MARK TWAIN E IL "GIRO DELLE 7
CHIESE"
Le tappe di Smirne ed Efeso
di Alessio Guglielmini
LaL’8 giugno 1867, all’età di 31
anni, Mark Twain salpò a bordo del
battello a vapore Quaker City, da
New York alla volta del
Mediterraneo, per un viaggio lungo
164 giorni. Nel corso di quella
peregrinazione lo scrittore
americano, che all’epoca era
all’inizio della sua celebrità, ebbe
modo di visitare le sette sedi delle
Chiese cristiane dell’antichità. Non
si trattava di un viaggio di
piacere, ma di lavoro, dal momento
che Twain aveva ricevuto un compenso
di 1.250 dollari per realizzare un
reportage per le pagine del giornale
di San Francisco, Alta California.
La spedizione, passata alla storia
come la prima organizzata da
Americani in visita in Europa e in
Asia, coinvolse, tra gli altri,
banchieri e scienziati ed ebbe tutte
le fattezze di un’impresa ufficiale.
Ovviamente, l’umorismo di Twain
alleggerì molto i toni di quella
visita, condendola con aneddoti
spiritosi e boutade grottesche, a
dispetto della solennità dei luoghi
incontrati durante il tragitto.
Oltre ad arricchire le pagine
dell’Alta California, il resoconto
di quel viaggio diede origine al
libro The innocents abroad,
pubblicato per la prima volta nel
1869.
Su due di quelle sette tappe si è
soffermato Mark Wilson. Lo studioso,
Direttore del Centro di Ricerca
dell’Asia Minore di Antalya, in
The “Innocent Abroad” in Smyrna:
Mark Twain visits the Seven Churches,
recupera i momenti più esilaranti
della narrazione di Twain, spesso
intrecciati alle leggende e alle
curiosità aleggianti sui siti
archeologici di Smirne ed Efeso.
Twain e compagni arrivarono a Smirne
il 7 settembre 1867. Il primo
impatto non fu gradevole,
l’impressione era quella di una
città bazar con un dedalo di vie
strette dagli odori pungenti. Twain
si dedicò anche ad alcune
osservazioni di carattere generale,
volte a fornire un resoconto
credibile sulle dimensioni della
Smirne del periodo e della sua
proverbiale commistione etnica, di
cui Wilson (p. 118) riporta le cifre
principali. I Greci, con 75.000
abitanti, erano i più rappresentati,
seguiti dai Turchi e dagli Ebrei,
con 40.000 unità. La comunità
armena, con 12.000 cittadini, e i
franco-levantini (tra cui francesi e
italiani), con circa 20.000 persone,
completavano quello stimolante
quadro cosmopolita che sarebbe
resistito fino alla drammatica
guerra greco-turca del 1919-1922.
Le note di Twain, nel capitolo XXXIX
di The innocents abroad,
consentono di ripercorrere
rapidamente alcune vicende remote di
Smirne che, tra incendi e terremoti,
si era lasciata alle spalle sei
distinte edificazioni e che era
stata la sede del martirio di
Policarpo, datato
approssimativamente alla seconda
metà del secondo secolo. Sul monte
Pagos Twain ebbe modo di vedere la
tomba del martire e di fare strane
congetture sulla presenza di
numerose conchiglie di ostriche
vividamente incastonate nelle vene
delle strade. Le ipotesi di Twain si
fecero via via più inverosimili. Non
potendo trattarsi del lascito di
ristoranti, dal momento che, insieme
alle ostriche, non c’era traccia dei
tappi di champagne, la comitiva di
Twain doveva trovarsi sul monte
Ararat e quei gusci erano i resti
dei pasti fatti a bordo dell’arca di
Noè. Wilson (p. 120) si chiede
giustamente se Twain sapesse che il
vero monte Ararat non distava poi
così tanto dal Pagos.
A proposito di eventi apocalittici,
Twain ebbe modo di ricordare come il
Pagos, qualche anno addietro, fosse
stato teatro dell’adunata dei
seguaci di William Miller che nel
1864 si erano riuniti qui per
attendere la venuta di Gesù Cristo.
Il predicatore battista Miller,
appunta Wilson, era morto nel 1849,
e negli anni Quaranta aveva già
sbagliato un pronostico sulla fine
del mondo, prevedendo il ritorno di
Gesù tra il 21 marzo 1843 e il 21
marzo 1844 (p. 122). Anche i suoi
seguaci, noti come “milleriti”,
avevano fatto male i loro calcoli
nel 1864, benché Twain riportasse il
curioso episodio che si era
verificato a Smirne in
quell’occasione. Alle tre del
pomeriggio si era scatenato un
violento temporale che aveva
trasformato in fiumi le vie
cittadine e allagato i piani
inferiori degli alberghi. Quanto ai
seguaci di Miller accorsi sul Pagos
e scampati al temporale della città
bassa, Twain segnalava
beffardamente: erano asciutti (nel
senso di “aridi”) come le loro
prediche sulla carità.
Il capitolo seguente di Twain, il
numero XL, si sofferma sul viaggio a
Efeso. Le modalità di spostamento
verso le rovine testimoniarono il
servizio della ferrovia che nel 1856
un consorzio britannico capitanato
da Robert Wilken aveva avuto il
permesso di allestire tra Smirne e
Aydin (Wilson p. 123). Twain
evidenziò la strana sensazione di
muovere verso un sito tanto antico
con un mezzo così moderno, allo
stesso tempo si lamentò
dell’inaffidabilità degli asinelli
che scortarono i viaggiatori dalla
stazione a Efeso, un’impressione
che, successivamente, sarebbe stata
ribaltata dal comportamento
irreprensibile dei docili asini di
Alessandria.
L’Efeso tratteggiata da Twain rimane
un compendio di miti e di reperti
miracolosi che ovviamente lo
scrittore approcciò anche con la sua
verve umoristica. Efeso, che Twain
designava come “the proudest city of
ancient times”, veniva ricordata per
il suo variopinto alternarsi di
simboli pagani, cristiani e
islamici. La prigione di Paolo,
insieme alle catene taumaturgiche
che avevano legato il santo, si
sovrapponeva all’alone proiettato
dallo splendido tempio di Diana e
alla moschea del sultano Selim che,
a sua volta, sarebbe stata costruita
sulla tomba di San Giovanni e sulla
chiesa cristiana che precedentemente
lì sorgeva.
La stratificazione di culture e
culti veniva celebrata dalla
carrellata a cui Twain si lasciava
andare, riferendo il nome di Efeso
alle epopee dei divi, degli eroi
greci e dei personaggi che avevano
reso grande la storia (da Alessandro
Magno ad Annibale, da Cleopatra ad
Augusto), fino ad arrivare alle più
recenti, e illustri, attribuzioni
cristiane: a Efeso avrebbero
concluso i loro giorni terreni la
stessa Maria Maddalena e perfino la
Vergine, giunta lì insieme a
Giovanni, sebbene le supposizioni
leggendarie fossero più abbondanti
delle prove.
Benché Twain non ne facesse parola,
lo scrittore, come suggerisce Wilson
(p. 126), in quella Efeso potrebbe
essersi imbattuto in John Turtle
Wood che stava conducendo scavi nel
teatro e che avrebbe ricostruito la
strada che conduceva dalla Porta di
Magnesia fino al tempio di
Diana/Artemide. Nel 1869, Wood
avrebbe scoperto proprio il tempio
della dea. Il soggiorno di Twain
ebbe dunque luogo in un periodo
importante per il recupero
dell’antica Efeso.
Il racconto di Twain si conclude,
ancora una volta, con un aneddoto
leggendario, giustificato dalla
prossimità rispetto a Efeso del
monte Pion, considerato la sede
della caverna dove andarono a
ritirarsi “i sette dormienti”. I
sette dormienti, in base alle varie
fonti, tra cui la Legenda Aurea
di Jacopo da Varazze, erano
cristiani perseguitati durante
l’impero di Decio che si rifugiarono
nella montagna (nota in altre
versioni come monte Celion) dopo
essere stati momentaneamente
rilasciati. Ma il loro nascondiglio
fu scoperto ed essi furono murati
vivi; era circa la metà del terzo
secolo. La loro lenta morte si
tramutò tuttavia in una sorta di
letargo, dal momento che i sette
furono risvegliati due secoli dopo
da dei muratori che, in quella
grotta, volevano edificare degli
ovili.
Immancabilmente, Twain utilizzò
tutto questo materiale (Wilson, p.
127) per ricostruire la vicenda in
una maniera bizzarra. I nomi dei
sette furono storpiati fino a
coincidere con quelli delle carte
del famoso gioco All Fours,
particolarmente in voga nel 1800
prima di essere rimpiazzato dal
Poker. La stessa causa del sonno
secolare fu attribuita al consumo di
sei bottiglie di uno strano liquore.
Il mondo del gambling e la licenza
nel bere alcolici penetrarono
insomma nei territori di una
narrazione escatologica che peraltro
aveva la sua ragion d’essere anche
nei fatti storici. Nel 250 d.C. a
Smirne veniva martirizzato il
presbitero Pionio, un caso studiato
da Louis Robert in Le Martyre de
Pionios prêtre de Smyrne.
Proprio l’assonanza tra il nome del
martire e quello del monte dei
“dormienti” rimane quantomeno fonte
di curiosità, considerando che
entrambi gli episodi si collocano
all’interno dell’ondata di
persecuzione di Decio nei confronti
dei Cristiani.
È chiaro che l’intento satirico di
Twain si discostasse tanto dalle
puntuali ricostruzioni archeologiche
che dalle più puntigliose questioni
di fede. Il suo scopo originario era
quello di informare, intrattenendo,
i lettori del tabloid Alta
California. Né il titolo del
libro di viaggio sotto al quale
avrebbe riunito le tessere di quel
reportage aveva la velleità di
infondere un alone sacrale sulle
esperienze vissute nel tour delle
Sette Chiese. “Gli innocenti
all’estero”, di cui Twain era occhio
acuto, registravano con voce
leggera, andando a smitizzare luoghi
grevi di storia, in cui la cultura
pagana e le civiltà cristiana e
musulmana si avvicendavano in un
costante gioco di sovrapposizioni.
Riferimenti bibliografici:
M. Twain, Gli innocenti
all’estero, Il Cerchio, Rimini
2020.
M. Wilson, The “Innocent Abroad”
in Smyrna: Mark Twain visits the
Seven Churches in IZMIR: Search of
the Past, pp. 115-132, Ege
University Press, Smirne 2020.
L. Robert, Le Martyre de Pionios
prêtre de Smyrne, Dumbarton Oaks
Research Library and Collection,
Washington D.C. 1994.