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TURISMO STORICO


N. 102 - Giugno 2016 (CXXXIII)

la mànnara
un bene da recuperare

di Monica Vargiu

 

“Un continente in miniatura”: così sintetizzò la sua personale idea di Sicilia lo storico Fernand Braudel nel saggio Imperi del Mediterraneo all’epoca di Filippo II (1948). Tale visione dell’esponente francese della Scuola delle Annales, rende molto bene l’imago di questa grande isola emersa dalle acque nella notte dei tempi: arcana, magica e misteriosa come un mito greco, essa racchiude in sé il fascino composito e spesso inafferrabile delle sue tradizioni e delle sue contraddizioni, delle sue immense luci e delle sue ombre. Terra antichissima e per molti versi all’avanguardia delle arti e del pensiero, come in un prisma dalle tante facce, è l’incontro felice e irripetibile di tante culture differenti che si sono amalgamate e rarefatte nel tempo, consegnandoci una realtà dal profondo marchio identitario.

 

Uno spaccato di questo singolare e inimitabile unicum antropologico lo ritroviamo nell’opera di Andrea Camilleri, autore raffinato e nel contempo verace che fa dell’uso composito della lingua il grimaldello della narrazione e che, nella duplice veste di romanziere e sceneggiatore, è protagonista a tutto tondo di un successo planetario che vede i suoi libri tradotti in centoventi lingue e la sua creatura letteraria più famosa, il commissario Salvo Montalbano, una delle icone più note e rappresentative dell’editoria e del piccolo schermo.

 

Camilleri e Montalbano, un binomio indissolubile, un legame solido che trascende il piacere estetico del puro e canonico esercizio di scrittura, evolvendo in tanti capitoli compiuti di una storia il cui registro linguistico è sintesi perfetta di italiano e sicilianità. Uno stile unico, perfettamente bilanciato e mai astruso dove ogni termine ha una sua precisa collocazione e spiega, come meglio non si potrebbe, una sensazione, un profumo, un’idea o uno stato d’animo.

 

Forse è proprio questa la capacità singolare di Camilleri, la sua cifra stilistica: creare ad arte la tensione narrativa ideale che permette di cogliere in maniera quasi immediata gli snodi della storia, il sottotraccia, il sapore e la musicalità delle parole, il composito intreccio di trama e ordito del plot narrativo senza forzate mediazioni accademiche di alcun tipo, senza inutili alterazioni della profondità di campo.

 

La lettura e la visione televisiva divengono, dunque, non un semplice atto passivo di conoscenza e fruizione, ma un atto “creativo” del lettore-spettatore, che, calandosi in quelle atmosfere uniche, tratteggiate a volte con grottesco e confidenziale umorismo e a volte con drammatica e compassionevole umanità, divengono atto di “riconoscimento” delle emozioni che vengono dunque rivisitate in prima persona.

 

Montalbano, servitore dello Stato di profonda integrità morale, dai modi spesso bruschi e anticonvenzionali, è dotato di un profondo intuito che spesso lo porta a deviare nelle sue indagini dai protocolli tradizionali; fervido lettore e testimonial perfetto della grande tradizione culinaria dell’isola, diventa, malgrado la sua timidezza e la sua volontà di fare gioco di squadra, protagonista vicino all’umano sentire e nel contempo simpatico eroe positivo.

 

L’interpretazione del ruolo del commissario nella versione televisiva è magistralmente resa da Luca Zingaretti, già allievo di Camilleri negli anni dell’Accademia d’Arte drammatica Silvio D’Amico, che meglio non avrebbe potuto rendere la trasposizione letteraria del personaggio.

 

Probabilmente, il caso giudiziario che ha portato alla ribalta della cronaca la Fornace Penna, meglio conosciuta dai giallisti esperti di fede camilleriana come la Mànnara, con il sequestro preventivo della struttura e ventuno indagati, non sarebbe stato un caso da risolvere per il commissario Montalbano, ma senza dubbio egli si sarebbe indignato, forse battendo i pugni sul tavolo, al pensiero che un monumento di archeologia industriale così importante e di così inusuale bellezza, tra l’altro sottoposto a vincolo di inedificabilità, versi in stato di totale abbandono.

 

 

Scicli, la cittadina barocca del Ragusano, è nella fiction tv la Vicata in cui vive e opera Salvo Montalbano: un impianto urbanistico dai toni quasi ascensionali, caratterizzato dai giochi di luce che si stagliano sulle strutture e dagli accenti costruttivi opulenti e scenografici che fanno da controparte a un paesaggio riccamente variegato e il cui centro storico è sito Unesco dal 2002.

 

La Mànnara, questa cattedrale laica teatro di tanti appostamenti e incontri confidenziali con personali informatori per il celebre commissario, venne fatta costruire dal barone Penna in contrada Pisciotto a Sampieri nel primo decennio del 1900 ed era atta alla produzione dei laterizi; la vicinanza al mare e alla ferrovia, la ricchezza d’acqua, oltre alla presenza di cave d’argilla, rendevano la scelta del luogo praticamente perfetta ma, un incendio di natura dolosa nel 1924 ne danneggiò gravemente le strutture rendendole di fatto inutilizzabili e consegnando l’intera costruzione all’oblio. Rimane però a tutti gli effetti un’importante testimonianza dello sviluppo industriale dell’isola e da tempo è al centro di dibattiti per la riqualificazione della struttura e per una nuova destinazione d’uso che potrebbe aggiungere un’ulteriore tassello alla vocazione turistica di una terra così generosamente copiosa di testimonianze storico-artistiche e per natura così accogliente.

 

L’azione decisa della Magistratura punta i riflettori sulle responsabilità degli eredi e sui fondi già stanziati e non utilizzati e questa risulta essere la tristemente famosa storia di tanti suggestivi angoli del nostro paese che per disinteresse, superficialità, carenza di organizzazione e poca sensibilità rimangono troppo a lungo in balia dell’incuria.

 

Ci si augura dunque che, complice la celebrità letteraria del luogo, questa volta il finale da scrivere possa essere diverso e che sia l’inaugurazione di un nuovo corso positivo al quale si possano allineare vicende analoghe, poiché la bellezza del nostro paesaggio, celebrata spesso nelle parole ma non altrettanto nei fatti, merita cure, considerazione e rispetto.



 

 

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