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N. 77 - Maggio 2014 (CVIII)

Un'isola sotto assedio

le mancate invasioni di Malta durante la Seconda Guerra Mondiale
di Michele Magnozzi

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Posta sotto il dominio britannico fin dai tempi delle guerre napoleoniche, l’isola di Malta ospitava uno dei tre porti mediterranei in grado di rifornire e riparare le unità della Royal Navy anche in tempo di guerra.

 

L’isola si trovava al centro di due importanti linee di comunicazione marittime: quella che collegava le due basi inglesi di Gibilterra e Alessandria d’Egitto, e quella che univa l’Italia alla Libia. Malta era quindi in grado di fornire un punto d’appoggio alle unità inglesi che attraversavano il Mediterraneo e, allo stesso tempo, poteva ospitare forze aeronavali in grado di contrastare il traffico italiano attraverso il Canale di Sicilia.

 

Nel 1939 le massime autorità militari inglesi nutrivano forti dubbi sul fatto che Malta potesse resistere a un attacco italiano, principalmente a causa della sua vicinanza alle coste siciliane.

 

L’anno successivo, quando la Francia uscì dal conflitto e l’Italia entrò in guerra a fianco dei tedeschi, la situazione sull’isola era pressoché disperata: le sue difese erano costituite da appena quaranta pezzi di artiglieria contraerei, una singola stazione radar, una manciata di antiquati aerei da caccia e qualche battaglione di fanteria.

 

Il grosso della Mediterranean Fleet aveva lasciato l’isola per timore degli attacchi aerei, che in effetti non tardarono ad arrivare: già il giorno seguente alla dichiarazione di guerra italiana, Malta venne bombardata due volte.

 

I vantaggi derivanti dall’occupazione italiana di Malta erano stati studiati dalla Regia Marina fin dal 1935, ma a causa di una serie di fattori – non ultimo il fatto che i vertici militari interessati non prevedessero l’entrata in guerra dell’Italia prima del 1943 – nessun ordine operativo di sbarco venne emanato nei primi giorni di guerra, anche per la carenza di mezzi adatti all’operazione anfibia.

 

L’offensiva italiana contro Malta si manifestò quindi attraverso una campagna di bombardamenti aerei volti a indebolire le già scarse difese dell’isola. L’Inghilterra, completamente impegnata a difendere il territorio metropolitano dalla prevista invasione tedesca, in quel periodo non era in grado di inviare rinforzi e rifornimenti a Malta.

 

Il Capo di Stato Maggiore della Marina italiana, ammiraglio Cavagnari, giunse a concludere che l’isola di Malta, essendo stata pressoché abbandonata dalla Royal Navy, non costituiva più un pericolo per gli interessi nazionali.

 

I piani d’invasione vennero quindi abbandonati già nell’estate 1940, non senza una giustificazione ragionevole, dato che nei primi sei mesi di guerra le poche forze britanniche presenti a Malta si rivelarono innocue per il naviglio italiano che attraversava il Canale di Sicilia.

 

Gli inglesi, una volta compreso che la temuta invasione di Malta non sarebbe stata effettuata in tempi brevi, non risparmiarono gli sforzi per portare aiuto all’isola assediata. Una volta superata la fase critica dell’estate 1940, nel corso dei due anni successivi più di venti convogli britannici attraversarono il Mediterraneo, trasportando a Malta ogni tipo di materiale bellico – carri armati, aerei, cannoni – insieme a rifornimenti alimentari, carburante e truppe.

 

Il rischio per le navi mercantili inglesi era elevato: a volte i convogli riuscirono a passare solo a prezzo di forti perdite, nonostante ciò il flusso di rifornimenti non si interruppe mai. Quando la sorveglianza nemica sembrava insuperabile, oppure quando mancavano le risorse necessarie a organizzare e proteggere un convoglio, gli inglesi ricorrevano ai posamine veloci o ai sommergibili per portare a Malta piccole quantità di materiali assolutamente indispensabili.

 

Sul finire del 1940 la situazione militare italiana in Nord Africa divenne critica: l’offensiva iniziale del generale Graziani era stata facilmente contenuta dagli inglesi, che avevano contrattaccato conquistando l’intera Cirenaica e prendendo prigionieri 130.000 soldati italiani. Sotto la minaccia di perdere la Libia, Mussolini accettò l’aiuto dell’alleato germanico, che iniziò a inviare truppe e mezzi corazzati per formare quello che sarebbe diventato il celebre Afrikakorps.

 

Una volta che i tedeschi furono giunti nel teatro mediterraneo, iniziarono a loro volta la predisposizione di un piano per l’invasione di Malta. Il X. Fliegerkorps venne trasferito in Sicilia all’inizio del 1941, contribuendo grandemente a stabilire la superiorità aerea dell’Asse nel Mediterraneo centrale.

 

Grazie al contributo aereo tedesco Malta venne sottoposta a pesanti bombardamenti, che diminuirono il potenziale offensivo dell’isola.

Hitler inizialmente approvò il piano d’invasione di Malta proposto dal Comando Supremo dell’Esercito tedesco nel marzo 1941, ma successivamente decise di dare la precedenza all’invasione di Creta, ritenendo di poter attaccare Malta in un secondo momento.

 

La conquista di Creta venne completata in pochi giorni, tuttavia i tedeschi ebbero perdite così gravi – soprattutto nei reparti di paracadutisti – da impedire nel breve termine un secondo attacco diretto su Malta. Per questo motivo il piano tedesco d’invasione dell’isola non venne mai realizzato.

 

Nel frattempo le difese di Malta erano state rinforzate; alcune unità leggere della Royal Navy erano ritornate nel Grand Harbour di La Valletta e avevano iniziato ad effettuare operazioni offensive contro il traffico dell’Asse. Nell’aprile 1941 quattro navi inglesi uscite da Malta annientarono un convoglio italo-tedesco, dimostrando così che l’isola costituiva ancora un serio pericolo per i suoi nemici.

 

Per questa ragione un terzo piano d’invasione venne approntato, ma a causa della mancanza di imbarcazioni idonee – era necessario costruire un gran numero di mezzi da sbarco specializzati per il trasporto di cannoni, carri armati, veicoli – l’attacco decisivo non poté essere programmato prima dell’estate 1942.

 

Questa volta il progetto (denominato "Operazione C3") venne concepito fin dall’inizio come una cooperazione italo-tedesca e venne perseguito con più convinzione che in passato. Mentre la Luftwaffe e la Regia Aeronautica effettuavano pesanti e ripetuti bombardamenti su Malta, sul territorio italiano venivano compiute numerose esercitazioni di sbarco per addestrare le truppe in vista dell’assalto all’isola.

 

I preparativi per l’invasione proseguirono fino alla programmazione di una data precisa – il feldmaresciallo Kesselring aveva proposto il 13 luglio per approfittare della luna nuova – ma solo a quel punto Hitler, andando contro il parere della commissione navale tedesca incaricata di studiare il piano d’attacco, iniziò a prendere tempo per rimandare la sua esecuzione. Egli infatti aveva deciso di accordare la massima disponibilità di uomini e mezzi all’offensiva di Rommel, dato che questi pareva essere in grado di giungere al canale di Suez con un’unica, trionfale avanzata lungo la costa africana.

 

Il 21 giugno 1942, quando le forze guidate da Rommel conquistarono Tobruk impadronendosi di grandi quantità di rifornimenti e materiale bellico abbandonati dagli inglesi, i comandanti tedeschi iniziarono a far pressione sui loro alleati affinché le forze previste per l’invasione di Malta venissero trasferite sul fronte nordafricano, in modo da sostenere l’offensiva in corso.

 

Mussolini acconsentì, e l’intera operazione di sbarco venne rinviata di tre mesi, per dare a Rommel il tempo di raggiungere il Canale di Suez.

 

Come è noto, le forze inglesi riuscirono ad arrestare l’avanzata italo-tedesca a El Alamein, frustrando le speranze dell’Asse di poter ottenere una vittoria decisiva in breve tempo.

 

Quando i due eserciti passarono dalla guerra di movimento a quella di posizione, il problema della logistica divenne evidentissimo: gli inglesi avevano le proprie basi ad Alessandria, cioè a circa 100 chilometri dal fronte, mentre le forze dell’Asse dipendevano dai rifornimenti sbarcati principalmente a Tobruk, distante oltre 500 chilometri da El Alamein. Per di più tali rifornimenti, prima di giungere sulla costa africana, dovevano attraversare una vasta zona di mare che era dentro il raggio d’azione delle forze inglesi a Malta; ma ormai l’isola non poteva più essere neutralizzata per mezzo di un’invasione, perché molti dei reparti predisposti agli sbarchi erano già stati inviati in Egitto.

 

Nel teatro mediterraneo le due battaglie di El Alamein segnarono la fine dell’iniziativa strategica per le forze italo-tedesche; da quel momento, principalmente a causa della penuria di rifornimenti, esse furono costrette a una lunga e costante ritirata, che terminò l’anno seguente con la perdita della Libia e della Tunisia, la caduta del Fascismo e l’armistizio italiano.

 

La mancata conquista di Malta è da ascriversi, come si è visto, a diversi eventi avvenuti in luoghi molto distanti dall’isola, che causarono l’annullamento di ciascuno dei tre piani di invasione. Nonostante i danni subiti nei bombardamenti aerei, Malta ospitò per diversi periodi forze sufficienti a colpire duramente il traffico italo-tedesco, rimanendo perciò la spina nel fianco di tutte le operazioni condotte dall’Asse in Nord Africa.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

M. Gabriele, Operazione C3: Malta, seconda edizione, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1990.

I.S.O. Playfair, The Mediterranean and Middle East, Vol. 1., HMSO, Londra 1954.

Office of Naval Intelligence, Führer conferences on matters dealing with the German Navy, Navy Department, Washington 1947.

J. Caruana, Le tre previste invasioni di Malta, in Storia Militare nn. 244-245, Albertelli Edizioni Speciali, Parma 2014.



 

 

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