N. 35 - Novembre 2010
(LXVI)
magellanica
qualche nota su Fernando de Magallanes
di Gennaro Tedesco
Come
mai
questo
assordante
silenzio
su
Fernando
Magellano?
Certo
qualche
raro
saggio
nell’ultimo
ventennio
ha
visto
riemergere
qualche
barlume
di
interesse
per
il
navigatore
portoghese,
ma è
veramente
poca
cosa.
Neanche
i
media
e la
stampa
si
sono
dati
da
fare
per
promuovere
un
qualche
genere
di
attenzione
nei
suoi
confronti.
E
non
meno
latitanti
si
dimostrano
Scuola
e
Università
non
solo
nel
Bel
Paese.
Una
congiura
del
silenzio?
Starei
quasi
per
rispondere
di
sì.
Se
così
fosse,
perché
e
come
uscirne?
Naturalmente
non
abbiamo
la
presunzione
di
riscrivere
la
storia
di
Magellano
e
soprattutto
del
suo
mondo,
ma,
forse,
proprio
le
assenze
o,
se
si
vuole,
i
silenzi
della
Didattica
ci
possono
aiutare
a
squarciare
qualche
velo
di
oscurità
molto
più
delle
ingombranti
presenze.
E
non
è da
escludere
che
da
questa
operazione
la
stessa
Didattica
ne
esca
rafforzata
e
consolidata
nella
sua
dimensione
eminentemente
ermeneutica.
È
veramente
paradossale
che
nel
Terzo
Millennio
della
Globalizzazione
la
Storiografia,
la
Scuola
e
l’Università
non
avvertano
il
bisogno,
anzi
l’urgenza
di
riconfrontarsi
con
l’Eroe,
il
mondo
e
l’epoca
delle
Grandi
Scoperte
Geografiche.
È
proprio
con
Magellano
e
con
la
sua
storica
circumnavigazione
del
globo
che
inizia
la
planetarizzazione
della
storia,
che
si
dimostra
che
la
Terra
è
rotonda.
È
con
Magellano
nel
XVI
secolo
che
comincia
la
modernità.
E
pure,
non
solo
nei
manuali
di
storia
e
nei
libri
di
testo
in
generale,
si
continua
a
riversare,
come
un
sonnifero,
la
solita,
superficiale
e
addomesticata
mitologia
dell’Eroe
erculeo
che
il
salvifico
Occidente
invia
in
Oriente
per
illuminare
d’immenso
le
anime
perdute
di
un
Oriente
preistorico
in
attesa
del
nostro
Uomo
della
Provvidenza.
Non
approfondire
i
temi
e i
problemi
posti
dall’avventura
magellanica,
i
suoi
presupposti,
le
sue
implicazioni
e le
sue
conseguenze
o
parlarne
poco
e
superficialmente,
ripresentare
nei
manuali
e
attraverso
i
media
rappresentare
la
figura
di
Magellano
come
una
fugace
meteora
che
con
le
sue
“scoperte”
illumina
l’Oriente
e il
mondo
è un
modo
disinvolto
e
neanche
tanto
elegante
per
non
fare
i
conti
non
tanto
col
navigatore
portoghese,
ma
soprattutto
con
la
rivoluzione
non
solo
economica
e
culturale
che
l’Oriente
Asiatico
dei
nostri
giorni,
Cina,
India,
Indonesia,
sta
riversando
sul
fragilissimo
involucro
di
un
Occidente
smarrito
e
perdente
di
fronte
all’ineluttabilità
delle
epocali
trasformazioni
in
corso
nel
teatro
del
globo.
Perché
è
evidente
che
il
successo
per
il
momento
solo
economico
dei
Giganti
dell’Asia
pone
una
seria
ipoteca
su
un
passato
storico
narrato
quasi
esclusivamente
dall’osservatorio
occidentale,
non
tenendo
conto
delle
fonti,
della
realtà
e
delle
modalità
comunicative
ed
espressive
di
un
Oriente
che,
sempre
più
vincente,
reclama
al
tavolo
della
storia
e
dei
poteri
globali
una
riscrittura
e
una
revisione
degli
stereotipi
dominanti
non
solo
storico-didattici.
Non
è
questione
solo
di
nuove
rotte
oceaniche,
di
“scoperte
geografiche”
o di
accessi
privilegiati
alle
Spezie
o di
un
Cristianesimo
alla
ricerca
di
nuovi
fedeli
da
catechizzare,
ma
di
un
XVI
secolo
“magellanico”,
che
non
escludendo,
anzi
valorizzando
e
contraddittoriamente
ideologizzando
un
avventuriero
portoghese
divenuto
Eroe
suo
malgrado,
ambisce
all’elaborazione
e
alla
imposizione
di
una
strategia
oceanica
e
globale
non
sempre
adeguatamente
consapevole
delle
resistenze,
dei
limiti
e
dei
rischi
di
tale
impostazione
della
bilancia
dei
poteri
globali.
I
tanti
silenzi
sulla
vita
di
Magellano
sono
silenzi
eloquenti
e
significativi.
È
probabile
che
Magellano,
prima
di
“scoprire”
ufficialmente
le
Filippine,
vi
sià
già
approdato,
come
pure
è
probabile
che
abbia
navigato
alle
Isole
delle
Spezie,
intrattenendo
nel
corso
della
sua
vita
contatti
e
relazioni
col
mondo
islamico
non
sempre
chiare
e
cristalline.
La
Spagna
e il
Portogallo,
in
competizione
per
il
dominio
sui
mercati
mondiali,
la
prima
accecata
dall’oro
e
dalle
spezie,
la
seconda
dalle
spezie
e
dal
commercio,
entrambe
possedute,
galvanizzate
ed
euforizzate
dal
demone
del
Cannone
potenziato
e
trasportato
dal
Veliero
oceanico
e
quasi
tutto
su
di
esso
puntando
e
investendo,
non
prendono
in
considerazione
la
complessità,
l’antichità
e la
reattività
della
rete
mondiale
dei
traffici
orientali,
l’interdipendenza
e la
connettività
di
un
sistema
economico
e
finanziario
ben
rodato
ed
equipaggiato
che
si
estende,
con
le
sue
incredibili
e
possenti
ramificazioni,
dal
Giappone
a
Venezia.
Questo
articolato
e
sofisticato
complesso
di
relazioni
e
interrelazioni
internazionali
che
risale
all’antichità
possiede,
tra
l’altro,
al
suo
interno,
una
capacità
produttiva
non
ancora
raggiunta
e
tanto
meno
superata
dagli
Europei,
i
nuovi
arrivati
o i
Nuovi
Barbari,
così
definiti,
per
la
loro
rozzezza
e
per
la
loro
cupidigia,dai
mandarini
cinesi
(
una
storia
che
si
ripete
anche
se a
latitudini
diverse:
un
altro
Impero,
quello
romano
d’Oriente
e i
suoi
ministri
e
storici
rimarranno
stupefatti
dall’analoga
ingordigia
dei
Normanni,
gli
uomini
venuti
dal
freddo
del
Nord).
È
del
tutto
evidente
che,
per
quanto
non
del
tutto
consapevole
delle
resistenze
a
cui
si
andava
incontro
nel
momento
in
cui
si
decideva
di
dare
una
spallata
definitiva
a
tale
millenario
sistema,
Magellano
dovesse
mettere
in
conto
un
qualche
genere
di
reazione
da
parte
di
poteri
orientali
così
profondamente
radicati
e
costituiti
e
così
prepotentemente
lesi.
E
tutti
gli
strani
personaggi
che
si
incontrano
nelle
fonti
occidentali,
a
cominciare
da
Marco
Polo,
e
che
si
aggirano
apparentemente
come
sradicati
e
vagabondi
in
un
caleidoscopico
e
incomprensibile
mondo
orientale,
non
sono
altro
che
osservatori
e
spie
degli
Europei
che,
come
a
torto
o a
ragione
si è
supposto
sia
di
Magellano
che
di
Colombo
e di
altri
navigatori,
non
hanno
mai
incontrato
difficoltà
ad
offrirsi,
sul
libero
mercato
degli
uomini
e
delle
informazioni,
al
miglior
“datore
di
lavoro”,
rivelandosi,
per
la
loro
spregiudicatezza,
i
primi
e
migliori
campioni
dell’individualismo
borghese
dell’incipiente
modernità,
negatrice
di
un
Medioevo
conformista
e
repressivo.
La
disgregazione
del
sistema
feudale
e
delle
sue
gerarchie,
le
difficoltà
economiche,
sociali
e
politiche
di
un’Europa
quasi
circondata
e
aggredita
dalla
marea
montante
e
non
ancora
rifluita
dell’Islam,
la
necessità
di
trovare
alternative
all’asfittica
e
impoverita
rete
commerciale
europea,
impacciata
dal
dominio
islamico,
hanno
probabilmente
fatto
di
necessità
virtù:
andare
all’Oriente
per
l’Occidente
senza
andare
per
il
sottile
e
soprattutto
non
soppesando
fino
in
fondo
le
difficoltà
e le
resistenze
di
tali
strategie
espansionistiche.
Insomma
non
fare
preventivamente
i
conti
con
i
propri
limiti
e le
potenzialità
degli
Altri.
Ovviamente,
come
si è
detto
in
precedenza,
gli
Europei
erano
molto
più
informati
sull’Oriente
di
quanto
la
storiografia
e i
manuali
di
storia
propinano
a
scolari
e
matricole,
ma
non
erano
in
grado
di
valutare
correttamente
le
informazioni
in
loro
possesso
sia
per
l’inadeguatezza
che
per
la
non
esaustività
di
tali
informazioni
che
potevano
essere
e
certamente
lo
erano
distorte
e
inquinate
dai
rivali
orientali.
A
tutto
ciò
si
aggiunga
un
esorbitante
senso
di
superiorità,
che
già
preannuncia
un
incipiente
razzismo,
soprattutto
da
parte
di
Portoghesi
e
Spagnoli,
estremamente
fiduciosi
nella
forza
della
loro
tecnologia
militare
e in
parte
notevole
fanatizzati
da
un
eterno
spirito
di
Crociata
sia
bellico
che
religioso
che
probabilmente
inficiava
un
corretto
approccio
alla
realtà
del
mondo.
Comunque
è
veramente
paradossale
che
in
un’epoca
di
globalizzazione
come
quella
che
noi
tutti,
sia
come
docenti
e
storici
che
come
allievi,
stiamo
attraversando
e
vivendo,
la
Scuola,
l’Università,
la
Didattica
e la
Storiografia
si
siano
chiusi
gli
occhi
di
fronte
non
solo
alla
possibilità
di
un
confronto
con
la
planetarizzazione
magellanica,
ma
anche
e
soprattutto
di
fronte
alla
ineludibile
necessità
storica
e
pedagogica
oltre
che
didattica
e
formativa,
posta
anche
dalle
problematiche
magellaniche
in
modo
prioritario
ed
urgente,
di
una
Didattica
della
Storia
interdisciplinare,
comparativa
e
globale,
all’incrocio
e al
confine
di
diverse
discipline
in
una
dimensione
transazionale
che
trasforma
l’interdisciplinarità
in
transdisciplinarità.
Il
tutto
approcciato
ed
elaborato,
o
meglio
rielaborato,
all’interno
di
una
logica
non
lineare
e
multimediale
in
cui
l’equipe
docente
in
collaborazione
e
cooperazione
con
il
gruppo
classe-laboratorio
non
trasmissivo
rivisiti,
riesamini
e
rielabori,
con
l’ausilio
di
documenti
elettronici
attinti
e
forniti
dal
Web,
le
vicende
magellaniche
nel
contesto
più
generale
e
più
significativo
della
storia
mondiale.
Chi
scrive
ha
progettato,
predisposto
e
realizzato
in
simulazione
solitaria
una
ricerca
in
ambiente
Web
sugli
annessi
e
connessi
magellanici,
utilizzando
fonti
elettroniche
multimediali
in
portoghese,
spagnolo,
italiano
e
inglese.
Quali
le
conseguenze
di
tale
approccio
metodologico
e
interdisciplinare?
Certamente
non
proprio
immediatamente,
ma
certamente
in
modi
e
tempi
più
rapidi
ed
efficaci
rispetto
alle
modalità
e ai
tempi
delle
fonti
scritte
tradizionali
e
dei
manuali,
sono
balzati
in
evidenza
non
pochi
elementi
innovativi:
fonti
e
documenti
e
punti
di
vista
non
europei,
ottiche
e
angolazioni
orientali,
asiatiche
soprattutto,
ma
non
solo,
una
visione
panoramica,
comparativa
e
globale
quasi
immediata,
la
scorrevolezza
e la
fruibilità
non
lineare
dell’impostazione
elettronica,
la
sua
orizzontalità,
la
interattività
e la
interconnettività
di
processi
conoscitivi,
epistemologici
ed
educativi,
l’apertura
a
dinamiche
transdisciplinari
e
formative
in
continua
e
costante
evoluzione
a
dimostrazione
di
una
cumulatività
collaborativa
e
cooperativa
delle
conoscenze
e
della
loro
non
esaustività.
In
questa
pragmatica
della
comunicazione
non
solo
elettronica
si
attivano
processi
ampiamente
positivi
e
formativi
di
innovazione,
partecipazione
e
democratizzazione
del
sapere
del
tutto
preclusi
nella
dimensione
della
linearità
comunicativa
della
forma-libro
che
può
sollecitare
anche
gli
allievi
meno
interessati
e
dotati
a
cimentarsi
con
quello
che
si
profila
anche
come
un
allenamento
al
gioco
protagonistico
della
Storia.
La
dimensione
ludica,
cooperativa,
interattiva,
protagonistica,
teatrale,
d’inchiesta,
giallistica,
d’avventura,
del
canovaccio
magellanico
viene
ulteriormente
consolidata
dal
ricorso
tecnologico
e
didattico
alla
“trasmissione
“
radiofonica
attraverso
Internet
per
mezzo
anche
di
un’eventuale
intervista
impossibile
a
Magellano
e ai
testimoni
della
memorabile
impresa
transoceanica.
L’eventuale
smontaggio
e
rimontaggio
di
brani
e
pezzi
non
solo
documentaristici
tratti
dalla
biblioteca
e
cineteca
universale
e
popolare
di
Internet
confluenti
in
un
cd
inserito
anche
in
rete
consentirebbe
di
evidenziare
non
solo
gli
aspetti
avventurosi,
ma
anche
quelli
geografici
e
soprattutto
politici
e
spesso
ancora
oscuri
dell’Odissea
magellanica.
Non
sarebbe
solo
una
cronaca
elettronica
e
multimediale,
ma
anche
la
riprova
che
la
globalità
e la
non
linearità
della
documentazione
elettronica
consente
approcci
alla
storia
molto
più
estesi,
profondi
e
rapidi
della
documentazione
della
forma-libro.
E
proprio
la
fluidità
e l’estensività
dei
mezzi
elettronici,
al
contrario
della
rigidità
e
della
limitata
spazialità
della
forma-libro,
aprono
imprevedibili
sentieri
non
solo
tecnologici
e
metodologici,
ma,
correlativamente
e
interdipendentemente,
anche
conoscitivi
e
interdisciplinari,
meglio
sarebbe
dire
transdisciplinari.
L’uso
di
Internet
ci
consente
in
tempi
rapidi
una
panoramica
generale
delle
fonti
elettroniche
non
solo
occidentali,
ma
anche
orientali
sul
navigatore
portoghese,
la
sua
epoca
e il
suo
mondo.
Se
poi
continuiamo
a
zigzagare
(come
metodologia
e
non
solo
come
ludica)
attraverso
i
siti
e le
fonti
Internet,
si
può
anche
scoprire
che
forse,
in
qualche
modo,la
morte
di
Magellano
era
una
morte
annunciata
e
non
imprevedibile.
Non
troveremo
documenti
scritti
che
possano
confermare
le
ipotesi
che
via
via
prenderanno
corpo
anche
grazie
alla
strumentazione
elettronica
e ai
suoi
pregi
di
cui
sopra.
Ma
vale
la
pena
di
tentare
una
riconfigurazione
della
problematica
magellanica.
In
questo
ci
aiutano
la
geopolitica
e
gli
indizi
che
il
Web
ci
fornisce.
L’Europa,
bloccata
nella
possibilità
di
espansione
ad
Oriente
e di
accesso
alle
spezie
e ai
mercati
delle
Indie,
prova
a
imboccare
la
rotta
occidentale
per
raggiungere
il
Catai
e il
Cipango.
A
questa
necessità
vitale,
acuita
anche
dal
fenomeno
della
disgregazione
feudale
e da
una
miseria
crescente,
destinata
ad
aumentare
per
la
camicia
di
forza
territoriale
e
commerciale
imposta
dall’assedio
musulmano,
l’Europa,
attraverso
il
Portogallo
prima
e la
Spagna
poi,
risponde,
affidandosi
al
Cannone,
divenuto
mobile
e
micidiale
e
potenziato
grazie
al
Veliero
oceanico
e in
parte
alla
Predicazione
cristiana,
minacciando
e
aggredendo
quel
sistema
economico-commerciale
che
dal
Giappone
e
dalla
Cina,
attraverso
il
Sud-Est
Asiatico,
raggiungeva
l’India
e il
Medio-Oriente
musulmano,
coinvolgendo
e
aggregando,
come
ultimo
utilizzatore
finale,
la
Serenissima.
Non
è
improbabile,
anzi,
tutt’altro,
che,
quando
la
flotta
magellanica
il
20
Settembre
1519
salpa
da
San
Lucar
de
Barrameda,
Venezia
e i
Musulmani
e
non
solo
le
altre
potenze
europee
ne
fossero
già
ampiamente
informati.
Raggiungere
le
Isole
delle
Spezie
nell’attuale
Indonesia
o le
Filippine
non
significa
solo
accaparrarsi
e
monopolizzare
eventualmente
il
traffico
di
un
così
prezioso
e
strategico
bene,
ma
soprattutto
scompaginare
un
antichissimo,
ben
rodato
e
attrezzato,
ramificato
e
ricchissimo
mercato.
L’arrivo
di
Magellano
nelle
Filippine
e la
sua
morte
a
Mactan
il
27
Aprile
1521
non
sono
avvenimenti
casuali,
essi
chiudono
un
cerchio
non
solo
simbolico
e ne
aprono
un
altro,
quello
della
nostra
storia
contemporanea
globalizzata,
interdipendente
e
intrecciata,
non
ancora
del
tutto
compresa
nella
profondità
e
nella
complessità
del
gioco
dei
suoi
rimandi
e
delle
sue
ambiguità
irrisolte.
Magellano
nelle
Filippine
trova
musulmani
e
popolazioni
già
islamizzate
che
non
stavano
certamente
aspettando
gli
Europei
per
essere
“scoperte”
e
“civilizzate”.
Le
Filippine,
come
l’Indonesia
e
tutto
il
Sud-Est
Asiatico,
erano
da
tempo
immemorabile
parte
di
un
unico
sistema
commerciale
integrato
che,
come
si è
detto,
andava
dal
Medio-Oriente
all’India,
alla
Cina,
al
Giappone
per
finire
con
la
lontanissima
Venezia.
Inoltre
è
evidente
che
da
tempo
l’influenza
musulmana
sia
in
termini
commerciali
che
in
quelli
culturali
e
religiosi
su
queste
aree
avanzava
spedita
e
incontenibile.
Magellano
giungeva
nelle
Filippine,
portando
a
termine
un
processo
di
accerchiamento
non
solo
dell’Islam,
ma
anche
delle
altre
potenze
asiatiche,
iniziato
dai
Portoghesi.
Per
l’Europa
le
Filippine
erano
il
punto
di
sutura
e
saldatura
dell’Occidente
con
l’Oriente:
la
rete
predisposta
ed
aperta
nella
Penisola
Iberica
si
chiudeva,
anzi
si
serrava
nelle
Filippine.
L’intero
pianeta,
per
la
prima
volta,
veniva
globalizzato
e
sottoposto
ad
un
unico
ed
universale
dominio:
quello
europeo.
Ma è
anche
vero
che
il
potere
musulmano,
giunto
anch’esso
alle
Filippine,
da
questa
base
strategica,
avrebbe
potuto
anch’esso
tentare
il
grande
balzo
in
avanti
per
chiudere
l’Europa
nella
sua
rete
di
strategia
globale,
attraversando
il
Pacifico.
A
Mactan
il
27
Aprile
1521
non
si è
verificato
un
caso
accidentale
e
imprevedibile,
la
morte
di
Magellano,
come
ci
informano
i
manuali
di
storia
e la
vulgata
popolare
e
ormai
mediatizzata.
Ed è
probabile
che
gli
stessi
testimoni
dell’impresa
magellanica
ci
hanno
tramandato
molto
meno
di
quello
che
hanno
visto
e
udito.
Ma
anche
su
questi
aspetti
da
anni
è
carente
e
latitante
la
stessa
storiografia
occidentale,
dalla
quale
in
un
prossimo
futuro
ci
si
aspetta
un
cambiamento
di
rotta,
una
più
attenta
rilettura
delle
fonti
europee
esistenti
e
soprattutto
un’indagine
storica
centrata
sulla
scoperta
e
sulla
valorizzazione
delle
fonti
orientali.
A
Mactan
il
27
Aprile
1521,
con
la
morte
“inattesa”
di
Magellano,
l’Europa
ha
scoperto
che
il
suo
dominio
sul
mondo
non
era
scontato
né
facile
né
indolore,
che
in
Oriente,
a
cominciare
certamente
dai
Musulmani
per
finire
con
Indiani,Cinesi
e
Giapponesi,
c’era
ad
attenderli
una
fiera
e
potente
coalizione
di
oppositori
pronti
a
sostenere
il
confronto
e lo
scontro
e
soprattutto
decisi
a
rilanciare
e a
contrastare,
senza
nulla
concedere,
l’imperialismo
europeo
nascente
e
aggressivo.
Se
la
storia
immediatamente
successiva
ci
dice
che
Portoghesi
e
Spagnoli
e
poi
Olandesi
e
Inglesi,
malgrado
l’avvertimento,si
avventarono
sulla
ambita
preda
orientale,
ciò
non
significa
che
i
piani
del
dominio
totale
degli
Europei
non
solo
sull’Oriente
si
realizzarono
pienamente
e
facilmente.
Se
infatti
si
dà
uno
sguardo
alla
mappa
di
tale
presunto
dominio,
si
nota
che
dal
XVI
secolo
al
XIX
esso
si
estendeva
territorialmente
solo
su
pochi
centri
nevralgici
prevalentemente
costieri
che
non
riuscirono
mai
fino
al
XIX
secolo
a
divenire
solidi
possessi
coloniali.
E
comunque
dagli
Asiatici
l’intrusione
commerciale
nei
traffici
del
loro
sistema
mercantile
millenario
da
parte
europea,
pur
rivelandosi
notevole
e
determinante,
fu
sempre
percepita
come
omogenea
al
sistema
medesimo
e in
quanto
tale
assimilabile
e
assimilata.
Né,
in
un’ottica
non
eurocentrica,
ma
orientale
e
globale,
va
dimenticato
che
solo
da
poco
alcuni
storici
contemporanei
hanno
cominciato
a
porsi
il
problema
delle
conseguenze
“culturali”
della
planetarizzazione
magellanica,
quelle
economiche
al
momento
al
di
fuori
di
ogni
reale
ed
effettiva
considerazione,
accingendosi
a
studiare
e a
valutare
le
ibridazioni
conseguenti
anche
da
punto
di
vista
orientale,
ma è
solo
un
pallido
ed
incerto
inizio,
disseminato
e
minato
ancora
da
ritorni
di
fiamma
e
rigurgiti
identitaristici
e
nazionalistici.
Il
processo
di
globalizzazione
economica
e
informatica,che,
non
dimentichiamo
può
essere
fermato
o
bloccato
in
qualunque
momento
sia
per
motivi
oggettivi
che
soggettivi,
ha
indotto
pochi,
ma
agguerriti
storici
a
rimeditare
il
passato
alla
luce
di
un
presente
travolgente
e
stravolgente.
I
perdenti
di
un
tempo,
almeno
dal
punto
di
vista
della
logica
del
potere,
l’Elefante
Indiano
e il
Dragone
Cinese,
nel
processo
di
globalizzazione
ancora
in
corso,
si
rivelano
i
vincenti
di
oggi
sulla
scena
del
teatro
mondiale.
La
riscrittura
della
Storia
e la
ridefinizione
della
Didattica,
ma
non
solo
di
esse,
sono
concepibili
e
praticabili
solo
alla
luce
di
questo
impatto
cosmopolitizzante
che
avanza
e
sembra
fagocitare
qualsiasi
fragile
resistenza.
Il
nuovo,
e da
ulteriormente
approfondire
e
verificare,
approccio
alle
problematiche
magellaniche
dallo
scrivente
proposto,
per
quanto
breve,
lacunoso,
parziale
e
incompleto,
sarebbe
stato
impensabile
e
inagibile
nell’asfittica
prospettiva
eurocentrica
e
non
elettronica
dei
manuali
di
storia
correnti
e
non
solo
di
quelli.
Naturalmente
altre
ipotesi
interpretative
potrebbero
sommarsi
alle
nostre
e
anche
stravolgere
il
nostro
impianto
didattico
e
storico.
Lo
scrivente
ne
avrebbe
altre
da
proporre,
probabilmente
scardinatrici
del
suo
stesso
approccio.
Ma
spazio,
tempo
e
necessità
di
ulteriore
approfondimento,
magari
integrato
anche
da
fonti
tradizionali
scritte,
non
consentono
di
addentrarci
in
tale
direzione,
opportunità
e
necessità
che
volentieri
lasciamo
ad
altri.
Il
senso
della
nostra
operazione,
se
senso
vi
è,
consiste
nel
tentativo,
riuscito
o
meno,
di
mostrare
che
una
orizzontalizzazione
della
Didattica
e
della
Storia,
un
loro
approccio
non
conformistico,
non
dogmatico
e
non
specialistico
è
possibile
e
opportuno,
ma
soprattutto,
con
la
necessaria
guida
discreta
di
una
equipe
docente
interdisciplinare
e
laboratoriale,
alla
portata
delle
nuove
generazioni
studentesche
attraverso
le
loro
proprie
e
specifiche
modalità
non
solo
elettroniche
di
rapportarsi
alla
realtà
del
mondo
contemporaneo
e
globalizzato.
Riferimenti
bibliografici:
Gennaro
Tedesco,
Magellanica,
Cd-rom,
ANSAS-NTL,
ex
IRRE-Lombardia-Milano,
2010.