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Arte


N. 98 - Febbraio 2016 (CXXIX)

ARTISTI DEL NOVECENTO, MERCATO DELL'ARTE

E ASTE INTERNAZIONALI
MODIGLIANI, SPLENDIDO IRRIVERENTE

di Monica Vargiu

 

Capita spesso nel mondo dell’Arte, della Musica o in quello della Cultura in genere che autori avversati dalla critica, scomparsi prematuramente in circostanze tragiche, talvolta quasi in miseria, diventino in breve tempo personaggi “cult” dall’esistenza quasi leggendaria, amati e venerati anche da quell’enorme platea di pubblico che non li ha mai conosciuti e bramati da quei pochi, raffinati e ricchissimi collezionisti che si contendono le loro opere, siano essi quadri, scritti, sculture o persino oggetti personali che vengono battuti, per cifre strabilianti, nelle più importanti e sponsorizzate case d’asta internazionali.

 

Non di rado un’esistenza, vissuta drammaticamente allo sbando, unita a un’intima natura incostante e a tratti autodistruttiva, alimenta il mito, fornendo alla lettura critica spunti psicologici e spiegazioni talvolta illuminanti, a volte fuorvianti, riguardo alle motivazioni sottese del fare artistico e, questa tensione spirituale, che vira spesso al tormento e alla sofferenza, aleggia sempre sullo sfondo senza mai disgiungersi dall’opera, amplificandone anzi, forme e contenuti subliminali.

 

“Se ogni artista intinge il suo pennello nella sua anima e dipinge la sua stessa natura nelle sue immagini” come affermò il politico statunitense Henry Ward Berchet e “Le opere sono come pozzi artesiani, salgono tanto più in alto quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore”, come sentenziò Marcel Proust, allora è proprio l’essenza, la radice profonda dell’indole di Amedeo Modigliani che emerge con forza deflagrante dai suoi dipinti e che lo rende, proprio per questa lacerante e potente immediatezza figurativa, uno dei pittori più ricercati e intensamente desiderati nel panorama dell’arte contemporanea.

 

Una salute precaria, unita a una vena sottile di malinconia e a un’ intermittente depressione, ne segnò profondamente la breve parabola esistenziale, rendendolo forse anche per questo, un interprete geniale e oltremodo unico che seppe mantenere intatto, pur essendo costantemente immerso nell’atmosfera stimolante e vivifica della cultura delle avanguardie, quel suo stile e quella sua “idea” di arte così singolare e autenticamente originale.

 

Modì fu una figura artistica complessa, dall’allure irresistibile e spesso indecifrabile, un dandy raffinato, elegante, dall’animo limpido, capace di gesti di grande nobiltà, ma fu allo stesso tempo un uomo trasgressivo, insofferente e fragile che nutrì il proprio spirito delle proprie radicate convinzioni e delle proprie ineludibili debolezze.

 

Dopo aver conosciuto nel 1898 Giovanni Fattori e aver respirato l’atmosfera dei Macchiaioli nella natia Livorno, si spostò prima a Firenze e poi a Venezia, per approdare nel 1906 a Parigi, vero centro propulsore della cultura europea del periodo e sua città d’elezione. In un ambiente così vitale e propositivo gli intellettuali solevano incontrarsi nei più celebri bistrots parigini, per discutere di arte, politica e poesia e Modigliani strinse una profonda amicizia, forse per affinità caratteriale, con i pittori Soutine e Utrillo, ma entrò anche in contatto (e spesso in contrasto) con Pablo Picasso, frequentò Diego Rivera e tutti i più celebri artisti e intellettuali dell’epoca, fra cui anche Cocteau, Ungaretti e Apollinaire.

 

Il suo stile personalissimo e inconfondibile, fatto di tocchi rapidi, linee sinuose e colori intensi e vellutati, lo distinse profondamente e in maniera inequivocabile dalle tendenze stilistiche allora imperanti, prima fra tutte il Cubismo (linguaggio espressivo adottato per un lungo periodo dall’ami-nemico Picasso), per farne, con il tempo l’icona assoluta della pennellata accesa, laccata e profondamente intimistica.

 

Appare evidente la sua formazione di scultore nei tratti decisi e spesso rafforzati da una marcata linea nera continua che ritaglia ed evidenzia sagome e volumi, ma emerge anche la fascinazione voluta e mai subita per la scultura africana che trova, il suo tratto distintivo caratteristico sia nei celeberrimi colli lunghi dei ritratti, sia nella costruzione dell’impianto disegnativo solo all’apparenza semplificato ma, intensamente meditato e complesso, quasi a rappresentare una matrice dell’anima, il nucleo più intimo, esposto e indifeso, dei soggetti raffigurati.

 

 Vita artistica e vita privata di questo immenso pittore si sovrapposero quasi sempre, diventando una cosa sola, alimentando forse con troppa sbrigativa superficialità e mirabolante fantasia la dimensione mitica dell’artista maledetto, del bohemien, che si oppose attraverso il proprio linguaggio espressivo ai valori tradizionali e all’ipocrisia stagnante di quella società borghese e conservatrice arroccata nelle proprie convinzioni; artista che alternò impulsi autodistruttivi a fasi di appassionata estasi creativa e acuta esaltazione, ma che in sostanza volle sancire attraverso le sue opere quel ragionamento pulito, privo di astrusi costrutti accademici, quella sua capacità di cogliere e catturare l’essenziale, il non immediatamente visibile, facendosi interprete di un linguaggio nuovo, istintivo, mai omologato.

 

Jeanne Hébuterne, sua musa e compagna di vita, soggetto più volte rappresentato, fu colei che comprese e protesse fino all’ultimo respiro l’indole volubile, a tratti vulnerabile e squisitamente infantile di Amedeo, furono legati da un amore assoluto, struggente e profondo, fatto di reciproca comprensione che li congiunse per l’eternità, quando lei, all’indomani della morte di Modì si suicidò per il dolore, portando ancora in grembo, il loro secondogenito.

 

Se si pensa che spesso Modigliani “barattò” i propri disegni per qualche bicchiere (i suoi disegni da “bere”, come soleva dire con ironia) o per pochi spiccioli e che nella sua prima mostra parigina presso la galleria Berthe Weill nel dicembre del 1917 i suoi nudi diedero scandalo a tal punto che il capo della polizia ne ordinò la chiusura per oltraggio al pudore, ci appare ancora più straordinario in quest’ottica che, già pochi giorni dopo la sua morte i suoi quadri ebbero un’impennata significativa nelle quotazioni e che oggi le sue opere vengano ammirate nei più importanti siti museali del mondo o appartengano alle più prestigiose ed elitarie collezioni private e che difficilmente, passino di proprietà se non per cifre astronomiche.

 

Ripensando al clamore negativo che suscitò nell’opinione pubblica la sua prima rassegna espositiva, il pensiero corre a un altro grande eccelso autore, quel “divino Caravaggio” interprete e fautore di quel realismo estremo e radicale che spesso gli costò grandi rifiuti da parte dei committenti e l’aperta condanna e il dileggio delle Accademie allora in voga, convinte sostenitrici, nei temi e nei soggetti, della pittura di maniera. Opere come “La Morte della Vergine”, rifiutata con disprezzo per la scelta del modello (Caravaggio si servì del corpo gonfio e tumefatto di una prostituta ritrovata su una sponda del Tevere), si trova oggi al Louvre dove viene ammirata ogni giorno da migliaia di visitatori, e rappresenta sia quel manifesto concettuale dello stile sublime e innovatore del suo esecutore, sia il sunto culturale di un intero secolo.

 

Mentre però il Caravaggio, nella sua breve esistenza lavora con alterne fortune e può contare sull’appoggio di estimatori facoltosi e influenti come il Cardinal Del Monte, il Cardinale Scipione Borghese e il Marchese Giustiniani, che lo proteggono soprattutto da se stesso e dal suo carattere irascibile e collerico e che a gara si contendono le opere rifiutate per arricchire le loro collezioni, per Modigliani invece la fortuna e il riconoscimento del talento saranno prevalentemente postumi e, quei rapidi schizzi, eseguiti con maestria fra un bicchiere e l’altro su un tavolino di bistrot a Montparnasse, diventeranno, subito dopo la sua morte, oggetti di culto.

 

 I suoi nudi lascivi, audaci e apertamente sensuali, colpevoli di ottenebrare la ragione e oltraggiare il comune senso del pudore, e che ancora oggi nei programmi “didattici” di alcuni paesi del mondo vengono celati, poiché rimandano a una natura troppo esplicita, divengono l’oggetto del desiderio delle aste più prestigiose, a tal punto che lo scorso novembre, il celebre e splendido Nu couché della collezione Mattioli, dipinto ed esposto proprio in quel 1917 del clamoroso scandalo, viene assegnato da Christie’s, dopo quasi dieci minuti di asta a colpi di rilanci milionari al magnate cinese Liu Yiqian, per la stratosferica cifra di 170,405 milioni di dollari, cifra pagata per un dipinto, seconda solo alle Femmes d’Alger dell’eterno “rivale” Picasso (179,400 milioni di dollari).

 

Come ha affermato il celebre storico dell’arte Claudio Strinati, la prestigiosa acquisizione del costosissimo Modigliani, non è un’operazione fine a se stessa ma, rimanda a una lettura ben più complessa e articolata, poiché amplia in maniera decisa e ambiziosa, quell’offerta culturale di una città come Shanghay, già modello e polo economico di risonanza mondiale, che si candida, a pieno diritto a competere con i più grandi siti museali del mondo e che sancisce di fatto, l’ascesa di quella classe ricca di un paese come la Cina che, per troppo tempo è rimasta cristallizzata nel suo splendido, millenario e impenetrabile isolamento culturale.

 

Un segnale dunque forte quello del ricchissimo magnate cinese, che investe con convinzione nel mercato dell’arte per accrescere le prestigiose collezioni dei tre musei di sua proprietà, un self-made man che ebbe l’ardire di sorseggiare con compiaciuta disinvoltura un tè in una tazza Ming di rara e stupenda fattura davanti a una platea di giornalisti sconcertati, dopo essersela aggiudicata ad un’asta di Sotheby’s; una “provocazione” che gli valse una pubblicità senza precedenti e che in fin dei conti si rivelò un’astutissima operazione di marketing su scala mondiale, con grande ritorno per le sue attività e per la stessa Shanghay, città dove risiede e opera.

 

Del resto, il governo cinese, sempre lungimirante nel campo delle politiche economiche, ha istituito nel 2009 la Borsa dei beni culturali di Shenzhen, considerando quindi di fatto l’arte una vera e propria attività finanziaria, iniziativa replicata solo da Parigi due anni dopo, probabilmente per arginare quella bulimia di possesso di opere d’arte, che cresce in modo esponenziale da parte delle economie mondiali più forti e di quelle emergenti.

 

Solo gli operatori del mercato dell’arte e gli analisti finanziari sapranno dire se, viste le continue oscillazioni al ribasso della moneta cinese, (con conseguenti e preoccupanti contraccolpi sui mercati di tutto il mondo), dietro il ricercare opere prestigiose e l’attitudine a fare grandi investimenti, si celi in realtà il calcolo di abili uomini d’affari che investono in un bene “rifugio”, il cui valore continuerà a crescere lentamente ma, costantemente nel tempo e contemporaneamente, attirerà nei musei, numeri sempre crescenti di visitatori che assicureranno sempre maggiori dividendi nell’immediato.

 

Per Amedeo Modigliani, che consumò in maniera febbrile quasi onirica ogni singolo attimo della sua esistenza, sempre fedele al proprio spirito e alle proprie passioni, tutto ciò rappresenta un aperto riconoscimento alla sua grandezza e al suo valore, quel tributo doveroso che gli venne negato in vita e che oggi lo rende autenticamente immortale; una costante e ricercata presenza che dialoga con il pubblico attraverso i suoi quadri, annullando il tempo e lo spazio.

 

“Voglio che la mia vita sia un torrente fertile che attraversa la terra con gioia”, sostenne in uno dei suoi celebri aforismi, e queste poche parole, rivelano tutto quell’edonismo, tutta quella brillante e fresca agilità di pensiero, che egli mise in tutte le cose e che, a distanza di quasi un secolo, lo proiettano nell’Olimpo non solo dell’arte ma, anche in quello di quei grandi interpreti della cultura e della storia italiana che tutto il mondo ci invidia.



 

 

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