N. 18 - Giugno 2009
(XLIX)
Giuseppe Mazzini
La sua religione
di Renzo Giorgetti
Giuseppe Mazzini nell’arco della sua vita ebbe modo, in
numerose occasioni, di potere esplicitare le proprie
convinzioni riguardanti l’uomo, la divinità, il cosmo,
il loro rapporto e la missione umana nei confronti di
tutto ciò che trascende la vita materiale. Questo
interesse per la sfera comunemente detta metafisica lo
ha portato ad un’elaborazione teorica sistematica che è
possibile considerare in tutti i suoi molteplici
aspetti, siano questi originali o derivati da altre
fonti.
Che questo apparato teorico si voglia definire come
religione propriamente detta, sentimento religioso o
religiosità è cosa che esula dai fini di questo studio e
non intacca il contenuto e la finalità del pensiero
mazziniano nell’ambito del suo sviluppo. Il credo
religioso di Mazzini si può desumere dalla grande
quantità di scritti pubblici che il genovese ebbe modo
di produrre e divulgare e costituisce in effetti un
corpus dottrinale omogeneo e tendenzialmente completo; è
possibile quindi tratteggiarne le linee fondamentali.
La sua è una religione dinamica, fondata sull’idea di
progresso, inteso come perenne miglioramento umano
all’interno del divenire storico. L’uomo, e con esso
tutte le sintesi organiche, è sottoposto ad una legge
fondamentale che lo conduce ad un continuo ed
inarrestabile processo di associazione e sintesi
superiore attraverso un cammino di costante
avvicinamento alla divinità.
Tale legge fondamentale muove, modifica ed informa tutto
ciò che esiste, e lo anima in un perenne moto
ascendente; tale moto ha come meta superiore l’Essere
creatore, che non sottoposto al divenire, si manifesta
in esso tramite il proprio Verbo incarnato, ossia la
Vita, di cui l’uomo è l’esemplare di maggiore nonché
fondamentale importanza. La divinità quindi, guida ed
ispira il progresso, attraendo a sé tutta l’umanità nel
corso di una catena ininterrotta di generazioni.
Si delineerebbe perciò una sorta di Trinità: Dio (Essere
supremo), Progresso (legge fondamentale), Uomo
(incarnazione, interprete e beneficiario della legge).
Nel mondo del divenire la presenza divina è costituita
dalla Vita, di cui l’uomo fa parte, che nella sua
interezza tende al ritorno alla fonte originaria.
Tale progresso ha un duplice piano di svolgimento, da
una parte l’umanità che lavora per la propria
associazione e collaborazione nel mondo, e dall’altra il
singolo che lavora per il progresso dell’umanità. In tal
modo l’evoluzione avrebbe due livelli di sviluppo,
microcosmico e macrocosmico, agenti in simbiosi e
rispecchiantesi l’uno nell’altro per elaborare la
sintesi di libertà ed associazione e la loro
armonizzazione in un unico disegno provvidenziale.
L’umanità progredisce raccogliendo, intuendo ed
interpretando lo spirito divino disceso su di lei,
cercando di realizzare l’associazione totale dei suoi
appartenenti in un'unica aggregazione guidata da una
sola fede, da una sola legge ed un solo scopo: lo
sviluppo di un grado di esistenza superiore.
“Or Dio v’ha messo quaggiù sulla terra: v’ha messo
intorno milioni di esseri simili a voi, il cui pensiero
si alimenta del vostro pensiero, il cui miglioramento
progredisce col vostro, la cui vita si feconda della
vostra vita.”
Il singolo, da parte sua, ha il dovere di collaborare a
questo grande progetto adoperandosi per assecondare la
tendenza all’associazione e per rimuovere tutti gli
ostacoli che ne impediscono la realizzazione. La Terra è
quindi insieme un luogo di prova ed un laboratorio dove
l’uomo può combattendo il Male (tutto quello che è
contro “al Progresso, alla Libertà, all’Eguaglianza,
alla Solidarietà umana”) e promuovendo il Bene,
migliorare se stesso e contribuire alla elevazione e
alla santificazione di tutti i suoi simili in
associazione. L’Umanità quindi, di epoca in epoca, di
religione in religione, si inoltra sempre più sul
cammino assegnatole da Dio, mentre la persona come parte
del grande ente collettivo si avvantaggia del progresso
e, come singolo, con i propri atti e i propri pensieri,
si migliora adoperandosi per questa causa. La religione
di Mazzini oltre ad avere i suoi profeti conosce anche
santi e martiri.
Naturalmente la vita umana non finisce con la morte, ma
essendo sottoposta alle leggi del progresso universale,
è interessata da un’evoluzione postuma, lo stato
terrestre non essendo altro che un gradino rispetto ad
una serie successiva ed indefinita di stati di
esistenza.
Mazzini eredita dal Lessing la tensione utopica della
perenne perfettibilità dell’umanità che si esplicita
individualmente nella memoria più o meno cosciente ma
sempre ritornante nell’indefinito ciclo delle rinascite.
L’opera umana così eternandosi assume tratti
d’immortalità e tramite l’educazione progressiva
impartitagli da Dio nella storia giunge ad
autoperfezionarsi indefinitamente. Gli abitanti della
Terra ereditano quindi da loro stessi quanto compiuto
nelle precedenti esistenze, donatori e beneficiari ad un
tempo dei propri progressi. Ma mentre l’idea di Lessing
è più propriamente immanente e legata al divenire
storico, trovando piena espressione nel mito della
reincarnazione, l’idea di Mazzini, pur confermando
l’ordine progressivo della storia, si separa dalla
dimensione propriamente terreste e porta alla cosiddetta
trasmigrazione delle anime, ossia al cambiamento di
stato dell’individualità umana che passa a vivere
un’altra vita in un non meglio definito altrove. Non è
chiaro in che cosa consista questo altrove, se in
dimensioni diverse da quella materiale oppure più
semplicemente, seguendo le suggestioni dello Swedemborg,
su altri pianeti del cosmo.
A prescindere da ciò la teoria mazziniana ha comunque
una forte analogia con quella del gilgul del cabalismo.
La purificazione dell’anima attraverso il soggiorno in
un “regno” diverso da quello terrestre, la serie
indefinita dei passaggi di stato, ciascuno dei quali
segna un progresso rispetto al precedente (risultante
nella reintegrazione con il divino), costituiscono dei
tratti comuni con quanto elaborato dalla tradizione
esoterica ebraica in tema di evoluzione postuma
dell’essere umano. Sempre su questo solco una nozione
particolare avvicina infine il pensiero mazziniano
all’ermetismo, e questa nozione riguarda il concetto di
coscienza. L’anima nelle sue peregrinazioni non passa da
uno stato all’altro impunemente ma subisce la perdita
della memoria cosciente delle precedenti esistenze
purtuttavia mantenendone il pieno possesso a livello
latente.
È questo il concetto di uomo storico, forma
dell’individualità umana che serba in sé l’intero
deposito occulto delle esistenze precedenti e che può
riemergere in determinate condizioni e con particolari
pratiche, ma che in Mazzini ritrova coscienza di sé solo
con la pura e semplice raffinazione data dal progresso
individuale: “…il progresso presentito e svolto
dall’Umanità collettiva di generazione in generazione è
svolto dall’Umanità individuale di trasformazione in
trasformazione, d’esistenza in esistenza; che lo
svolgersi d’un progresso implica la coscienza di quel
progresso; che coscienza di un progresso compiuto e
memoria sono parole identiche; che noi quindi serbiamo
attraverso queste trasformazioni coscienza e memoria
della nostra identità, e solamente riconquistiamo
lentamente l’una e l’altra, come appunto l’Umanità
collettiva conquista l’intelletto del suo passato a
misura che essa più inoltra verso il futuro.”
Sempre secondo l’ermetismo, memoria e coscienza possono
coincidere per l’iniziato solo se questo, tramite
l’addestramento ricevuto in vita, riesce nel momento del
trapasso a superare il fiume dell’oblio, il Lete, ovvero
a superare cosciente la crisi della morte e continuare
il processo di assunzione nei poteri divini. Tutto
questo non è per Mazzini, secondo il quale
l’integrazione tra memoria e coscienza avviene
automaticamente nel corso del divenire progressivo della
persona; e lo stesso processo avverrebbe anche a livello
collettivo con l’acquisizione della consapevolezza dei
progressi compiuti dalle passate civiltà. La religione
pubblica di Mazzini non è una religione per iniziati.
Mazzini nel suo antropocentrismo nega tutta l’angeologia
tradizionale, ma è convinto che l’uomo possa assurgere a
poteri divini salendo grado dopo grado fino alla
perfezione suprema; possiamo dire che per lui la scala
di Giacobbe è riservata agli uomini. Egli nega altresì
qualsiasi concetto di caduta originaria, non solo come
peccato originale cristiano, ma anche come difetto
primordiale o come sconvolgimento universale pre-umano
(ve ne sono esempi in quasi tutte le religioni). Il
progresso mazziniano, come l’origine del cosmo e
dell’uomo, sono di origine incerta, come del resto è
incerto il fatto di sostenere l’ipotesi di una risalita
alla divinità senza accettarne una precedente caduta,
una reintegrazione senza una disgregazione; ed è
probabile che per superare la debolezza di questo punto
vengano accarezzate idee darwiniane, che consentono sia
il progresso indefinito sia l’annullamento del tema
della caduta.
E’ comunque ben presente l’idea di divinizzazione e
unificazione del creato la quale richiama ancora una
dottrina cabalista, nella fattispecie quella del tikkun
(riunificazione-restaurazione) ovvero del recupero delle
scintille divine disperse nel mondo, tramite il
contributo fondamentale dell’uomo, processo di cui la
trasmigrazione, con i suoi stadi successivi, costituisce
uno dei suoi elementi più importanti. Qui Mazzini,
trascurando a bella posta il tema del cataclisma
originario pone l’accento solo sul cammino ascendente
dell’evoluzione, lasciando di fatto nella sua religione
una lacuna riguardo l’origine dell’uomo ed i motivi che
lo spingono all’associazione. Pur propagandando una
religione anti-dogmatica, deve però erigere a dogma il
progresso per non mostrare la fragilità della sua
costruzione. Del resto, secondo la sua personale teoria,
tutte le religioni del passato non sarebbero altro che
una rivelazione graduale della verità; sarebbe giusto
quindi prendere da queste solo ciò che veramente
corrisponde con la vera “religione dell’avvenire”,
eliminando il resto come inutile superstizione.
Considerando che tutte le enunciazioni mazziniane non
riconoscono esplicitamente né un popolo eletto né degli
iniziati, ma coinvolgono nel progetto tutta l’Umanità,
ci può essere utile una frase di Arturo Reghini (tra
l’altro ammiratore di Mazzini) riguardo all’azione di
una parte della massoneria nel mondo: “Secondo invece la
concezione massonica profana e meno antica, il lavoro di
perfezionamento va attuato sopra la collettività umana,
è la Umanità ossia la società che bisogna trasformare e
perfezionare; e in questo modo all’ascesi spirituale del
singolo si sostituisce la politica collettiva.”
Alcuni concetti portati all’esteriorizzazione, e a tutti
gli effetti volgarizzati, ci indicano come la volontà di
influire sulla realtà profana esista e porti ad operare
in modo da mutare il normale ordine del reale, da sempre
basantesi su di un determinato equilibrio, al fine di
operare cambiamenti prestabiliti. L’intera umanità
potrebbe diventare il soggetto della “grande opera”,
materia prima atta ad essere lavorata secondo progetti
ben precisi.
Considerare il mondo come un laboratorio per produrre un
nuovo tipo di uomo è stata sempre un’ambizione di
ambienti da cui Mazzini ha sempre ricevuto più o meno
inconsciamente ispirazioni e suggestioni. Questo ci sia
utile sapere prima di affrontare la teoria
dell’organizzazione sociale.
Il filosofo Paolo Rossi già ebbe modo di notare che
quella mazziniana sarebbe a questo riguardo “una
dottrina teologica, molto prossima a quella del Corpo
mistico”.
La nuova forma sociale pensata da Mazzini si configura
come un’unità organica caratterizzata dalla comune
subordinazione alla legge divina, e guidata, in
concorso, dal potere temporale e dall’autorità
spirituale verso il fine ultimo della indefinita
perfettibilità, di cui la costruzione del Regno di Dio
in Terra è la più diretta espressione materiale
(qualcosa di simile alla “città di Dio” di Lamennais).
E’ quindi necessaria, per il raggiungimento di questo
scopo, la stretta coesione e la comune vocazione di
tutti i rappresentanti dei due ambiti del potere.
Mazzini, come Calvino, accetta la teoria di Gregorio VII
sulla superiorità del potere spirituale su quello
secolare ma la reinterpreta a modo suo escludendo, oltre
al papato, qualsiasi tipo di organizzazione
ecclesiastica. Se è vero infatti che il primato spetta
alla potestà spirituale e che quella secolare vi è
subordinata al fine fare applicare le sue leggi, è
altresì vero che tutta l’Umanità collettivamente è
l’unica depositaria del volere divino e ne è quindi
l’unica legittima interprete.
“La santa Chiesa dell’Avvenire […] non avrà papa né
laici, ma credenti, sacerdoti tutti con uffizi diversi.”
La potestà divina riflessa nei popoli trova una forma di
manifestazione unica nell’associazione umana, e trova
una sua applicazione duplice nella forma
Concilio-Costituente.
L’uno sommo interprete della legge del progresso
spirituale, l’altra regolatrice suprema della vita
politica, divisi in apparenza, ma uniti nell’azione e
nei principi, organi supremi della nuova umanità
rinnovata incaricati in simbiosi di guidare il genere
umano secondo il volere divino; istituzioni queste che
riecheggiano principii tradizionali ma li modificano in
conformità di nuove originali concezioni.
Concezioni che contribuirebbero in questo modo a formare
un nuovo Sacrum Imperium però animato dai principii
cardine di progresso e umanità; quello che risulta è
quindi un’organizzazione gerarchica legata all’idea di
un ordine ed informata secondo questo, ma non veramente
tradizionale essendo la gerarchia mutata di segno nel
gioco analogico tra il vertice e la base. “Dio
fiammeggia al vertice della piramide sociale, il popolo
studia, raccoglie, interpreta i suoi voleri alla base.”
Ma, “se si fa del popolo l’interprete del pensiero
divino, la democrazia è consacrata religiosamente.”
Sta tutta qui l’essenza della sovversione.
In pratica, naturalmente, il potere non spetterà mai
alla molteplicità dei cittadini ma troverà la sua
espressione in particolari uomini distintisi dalla massa
per genio e virtù, doti che testimoniano direttamente la
loro elezione da parte della divinità.
Si può ben immaginare chi possano essere costoro e
soprattutto chi possa essere il loro principale e più
importante rappresentante…
Mazzini in alcuni dei suoi scritti interpreterà
liberamente passi del Vangelo, in altri si metterà a
correggerne addirittura il testo, in altri ancora si
darà del tu con Dio; scriverà inoltre agli arcivescovi e
ai vescovi una “enciclica” in risposta a quella di Pio
IX.
Egli, sommo interprete della legge, incarnazione del
genio e della virtù della propria epoca, non solo volle
essere il profeta della nuova religione dell’umanità, ma
cercò a tutti gli effetti, intermediario privilegiato
tra uomo e divinità, di esserne il pontefice.
Per concludere possiamo dire che quella di Mazzini è una
religione sintetica; è l’unica vera perché comprende al
suo interno tutte le altre e le elabora in un’ unione
superiore, sempre più elevata e sempre migliorantesi nel
tempo. Nel clima di rivelazione continua e di educazione
progressiva ogni religione del passato è utile come
apportatrice di un messaggio e come istruttrice
dell’Umanità in un dato periodo, ma diventa inutile e
financo dannosa quando non vuole rendersi conto che la
propria missione è conclusa.
Come tante colonne le religioni storiche si susseguono
per sorreggere l’unico e grande tempio della vera
religione, monumento che l’Umanità tutta erige nel corso
dei millenni per glorificare Dio e tributargli la giusta
lode ed esaltazione; ma visto che “Dio s’incarna
successivamente nell’Umanità” a rivolgere in ultima
analisi questa esaltazione nei confronti di se stessa.
In fine si può affermare che il pensiero mazziniano si
configura come una religione dell’uomo che si divinizza
e che, sia pure nell’arco di un periodo di tempo
indeterminato, riesce ad assurgere alla potestà di nume.
Tutto questo non fa altro che riecheggiare le più
antiche aspirazioni dell’uomo ed i suoi più antichi
desideri, da sempre alberganti nel suo ego e così bene
sintetizzati dal serpente della Genesi con il suo
celebre: “sarete come dei”.