) ma esistono anche
testimonianze relative alla
fondazione di proto-città, primi
segni di edifici monumentali e
persino produzioni di manufatti di
vetro di alta qualità esportati in
tutto il Barbaricum (termine
con il quale viene indicato
l'insieme dei territori europei
oltre il confine romano, ndr)
che costituiscono l’unico esempio di
“industria vetraia” presente a nord
del territorio imperiale.
Nella prima parte del libro racconti
in modo approfondito la difficile
questione delle origini dei Goti.
Cosa ci puoi dire sull’argomento, in
sintesi?
Al riguardo, alcune tesi assecondano
i miti che vedevano i primi Goti
come “migranti in armi” provenienti
dalla Svezia, altre ritengono che i
Goti si formarono direttamente nella
moderna Ucraina. In assenza di fonti
scritte affidabili, l’archeologia ci
può dare indizi importanti sul tema,
permettendoci di individuare diverse
culture identificabili dai resti.
Anche la scienza ha permesso di
integrare le nostre conoscenze: di
recente, studi di archeo-genetica
sembrano confermare che il nucleo
originale dei Goti provenisse
proprio dalla Svezia. Eppure
sappiamo che i Goti erano
etnicamente molto compositi.
Come spiegare questa apparente
contraddizione?
Nel libro ho cercato di rispondere a
questo quesito raccontando
l’evoluzione delle ricerche che nei
decenni hanno indagato l’origine
della civiltà gotica. La risposta è
evoluto con la storia: prima della
seconda guerra mondiale, gli
studiosi ritenevano che i popoli
migrassero soppiantando le
popolazioni presenti nei territori
in cui si stanziavano: una sorta di
“legge del più forte” e darwinismo
dei popoli; in seguito, si è
sostenuto al contrario il concetto
di “staticità” dei popoli, che si
influenzerebbero a vicenda per via
della loro prossimità: più influenze
culturali che vere migrazioni,
insomma.
Può sembrare una questione solo
accademica, ma è una querelle fondamentale
per capire come nel tempo si sia
cercato di comprendere il meccanismo
della formazione delle identità
etniche, qualcosa di molto rilevante
anche per la storia moderna, perché
spesso le nazioni moderne vanno alla
ricerca nell’antichità di miti
fondativi, di storie sulle quali
costruire la loro identità
nazionale. Oggi una delle tesi più
accreditate è quella della
cosiddetta ‘etnogenesi’, ovvero
della formazione di identità etniche
nuove attorno ad un nucleo fondativo,
un nocciolo duro che spesso assorbe
gruppi preesistenti e immigrati in
una nuova comunità. Questa teoria è
quindi sia compatibile con la
migrazione di piccoli gruppi
‘portatori dell’identità’ - come i
Goti dalla Scandinavia - sia con il
formarsi di larghe coalizioni
variegate attorno a questo originale
nocciolo duro.
Tra tutti i popoli del cosiddetto “Barbaricum”,
i Goti sono senza dubbio quello che
ha segnato più di ogni altro le
ultimi fasi di vita dell’impero
romano d’occidente, tanto da essere
considerati i principali
responsabili della sua caduta di
Roma. Fu davvero così?
Per rispondere è importante
distinguere tra la volontà e gli
effetti derivanti dalle relazioni
tra Goti e Romani. I Goti finirono
per essere un elemento disgregativo
dell’impero, ma se si studia la loro
storia appare evidente che mai,
nell’intera durata delle loro
relazioni con Roma, desiderarono
veramente la caduta dell’impero.
Piuttosto, cercarono sempre un posto
all’interno del sistema imperiale.
Se vogliamo fare la lista dei veri
nemici dell’impero, direi che i
Persiani e i Vandali erano percepiti
come una minaccia ben più pericolosa
dei Goti, che in fondo furono più
spesso alleati che avversari dei
Romani. La dissoluzione dell’impero
avvenne, tra le altre cose, per
effetto delle miopi decisioni
politiche di tutta la classe
dirigente romana e gotica, che
paradossalmente diede sempre per
scontata la sopravvivenza
dell’impero. I politici
privilegiarono gli interessi di
carriera rispetto alla salute a
lungo termine del corpo dello stato.
Si arrivò così alla vigilia del 476
senza avere ancora consapevolezza
dell’imminente distruzione...
A proposito di integrazione: nel
corso del loro complicato rapporto
con l’impero, i Goti sembrano più
volte sul punto di essere integrati
nel mondo romano. Perché questo non
avvenne mai?
In un certo senso si può dire che
alla fine l’integrazione ci fu! Goti
e Romani finirono per integrarsi sia
in Italia che in Iberia (attuale
Spagna), solo che lo fecero “fuori
tempo massimo”, cioè quando ormai
l’impero d’occidente non esisteva
più. Secondo me, possiamo elencare
tre fattori che impedirono
un’integrazione già nel IV o V
secolo, tutti legati in qualche modo
alla battaglia Adrianopoli, del 378.
Dopo questo scontro, nel quale i
Goti riportarono un’inaspettata e
colossale vittoria che portò perfino
alla morte dell’imperatore Valente,
i Goti cominciarono a credere di
meritarsi qualcosa di più rispetto
ad altri popoli che prima di loro
erano entrati nell’impero:
avanzarono dunque eccessive pretese.
I Romani, per conto loro, pur non
essendo mai stati davvero xenofobi,
dopo quella bruciante sconfitta
cominciarono a dubitare che i Goti
potessero davvero diventare Romani,
come era accaduto a tanti popoli
prima di loro. Infine, quelli furono
anni cruciali anche dal punto di
vista religioso, creando un “muro”
tra i due popoli: dopo la loro
conversione al Cristianesimo, i Goti
finirono infatti per definirsi
ariani, mentre i Romani sposarono il
credo Niceno, principale avversario
dell’arianesimo. Le barriere
religiose, spesso, contano assai di
più di quella etniche. Non a caso
quando i Goti rinunciarono
all’arianesimo, in Iberia, si fusero
rapidamente con la popolazione
romana della regione.
Come sarebbe potuta cambiare la
storia di Roma se invece le cose
fossero andate diversamente?
È difficile dire cosa sarebbe
accaduto se il processo di
integrazione fosse riuscito.
Probabilmente il Goto Alarico, che
oggi ricordiamo soprattutto per aver
distrutto Roma, sarebbe diventato il
più importante generale “romano” al
servizio dell’impero, magari avrebbe
fatto in modo di unire la sua
famiglia a quella imperiale romana.
In questo caso, è probabile che i
Goti avrebbero rappresentato una
fonte di soldati arruolabili con cui
integrare l’esercito romano: chissà,
questo avrebbe potuto portare ad una
ripresa dell’Occidente. Eppure il
corso degli eventi dipende da molti
fattori complessi: molto sarebbe
dipeso anche da quanto solida si
fosse dimostrata la nuova dinastia
di imperatori occidentali e se si
fosse riuscito a trasmettere il
potere con regolarità, come avvenne
a Costantinopoli nel V e VI secolo.
Uno dei personaggi più importanti di
cui racconti è Wulfila, vissuto nel
IV secolo. ll suo nome non è molto
conosciuto, eppure il suo apporto
nella storia dei Goti fu
fondamentale. Perché?