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TURISMO STORICO


N. 95 - Novembre 2015 (CXXVI)

manfredonia medievale e moDerna

le origini della città e del castello
di Vincenzo La Salandra

 

Il Castello fu voluto nel XIII secolo da Manfredi di Svevia, figlio dell’imperatore Federico II, a difesa della nascita del nuovo abitato costruito per accogliere gli abitanti della vicina Siponto, diventata inospitale a causa dell’impaludamento e delle guerre. Fu tuttavia in epoca angioina che la struttura turrita assunse una fisionomia organica e un impianto più complesso con alta cortina muraria a pianta quadrangolare. Nel XV secolo gli Aragonesi lo dotarono di una seconda cinta muraria esterna, raccordata agli spigoli da quattro torrioni circolari. Quello ad ovest, nel corso del XVI secolo, venne inglobato in una struttura a pianta pentagonale che prende il nome da un bassorilievo con scena dell’Annunciazione visibile sulle mura esterne del bastione.

 

Le esposizioni archeologiche del Museo illustrano la storia dell’antico territorio sipontino e garganico. Si segnala, per il pregio e la singolarità dei reperti, la tipica mostra delle stele daunie dal titolo Pagine di pietra. I Dauni tra VII e VI secolo a.C.

 

Le stele sono le ormai famose lastre rettangolari in pietra calcarea decorate da ornati geometrici e scene figurate e che riproducono figure schematiche maschili e femminili, probabilmente riferibili ad entità di rango. Quelle maschili con armi mostrano pettorale, spada e scudo, quelle con ornamenti recano collane, fibule, cinture pendenti e dischi circolari. Da segnalare una delle primissime attestazioni archeologiche della presenza di guanti in Europa, come emerge nei modelli di alcune stele. Le scene narrano del mondo degli antichi nella Daunia: attività quotidiane, rituali, cerimonie nuziali e funebri, lotte armate a piedi o a cavallo. Le stele erano completate da teste incise con i tratti del volto (iconiche) o completamente lisce (aniconiche). Da ricordare anche le prime rappresentazioni in Europa di guanti alle mani di alcune dame delle stele.

 

Al primo piano è ospitata l’importante mostra dedicata alla civiltà sipontina. L’esposizione illustra i risultati dello scavo archeologico nel Parco archeologico di Siponto che, nell’arco di dieci anni di attività, ha restituito un comparto abbastanza esteso della Siponto vetus con le sue abitazioni, un impianto produttivo, una chiesa e relativa zona sepolcrale. La qualità dei reperti offre lo spaccato di una realtà socio economica abbastanza elevata che attesta l’importanza e lo splendore di questa città portuale protesa verso l’opposta sponda adriatica e l’oriente mediterraneo.

 

Nella Torre Quadra è visitabile una esposizione dedicata all’archeologia subacquea. Si illustrano le scoperte effettuate fino ad oggi, per lo più fortuitamente, lungo il litorale della Daunia, da cui provengono numerose anfore da trasporto che documentano l’intensa attività commerciale lungo le rotte adriatiche della Daunia romana. Insieme alla ricostruzione di un fondale marino e di una imbarcazione, la mostra espone una stele con una scena di navigazione su una imbarcazione dalla vela quadrata; a bordo l’equipaggio con il timoniere a poppa e un altro uomo con le braccia sollevate a prua.

 

Infine la sezione del Lapidario raccoglie materiali architettonici ed epigrafici provenienti in prevalenza dall’area archeologica di Siponto. Alcuni capitelli, cornici e mensole documentano l’aspetto monumentale della città, dall’età augustea all’età medievale, così le epigrafi costituiscono una fonte ricchissima di notizie sull’aspetto amministrativo e religioso. Dall’area di San Leonardo in Lama Volara proviene un rilievo con scena dell’Annunciazione (XI-XII secolo).

 

Concludiamo con due viaggiatori europei. Prima Janet Ross, che visitò la Puglia nell’800 e scrisse una pagina suggestiva sulla città: “In tutta l’Italia meridionale c’è la passione per la calce, e Manfredonia vista al chiaro di luna, era così bianca che pareva appena finita di fabbricare. E’ vero che la città fu saccheggiata e bruciata dai Turchi nel 1620; ma salvo i ruderi delle antiche mura di Manfredi e il bellissimo castello finito da Carlo d’Angiò, tutto il resto costituiva la più moderna della città orientali”.

 

Poi Gregorovius che scriveva: “Presa d’assalto dai Turchi, venne incendiata l’anno 1620, e poi edificata daccapo. Pertanto non vi è più nulla d’antico; nulla di gotico; nulla che derivi dal tempo di Manfredi e degli Angioini, se ne togli alcune chiese, e quel che ancora rimane delle mura e del castello. Ed eccettuati pochi edifizii, soprattutto chiostri, i quali hanno certa aria di palazzi, il resto non è che casupole impiastrate per mano dell’imbianchino, con tetti scoperti e a terrazzo, in quello stile che ha del moresco, così comune sui golfi di Salerno e di Napoli”.

 

Tuttavia è stato il Galanti nel Settecento a cogliere un aspetto importante tra quelli tipici delle popolazioni pugliesi in generale quando affermava, nelle sue Relazioni sulla Puglia, che “I pugliesi lavorano poco e amano molto il ballo e la musica”: ed è bello ricordare le estati salentine al ritmo della pizzica e della taranta, ormai fenomeno di costume e di largo consumo, e le attuali feste di carnevale con balli e canti e carri a Putignano, Gallipoli e Manfredonia che testimoniano anche oggi questa gioia goliardica e apotropaica nella celebrazione del carnevale come di tante feste patronali con luminarie e spettacoli pirotecnici e canori primaverili così tipici e sentiti in tutta la Puglia.



 

 

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