[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

189 / SETTEMBRE 2023 (CCXX)


ambiente

L’ALTRA CRISI DEL TRECENTO
III / I TERREMOTI SECONDO I CRONISTI TOSCANI
di Matteo Buzzurro

 

Siamo giunti al termine del nostro viaggio sugli aspetti meno battuti della crisi del Trecento e per l’esattezza affronterò gli sconvolgenti terremoti del 1345 e del 1349 che distrussero  il centro Italia e che  andarono a intersecarsi nel groviglio spinoso della peste che in quel momento imperversava. Anche in questo caso parleranno le fonti cronachistiche che poterono vedere il fenomeno da vicino.

 

La prima scossa che vorrei analizzare fu quella del dicembre del 1345 che colpì Firenze con una magnitudo del sesto grado che sconvolse la Toscana centro settentrionale. Il 22-25 dicembre «sul vespro furono grandi terremuoti i quali abbatterono Borgo San Sepolcro dove una parte degli edificj con danno di bene cinquecento tra huomini, femmine e fanciulli morti».

 

Sebbene il nostro cronista racconti utilizzando delle fonti a suffragio le stime risultano essere coerenti. Le repliche furono fortissime «che quasi tutti gli edifici di quella terra [Borgo San Sepolcro] fece rovinare in cui per lo scotimento per la notte e per le rovine d’ogni parte, poche ne poterono campare». Le persone furono talmente scosse e prese in controtempo che dovettero fuggire «ignudi nelli orti e nelle piazze e coloro che rimasero come i forestieri che v’erano, fecioni delle case sepolture a’ lacerati corpi».

 

Molti furono i morti, secondo il cronista addirittura duemila, altri invece riuscirono a scappare ma ebbero una triste notizia: «[alcuni] che per paura de’ primi tremuoti, erano usciti della terra stavano a campo, e sarebbero campati ma per tema della terra messer Piero Sacconi e Vieri da Faggiuola, col vicario dell’arcivescovo vi cavalcarono, e per forza costrinsero i terrazzani, e i soldati [sopravvissuti] a ritornare nella terra».

 

Il secondo terremoto, ovvero quello dell’Appennino abruzzese, che analizzeremo è per noi un motivo di ricordo molto vicino, come, infatti, non ricordare il terremoto dell’Aquila o di Amatrice e perciò tutto quello che si leggerà sarà per noi fin troppo presente facendo nascere nel nostro animo la tentazione di confrontarlo con il presente.

 

Innanzitutto il 1349 fu un periodo di grossi sconvolgimenti sismici che non interessarono solo il centro Italia ma anche molti centri tanto che questi scossoni «diffusati e maravigliosi, i quali in più parti del mondo durarono più dì» deturpando fortemente Roma dove caddero «il campanile della Chiesa grande di San Pagolo, con parte di quelle logge di quella chiesa una parte nobile della torre delle Milizie lasciando in molte parti di Roma memoria delle sue rovine».

 

Un’altra città che fu colpita fu Napoli dove il terremoto «fece cadere il campanile e la faccia della chiesa del Vescovado e di santo Giovanni maggiore e in assai parti della città ne fece rovina». Secondo gli archivi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia il terremoto fu associato a uno sciame sismico che il 9 settembre del 1349 investì il centro Italia con epicentro negli Appennini Centrali di Abruzzo e Lazio dove la città dell’Aquila «ne fu quasi distrutta che tutte le Chiese e grandi difici della città caddono con grande mortalità d’huomini e di femmine». Il terremoto dunque fu devastante tanto che i «Cittadini et eziando i forestieri si misono stare il dì e la notte su per le piazze».

 

Della devastazione dell’Aquila fu testimone oculare Buccio de Ranallo cronista e poeta aquilano che raccontò nella sua cronaca in maniera dettagliata il momento: «Subitamente venne sì grande terremuto dalla morte de Cristo non fo mayure veduto»; qui subito Buccio ci declina lo sconvolgente sisma che addirittura venne paragonato al sisma avvenuto dopo la morte di Gesù («E Gesù emesso l’ultimo grido spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono». Mt, 27:51) e che sconvolse fortemente i presenti sotto la croce. Era tipico per gli scrittori dell’epoca equiparare l’imponderato con scene devastanti della Bibbia, ma in questo caso Buccio ha evidenziato qualcosa che non aveva mai sentito sottolineandone la tragicità.

 

Appena furono destati dalla tragicità Buccio ci comunica delle stime sui danni alle persone dove «ottocento a Aquila fo stimate Che per lo terremuto foro morte et otterrate». La realtà del sisma si fece molto evidente e raccapricciante quando Buccio iniziò a descrivere, come in un orrendo dipinto, lo scenario circostante: «Chi se vedeva strillare et fare pietate chi plangea lo fillio, chi mollie et chi lo frate. Chi plangea la matre, chi patre et chi sorella (…)».

 

Come in possesso di una telecamera Buccio si mosse per le strade raccontando la rovina circostante scrutando gente che «se grattava lo petto et chi la mascella», persone che non avevano nessuna meta in preda allo shock «et geano scommodando omne strada et ruella per retrovare li corpi, con amara favella». Nello girare per le strade Buccio assistette ai crolli numerosi dopo il sisma e quando «le case cadero tanta era la polverina non vedea l’uno l’altro in quella matina!».

 

Continua la diretta Buccio mostrandoci quanti furono costretti a vedere gli «edifitia et case derupate!». Dall’immane catastrofe non scampò proprio nessuno e anche «le ecclesie erano atterrate che fo lo maiure danno che avesse la citate, salvo la morte delli homini ad dire la veritate». Chi trovò la morte in città trovò il conforto dei preti, talmente tanti da essere paragonati ai detriti delle case. Per liberare le strade furono chiamati i lavoratori del contado che «non jaceano in casa ma le logie fecemmo; più che nove semane pu de fore jacquembo».

 

Per concludere il Trecento è stato un periodo di profonda instabilità economica, politica e sociale che ha colpito l’Europa. Caratterizzata da carestie, epidemie, guerre e disordini generalizzati, la crisi ha avuto un impatto duraturo sulla società dell’epoca e ha contribuito al declino del sistema feudale e alla transizione verso il Rinascimento. Fu anche un periodo di profondi sconvolgimenti climatici e geofisici che esulano dalla semplice peste. In questi tre articoli ho voluto proprio evidenziare gli aspetti più marginali ma che hanno contribuito a sconvolgere un periodo che merita di essere approfondito e studiato.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Buccio di Ranallo, Cronica, Galluzzo Editore, Firenze 2008.

Chronicon Senense di Andrea Dei e Angelo Tura in Rerum Italicarum Scriptores, tomo XVI, a cura di Ludovico Antonio Muratori, Forni, Bologna 1978.

Historie Fiorentine di Giovanni Villani in Rerum Italicarum Scriptores, tomo XIII, a cura di Ludovico Antonio Muratori, Forni, Bologna 1978.

Colafiore G., I terremoti a L’Aquila in Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia, Roma, fasc. 1, gennaio-giugno 2012.

Piccinni G., Il Medioevo, Mondadori, Milano 2004.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]