N. 5 - Maggio 2008
(XXXVI)
LA MADONNA "DEI TEMPLARI"
VITERBO:
RINVENUTO UN AFFRESCO RECANTE LA DATA 1426
di Ginevra Bentivoglio
Lungo il percorso
ascendente che dall’antica Porta di Valle costeggia il
colle del Duomo vi sono diverse strutture religiose
ormai scomparse o fortemente trasformate tra le quali
riveste particolare rilevanza l’insediamento degli
Antoniani con l’annesso ospedale.
Il rinvenimento di un
notevole dipinto murario, lungo oltre 3 metri, al piano
terreno di un locale oggi adibito a ristorante, ha mosso
l’interesse verso l’edificio ubicato lungo la via di S.
Antonio, un tempo ricca di chiese, che si inoltra verso
la città entrando da porta Faul.
Asportazione dell’ultimo pannello intorno all’affresco
(2007)
Si tratta del complesso
appartenuto agli Antoniani, che accoglieva un ospedale
con ambienti di servizio, le abitazioni dei frati e una
chiesa prima del “passetto” sulla strada che prende il
nome dalla chiesa di Sant’Antonio.
L’antica struttura che,
con i suoi corpi di fabbrica, scavalca la strada ancora
oggi, mostra una sua pronunciata leggibilità sia nelle
strutture murarie che negli elementi decorativi.
Il corpo della chiesa di
Sant’Antonio si propone immediatamente emergendo da un
lungo muro, già fronte di antichi edifici ormai
scomparsi, di cui sono superstiti molti archi a conci di
pietra, tamponati, testimonianza di numerose porte che
costituiscono indizio di una quota stradale più bassa e
quindi di un percorso più ripido.
L’affresco ritrovato
rappresenta la Madonna in trono col bambino tra
sant’Antonio abate (riconoscibile dagli attributi
iconografici del bastone a T e della campanella) e
san Lorenzo (con la dalmatica rossa, il libro e
la graticola).
Dal punto di vista
storico, di rilevante importanza è la presenza
nell’affresco della data
anno domini
mccccxxvi e del monogramma di San Bernardino,
poiché il santo, proprio nel 1426, è a Viterbo e la
testimonianza della sua predica, tenuta sulla piazza di
fronte alla chiesa di San Francesco, è data
dall’erezione, nel 1429, di un pulpito presente
all’esterno della chiesa.
Nella parte inferiore
della tunica di san Lorenzo vi è un’iscrizione graffita,
datata 1472, che ricorda la morte, avvenuta un anno
prima di frate Amedeus Francigena:
Sub anno d(omi)ni
millesimo quadringentesimo septuagesimo secundo die vero
tertio mensis augusti hora prima noctis vel circa objt
d(omin)us amedeus francigena [de] cuius anima in pace
requiescat amen. Johannes Doucet scripsit. Hic fuit […]
1473
Sono presenti affinità
stilistiche con le opere di Francesco d’Antonio Zacchi,
detto il Balletta, pittore viterbese attivo – secondo
testimonianze d’archivio – dal 1430 al 1476, di cui
restano pochissime opere superstiti.
In particolare la
raffigurazione dell’agnello vittorioso
nell’affresco, è accostabile a quella presente nel
Trittico di Tuscania, tavola conservata nella chiesa
di San Lorenzo a Tuscania raffigurante da un lato il
Salvatore benedicente tra Maria e san Giovanni
Evangelista e dall’altro l’Assunta tra san
Giovanni Battista e santa Cristina.
Altri particolari quali
l’architettura del trono, il drappo alle spalle della
Madonna, l’inclinazione dei volti della Vergine e del
bambino sono eseguiti con un’impostazione simile a
quella di due affreschi attribuiti al Balletta:
la Madonna del cardellino (affresco strappato
proveniente da Santa Maria in Gradi e conservato al
Museo Civico) e la Madonna in trono col bambino
dipinto nella chiesa di Santa Maria Nuova.
Sempre nella chiesa di
Santa Maria Nuova è presente un altro affresco,
raffigurante la Crocifissione, dove vi è la
figura di un santo con la barba il cui profilo e alcuni
dettagli - la resa della barba, le rughe della fronte e
le pieghe del cappuccio - sono quasi sovrapponibili alla
figura del sant’Antonio abate dell’affresco degli
antoniani (verrebbe da pensare al medesimo ‘cartone’
usato in modo speculare).
L’importanza che riveste
il ritrovamento di questo affresco, il cui stato di
conservazione risulta essere buono, fatta eccezione per
alcune cadute d’intonaco - come la perdita della parte
del volto di san Lorenzo, avvenuta probabilmente per un
trauma diretto prodotto dall’intenzione di aprire una
porta nel muro, che ha però causato il rinvenimento
dell’affresco – e alcune crepe nella cornice decorata a
foglie, nella parte superiore - lesione da stress
meccanico a causa del peso del nuovo solaio in cemento –
è nella presenza della datazione 1426.
Se si trattasse di
un’opera del Balletta, questo affresco sarebbe una delle
prime opere del pittore – i documenti lo indicano attivo
dal 1430 e l’unica sua opera datata, il Polittico di
San Giovanni in Zoccoli, è del 1441 –, anticiperebbe
l’inizio della sua attività e sarebbe la dimostrazione
del ruolo di primo piano che l’artista rivestiva nel
viterbese, essendo chiamato, seppur giovanissimo, ad
eseguire un’opera per un Ordine che rivestiva, proprio
nel Quattrocento, un ruolo molto importante.
L’Ordine Ospedaliero dei
canonici regolari detto degli Antoniani di Vienne
(Francia), infatti, fu eretto da Bonifacio VIII nel 1297
sotto la regola di S. Agostino e posto alla dipendenza
diretta della Santa Sede. A Vienne, dal 1095, era sorta
una comunità laicale a fini ospedalieri a seguito del
trasporto a La Motte St. Didier (poi Bourg St. Antoine)
delle spoglie di S. Antonio Abate, donate all’inizio del
primo millennio in un pellegrinaggio in Terra Santa,
dall’Imperatore di Costantinopoli al nobile francese
Jocelin de Catheau Neuf.
La tradizione tramanda che
il nobile Gastone, per la guarigione del figlio, riunì
otto compagni per curare i malati di ergotismo, accorsi
per chiedere l’intercessione di S. Antonio.
Gli Ospedalieri, in
origine solo nobili, erano laici che si erano dati norme
di vita religiosa, governati da un gran maestro
sacerdote; vestivano un abito con un distintivo di panno
celeste a forma di TAU (la gruccia) detto la “potenza”
di S.Antonio e vivevano di questue, scontrandosi con i
monaci del luogo.
La comunità religiosa di
S. Antonio eremita fu impegnata nel medioevo
nell’assistenza ai lebbrosi e appestati e in particolare
del ‘fuoco di S. Antonio’ (herpes zoster) curato
con il grasso di maiale come emolliente, e
dell’ergotismo (provocato dall’ingestione della ‘segale
cornuta’).
Gli Antoniani assunsero a
loro simbolo il TAU, ultima lettera dell’alfabeto
ebraico - usato come amuleto per difendersi dalle piaghe
e dalle malattie della pelle - che era stato
riconosciuto nel 1215 da Innocenzo III. Questo simbolo
verrà assunto anche dai Templari che, condannati nel
‘300 dal re di Francia come eretici, probabilmente
divennero Antoniani per fuggire alle persecuzioni.
Gli Antoniani ebbero il
loro massimo sviluppo nel XV secolo - con circa 370
ospedali sparsi per l’Europa - e infatti, pur essendo
documentata già dal Trecento a Viterbo la sua esistenza,
l’ospedale di S.Antonio in Valle ebbe la sua massima
importanza dopo che, agli inizi del ‘400, fu collegato a
Vienne.
L’Ordine degli Antoniani
verrà soppresso nel 1776, dopo che fu unito all’Ordine
di Malta.
Riferimenti bibliografici:
I. Faldi,
Pittori viterbesi di cinque secoli, Roma 1970.
A. Carosi,
Le epigrafi medievali di Viterbo (secc. VI – XV),
Viterbo 1986, p. 138.
C. Pinzi,
Gli ospizi medioevali e l’Ospedal Grande di Viterbo,
Viterbo 1893.
E. Valentini,
Insediamenti templari lungo la Francigena Laziale,
in “Pavalon”, Laboratorio di Studi Templari, Atti 2°
convegno nazionale “Terra d’Otranto Templari fra
Occidente e Terra Santa”, a cura di G. Giordano e
C.Guzzo, Mandria 2002.
G.
Bentivoglio, La Madonna 'dei Templari' - L'affresco
del 1426 rinvenuto nell'antico insediamento degli
Antoniani di S. Antonio in Valle a Viterbo, GB
EditoriA, Roma 2008 (in corso di stampa). |