[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

190 / OTTOBRE 2023 (CCXXI)


contemporanea

MARK TWAIN E IL "GIRO DELLE 7 CHIESE"
Le tappe di Smirne ed Efeso
di Alessio Guglielmini

 

LaL’8 giugno 1867, all’età di 31 anni, Mark Twain salpò a bordo del battello a vapore Quaker City, da New York alla volta del Mediterraneo, per un viaggio lungo 164 giorni. Nel corso di quella peregrinazione lo scrittore americano, che all’epoca era all’inizio della sua celebrità, ebbe modo di visitare le sette sedi delle Chiese cristiane dell’antichità. Non si trattava di un viaggio di piacere, ma di lavoro, dal momento che Twain aveva ricevuto un compenso di 1.250 dollari per realizzare un reportage per le pagine del giornale di San Francisco, Alta California.

La spedizione, passata alla storia come la prima organizzata da Americani in visita in Europa e in Asia, coinvolse, tra gli altri, banchieri e scienziati ed ebbe tutte le fattezze di un’impresa ufficiale. Ovviamente, l’umorismo di Twain alleggerì molto i toni di quella visita, condendola con aneddoti spiritosi e boutade grottesche, a dispetto della solennità dei luoghi incontrati durante il tragitto. Oltre ad arricchire le pagine dell’Alta California, il resoconto di quel viaggio diede origine al libro The innocents abroad, pubblicato per la prima volta nel 1869.

Su due di quelle sette tappe si è soffermato Mark Wilson. Lo studioso, Direttore del Centro di Ricerca dell’Asia Minore di Antalya, in The “Innocent Abroad” in Smyrna: Mark Twain visits the Seven Churches, recupera i momenti più esilaranti della narrazione di Twain, spesso intrecciati alle leggende e alle curiosità aleggianti sui siti archeologici di Smirne ed Efeso.

Twain e compagni arrivarono a Smirne il 7 settembre 1867. Il primo impatto non fu gradevole, l’impressione era quella di una città bazar con un dedalo di vie strette dagli odori pungenti. Twain si dedicò anche ad alcune osservazioni di carattere generale, volte a fornire un resoconto credibile sulle dimensioni della Smirne del periodo e della sua proverbiale commistione etnica, di cui Wilson (p. 118) riporta le cifre principali. I Greci, con 75.000 abitanti, erano i più rappresentati, seguiti dai Turchi e dagli Ebrei, con 40.000 unità. La comunità armena, con 12.000 cittadini, e i franco-levantini (tra cui francesi e italiani), con circa 20.000 persone, completavano quello stimolante quadro cosmopolita che sarebbe resistito fino alla drammatica guerra greco-turca del 1919-1922.

Le note di Twain, nel capitolo XXXIX di The innocents abroad, consentono di ripercorrere rapidamente alcune vicende remote di Smirne che, tra incendi e terremoti, si era lasciata alle spalle sei distinte edificazioni e che era stata la sede del martirio di Policarpo, datato approssimativamente alla seconda metà del secondo secolo. Sul monte Pagos Twain ebbe modo di vedere la tomba del martire e di fare strane congetture sulla presenza di numerose conchiglie di ostriche vividamente incastonate nelle vene delle strade. Le ipotesi di Twain si fecero via via più inverosimili. Non potendo trattarsi del lascito di ristoranti, dal momento che, insieme alle ostriche, non c’era traccia dei tappi di champagne, la comitiva di Twain doveva trovarsi sul monte Ararat e quei gusci erano i resti dei pasti fatti a bordo dell’arca di Noè. Wilson (p. 120) si chiede giustamente se Twain sapesse che il vero monte Ararat non distava poi così tanto dal Pagos.

A proposito di eventi apocalittici, Twain ebbe modo di ricordare come il Pagos, qualche anno addietro, fosse stato teatro dell’adunata dei seguaci di William Miller che nel 1864 si erano riuniti qui per attendere la venuta di Gesù Cristo. Il predicatore battista Miller, appunta Wilson, era morto nel 1849, e negli anni Quaranta aveva già sbagliato un pronostico sulla fine del mondo, prevedendo il ritorno di Gesù tra il 21 marzo 1843 e il 21 marzo 1844 (p. 122). Anche i suoi seguaci, noti come “milleriti”, avevano fatto male i loro calcoli nel 1864, benché Twain riportasse il curioso episodio che si era verificato a Smirne in quell’occasione. Alle tre del pomeriggio si era scatenato un violento temporale che aveva trasformato in fiumi le vie cittadine e allagato i piani inferiori degli alberghi. Quanto ai seguaci di Miller accorsi sul Pagos e scampati al temporale della città bassa, Twain segnalava beffardamente: erano asciutti (nel senso di “aridi”) come le loro prediche sulla carità.

Il capitolo seguente di Twain, il numero XL, si sofferma sul viaggio a Efeso. Le modalità di spostamento verso le rovine testimoniarono il servizio della ferrovia che nel 1856 un consorzio britannico capitanato da Robert Wilken aveva avuto il permesso di allestire tra Smirne e Aydin (Wilson p. 123). Twain evidenziò la strana sensazione di muovere verso un sito tanto antico con un mezzo così moderno, allo stesso tempo si lamentò dell’inaffidabilità degli asinelli che scortarono i viaggiatori dalla stazione a Efeso, un’impressione che, successivamente, sarebbe stata ribaltata dal comportamento irreprensibile dei docili asini di Alessandria.

L’Efeso tratteggiata da Twain rimane un compendio di miti e di reperti miracolosi che ovviamente lo scrittore approcciò anche con la sua verve umoristica. Efeso, che Twain designava come “the proudest city of ancient times”, veniva ricordata per il suo variopinto alternarsi di simboli pagani, cristiani e islamici. La prigione di Paolo, insieme alle catene taumaturgiche che avevano legato il santo, si sovrapponeva all’alone proiettato dallo splendido tempio di Diana e alla moschea del sultano Selim che, a sua volta, sarebbe stata costruita sulla tomba di San Giovanni e sulla chiesa cristiana che precedentemente lì sorgeva.

La stratificazione di culture e culti veniva celebrata dalla carrellata a cui Twain si lasciava andare, riferendo il nome di Efeso alle epopee dei divi, degli eroi greci e dei personaggi che avevano reso grande la storia (da Alessandro Magno ad Annibale, da Cleopatra ad Augusto), fino ad arrivare alle più recenti, e illustri, attribuzioni cristiane: a Efeso avrebbero concluso i loro giorni terreni la stessa Maria Maddalena e perfino la Vergine, giunta lì insieme a Giovanni, sebbene le supposizioni leggendarie fossero più abbondanti delle prove.

Benché Twain non ne facesse parola, lo scrittore, come suggerisce Wilson (p. 126), in quella Efeso potrebbe essersi imbattuto in John Turtle Wood che stava conducendo scavi nel teatro e che avrebbe ricostruito la strada che conduceva dalla Porta di Magnesia fino al tempio di Diana/Artemide. Nel 1869, Wood avrebbe scoperto proprio il tempio della dea. Il soggiorno di Twain ebbe dunque luogo in un periodo importante per il recupero dell’antica Efeso.

Il racconto di Twain si conclude, ancora una volta, con un aneddoto leggendario, giustificato dalla prossimità rispetto a Efeso del monte Pion, considerato la sede della caverna dove andarono a ritirarsi “i sette dormienti”. I sette dormienti, in base alle varie fonti, tra cui la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, erano cristiani perseguitati durante l’impero di Decio che si rifugiarono nella montagna (nota in altre versioni come monte Celion) dopo essere stati momentaneamente rilasciati. Ma il loro nascondiglio fu scoperto ed essi furono murati vivi; era circa la metà del terzo secolo. La loro lenta morte si tramutò tuttavia in una sorta di letargo, dal momento che i sette furono risvegliati due secoli dopo da dei muratori che, in quella grotta, volevano edificare degli ovili.

Immancabilmente, Twain utilizzò tutto questo materiale (Wilson, p. 127) per ricostruire la vicenda in una maniera bizzarra. I nomi dei sette furono storpiati fino a coincidere con quelli delle carte del famoso gioco All Fours, particolarmente in voga nel 1800 prima di essere rimpiazzato dal Poker. La stessa causa del sonno secolare fu attribuita al consumo di sei bottiglie di uno strano liquore. Il mondo del gambling e la licenza nel bere alcolici penetrarono insomma nei territori di una narrazione escatologica che peraltro aveva la sua ragion d’essere anche nei fatti storici. Nel 250 d.C. a Smirne veniva martirizzato il presbitero Pionio, un caso studiato da Louis Robert in Le Martyre de Pionios prêtre de Smyrne. Proprio l’assonanza tra il nome del martire e quello del monte dei “dormienti” rimane quantomeno fonte di curiosità, considerando che entrambi gli episodi si collocano all’interno dell’ondata di persecuzione di Decio nei confronti dei Cristiani.

È chiaro che l’intento satirico di Twain si discostasse tanto dalle puntuali ricostruzioni archeologiche che dalle più puntigliose questioni di fede. Il suo scopo originario era quello di informare, intrattenendo, i lettori del tabloid Alta California. Né il titolo del libro di viaggio sotto al quale avrebbe riunito le tessere di quel reportage aveva la velleità di infondere un alone sacrale sulle esperienze vissute nel tour delle Sette Chiese. “Gli innocenti all’estero”, di cui Twain era occhio acuto, registravano con voce leggera, andando a smitizzare luoghi grevi di storia, in cui la cultura pagana e le civiltà cristiana e musulmana si avvicendavano in un costante gioco di sovrapposizioni.
 
 
Riferimenti bibliografici:
 
M. Twain, Gli innocenti all’estero, Il Cerchio, Rimini 2020.
M. Wilson, The “Innocent Abroad” in Smyrna: Mark Twain visits the Seven Churches in IZMIR: Search of the Past, pp. 115-132, Ege University Press, Smirne 2020.
L. Robert, Le Martyre de Pionios prêtre de Smyrne, Dumbarton Oaks Research Library and Collection, Washington D.C. 1994.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]