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N. 102 - Giugno 2016 (CXXXIII)

Thomas Babington Macaulay
La storiografia inglese nell’età vittoriana

di Vincenzo La Salandra

 

Macaulay fu il grande storico dell’età vittoriana: studiò a Cambridge al Trinity College e nel 1830 venne eletto membro del parlamento contribuendo allo storico Reform Bill del 1832. Due anni dopo, nel 1834, Macaulay venne nominato membro della Suprema Corte dell’India: trascorse quattro anni nel sub-continente indiano, coinvolto nella macchina coloniale britannica. Rientrato a Londra si dedicò alla letteratura e alla politica. Modello indiscusso di storiografia anglosassone del periodo vittoriano, l’opera di Macaulay rivela le visioni politiche di un Whig entusiasta e attivo, che credeva nella democrazia parlamentare ed incarnava la figura del sostenitore entusiasta e idealista dello sviluppo industriale.

 

 

Macaulay considerò con orgoglio l’Età Vittoriana come uno dei periodi più splendidi e gloriosi della storia d’Inghilterra: lo storico sosteneva che l’iniqua distribuzione della ricchezza e l’inasprimento dei conflitti sociali causati dalla rivoluzione industriale potevano essere facilmente superati e rimossi nel processo di evoluzione della civiltà industriale e grazie a una serie di graduali riforme.

 

Il suo capolavoro La Storia d’Inghilterra venne concepito da Macaulay come una relazione storica dettagliata di un lungo periodo: dall’accesso al trono di James II fino all’approvazione del Reform Bill del 1832. La struttura effettiva dell’opera copre il periodo che intercorre tra l’accesso al trono di James II, nel 1685, e fino al regno di William III.

 

L’originalità dell’approccio storiografico del Macaulay sta tutto nel modo in cui i singoli personaggi e gli eventi vengono descritti, con peculiare vivezza, con precisione storiografica e con puntiglio documentario, fino ad un risultato di classica compostezza, rigore storiografico e descrizione viva e romanzata degli eventi.

 

Secondo il critico M.C. Young, Macaulay trattò la narrazione storica come nessuno prima di lui e descrisse con entusiasmo e partecipazione grandi battaglie, avvenimenti politici e importanti questioni legali e parlamentari, in una cornice narrativa di classico rigore e nitida pulizia stilistica.

 

Iniziò la sua storia con con il regno di James II, con la costituzione messa a repentaglio e le persecuzioni religiose dietro l’angolo, proseguì con la descrizione dei trionfi della libertà civile e religiosa, dipinse mirabilmente l’ordinamento delle finanze e i risultati degli equilibri politici nazionali ed europei. Secondo Young “se gli Inglesi vorranno sapere cosa gli ha resi politicamente ‘unici’, dovranno rivolgersi alle pagine di Macaulay per una risposta”. E ancora: “Ha fatto per la nostra storia (inglese) quel che Livio ha fatto per la storia di Roma; e lo ha fatto meglio”.

 

Se in effetti la scrittura della storia può assumere diverse forme, nella sua veste della narrazione estensiva e dettagliata, la lezione storica di Macaulay rimane un modello insuperato di storia nazionale britannica.

 

Concludendo, Macaulay raggiunse fama imperitura come storico ufficiale del suo secolo e finanche scrisse bei versi sfruttando il filone della popular ballad per comporre, nei Lays of Ancient Rome, descrizioni suggestive di personaggi ed episodi rilevanti della storia dell’Antica Roma.

 

Vale per noi molto il parallelo con la romanità ed è forse interessante, divertente e pertinente definire Macaulay come il Livio della storia d’Inghilterra.



 

 

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