N. 15 - Marzo 2009
(XLVI)
Mass Media
politicizzati nella
modernità
Cronaca di un
utilizzo speculativo
della comunicazione
di massa
di Laura Novak
Italia, uno strano paese.
La comunicazione e l’informazione trasparente, sembra
passata ormai da anni in secondo piano. Il processo di
manipolazione delle parole e delle immagini è lungo e
complesso.
I mass media, che hanno lo scopo di mediare tra la massa
e la realtà, di essere quindi conduttori sani di
informazioni, solitamente vengono fatti risalire ai
primi del secolo del ‘900.
La spinta innovativa data dalla tecnologia ha trascinato
i mass media in un sistema di reti intricato, in cui le
informazioni vengono tendenzialmente date in tempo reale
secondo determinati schemi.
L’influenza esercitata su questi schemi è stata notevole
da molteplici potenze.
Analizzato l’impatto culturale e sociale di cui i mass
media erano portatori, non sembra essere stato troppo
difficile arrivare all’abuso di quegli stessi mezzi.
I sistemi politici totalitari sono stati i primi ad
arginare la potenza espressiva della cultura, rendendola
schiava della devianza politica del governo in carica.
Il concetto di massa a cui questi mezzi di comunicazione
fanno riferimento non ha attitudini positive; non
riguarda né un gruppo di persone identificate in una
corrente ideologica, né, in maniera macroscopica,
l’intero popolo.
La massa è amorfa, anonima, passiva, senza sostanza
individuale, senza capacità decisionale spiccate. Solo
in situazioni eccezionali le masse possono guidare un
processo informativo, in maniera attiva, e, solo se
condotti dalla mano opprimente di una personalità
potente in grado di influenzarli.
Da qui, nella società contemporanea, la conseguente
possibilità di manipolare e gestire la cultura di massa,
secondo tracce ben definitive di interesse politico ed
economico.
In questo contesto le comunità moderne sono indirizzate
verso un appiattimento e omologazione totale.
Se prima, in società antiche, bloccare l’accesso
all’istruzione, significava avere in mano un popolo,
ignorante ed ottuso, ora, in un ottica contemporanea,
gestire la stessa istruzione e l’informazione di base
secondo metodi autoritari, sembra essere il mezzo per
coadiuvare le scelte individuali e di gruppo.
La politica poi, concessionaria di sfere economiche,
finanziarie e sociali, diventa il gigante istituzionale
legittimato, dallo stesso popolo secondo elezioni
democratiche, alla filtrazione della conoscenza globale.
Non è necessario, infatti, che esista una abbassamento
sensibile della democrazia per arrivare all’alterazione
del flusso mediatico.
Ad oggi, il nostro paese è il paradosso della libertà di
pensiero.
La comunicazione maggiormente populista, come la
Televisione, è coordinata da un gruppo dirigente che,
paradossalmente, nello stesso momento e nello stesso
paese, gestisce il sistema di governo, con maggioranza
attiva al Parlamento.
Esulando da considerazioni politiche ideologiche, fuori
luogo ed individualiste, il sistema democratico perde di
significato agli occhi della credibilità mondiale.
Le menti, si sa, possono essere condotte, con violenza
intellettuale, a scelte e posizioni senza consapevolezza
delle conseguenze.
I palinsesti sia delle televisioni commerciali che del
servizio pubblico sono stati plasmati ad hoc per
esigenze politiche e di campagne elettorali.
L’informazione è costantemente sottomessa a processi di
strumentalizzazione della tensione sociale, conducendo
l’individuo in un vortice di paure e fobie collettive,
da cui può fuggire legittimando ancora maggiormente la
potenza dello stato e la sua capacità decisionale in
situazioni estreme.
Multinazionali, aziende pubblicitarie, agenzie
immobiliari, imprese di costruzioni, comunicazione
radiofonica, televisiva, testate giornalistiche
nazionali fanno parte di una contorta ragnatela in cui
l’equilibrio sociale è sorretto dalla perfetta
coordinazione delle parti in campo.
In questo contorto sistema di alimentazione reciproca,
l’informazione, così come la cultura, quindi, non viene
snaturata, ma sezionata consapevolmente in maniera
chirurgica.
L’attore sociale, che dovrebbe essere identificato
nell’uomo in qualità di individuo, è schiacciato dalla
neo democrazia, poco liberale ma molto consumistica.
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