[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 159 / MARZO 2021 (CXC)


antica

LE ELEZIONI NEL FORO DI POMPEI

LA PROPAGANDA ELETTORALE SUI MURI DEL MONDO ANTICO

di Ilaria La Fauci

 

Nel mondo antico le elezioni funzionavano per certi versi in modo del tutto simile al nostro: a Pompei, la propaganda elettorale, chiamata ambitio, era ricca di manifesti elettorali che coloravano le pareti di edifici pubblici e privati lungo le principali direttrici cittadine. Sono stati ritrovati circa 2.600 testi, ovvero iscrizioni tracciate con pennello e vernice rossa o nera su sfondo bianco, un meraviglioso documento della propaganda politica pompeiana.

 

Per comprendere appieno il funzionamento di questo meccanismo elettorale, possiamo ripercorrere brevemente la storia di Pompei: città alleata di Roma sin dal III secolo a.C.; nel 91-88 a.C. si ribella: nell’89 a.C. Silla assedia Pompei e, dopo aver ottenuto la cittadinanza da Roma, insedia i suoi veterani come coloni. Pompei diventa dunque una colonia, grado che mantiene fino all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

 

Il modello di governo era quello di Roma composto da magistrati, senato cittadino e assemblea popolare. La colonia di Pompei era dunque amministrata dalle magistrature ordinarie cittadine del duovirato e dell’edilità, ovvero due coppie di uomini il cui mandato durava un anno: i duoviri iure dicundo, magistrati giusdicenti di rango superiore che detenevano il potere esecutivo e il potere giudiziario, e i duoviri aediles (o più semplicemente aediles), incaricati di supervisionare su edilizia, sicurezza e funzionamento della città (ordine pubblico, manutenzione delle strade, dei templi e degli edifici pubblici, vigilanza dei mercati e approvvigionamento).

 

La magistratura di edile permetteva di entrare a far parte del senato cittadino, ovvero l’ordo decurionum, carica propedeutica per candidarsi alla carica suprema di duovirato, motivo per cui i candidati più numerosi erano per la carica di edile, soglia da varcare per accedere ai pubblici uffici e alla ribalta politica. Ogni cinque anni venivano eletti i duoviri quinquennales, magistrati speciali incaricati del censimento e del rinnovo del senato cittadino.

 

La città veniva amministrata all’interno della curia, edificio municipale del Foro; la vita istituzione era scandita in tre momenti: le elezioni del consiglio dei decurioni, la divisione delle cariche pubbliche e l’amministrazione della giustizia.

 

Gli aspiranti magistrati dovevano possedere determinati requisiti: avere venticinque anni, essere cittadini romani di pieno diritto (nati liberi e da giuste nozze), essere residenti nel territorio municipale, avere una condotta irreprensibile e un patrimonio adeguato alla carica (gli incarichi pubblici difatti non erano retribuiti, al contrario i magistrati stessi compivano atti di liberalità e generosità verso la città).

 

Le elezioni si svolgevano tendenzialmente a marzo e constavano di tre fasi: la presentazione delle candidature, la propaganda elettorale e le votazioni nel comitium. Gli aspiranti candidati (termine che deriva dalla toga bianca, “candida” per l’appunto, che indossavano quando andavano alla ricerca dei voti) presentavano una professio nominis, una dichiarazione ufficiale che consegnavano pochi giorni prima delle votazioni: i candidati venivano così selezionati da un consiglio creato appositamente, si proseguiva con la proscritio, ovvero la pubblicazione, nel Foro, della lista dei concorrenti alle cariche, per poter essere letta dai cittadini. Un magistrato veniva scelto e incaricato di presiedere lo scrutinio; dopodiché prendevano avvio le accese campagne elettorali per conquistare il favore della cittadinanza.

 

Dall’elettorato erano escluse alcune categorie di persone: le donne, gli schiavi, i liberti, i gestori di bordelli e di circhi, gli attori e coloro i quali possedevano attività poco decorose. Si immagina quindi che il cittadino maschio si recava nel Foro, precisamente nel comitium, e votava nella sezione a cui apparteneva: esprimeva il suffragium (ovvero il voto) per iscritto e in segreto (tutt’oggi agli ingressi del Foro sono visibili i dispositivi di sbarramento creati, secondo una recente teoria, per escludere chi non aveva diritto al voto), incidendo il nome del candidato su una tavola cerata, poneva poi la scheda in un’arca (urna) o in una cista (canestro); essendo idoneo per votare, riceveva una tesserula, cioè un gettone, che consegnava poco prima di ritirava la tavoletta. Si procedeva poi allo spoglio e infine alla proclamatio, eleggendo chi era stato designato nel maggior numero di sezioni.

 

Nonostante il numero ristretto di elettori, la popolazione partecipava attivamente alla campagna elettorale, vista come una competizione politica gestita dal candidato e dai suoi sostenitori: era un complesso sistema di alleanze politiche, giocato dalle persone che aspiravano al potere e che si accordavano per spostare il favore del proprio elettorato da un candidato a un altro, alternandosi in un vivace ricambio politico.

 

I mezzi di comunicazione erano la propaganda orale, le raccomandazioni e le scritte murali: il candidato stesso si recava dai cittadini chiedendo di essere votato, frequentava quindi quotidianamente il Foro insieme ad amici, clienti e sostenitori. Il macellum, a est della piazza, era il maggior polo d’attrazione: era il mercato della carne e del pesce, circondato da botteghe di generi alimentari; altri luoghi frequentati erano le terme, il tempio di Iside, l’anfiteatro e le strade principali (via dell’Abbondanza, via Stabiana, via di Nola).

 

Con il tempo la propaganda orale fu rinforzata da quella scritta con il manifesto elettorale, chiamato programma (programmata al plurale), classificabile nella categoria di tituli picti, iscrizioni parietali dipinte per una maggiore visibilità sui muri di abitazioni dei cittadini più ricchi e influenti (anche all’interno delle proprietà private) e di edifici pubblici dislocati lungo le strade principali, a volte anche sulle superfici di tombe, sulle basi delle statue delle divinità e sulle pareti di fattorie agricole e ville signorili.

 

I programmata ritrovati risalgono soprattutto al periodo del 62-79 d.C., dal forte terremoto che si abbatté sulla città all’eruzione del Vesuvio; quelli più antichi invece si riferiscono all’80-30 a.C. I manifesti elettorali rinvenuti erano sovrapposti: gli annunci nuovi infatti generalmente erano dipinti su quelli precedenti; altri erano nascosti da decorazioni apportate a seguito dei danni del terremoto.

 

Queste iscrizioni restituiscono i nomi dei candidati, cariche e sostenitori, nonché definiscono i suddetti requisiti ritenuti indispensabili per amministrare una comunità. È stato possibile identificare uno schema ricorrente: l’uso di sigle e abbreviazioni consolidate e ampiamente conosciute (come IIvir sigla epigrafica che sta per duoviro), il nome del candidato scritto per esteso in caso accusativo e di dimensioni maggiori, l’esaltazione delle sue virtù morali, la menzione della carica cui aspirava; a volte compaiono i nomi dei rogatores, ovvero i sostenitori, singoli o in gruppo (solitamente erano persone comuni che non potevano essere elette o addirittura neanche votare, ma partecipavano ugualmente alla propaganda) e il nome dello scriptor o pictor, il professionista artefice dell’iscrizione.

 

Chiunque poteva scriverle, ma solitamente gli aspiranti si rivolgevano per l’appunto agli scriptores: questi possedevano delle squadre composte da un dealbator, l’imbianchino che regolarizzava il muro raschiandolo e preparando il fondo bianco, uno scalarius, colui che portava la scala, un lanternarius, colui che faceva luce, e un adstans generico che leggeva il testo delle iscrizioni e vigilava. Svolgevano il loro lavoro di notte, forse perché non era permesso o per non essere disturbati, ipotesi più plausibile dal momento che in alcuni casi apponevano la loro firma; poteva capitare che gli affidassero intere porzioni di muro per il loro operato.

 

Con la tecnica dell’affresco creavano quindi iscrizioni di natura quasi vignettistica, che sono oggi importanti testimoni del vivere quotidiano: il testo era breve, chiaro e leggibile, la lunghezza variava da alcune decine di centimetri ad alcuni metri, l’altezza massima raggiunta è di quaranta centimetri.

 

I candidati venivano presentati come campioni di onestà, saggezza e capacità usando spesso un’aggettivazione a sostegno dei loro nomi: vir bonus et egregium (galantuomo), verecundissimus (assai modesto), dignissimus (molto virtuoso), benemerens (meritevole d’ogni bene), frugis (parco), integrus (integerrimo), innocens (incapace di fare del male); a volte si menzionava il padre, sia come specificazione onomastica sia come garanzia insieme ad altri personaggi influenti e conosciuti.

 

Per sollecitare al voto, il pregio massimo era essere dignus, ovvero meritevole e degno della stima pubblica e dell’onore; raramente però venivano indicate le azioni a sostegno e giustificazione di tali pregi, ma comparivano scritte che elogiavano i candidati ad esempio perché un buon edile e un grande promotore di giochi o perché faceva buono il pane o perché non sperperava denaro. In ogni caso la scelta del candidato era molto influenzata da legami di famiglia, amicizia e rapporti di fedeltà personale. Il ruolo dei manifesti elettorali era quindi più che altro declamatorio, utile per dimostrare l’appoggio.

 

Esortazione al voto

 

Vettium Firmum aed(ilem) / o(ro) v(os) f(aciatis) / d(ignum) r(ei) p(ublicae) (CIL 04, 03610)

“Vi prego di eleggere come edile Vettius Firmus degno della pubblica amministrazione”: questo personaggio compare in numerose scritte elettorali, riceveva il sostegno di singoli e di gruppi, come dei pilicrepi (giocatori di palla), quactiliarii (feltrai), pomarii (venditori di frutta).

 

L’iscrizione “o v f” è ricorrente in manifesti simili ed è un’esortazione al voto: oro vos faciatis.

 

Un altro esempio:

[Cuspi]um Pansam / aed(ilem) o(ro) v(os) f(aciatis) (CIL 04, 01153)

“Vi prego di eleggere edile Cuspius Pansa”.

 

Le virtù dei candidati

 

Trebium aed(ilem) v(irum) / b(onum) o(ro) v(os) f(aciatis) (CIL 04, 00123)

“Vi prego di eleggere edile Trebio, uomo probo”: questo è un esempio di aggettivazione a sostegno del candidato.

 

[Cn(aeum) H]elvium Sabinum aedilem / d(ignum) r(ei) p(ublicae) v(irum) b(onum) o(ro) v(os) f(aciatis) (CIL 04, 09914)

“Vi prego di eleggere Elvio Sabino come edile, degno di amministrare la cosa pubblica, una persona per bene”.

 

M(arcum) C(errinium) V(atiam) aed(ilem) or(o) v(os) f(aciatis) / d(ignum) r(ei) p(ublicae) (CIL 04, 00151)

“Vi prego di eleggere edile Marco Cerrinio Vatia, degno della pubblica amministrazione”: anche in questi due ultimi casi non ci sono motivazioni, ma il candidato viene comunque definito degno di amministrare la cosa pubblica.

 

Le capacità dei candidati

 

C(aium) Iulium Polybium / aed(ilem) o(ro) v(os) f(aciatis) panem bonum fert (CIL 04, 00429)

“Vi prego di eleggere Giulio Polibio edile, fa buono il pane”: come motivazione a sostegno di questo candidato, si adduce alle sue capacità professionali, trattandosi probabilmente di un proprietario di una panetteria.

 

In un altro manifesto, relativo a un altro candidato, si legge “Votalo perché durante il suo precedente mandato non è morto neppure un asino”: si tratta di esempi di come le qualità personali fossero ritenute indispensabili per poter concorrere per una carica.

 

Le cariche ambite

 

A(ulum) Suettium Verum aed(ilem) / v(iis) a(edibus) s(acris) p(ublicis) p(rocurandis) d(ignum) r(ei) p(ublicae) probum o(ro) v(os) f(aciatis) (CIL 04, 01137)

“Vi prego di eleggere edile addetto alla cura di strade, edifici sacri e pubblici, Aulus Suettius Verus, uomo probo, degno della pubblica amministrazione”: ricorre l’aggettivo probo e stavolta compare anche la descrizione della carica cui aspira il candidato.

 

I singoli sostenitori

 

L(ucium) Ceium Secundum aed(ilem) o(ro) v(os) f(aciatis) Proculus et Canthus rog(ant) (CIL 04, 01140)

“Vi prego di eleggere edile Lucius Seius Secundum. Lo chiedono Proculus e Canthus”

 

[A(ulum) Ve]ttium Firmum aed(ilem) o(ro) v(os) f(aciatis) / Fabius rog(at) (CIL 04, 07205)

“Aulo Vezio Firmo vi prego di eleggere edile. Lo chiede Fabius”: in questi ultimi due casi i rogatores, ovvero i sostenitori, si espongono e si firmano a sostegno del loro candidato.

 

I gruppi di sostenitori

 

C(aium) Cuspium Pansam aed(ilem) / aurifices universi / rog(ant) (CIL 04, 00710) “Gaio Cuspio Pansa come edile, tutti gli orefici vogliono”

 

M(arcum) Enium Sabinum / aed(ilem) pomari rog(ant) (CIL 04, 00180)

“Marco Enio Sabino vogliono come edile i venditori di frutta”.

 

In queste ultime due iscrizioni i sostenitori sono gruppi di uomini accomunati dallo stesso lavoro. I votanti erano uomini, ma poteva capitare che sui manifesti comparissero nomi di donne (ne sono stati scoperti circa cinquanta): si trattava solitamente di interesse politico o di sostegno personale, come nel caso di Taedia Secunda che sosteneva il nipote Lucius Popidius Secundus:

L(ucium) Popi[dium] S[ecun]d[u]m aed(ilem) o(ro) v(os) f(aciatis) / Taed[i]a secunda cupiens avia rog(at) et fecit (CIL 04, 07469)

 

Sulle pareti di una taverna di via dell’Abbondanza compaiono i nomi di Asellina, Aegle, Zmyrina e Maria, ad esempio:

Cn(aeum) Helvium Sabinum / aed(ilem) d(ignum) r(ei) p(ublicae) o(ro) v(os) f(aciatis) Aegle rogat (CIL 04, 07862)

 

Aegle era probabilmente una donna di servizio della taverna quindi probabilmente si trattava di uno scherzo, una “propaganda negativa”, mettendo a sostegno di un candidato il nome di una schiava. Non ci sono infatti manifesti in cui compaiono i difetti di un candidato, ma gli avversari operavano un lavoro più sottile nell’identificare i sostenitori di un candidato a loro contrario in bevitori, borseggiatori, poltroni e schiave.

 

A volte invece il sostegno era reciproco come emerge da queste iscrizioni:

Popidium L(uci) f(ilium) Ampliatum aed(ilem) / Valens fac(iatis) et ille te fecit Infan[tio scripsit] (AE 1915, 00057b)

“O Valens, porta Popidius Ampliatus, figlio di Lucius, all’edilità. A suo tempo egli ugualmente ti sostenne. Ha scritto ciò Infantio”

 

[M(arcum) O]vidium ueientonem / Trebi(us) Valens fac(iatis) aed(ilem) et ille te faciet (CIL 04, 07429)

“O Trebius Valens, vota all’edilità Marco Ovidius Veiento ed egli poi a sua volta ti darà il suo appoggio”.

 

Candidatura multipla e scriptores

 

PPP AVCF / MES QMR / SUILIMEA

In questa iscrizione ricca di sigle troviamo una candidatura multipla: i candidati al duovirato, ovvero Publius Paquius Proculus e Aulus Vettius Caprasius Felix; i candidati all’edilità, cioè Marcus Elpidius Sabinus e Quintus Marius Rufus; la firma dello scriptor, che va letta da destra verso sinistra e quindi Aemilius, un professionista di nome Publius Aemilius Celer, noto a Pompei e che compare in parecchi testi simili.

 

In alcuni muri sono state ritrovate firme come “Aemilius Celer vive qui” (Ae[mili]us Celer hic habitat, CIL 04, 03794), “Aemilius Celer, il suo vicino di casa (riferito a Lucius Statius Receptus), scrisse queste parole” (L(ucium) Statium Receptum / IIvir(um) i(ure) d(icundo) o(ro) v(os) f(aciatis) vicini dig(num) / scr(ipsit) Aemilius Celer vic(ini), CIL 04, 03775).

 

Consapevole che alcune persone si dilettassero nella propaganda negativa, Aemilius scrisse in un’iscrizione: “Se macchiate sgarbatamente questo scritto, spero che qualche sventura vi incolga” (Beard, 2008).

 

Gli scriptores sovente lavoravano da soli come emerge da alcuni manifesti:

Scr(ipsit) / Aemilius / Celer sing(ulus) / ad luna(m) (CIL 04, 03884)

 

Celere si vanta infatti di lavorare da solo al lume di luna: in questo caso si trattava di un manifesto annunciante la lotta di trenta coppie di gladiatori nell’arco di cinque giorni e firmò in quel modo il suo lavoro.

 

Alcuni di questi dipinti sono anche annunci di nascita (“è nato Cornelius Sabinus”, CIL 04, 08149) e di morte (Gloevus è morto il giorno seguente le none (Varone, 1990) o come i moderni graffiti con saluti di innamorati, disegni, offese, parolacce e poesie (Nihil durare potest tempore perpetuo / cum bene Sol nituit redditur Oceano / decrescit Phoebe quae modo plena fuit / ventorum feritas saepe fit aura levis (CIL 04, 09123) Niente può durare in eterno. Dopo aver fulgidamente brillato, il sole si rituffa nell’oceano; la luna che ora era piena ecco decresce. La furia dei venti sovente si muta in brezza leggera).

 

Alcune epigrafi inoltre ricordavano l’attività svolta dai magistrati durante i loro incarichi.

Come Aemilius, anche Mustio ha scritto da solo senza gli altri compagni:

[…] Mustius fullo facit / et dealbat scr(ipsit) unicus / s[ine] reliq(uis) so(alibus) non(is) (CIL 04, 03529)

 

A volte scrivono parole scherzose:

C(aium) Iulium Polybium / aed(ilem) v(iis) a(edibus) s(acris) p(ublicis) p(rocurandis) // lanternari tene / scalam (CIL 04, 07621)

“Votate per Caius Iulius Polybius come edile addetto alle vie e agli edifici sacri e pubblici. E tu, o lanternaio, tien ferma la scala”.

 

C’era poi chi si ribellava alla presenza di queste scritte che decoravano la città:

Admiror te paries non cecidisse / qui tot scriptorum taedia sustineas (CIL 04, 02487)

“Mi meraviglio, o parete, che tu non sia ancora crollata sotto il peso delle scempiaggini di tanti scribacchini”: un palese richiamo all’attività quasi deteriorante degli edifici operata dagli scriptores a sostegno del politico di turno.

 

Queste epigrafi parietali rappresentano la voce dell’antica città di Pompei: forniscono uno spaccato della vita degli abitanti e una pittoresca fotografia delle campagne elettorali. Possono inoltre essere uno strumento utile per delineare la cronologia dei candidati e dei possibili vincitori delle cariche; si tratta di quasi 2.600 testi che ci riportano a circa duemila anni fa, narrando una storia sopravvissuta a calamità naturali e cambi di potere, fissata per sempre sulle pareti.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Beard M., Prima del fuoco: Pompei, storie di ogni giorno, Roma-Bari, 2008.

Cagnat, R., Besnier M., Périodiques, in L'Année Épigraphique (AE), vol. 1914, Parigi, 1915, pp. 1–46, in Epigraphik-Datenbank, a cura di Clauss M., Kolb A., Slaby W. A., Woitas B.

Inscriptiones parietariae Pompeianae, Herculanenses, Stabianae, in Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), vol. IV, in Epigraphik-Datenbank, a cura di Clauss M., Kolb A., Slaby W.A., Woitas B.

Marchi P., Italia Spray: storia dall’ultima Italia scritta sui muri, Firenze 1977.

Mastrobattista E., Nuti M., Vota Caio Cuspio. Propaganda elettorale a Pompei, in Storie in Movimento. Zoom, n. 17, 2008, pp. 10-24.

Varone A., Le voci degli antichi: itinerario pompeiano tra pubblico e privato, in Rediscovering Pompeii, Roma 1990.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]