N. 56 - Agosto 2012
(LXXXVII)
Metaponto tra ieri e oggi
Storia della città che nacque due volte
di Giovanni De Notaris
Sulla
costa
ionica
della
Basilicata,
a 30
chilometri
circa
da
Bernalda,
in
una
lussureggiante
zona
tra
i
fiumi
Bradano
e
Basento,
sorge
la
cittadina
di
Metaponto.
Percorrendo
la
Strada
Statale
nota
come
Basentana,
vi
si
giunge
in
poco
meno
di
venti
minuti.
La
cittadina,
frazione
del
comune
di
Bernalda
appunto,
appare
immersa
in
una
florida
vegetazione
tipicamente
mediterranea,
fatta
di
meravigliosi
campi
arati,
uliveti,
viali
– anche
autostradali -
affiancati
da
altissimi
alberi,
oltre
a
essere
caratterizzata,
nella
zona pre-litoranea,
da
una
foltissima
vegetazione
boscosa.
La
cittadina
appare
divisa
in
tre
parti:
il
cosiddetto
“borgo”
di
Metaponto,
che
è il
nucleo
abitato
della
città;
lo
“scalo”,
pochi
metri
a
sud-ovest
del
borgo,
dove
ha
sede
la
stazione
ferroviaria;
e il
più
noto
“lido”,
un
paio
di
chilometri
più
a
sud,
centro
effettivo
del
turismo
estivo,
a
diretto
contatto
con
la
costa.
La
città
sorge
sulle
rovine
della
colonia
greca
fondata,
nel
VII
secolo
a.
C.,
secondo
una
tra
le
tradizioni
più
consolidate,
dall’eroe
Μέταβος,
figlio
di
Sisifo,
fondatore
di
Corinto.
Già
all’epoca
la
zona
era
nota
per
la
coltivazione
di
orzo,
nonché
per
la
straordinaria
fertilità
del
suo
suolo.
Ancora
oggi,
difatti,
questa
tradizione
persiste
nel
simbolo
della
città,
la
spiga
di
orzo
appunto,
presente
pure
sulle
monete,
nell’antichità.
Quando,
verso
la
fine
del
VI
secolo
a.
C.,
i
pitagorici
furono
cacciati
da
Crotone,
Metaponto
fu
tra
quelle
πόλεις
che
diedero
ospitalità
ai
fuggiaschi,
Pitagora
compreso,
che
fondò
lì
una
sua
scuola.
Durante
la
guerra
tra
Roma
e
Cartagine
poi,
i
metapontini
sostennero
Annibale
e,
dopo
la
sua
sconfitta,
passarono
sotto
l’orbita
romana,
segnando
così
la
propria
irreparabile
parabola
discendente.
Nel
II
secolo
d.
C.
difatti,
lo
storico
greco
Pausania,
visitando
la
città,
ne
attestò
la
triste
decadenza.
Restavano
ormai
solo
le
rovine
della
gloriosa
colonia
achea;
persino
il
nome
si
eclissò.
Nel
medioevo
si
susseguirono
prima
i
normanni
e
poi
gli
svevi,
presenze
testimoniate
dalle
rovine
di
un
castello,
nella
zona
del
moderno
scalo,
nota
un
tempo
come
Tordimare.
Quel
poco
che
restava
degli
abitanti
della
zona
si
disperse
totalmente
nel
XVII
secolo,
a
causa
della
continue
epidemie
di
malaria,
vero
dramma
della
zona,
già
in
epoca
greca.
Della
città
vera
e
propria,
come
insediamento
urbano,
non
si
sentirà
più
parlare
fino
al
dopoguerra,
quando,
in
seguito
a
una
vasta
opera
di
bonifica,
varata
già
durante
il
fascismo
-e
di
cui
ancora
oggi
se
ne
conserva
traccia
nella
toponomastica
del
borgo-,
a
causa
delle
zone
paludose,
veri
e
propri
ceppi
di
epidemie
di
malaria,
Metaponto
rinascerà
appunto
come
frazione
della
città
di
Bernalda.
La
cittadina,
difatti,
come
pure
la
colonia
greca,
sconta
il
dislivello
inferiore
rispetto
alla
linea
di
costa,
e
quindi
le
frequenti
inondazioni,
dovute
al
periodico
fenomeno
dell’alta
marea
- ma
anche
le
esondazioni
del
Bradano
e
del
Basento
-,
portavano
allo
scoperto
tutto
l’apparato
fognario
della
colonia,
causando
epidemie,
con
conseguenti
diminuzioni
cicliche
della
popolazione.
Come
è
facile
intuire
però,
pur
avendo
ormai
debellato
da
decenni
il
problema
delle
epidemie,
resta
comunque
quello
delle
alluvioni,
causate
anche
dalle
piogge
torrenziali,
che
puntualmente
si
ripetono
ogni
anno,
flagellando
la
zona
del
metapontino,
e
non
solo.
Arrecano
seri
danni
alle
coltivazioni,
nonché
alla
bellezza
dei
paesaggi.
La
ricchezza
d’acqua,
insomma,
che
da
sempre
rende
cosi
florida
e
fertile
la
zona,
ne è
anche
causa
di
mali.
Il
metapontino
è
tra
i
luoghi
più
noti
per
i
pregiati
e
rinomati
uliveti,
campi
di
grano,
e
per
la
frutta;
prodotti
esportati
con
successo,
e
noti
ovunque
nel
mondo.
Altro
punto
forte
della
città,
e
spinta
propulsiva
per
il
suo
turismo,
sono
le
vaste
aree
archeologiche,
già
note
nell’Ottocento,
che
ebbero
però
una
maggiore
attenzione
a
partire
dal
dopoguerra,
con
numerosi
rilevamenti
e
scavi,
talvolta
ricoperti
dalle
alluvioni.
Dagli
anni
Sessanta
del
Novecento
ci
fu
una
ripresa
più
attiva
e
attenta
degli
scavi,
di
cui
alcuni
compiuti,
dalla
metà
degli
anni
Settanta
in
poi,
in
collaborazione
con
l’università
di
Austin,
nel
Texas.
Le
zone
archeologiche
più
note,
e
chiaramente
visitabili
sono:
il
santuario
di
Apollo
Licio,
2
chilometri
a
est
del
borgo,
vasta
area
comprendente
i
resti
di
un
teatro,
e di
quattro
templi,
raggiungibile
tramite
una
strada
fiancheggiata
da
alberi,
e
immersa
in
una
sequenza
di
campi
coltivati;
alcune
necropoli,
lungo
il
percorso
della
Statale
175,
a
nord
del
borgo;
e le
famose
Tavole
Palatine,
ancora
più
a
nord
sulla
Statale
106,
nei
pressi
del
fiume
Bradano,
con
i
resti
di
un
maestoso
tempio
dedicato
a
Hera.
Ovviamente
i
rilievi
continuano
tutt’oggi,
e
molti
sono
ancora
gli
scavi
e i
cantieri
aperti.
Proprio
grazie
a
questa
indiscutibile
risorsa,
quindi,
nella
prima
metà
degli
anni
Ottanta
la
zona
conobbe
un
notevole
sviluppo
turistico
e,
conseguentemente,
urbano.
La
zona
sud
del
borgo,
per
cominciare,
quella
che
dà
verso
lo
scalo,
fu
interessata
da
un
massiccia
crescita
urbana,
costituita
da
diversi
lotti
di
villette
a
schiera.
Questo,
ovviamente,
rese
necessaria
anche
una
rivoluzione
topografica,
con
la
creazione
di
nuove
strade.
Sempre
nello
stesso
periodo,
si
diede
inizio
anche
alla
costruzione
di
un
cavalcavia,
che
sovrastasse
la
linea
ferroviaria,
all’incrocio
tra
il
borgo
e lo
scalo,
per
facilitare,
e
rendere
più
scorrevole,
il
traffico
di
automezzi
verso
il
lido,
senza
dover
attendere
il
passaggio
dei
treni
al
vecchio
passaggio
a
livello.
L’opera
monumentale
è
anche
dotata
di
una
pista
pedonale,
e
ciclabile,
che
prosegue
anche
lungo
la
strada
diretta
al
lido,
fiancheggiata
da
ampi
spazi
vuoti,
per
immergersi
poi
in
una
florida
pineta
che
precede
tutta
la
fascia
litoranea.
Al
suo
interno
è
possibile
imbattersi,
inoltre,
in
diversi
villaggi
turistici.
Nella
prima
metà
degli
anni
Novanta
poi,
fu
costruito,
sempre
nel
borgo,
il
Museo
Archeologico
Nazionale,
dove
sono
esposti
reperti
e
testimonianze
ritrovati
nel
metapontino,
dall’età
del
bronzo,
passando
poi
per
la
presenza
greca,
fino
al
periodo
romano.
Proseguì
inoltre
il
vasto
ampliamento
urbano
con
altri
edifici,
nella
zona
ovest.
Nel
borgo
vi
sono
anche
una
scuola
elementare
e
una
media,
oltre
a
una
grande
parrocchia
situata
nei
pressi
della
piazza
centrale.
Ma,
tornando
al
lido,
la
zona
forse
più
nota
di
Metaponto,
esso
fu
interessato,
nella
prima
metà
del
Duemila,
da
una
ampia
riqualificazione
urbana,
adiacente
la
zona
del
lungo
mare,
che
fu
definitivamente
vietata
al
traffico.
Sulle
spiagge
compaiono,
inoltre,
diverse
stazioni
balneari,
tra
vecchie
e
nuove.
La
terza
zona
della
citta
è il
già
citato
scalo,
con
la
stazione
ferroviaria.
Nell’area
sorgono
un
castello
edificato
in
epoca
normanna,
nel
1060,
caduto
in
rovina,
e la
chiesa
di
S.
Trinità,
anch’essa
di
epoca
medievale.
Nella
prima
meta
degli
anni
Novanta
il
castello
fu
interessato
da
un’attenta
opera
di
restauro,
e
aperto
al
pubblico.
Anche
la
zona
dello
scalo,
a
partire
dai
primi
anni
del
Duemila,
subì
una
risistemazione
urbana,
per
renderlo
più
fruibile
ai
viaggiatori.
In
conclusione,
Metaponto
è
dagli
ultimi
trent’anni
una
rinomata
zona
turistica,
balneare
e
archeologica,
servita
da
buoni
collegamenti
stradali
e
ferroviari.
Vale
sicuramente
la
pena
visitarla,
nei
mesi
estivi
in
particolare,
quando
il
sole
e le
alte
temperature
che,
soprattutto
nel
mese
di
agosto,
oscillano
tra
i 40
e i
42
gradi
centigradi
- al
netto
del
tasso
di
umidità -,
contribuiscono
a
esaltare
ancora
di
più
la
bellezza
mediterranea
dei
luoghi
e i
colori
dei
paesaggi.
Anche
chi
non
è
appassionato
di
archeologia,
potrà
restare
affascinato
dal
suo
mare
straordinariamente
limpido,
dalle
meraviglie
paesaggistiche,
oltre
a
degustare
l’olio,
vero
pregio
anche
di
altre
zone
della
Basilicata.
Un
luogo,
quindi,
da
segnare
assolutamente
sul
proprio
diario
di
viaggio
e,
una
volta
stati
lì,
sarà
davvero
difficile
dimenticare
quella
che,
con
un
po’
di
fantasia,
potrebbe
essere
definita
come
“the
land
of
forever.”