N. 143 - Novembre 2019
(CLXXIV)
MARIA
ANTONIETTA
IL
DESTINO
DI
UNA
REGINA
di
Daniele
Milella
Il
16
Ottobre
1793
la
“Cittadina”
Maria
Antonietta
di
Asburgo
Lorena,
vedova
di
Luigi
Capeto
(l’ex
Re
di
Francia
Luigi
XVI),
attraversò
per
l’ultima
volta
le
vie
di
Parigi.
Non
a
bordo
di
una
lussuosa
carrozza,
ma
su
un
carro
scoperto.
Della
bellezza
che
in
passato
aveva
incantato
cortigiani,
sovrani
e
diplomatici
restava
ben
poco.
Era
scarna
e
malata,
dacché
da
settimane
rifiutava
di
assumere
cibo,
e la
notte
precedente
le
avevano
tagliato
i
capelli;
quei
capelli
con
i
quali
per
anni
dettato
le
mode
grazie
alle
acconciature
di
Monsieur
Léonard.
Si
dice
che
alla
vista
della
ghigliottina
le
fossero
diventati
di
colpo
bianchi,
ma
questa
non
è
Storia,
è
leggenda,
come
la
storia
delle
brioches
del
resto.
Non
vi
erano
più
i
vestiti
sgargianti
e
raffinati
per
cui
era
famosa
in
tutta
Europa,
ma
indossava
una
cuffia
bianca
e
una
semplice
veste
grigia.
Al
suo
passaggio
non
vi
era
un
popolo
deferente
e
acclamante,
ma
una
folla
arrabbiata
e
abbrutita
dalla
violenza
rivoluzionaria
– le
rivoluzioni
non
si
fanno
con
i
fiori
ma
con
il
sangue
–
che
le
gridava
ingiurie
e la
faceva
oggetto
del
lancio
di
ortaggi
marci.
La
fecero
scendere
a
Place
de
la
Révolution
che
oggi
si
chiama
Place
de
la
Conocord
–
Sic
transeat
Gloria
Mundi
–
rimase
fiera
e
austera,
era
una
Regina,
moglie
di
un
Re,
figlia
della
grande
Imperatrice
Maria
Teresa,
sorella
di
un
Imperatore,
madre
del
Delfino
ed
erede
al
trono,
Arciduchessa
dell’Impero
Austriaco;
tutto
questo
lei
lo
sapeva,
lo
sentiva
e
non
poteva
essere
cancellato
neanche
dalla
mannaia
della
ghigliottina.
Imboccò
la
scaletta
del
patibolo:
le
corde
ai
polsi,
la
debolezza,
il
rumore
della
folla,
la
consapevolezza
che
era
la
fine,
tutto
questo
la
fece
inciampare.
Non
cadde.
Il
boia
Sanson
che
era
noto
per
mostrare
gentilezza
e
pietà
nei
confronti
delle
sue
vittime,
le
porse
la
mano
per
aiutarla
a
salire.
Salì
la
scala
porgendo
la
mano
non
a un
raffinato
cavaliere,
ma
al
suo
carnefice.
Era
pur
sempre
accompagnata,
lei
era
una
Regina.
Era
mezzogiorno,
la
lama
fece
il
suo
lavoro
e la
sua
testa
cadde
nel
cesto,
la
folla
irruppe
in
un
fragoroso
boato
liberatorio.
Per
i
rivoluzionari
ella
era
la
rappresentazione
di
ogni
male,
mentre
per
i
controrivoluzionari,
divenne
una
martire.
Maria
Antonietta
alla
quale
il
destino
diede
in
sorte
di
nascere
per
non
essere
anonima,
è
entrata
nella
Storia
riscuotendo
con
il
suo
operato
alterni
giudizi.
Fu
certamente
un
personaggio
divisivo.
Lo
fu
da
viva,
quando
se
da
una
parte
per
alcuni
rappresentava
un
modello
di
stile
da
seguire,
per
altri,
era
il
simbolo
di
tutti
i
mali
della
Francia.
Lo
fu
dopo
la
morte
poiché
per
decenni
gli
storici,
si
sono
divisi
nel
giudizio
su
di
lei.
Certamente
fu
un
personaggio
centrale
nella
storia
della
sua
epoca
e
per
certi
aspetti,
lo
fu
in
maniera
inconsapevole.
Di
lei
si
potrebbe
dire
che
raggiunse
la
grandezza,
creandosi
una
“statura
storica”
nella
tragedia
piuttosto
che
nella
buona
sorte.
Da
regina
durante
i
primi
anni
di
regno
di
suo
marito
fece
poco,
la
corte
non
l’aveva
accettata
perché
era
una
principessa
straniera
e
per
di
più
proveniente
dalla
odiata
Casa
d’Austria.
A
questo
senso
di
frustrazione,
si
aggiunse
in
lei
anche
un
senso
di
incompletezza
femminile.
Quando
sposò
suo
marito
lei
aveva
appena
quindici
anni
e il
loro
matrimonio
non
fu
consumato
per
sette
lunghi
anni
a
causa
di
un
difetto
fisico
delle
parti
intime
del
Re.
Questa
contingenza
acuì
il
suo
senso
di
insoddisfazione,
poiché
oltre
che
dalla
corte,
si
sentiva
anche
rifiutata
come
donna
dal
marito
e in
più
viveva
con
umiliazione,
il
fatto
di
non
avere
generato
l’erede
al
trono
che
la
Francia,
la
corte
e le
cancellerie
straniere
attendevano.
Non
ebbe
per
molti
anni
neanche
voce
in
capitolo
sulle
questioni
politiche
e
questo
generava
in
lei
anche
un
senso
di
“inutilità”,
in
quanto
sapeva
bene
che
il
suo
matrimonio
era
stato
concordato
dalle
due
cancellerie,
perché
rafforzasse
l’alleanza
fra
le
due
potenze
e
perché,
questo
era
il
disegno
dell’Imperatrice
sua
madre,
lei
potesse
influenzare
le
scelte
politiche
del
consorte
in
chiave
filo
austriaca.
Ben
presto
questa
situazione
emotiva
la
spinse
ad
allontanarsi
dall’ambiente
di
corte
e a
crearsi
una
sua
corte
personale
alla
quale
avevano
accesso
solo
pochissimi
intimi.
Questo
naturalmente
urtò
i
cortigiani,
che
a
Versailles
vivevano
ancora
secondo
le
liturgie
messe
a
punto
dal
grande
Re
Luigi
XIV
(il
Re
Sole
) e
che
erano
abituati
alla
funzione
pubblica
dei
sovrani,
secondo
la
quale
essi
erano
il
centro
della
corte
e
quindi
di
tutta
la
Nazione
Francese.
Il
Re
dal
canto
suo,
che
amava
sua
moglie
di
un
amore
tenero
e
indulgente,
pur
di
farsi
perdonare
la
sua
mancata
virilità,
tendeva
ad
accontentare
pur
non
condividendoli,
tutti
i
capricci
ai
quali
Maria
Antonietta
indulgeva
talora
per
indole
e
talora
per
“evasione
anti
depressiva”.
La
maldicenza
della
corte,
offesa
nell’essere
ignorata
dalla
Regina,
la
debolezza
del
Re,
la
civetteria
di
Maria
Antonietta
che
a
quindici
anni
si
era
ritrovata
a
essere
catapultata
dalla
austera
corte
viennese
alla
mondana
e
luccicante
corte
di
Versailles,
resero
via
via
la
giovane
regina
avulsa
a
sempre
più
crescenti
settori
della
società.
I
pettegolezzi
valicavano
i
cancelli
dorati
della
reggia
e
giungevano
nei
vicoli
sporchi
maleodoranti
e
poveri
delle
città,
lì
si
modificavano
e
ingigantivano,
rinvigoriti
dai
già
esistenti
focolai
rivoluzionari
che
aleggiavano
al
di
fuori
dei
Palazzi.
Maria
Antonietta
divenne
allora
lussuriosa
collezionista
di
amanti,
con
i
quali
si
abbandonava
a
festini
dionisiaci
nel
Petit
Trianon
che
a
bella
posta
aveva
scelto
come
sua
residenza
favorita,
perché
strategicamente
lontano
dal
corpo
centrale
della
reggia.
Essa
era
la
famelica
divoratrice
di
tutte
le
risorse
economiche
dello
stato,
le
quali
secondo
la
vulgata,
servivano
a
comprare
gioielli
e
vestiti
e a
pagare
i
suoi
debiti
di
gioco.
In
seguito
divenne
la
spia
austriaca
fino
a
che
al
suo
processo,
non
si
arrivò
ad
accusarla
persino
di
aver
avuto
rapporti
incestuosi
con
suo
figlio,
il
Delfino
Luigi
Carlo.
Oggi
le
definiremmo
“fake
news”,
a
quei
tempi
erano
maldicenze
alle
quali
si
dava
credito
esattamente
come
si
fa
oggi.
Certamente
il
tutto
ha
un
fondo
di
verità,
perché
è
storicamente
vero
che
la
Francia
prerivoluzionaria
versava
in
condizioni
arcaiche
e in
un
profondissimo
deficit
finanziario.
È
però
anche
vero
che
la
situazione
sociale
non
accennava
a
mutare,
in
quanto
il
Re
era
condizionato
non
solo
da
una
sua
concezione
di
Stato
e di
società
che
gli
diveniva
da
una
sua
particolare
educazione,
ma
anche
e
soprattutto
da
una
serie
di
agenti
– la
nobiltà
e il
clero
–
che
mai
gli
avrebbero
consentito
di
mettere
fine
ai
propri
privilegi.
Essi
erano
infatti
legati
fra
loro,
da
un
“patto
di
non
belligeranza”
ideato
un
secolo
prima
da
Luigi
XIV
all’indomani
della
fronda.
Questo
patto
prevedeva
l’assoluta
fedeltà
e
dedizione
al
Sovrano,
ma
assicurava
come
contropartita,
privilegi
onori
e
denari.
Anche
il
deficit
finanziario
che
era
certamente
esasperato
dalle
eccessive
spese
per
il
mantenimento
della
corte,
era
di
fatto
però
creato,
anche
dalla
organizzazione
socio-economica.
Nella
Francia
prerivoluzionaria
la
pressione
fiscale
che
pure
non
era
altissima,
era
rivolta
solo
ed
esclusivamente
alle
classi
borghesi
che
pagavano
i
tributi,
dai
quali
erano
esentati
Clero
e
Nobiltà
e
che
secondo
la
concezione
feudale,
erano
in
parte
proprio
destinati
a
feudatari
e
clerici.
E’
evidente,
che
dando
un
approccio
critico
allo
studio
dei
fatti,
si
rilevi
che
anche
alla
nobiltà
e al
clero,
giovasse
il
fatto
che
ogni
colpa
fosse
attribuita
alle
frivolezze
della
Regina
e
alla
debolezza
del
Re.
Il
14
luglio
del
1789
il
popolo
di
Parigi
assaltò
la
Bastiglia,
dando
inizio
alla
Rivoluzione
Francese.
La
Rivoluzione
colse
Maria
Antonietta
di
sorpresa,
ella
non
la
immaginava
e
soprattutto
non
ne
comprese
come
del
resto
accadde
al
marito
e
alla
corte,
subito
la
portata.
Fu
l’acuirsi
degli
eventi
che
spinse
Maria
Antonietta
a
comprendere
l’entità
di
quello
che
stava
accadendo.
La
comprensione
degli
avvenimenti
quindi,
spinse
Maria
Antonietta
a
prendere
consapevolezza
dei
doveri
del
suo
ruolo
e ad
esercitarli.
Si
potrebbe
dire
a
questo
punto,
che
Maria
Antonietta
decise
di
diventare
pienamente
Regina
e
forse
anche
compiutamente
donna,
allorquando
comprese
che
questo
suo
status
poteva
essere
messo
in
discussione.
Maria
Antonietta
cominciò
a
prendere
parte
attiva
nell’
attività
di
sovrano
di
suo
marito,
presenziava
ai
Consigli
della
Corona,
forniva
giudizi
sui
ministri
e
non
mancava
mai
di
dare
al
consorte,
una
sua
lettura
personale
di
ogni
avvenimento
si
susseguisse.
Il
Re
dal
canto
suo
la
lasciava
fare
pur
consapevole
del
fatto
che
queste
ingerenze
acuivano
ancor
di
più
il
risentimento
nei
confronti
della
Regina.
Ella
avviò
una
corrispondenza
segreta
con
le
cancellerie
straniere,
affinché
intervenissero
per
rimetter
ordine
in
Francia
e
non
solo,
si
interessò
anche
alla
organizzazione
della
“Controrivoluzione”.
In
breve
tempo,
non
è un
azzardo
accennarlo,
complice
anche
la
condiscendenza
del
Sovrano
nonché
la
sua
indecisione,
Maria
Antonietta
riuscì
ad
assumere
un
ruolo
di
leader
nei
confronti
degli
elementi
che
si
adoperarono
per
mettere
fine
alla
Rivoluzione.
A
riprova
di
questo,
vi
sono
i
suoi
incontri
con
Mirabeau
e i
carteggi
con
alcuni
elementi
moderati
della
Rivoluzione
e la
sua
parte
attiva,
nel
convincere
il
Re
ad
accettare
la
“Fuga
di
Varenne”
e a
organizzare
la
emigrazione
di
molti
componenti
della
corte.
Quando
gli
eventi
precipitarono
e la
famiglia
reale
fu
privata
del
suo
rango
e
poi
chiusa
in
prigione,
Maria
Antonietta
continuò
con
ostinazione
a
svolgere
il
suo
ruolo
di
Regina.
Fu
di
sostegno
al
marito
durante
il
suo
processo
e
continuò
a
organizzare
se
pur
nel
limite
del
suo
nuovo
stato
di
reclusa,
la
cospirazione
contro
la
Rivoluzione.
Soprattutto
ella
intese
l’importanza
simbolica
del
suo
ruolo,
che
volle
esercitare
nei
confronti
dei
figli
ai
quali
anche
durante
la
prigionia,
continuò
a
impartire
una
educazione
basata
sui
canoni
della
regalità.
La
decapitazione
del
Re
rafforzò
ancor
di
più
in
lei
questa
convinzione,
tanto
che
ella
da
subito
riconobbe
il
Delfino
come
nuovo
Re
di
Francia.
Va
detto
che
anche
tutte
le
Cancellerie
Europee,
alla
morte
di
Luigi
XVI
ritennero
come
automatica
e
riconosciuta
la
successione
sul
trono
di
Luigi
Carlo
che
divenne
quindi
Luigi
XVII.
La
rivoluzione
Francese
fu
un
evento
al
quale
fu
impossibile
resistere,
questo
valse
tanto
per
chi
vi
aderì
quanto
per
chi
la
avversò,
essa
determinò
un
cambiamento
radicale
di
tutta
la
concezione
che
fino
ad
allora
si
era
avuta
dello
Stato.
Irruppe
con
una
tale
forza
che
nessuno
poté
opporvi
resistenza
e da
allora
in
poi,
nulla
fu
più
uguale
a
prima.
Questo
valse
anche
per
Maria
Antonietta,
che
travolta
dalla
tragedia
divenne
davvero
Regina.