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N. 91 - Luglio 2015 (CXXII)

Manifest Destiny

Verso l’orizzonte
di Giovanni De Notaris

 

“Go West, young man, and grow up with the country!” strillava nel 1859 il giornalista Horace Greeley dalle colonne del “Tribune”, facendo eco all’esigenza dei suoi connazionali di spingersi verso l’Ovest. In realtà questa spinta propulsiva aveva origini più profonde e ben radicate nelle origini della storia americana.

 

Gli americani difatti si erano sempre sentiti attratti dall’ignoto e quindi dalla sua esplorazione. La ricerca di nuovi spazi nasceva soprattutto dal rapidissimo ricambio delle vecchie città.

Ci si trasferiva per trovare lavoro o per cercare una terra da coltivare e una proprietà. A questo si aggiungeva la forte, e mal tollerata, immigrazione proveniente dall’Europa, agli inizi dell’Ottocento, che fece crescere la popolazione indigena.

 

Nacquero così dagli anni Trenta il Michigan, ad esempio, o l’Iowa, e ancora il Wisconsin e il Minnesota negli anni Cinquanta. A questo bisognava aggiungere poi il sovraffollamento di stati già esistenti come il Mississippi negli anni Sessanta.

 

Tutto questo, come si diceva, spinse gli americani a andare sempre più verso il Pacifico, scontrandosi però con la resistenza delle nazioni indiane, che mal tolleravano l’infiltrazione dei bianchi nei loro territori. Oltre agli indiani però si trovarono a dover affrontare anche l’Inghilterra e il Messico.

 

In realtà una prima forma, seppur embrionale, di necessaria espansione a Ovest fu teorizzata dal segretario di Stato del presidente James Monroe, John Quincy Adams, che riteneva geograficamente ovvio che gli Stati Uniti si espandessero in tutto il nordamerica. Conseguenza diretta di questa teoria fu, nel 1823, la dottrina Monroe, dal nome del presidente in carica, che intimava alle nazioni europee di tenersi fuori dall’emisfero americano, dando così il via libera ufficialmente al popolo americano di appropriarsi di tutti i territori necessari al loro desiderio di espansione e all’affermazione dei loro valori di libertà e democrazia.

 

Dagli anni Quaranta con la scoperta del territorio dell’Oregon, passando poi per le Montagne Rocciose, e toccando le rive del Pacifico, si crearono insediamenti stabili; era la famosa pista detta “Oregon Trail.” Questo però portò a una disputa con il Canada per una definizione più netta dei confini del territorio sopra citato, risolta poi nel 1846 con il confine stabilito sulla linea del 49° parallelo.

 

Si pose allora il problema della California, la vera porta del Pacifico, appartenente al Messico, che si risolse in seguito alla guerra per la liberazione del Texas, nel 1848, sotto la presidenza di James Polk, che portò in dote agli Stati Uniti i territori del Nevada, Arizona, Utah, California e New Mexico.

 

Il progetto espansionista proseguì quindi con il “California Gold Rush” del 1848, quando migliaia di pionieri si trasferirono lì per cercare l’oro.

 

E fu proprio in quel periodo che nel clima di fervore espansionista misto a patriottismo, nacque il termine “Manifest Destiny”, coniato dal giornalista John O’ Sullivan, che indicava la volontà della Provvidenza di far si che gli americani affermassero i loro valori in tutto il nordamerica e anche oltre per migliorare l’umanità tutta.

 

O’ Sullivan era editor della “Democratic Review”, rivista fondata nel 1837 per sostenere l’ideologia politica del presidente Andrew Jackson, che vide anche la collaborazione di illustri autori come Henry David Thoreau e Edgar Allan Poe ad esempio.

 

Seppur non avrebbe raggiunto mai un’alta tiratura, O’ Sullivan riuscì comunque a diffondere nel paese, tenendo conto del basso numero di persone alfabetizzate, la sua idea di nazione predestinata a compiere un atto civilizzatore nel mondo intero.

 

Nulla poteva fermare l’avanzata americana, perché la nazione era stata scelta da Dio.

 

In sostanza, l’America era il mondo e il mondo era l’America; le cause di entrambi, e i loro destini, erano legati a filo doppio. L’America di Jackson e la Provvidenza erano quindi unite in un unico disegno.

 

La nazione viveva in un continuo futuro, in quanto tante erano le idee e i progetti del popolo americano che il presente non rappresentava altro che un attimo fugace nella continuità inarrestabile del movimento fisico e intellettuale americano.

 

L’America era in un perenne progredire.

 

Questa idea quindi si traspose, come si diceva, dagli anni Quaranta in un più deciso espansionismo territoriale verso il Pacifico, da raggiungere quanto più rapidamente possibile, perché questo era il volere della Provvidenza.

 

Ma il carburante più potente nel serbatoio del Manifest Destiny lo aveva messo la questione texana: il Texas doveva entrare nell’Unione così come la Louisiana ai tempi di Thomas Jefferson. Era la teoria geografica della storia americana formulata da Adams.

 

Dopo l’annessione del Texas però, O’ Sullivan pensò anche a quella del Messico intero e di Cuba. La sua visione in realtà serviva anche a quella parte del Congresso che riteneva necessario espandersi per togliere territori alle potenze europee, ancora presenti sul territorio nordamericano.

 

Il problema era che alcuni politici non volevano annettere altri stati del sud perché temevano il dilagare della schiavitù, presente in quei luoghi, anche agli altri stati dell’Unione.

 

La schiavitù avrebbe minacciato infatti le fondamenta democratiche del disegno politico americano trasformando gli Stati Uniti da paese democratico a impero dispotico. Bisognava liberare quei popoli dalla barbarie, ma la barbarie poteva contaminare la purezza americana. Al contrario urgeva un perfezionamento delle fondamenta giuridiche della giovane repubblica, senza lasciarsi andare a un espansionismo sfrenato e senza regole.

 

Ovviamente correva sotto traccia il discorso razzista di O’Sullivan che, come detto, riteneva il popolo americano superiore agli altri popoli destinati a essere dominati e civilizzati, con le buone o con le cattive.

 

Il presidente Polk riteneva però che si potesse sedare il fervore espansionista di O’ Sullivan con un’idea commerciale e non provvidenziale della storia americana, e cioè bisognava si giungere al Pacifico ma più che altro per appropriarsi delle ricchezze della California, e da lì poi tracciare una strada verso nuovi orizzonti.



 

 

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