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N. 95 - Novembre 2015 (CXXVI)

L’OROLOGIO ASTRONOMICO DI MESSINA
UNA STORIA “IN MOVIMENTO” - parte i

di Federica Campanelli

 

Al mattino del 28 dicembre 1908 una scossa sismica di magnitudo 7,2 si abbatté sulle città costiere dello Stretto, Messina e Reggio Calabria, distruggendole in una manciata di secondi, e uccidendo circa 120.000 persone (80.000 nella sola Messina), ossia oltre metà della sua popolazione.

 

 La cattedrale di Messina, con l’annessa torre campanaria, non fu risparmiata dalla devastazione e fu quasi del tutto rasa al suolo. Ma non era affatto la prima volta: incendi a parte, furono infatti soprattutto i fenomeni tellurici a scandirne la storia.

 

Dalla sua costruzione promossa dal normanno Ruggero II d’Altavilla (la consacrazione tuttavia avvenne solo 43 anni dopo la dipartita del re, il 22 settembre 1197, al cospetto della figlia Costanza e di Enrico VI di Svevia), l’opera subì nei secoli i consueti rimaneggiamenti volti ad adeguare lo stile al gusto corrente, fino al tremendo stillicidio di terremoti del febbraio-marzo 1783 che colpì l’area affacciata sullo Stretto.

 

L’edificio ne uscì distrutto e il ricco repertorio d’opere d’arte in esso conservato andò perduto. Il campanile del duomo, in origine alto 90 metri (guglia lignea compresa), in seguito a tale evento fu ricostruito, ma trascorsi appena 80 anni (1863) dovette essere demolito per questioni di inagibilità.

 

Si dovrà aspettare il XX secolo per rivedere il Duomo messinese – ricostruito dopo l’evento tellurico del 1908 – affiancato nuovamente dalla propria torre campanaria.

 

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La cattedrale dopo il terremoto del 1908

 

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Il campanile in costruzione

 

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La cattedrale oggi

 

Il campanile odierno della cattedrale è stato commissionato da Mons. Angelo Paino, arcivescovo dal 1921, il quale sempre si adoperò per il recupero architettonico e sociale della città, in particolare dopo le imponenti devastazioni del 1908 e i bombardamenti del 1943. Paino fece quindi edificare centinaia di chiese, case canoniche, decine di istituti d’istruzione e beneficienza, biblioteche e asili.

 

Il progetto del campanile fu affidato all’ingegnere architetto Francesco Valenti (1868-1953), Soprintendente ai Monumenti della Sicilia dal 1920 al 1935 (ufficialmente dal 1924). Nella Sicilia del primo Novecento vigeva il culto dell’architettura medievale arabo-normanna, sui cui stilemi s’imperniava il rifacimento di edifici o la progettazione ex novo di altre opere violate. Egli si curò pertanto di mantenere viva la memoria storico-artistica della precedente torre campanaria, così enormemente sfigurata dagli eventi.

 

L’opera fu terminata e inaugurata il 13 agosto 1933 e, nonostante abbia perso in monumentalità (si ridusse infatti a 60 metri, contro i 90 dell’originale), la torre si arricchì dell’elemento che lo ha reso celebre: l’orologio astronomico più grande mai realizzato. Il congegno, che si estende in altezza per ben 48 metri, è stato realizzato con il contributo di Frédéric Klinghammer, impiegato nella società Ungerer di Strasburgo, sul modello realizzato per l’orologio astronomico della città francese.

 

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La cattedrale oggi

 

L’orologio di Messina non è solo uno spettacolo che scandisce il tempo giornaliero, settimanale e liturgico, ma un vero memorandum meccanico volto a raccontare, in una danza periodica di allegorie, la storia della città e la sua vita religiosa.

 

I quadranti che compongono il grande orologio sono disposti sul lato della torre prospiciente la piazza del duomo, in esse i 64 automi mettono in scena sette episodi.

 

I primi movimenti partono dall’alto: allo scoccare del mezzogiorno un leone coronato, alto circa quattro metri (sei se si include l’asta della bandiera), con mobilità di testa e coda, inizia ad agitare il vessillo cittadino che riporta la croce in campo rosso (simboli in uso già dal V secolo), emettendo contemporaneamente tre fragorosi ruggiti.

 

Il leone d’oro rampante reggente il vessillo crociato richiama il gonfalone della Provincia di Messina; questo è ufficialmente descritto come uno «scudo sannitico, con figura di leone rampante in campo azzurro. Il leone, in oro, con testa coronata, regge con le zampe anteriori il vessillo di Messina, di colore rosso con croce d’oro, la cui asta in alto è sormontata da una palla e circondata da ghirlanda di quercia e alloro ornata di nastri rossi; al di sotto della ghirlanda sventola una lista bifida in argento che reca il motto Fert Leo vexillum Messanae cum cruce».

 

 

 

Nell’ordine inferiore, terminati i ruggiti del leone, un gallo, riprodotto da un automa di circa 2,5 metri con mobilità di testa e ali, inizia il suo canto. Il gallo nella simbologia cristiana ha uno specifico significato: come suggerito da San Gregorio nella Regula Pastoralis l’immagine del gallo simboleggia il buon predicatore. Il gallo, infatti, al risveglio batte le ali così come il penitente percuote se stesso dopo un profondo esame di coscienza, poiché solo in seguito a un’attenta analisi del proprio spirito il sacerdote può esser degno di predicare la fede. Inoltre nei Vangeli il gallo è nominato da Gesù quando, riferendosi a Pietro e profetizzando il suo rifiuto, esclama: «Prima che il gallo canti, oggi, mi rinnegherai tre volte».

 

Ai lati del gallo due automi alti circa tre metri percuotono due campane con movimento semirotatorio, battendo le ore e i quarti. Questi personaggi altri non sono che le due eroine messinesi Dina e Clarenza, secondo leggenda attive durante i moti dei Vespri Siciliani. La notte dell’8 agosto 1282, in pieno assedio angioino, le truppe francesi si preparavano a irrompere nella città di Messina, tuttavia le due donne, quella notte di guardia sui bastioni del colle Caperrina, avvistarono l’imminente pericolo e riuscirono a dare l’allarme tramite i rintocchi delle campane cittadine. Non solo: contribuirono a respingere il nemico scagliando loro grossi massi dalla cima delle mura.

 



 

 

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