N. 89 - Maggio 2015
(CXX)
MIA MADRE
Crollo DELLE ideologie e affetti familiari
di Giovanna D'Arbitrio
Erano
gli
anni
‘90
quando
Nanni
Moretti
cominciò
a
imprimere
una
svolta
più
“intimista”
a
film
come
Caro
diario,
Aprile,
proseguendo
poi
con
questa
tendenza
anche
in
film
come
La
stanza
del
figlio
e il
recente
Mia
madre.
Nel
1996
in
piena
crisi
post-sessantottina
e
crollo
di
ideologie,
apparve
sugli
schermi
Aprile,
spesso
ricordato
per
la
nota
frase
detta
dal
regista
mentre
guarda
la
Tv
con
sua
madre
- "D’Alema,
di’
qualcosa
di
sinistra"
-,
nonché
per
l’
amarezza
generata
in
lui
dal
masochismo
autodistruttivo
della
sinistra
che
lo
porta
in
quel
momento
a
distaccarsi
dalla
politica
e a
concentrarsi
maggiormente
sulla
prossima
nascita
del
figlio.
In
Mia
madre
la
storia
inizia
su
un
set
cinematografico
dove
Margherita,
una
regista,
sta
girando
un
film
sul
mondo
del
lavoro
con
operai
in
sciopero,
scontri
con
la
polizia
e
pestaggi:
un
lavoro
stressante
il
suo,
reso
più
difficile
da
un
eccentrico
attore
americano
e
soprattutto
dalla
sofferenza
nel
vedere
sua
madre
in
fin
di
vita
in
ospedale.
Benché
i
problemi
della
vita
quotidiana
siano
tanti,
ella
l’assiste
con
affetto
insieme
al
fratello
Giovanni,
un
ingegnere
che
ha
chiesto
“l’
aspettativa”
dal
lavoro
per
una
pausa
di
riflessione
sulla
propria
vita.
Come
nel
film
Aprile,
anche
in
Mia
madre
la
dimensione
politica
sembra
aver
perso
importanza
rispetto
ad
affetti
e
sentimenti:
l’unica
realtà
che
sembra
prevalere
su
tutto
e
tutti
è la
figura
della
madre
morente,
un’onesta
e
brava
insegnante
(interpretata
magistralmente
da
Giulia
Lazzarini),
stimata
e
amata
da
figli,
nipoti
e
alunni.
Gli
altri
personaggi
appaiono
depressi,
insicuri
e
soprattutto
inadeguati:
ciò
appesantisce
anche
la
recitazione
(peraltro
non
sorretta
da
una
sceneggiatura
molto
incisiva)
che
ci
offre
una
Margherita
Buy
sempre
più
confusa
e
balbettante,
poco
credibile
nel
ruolo
di
regista,
un
John
Turturro
a
disagio
nei
panni
dell’attore
smemorato
per
Alzheimer
incombente,
un
Nanni
Moretti
che
recita
quasi
dietro
le
quinte
nel
ruolo
di
Giovanni,
ma
che
in
realtà
è
presente
in
tutti
i
personaggi
usati
spesso
come
portavoce
delle
sue
idee.
Senza
dubbio
un
film
sulla
vita
quotidiana
non
consente
allo
sceneggiatore
voli
pindarici,
ma
colpisce
davvero
il
disagio
psicologico
dei
personaggi
negli
scarni
dialoghi
che
sottolineano
insicurezza
e
insoddisfazione
causate
da
un
deludente
presente,
nonché
il
desiderio
di
“svolte”,
di
“rottura
di
schemi”
per
il
futuro.
Paradossalmente
è
proprio
la
madre
morente
quella
più
serena,
dolce
e
sensibile,
forse
perché
soddisfatta
per
aver
vissuto
bene
la
sua
vita,
con
coerenza,
amore
e
dignità.
Un
film
da
vedere,
anche
se
non
è
probabilmente
tra
le
opere
migliori
di
Moretti,
un
film
che
tra
l’altro,
tra
grandi
applausi
e
commozione,
è
stato
proiettato
al
Festival
di
Cannes
2015
insieme
a
Tale
of
Tales
di
Matteo
Garrone
e
La
Giovinezza
di
Paolo
Sorrentino.