MARTIN LUTHER KING
IL SOGNO DI IERI E DI OGGI: RICORDO
DI UN MILITANTE
di Francesco Perri
È necessario ricordare la figura di
Martin Luther King nel nostro
presente. Non solo necessario, ma
soprattutto è un dovere porre
l’attenzione su una pagina di storia
militante e impegnata, scritta da un
uomo che diventerà, non senza
ostacoli e opposizioni, il
principale leader del movimento per
i diritti civili.
In questa sede, l’obiettivo è quello
di individuare e capire quanto e
come l’insegnamento, o meglio, gli
insegnamenti di Martin Luther King
possano essere ritenuti validi anche
per la società odierna, quanto le
sue parole siano divenute, nel
tempo, pietre miliari di un’identità
collettiva e globale.
Quel suo sogno, contenuto nel
discorso del 1963, è stato
realizzato?
Questo è, senza fronzoli,
l’interrogativo da cui si deve
partire per decifrare la complessità
del fenomeno della segregazione
razzale in modo consapevole e
critico.
Il quadro all’interno del quale si
inserisce la militanza del pastore
battista è senz’altro quello
dell’America opulenta, prospera e in
forte crescita dopo la seconda
Guerra mondiale. Eppure la crescita
e lo sviluppo generale del benessere
non andava a vantaggio di tutta la
popolazione, non essendo affatto
uniformemente e omogeneamente
diffusa.
I due avverbi ‘uniformemente’ e
‘omogeneamente’ alludono a un tipo
di società nella quale vige la
logica dispregiativa e aggressiva
contro il multiforme, il diverso e
il disuguale. Termini che,
trasportati nel fenomeno della
segregazione razziale, conducono
inevitabilmente verso il problema
dell’ineguaglianza manifestata nel
rapporto dei bianchi con i neri.
I neri americani avevano subito una
violenza nel suo genere unica
nell’età moderna, essendo stati
sradicati dalla propria terra e
deportati come schiavi. Essi
costituiscono ora l’unica
popolazione nel mondo e nella
società contemporanea che non ha
nessuna idea della propria
provenienza, delle proprie lingue
originarie, della propria storia,
del proprio senso di appartenenza,
in un’epoca che fa invece
dell’identità nazionale uno dei
punti fondamentali della socialità e
della cittadinanza.
Il pregiudizio razzista non si è mai
arreso, e i bianchi non riuscivano a
percepire i neri come appartenenti
alla stessa comunità di cittadini, a
volte neppure appartenenti allo
stesso genere umano. Soprattutto
negli stati meridionali ex
schiavisti, i neri venivano
abbandonati e collocati in quartieri
specifici, con le loro scuole, i
loro servizi, e ogni contatto con la
popolazione bianca era visto da
questa come inaccettabile e
ripugnante.
Il rapporto tra neri e bianchi era
insomma molto simile a quello fra
colonizzati e colonizzatori. Da un
lato il regresso e dall’altro lato
il progresso, il miglioramento e lo
sviluppo. Da un lato il diverso e il
disuguale, dall’altro il normale e
il civilizzatore.
Quanta ipocrisia. Quanta falsità di
affermazioni e di dichiarazioni per
lungo divulgate e accettate.
Soprattutto è bene sottolineare che
tale pensiero dicotomico tra neri e
bianchi non appartiene solo al
passato, ma fa parte ancora oggi
della nostra società. Il pregiudizio
razzista costituisce ancora un
pericolo per la costruzione di una
società libera, giusta e scevra di
ogni discriminazione.
Martin Luther King è diventato, e lo
è tuttora, il simbolo senza tempo
della lotta contro tale pericolo. Il
suo discorso pronunciato nell’estate
del 1963 di fronte a un corteo di
oltre duecentomila persone a
Washington è diventato nel tempo
storia, e non solo. È diventato il
segno di quella pagina di storia
militante e impegnata, di cui si è
parlato all’inizio, scritta in
difesa dell’identità e della libertà
dell’uomo di tutti i tempi e di
tutte le generazioni.
«Io vi dico, amici» – diceva il
pastore battista – «anche se dovremo
affrontare le difficoltà dell’oggi e
del domani, che io ho ancora un
sogno, profondamente radicato nel
sogno americano. Ho un sogno: che un
giorno sulle rosse colline della
Georgia i figli di coloro che un
tempo furono schiavi e i figli di
coloro che un tempo possedettero
schiavi, sapranno sedere insieme al
tavolo della fratellanza. Io ho un
sogno, che un giorno perfino lo
stato del Mississippi, uno stato
colmo dell’arroganza
dell’ingiustizia, colmo
dell’arroganza dell’oppressione, si
trasformerà in un’oasi di libertà e
giustizia. Io ho un sogno, che i
miei quattro figli piccoli vivranno
un giorno in una nazione nella quale
non saranno giudicati per il colore
della loro pelle, ma per le qualità
del loro carattere. Ho un sogno,
oggi! (…) Questa è la fede con la
quale io mi avvio verso il Sud. Con
questa fede saremo in grado di
strappare alla montagna della
disperazione una pietra di speranza.
Con questa fede saremo in grado di
trasformare le stridenti discordie
della nostra nazione in una
bellissima sinfonia di fratellanza.
Con questa fede saremo in grado di
lavorare insieme, di pregare
insieme, di lottare insieme, di
andare insieme in carcere, di
difendere insieme la libertà,
sapendo che un giorno saremo liberi.
(…) Risuoni quindi la libertà dalle
poderose montagne dello stato di New
York. Risuoni la libertà negli alti
Allegheny della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne
Rocciose del Colorado, imbiancate di
neve. Risuoni la libertà dai dolci
pendii della California. Ma non
soltanto. Risuoni la libertà dalla
Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout
Mountain del Tennessee. Risuoni la
libertà da ogni monte e monticello
del Mississippi. Da ogni pendice
risuoni la libertà. E quando
lasciamo risuonare la libertà,
quando le permettiamo di risuonare
da ogni villaggio e da ogni borgo,
da ogni stato e da ogni città,
acceleriamo anche quel giorno in cui
tutti i figli di Dio, neri e
bianchi, ebrei e gentili, cattolici
e protestanti, sapranno unire le
mani e cantare con le parole del
vecchio spiritual: “Liberi
finalmente, liberi finalmente;
grazie Dio Onnipotente, siamo liberi
finalmente”».
Le parole pronunciate sono immediate
e pregne di un significato comune
che riconduce all’audacia. «Io ho un
sogno», frase che, reiterata nel
corso del discorso, sottolinea
l’urgenza e il bisogno di affermare
l’identità di chi parla e il suo
diritto di essere ascoltato senza
limitazione alcuna. I valori
espressi in queste righe non sono
astratti, ma diventano, mediante un
processo in divenire, concreti e
tangibili, a tratti stridenti.
Testimoniano e documentano il
cammino difficile ma necessario da
compiersi perché la giustizia fra
gli uomini sia tutelata.
È importante riflettere su queste
parole, anche oggi, soprattutto
oggi, È doveroso parlane, perché
parlarne vuole dire mettersi in
discussione e dunque ammettere la
propria responsabilità, anche se non
si è colpevoli, di un sistema che,
oggi più di prima, etichetta e
osserva la realtà attraverso una
prospettiva pregiudicativa e
lungamente stereotipata.
Ho un sogno. Abbiamo un sogno.
Bisogna urlarlo e gridarlo, perché
l’obiettivo possa essere pienamente
e definitivamente raggiunto.
L’obiettivo di una “sinfonia di
fratellanza”, di cui ha parlato
Martin Luther King. Nel tempo e
nella storia.
Riferimenti bibliografici:
A. Zitelmann, Non mi piegherete.
Vita di Martin Luther King,
Feltrinelli, Milano 2014.
P. Viola, Storia moderna e
contemporanea, Einaudi, Torino
2000.