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N. 48 - Dicembre 2011 (LXXIX)

Mark Twain e la leggenda del generale Grant
Storia di un’amicizia

di Giovanni De Notaris

 

I didn’t know whether to laugh or cry... commentò uno sbalordito Mark Twain quando nel 1885 venne a conoscenza della proposta che l’editore Century aveva fatto al generale Ulysses Grant per le sue memoirs: il 10% dei diritti senza anticipi o garanzie. Il grande scrittore continuò sostenendo che l’editore gli aveva offerto gli stessi diritti “which they would have offered to any unknown Comanche Indian whose book they thought might sell 3.000 or 4.000 copies.” Era chiaramente una follia, o meglio un insulto. Forte della sua lunga amicizia con il vecchio e malato generale, Twain sostenne che avrebbe dovuto ricevere un compenso di almeno il 20% sul prezzo di ogni singola copia, oppure il 70% dei profitti totali.

I retroscena di questa assurda proposta richiedono però un salto indietro nel tempo, utile anche a raccontare l’origine della straordinaria amicizia tra due protagonisti della storia americana.

Non c’è chiaramente bisogno di presentare Samuel Langhorne Clemens, alias Mark Twain; uomo dai mille mestieri e virtù, prolifico scrittore e giornalista; autore di alcuni dei più grandi capolavori della letteratura americana e mondiale. Twain è stato, prima che un raffinato e acuto scrittore, un grande storico dell’America dell’Ottocento; uno dei primi a fare della satira politica contro il suo paese il suo cavallo di battaglia.

La satira vigile e pungente fu uno dei leitmotiv che è possibile rintracciare in quasi tutte le sue opere, a partire dalle sue creature più famose -e autobiografiche- come Le avventure di Tom Sawyer, del 1876, e Le avventure di Huckleberry Finn -suo naturale seguito-, del 1885. Capolavori che hanno accompagnato l’infanzia e la vita di tanti, e che hanno raccontato l’autentica e più genuina vita americana dell’epoca; cosa che traspare ancor più vividamente in opere come, ad esempio, In cerca di guai, del 1872, o anche in Vita sul Mississippi, del 1883. Può essere a pieno diritto considerato il padre della letteratura americana. Fu inoltre l’unico capace di parlare al pubblico anche dall’aldilà, in quanto nonostante la sua autobiografia fosse stata pubblicata postuma, lo scrittore la scrisse fingendo di essere già morto, sentendosi quindi immune da ogni rivalsa.

Ma come si interseca la sua strada con quella del generale Grant?

Ulysses Simpson Grant, il “magnanimous general”, fu l’uomo che durante la guerra civile americana condusse alla vittoria l’esercito unionista, sconfiggendo definitivamente a Appomattox, nel 1865 -dopo cinque lunghi anni-, l’esercito confederato guidato dal generale Robert Edward Lee. Fu l’unico dopo George Washington a ricevere il grado di tenente generale dell’esercito degli Stati Uniti. Già prima con il grado di tenente aveva servito durante la guerra con il Messico, provocata dal caso dell’annessione forzata del Texas nel 1845.

Durante la guerra civile, verso la scadenza del primo mandato di Abraham Lincoln, il partito repubblicano gli propose di candidarsi alla presidenza, ma il generale rifiutò, sia perché la politica non gli interessava, ma anche perché candidandosi in quel momento avrebbe dovuto confrontarsi con Lincoln per cui nutriva profondo rispetto, e con cui si era instaurata una solida amicizia. Mai si sarebbe candidato alla presidenza, e in special modo se avesse dovuto farlo contro l’amico Lincoln.

Ma la storia, o meglio il popolo americano, non furono d’accordo.

Nel 1868 Grant fu eletto diciottesimo presidente dei rinati Stati Uniti. Ben presto comprese i subdoli compromessi della politica, ai quali era poco avvezzo. Capì che valori come onore e rispetto, essenziali per un soldato, non corrispondevano esattamente agli ideali dei politici. Intuì però che una grande opportunità gli era stata donata, e cioè di proseguire nel solco tracciato da Lincoln -dopo la scadente presidenza di Andrew Johnson- fatto dell’integrazione dei neri nella società, e di aiuto al sud sconfitto. Fu inoltre il primo presidente a assegnare l’incarico di Commissario per gli affari indiani al suo ex aiutante di campo, il brigadier generale Ely S. Parker, un indiano della tribù dei Seneca.

Purtroppo però la sua doppia amministrazione fu costellata anche da scandali economici, oltre che dalla grande depressione del 1873, che sfociò poi in una delle prime crisi monetarie di stampo moderno. Grant si era ormai reso conto che il suo ideale di servizio al paese non coincideva con quello della classe politica, che aveva a cuore più che altro i propri interessi personali.

Nel 1877 terminato il suo secondo mandato partì per un tour con la moglie in giro per il mondo, ricevendo onori dappertutto. In Europa fu ricevuto dalla regina Vittoria d’Inghilterra, dal cancelliere tedesco Otto von Bismarck, e dal papa Leone XIII a Roma. Proseguì poi per il medio-oriente, e per il Giappone, ultima tappa, dove fu ricevuto personalmente dall’imperatore Meiji; un onore riservato a pochi. La sua fama lo precedeva ovunque andasse. Nel 1879 il world-tour terminò con il suo ritorno in patria nel porto di San Francisco. Per l’ex presidente sembrava che i festeggiamenti non avessero mai fine. Ma in realtà una fosca nube già si addensava all’orizzonte.

Difatti per far fronte ai costi esosi del suo viaggio mondiale, ma anche per la vita quotidiana, Grant decise nel 1881 di entrare in affari -investendo dei capitali- con Ferdinand Ward, finanziere di Wall Street, creando la compagnia Grant and Ward, che però nel 1884 fece rovinosamente bancarotta. Grant era stato raggirato con facili guadagni che in realtà non ci furono mai, in quanto il suo associato aveva fondamentalmente messo su una ben oliata truffa. Ward fu arrestato, Grant fu invece ritenuto innocente perchè all’oscuro degli intrighi del suo collega. Ma purtroppo il danno era ormai fatto e il generale era praticamente al verde. All’epoca difatti non era prevista alcuna pensione per il presidente degli Stati Uniti; fu così quindi che il vecchio e malato generale -gli era da poco stato diagnosticato un incurabile cancro alla gola- accettò la proposta del Century per scrivere due articoli riguardanti due battaglie della guerra civile: Shiloh e Vicksburg.

Ma proprio prima di terminare il concordato articolo sulla presa di Vicksburg entrò in scena il vecchio amico Mark Twain.

I due si erano conosciuti nel 1879 a Chicago, quando il famoso scrittore era stato invitato per una conferenza alla cena annuale in onore dell’armata del Tennessee, per celebrare il ritorno di Grant in America; quello fu l’inizio di una salda amicizia. I due si incontrarono ancora, conversando del più e del meno, tra un sigaro e l’altro. È così dunque che Twain venne a conoscenza del ridicolo contratto che l’amico aveva stipulato nel 1885 con il Century. Aveva difatti calcolato che la proposta dell’editore era davvero assurda, dato che al generale erano stati corrisposti solo 500 dollari per articolo, mentre all’editore ne erano fruttati ben 100.000 grazie a lui.

Lo scrittore allora gli propose di pubblicare le memoirs con la sua casa editrice, fondata nel 1884 insieme al cognato, la “Charles Webster and Co.” -con sede a New York-, che ebbe come sua prima pubblicazione Le avventure di Huckleberry Finn. La proposta consisteva innanzitutto in un anticipo di 10.000 dollari, e poi il 70% al netto dei profitti. Quello di Twain non fu ovviamente solo altruismo; sapeva bene che l’autobiografia del generale sarebbe divenuta un bestseller nazionale.

Grant quindi -nonostante facesse sempre più fatica a restare concentrato a causa dei forti dolori alla gola- cominciò entusiasta a scrivere le sue memoirs per la Webster and Co., mentre Mark Twain si prodigava nel predisporre una forte campagna di sottoscrizioni per la vendita dei volumi.

Il generale scriveva molte pagine al giorno, lavorando per circa otto ore. Quotidianamente Twain seguiva l’evolversi del manoscritto rileggendolo e correggendolo pagina per pagina.

Dalla narrazione traspare vividamente la personalità del presidente: ogni battaglia, ogni evento, vengono riferiti in maniera dettagliata. Era il suo ultimo anno di vita, eppure sembrava rinvigorito dalla scrittura; ora sì che si sentiva davvero utile alla sua famiglia.

I Personal Memoirs, divisi originariamente in due volumi, si focalizzano principalmente sulle campagne militari di Grant, precedenti e inerenti alla guerra civile. Molto poco è dedicato alla sua vita personale: la sua infanzia, l’adolescenza, le amicizie, e i suoi terribili vizi: il fumo e l’alcool. Una cosa che Mark Twain gli avrebbe rimproverato fu quella di non aver narrato della sua drammatica esperienza di alcolizzato, raccontandone i motivi. Grant non volle, ma Twain insisteva, spingendolo a non vergognarsene e a confidare nel grande affetto che il popolo americano nutriva nei suoi confronti: “Trust the people” gli ripeteva. Ma il rifiuto fu definitivo.

Il 23 luglio del 1885 Ulysses Grant moriva, ma il 10 dicembre dello stesso anno nasceva la sua leggenda. I Personal Memoirs furono pubblicati ottenendo subito un grande successo di vendite. Si calcola che nei primi due anni fruttarono alla vedova diritti per ben 450.000 dollari –all’epoca una cifra mai raggiunta per un libro- assicurandole una sicura rendita finanziaria. E grazie a loro se il ricordo del “magnanimous general” sopravvive nella coscienza degli americani.

Mark Twain li definì un capolavoro.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Smith J. E., Grant, Simon & Schuster, New York, 2001

Bunting J., Ulysses S. Grant, Times Books, New York, 2004

Waugh J., U. S. Grant, The University of North Carolina Press, Chapel Hill, 2009



 

 

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