SUL MANDATO DI ARRESTO PER
BENJAMIN NETANYAHU
CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ
di Alba Indiana
Lo scorso 20 maggio 2024, il
procuratore della Corte Penale
Internazionale (CPI), Karim Khan, ha
richiesto il mandato d’arresto per
il primo ministro israeliano
Benjamin Netanyahu e per tre leader
di Hamas, tutti accusati (i
terroristi di Hamas così come il
premier israeliano) di crimini
contro l’umanità.
Nello specifico, Khan ha dichiarato
di aver chiesto i mandati per
Netanyahu e per il ministro della
difesa Yoav Gallant per aver
"ridotto deliberatamente i civili
palestinesi alla fame", per
"omicidio volontario" e per
"sterminio". Nell'aggressione
militare in corso nella Striscia di
Gaza, risposta armata agli attacchi
di Hamas del 7 ottobre 2023, sono
stati già uccisi oltre 35.000 civili
palestinesi.
“I crimini contro l’umanità
descritti nella richiesta fanno
parte di un’offensiva sistematica
condotta contro gli abitanti della
Striscia di Gaza," ha rimarcato
Khan. D’altronde, fin dall'inizio
della sua carriera, Netanyahu, un ex
militare, ha perseguito una politica
di vera brutalità contro il popolo
palestinese. I suoi mandati sono
stati caratterizzati da sistematiche
violazioni dei diritti umani,
compresi bombardamenti
indiscriminati su Gaza, espansione
degli insediamenti illegali nei
territori occupati e politiche di
apartheid contro i palestinesi.
In passato, uno degli episodi più
devastanti della sua leadership, in
termini di violenza, è stata la
cosiddetta operazione "Margine
Protettivo", che ha provocato la
morte di oltre 2.000 palestinesi,
per lo più civili, tra cui centinaia
di bambini. Le immagini di edifici
residenziali distrutti, ospedali
bombardati e scuole colpite hanno
scosso la coscienza internazionale.
Netanyahu ha giustificato queste
azioni come necessarie per la
sicurezza di Israele, ma la realtà è
stata una punizione collettiva
brutale inflitta a una popolazione
già martoriata. E oggi la storia si
ripete.
Le accuse contro Netanyahu – già nel
2019 incriminato per corruzione,
frode e abuso d'ufficio – non sono
dunque un evento isolato, ma il
risultato di decenni di politiche
oppressive. Tra l’altro, secondo il
procuratore della CPI, le prove
contro Netanyahu sono schiaccianti:
testimonianze, video, foto e
documenti dimostrano come le forze
israeliane abbiano sistematicamente
preso di mira i civili, distrutto
infrastrutture essenziali e imposto
condizioni di vita intollerabili ai
palestinesi.
Egli ha peraltro sfruttato da sempre
paura e odio per consolidare il
proprio potere: la sua retorica
incendiaria e le sue politiche
aggressive hanno alimentato l'odio
tra israeliani e palestinesi,
allontanando qualsiasi prospettiva
di pace.
L'espansione degli insediamenti
illegali nei territori occupati è un
altro oscuro capitolo della sua
leadership. Il primo ministro
israeliano ha infatti promosso la
costruzione di insediamenti violando
il diritto internazionale e
ostacolando ogni tentativo di
soluzione a due Stati. Questa
politica ha ulteriormente esacerbato
le tensioni, alimentando rabbia e
frustrazione tra i palestinesi.
Tuttavia, l'arresto e la condanna di
Netanyahu sono tutt'altro che
garantiti. Israele ha una lunga
storia di resistenza alla giustizia
internazionale e ha già espresso la
sua intenzione di non collaborare
con la CPI.
Una cosa però appare oggi chiara: al
netto delle nefandezze anti-ebraiche
compiute da Hamas (le accuse
comprendono “sterminio”, “presa di
ostaggi” e “stupro e altre forme di
violenza sessuale”), la comunità
internazionale non può più ignorare
le atrocità commesse da Israele in
nome della sicurezza nazionale, dato
che a rimetterci la pelle, ogni
giorno, sono soprattutto civili
innocenti, minori inclusi.