attualità
LUKAŠĖNKA RESTA AL POTERE
SULLe presidenziali in Bielorussia
di Leila Tavi
Le elezioni presidenziali in Bielorussia
del 9 agosto 2020 hanno visto Aljaksandr
Ryhoravič Lukašėnka (Аляксандр Рыгоравіч
Лукашэнка) partecipare alla competizione
dopo ventisei anni di ininterrotto
potere e sei elezioni. Gli exit poll del
10 agosto, trasmessi dalla televisione
di Stato, hanno confermato consensi per
Lukašėnka per l’80%, ma i disordini di
piazza fanno pensare che la vittoria del
presidente uscente non sia così
schiacciante nei confronti della
candidata principale dell’opposizione,
Svjatlana Cichanoŭskaja (Святлана
Ціханоўская). Senza esperienza in
politica, l’ex insegnante di trentasette
anni è scesa in campo all’ultimo momento
al posto del marito Sjarhej Tichanoŭskij
(Сяргей Леанідавіч Ціханоўскі), un
popolare vlogger che è stato arrestato
ed escluso dalla corsa elettorale a
maggio scorso. Tichanoŭskij esortava i
Bielorussi a schiacciare Lukašėnka come
si fa con uno “scarafaggio”, con una
semplice pantofola.
In breve tempo Svjatlana Cichanoŭskaja è
riuscita a organizzare manifestazioni e
proteste con grande consenso e seguito
in tutto il Paese, prima e dopo le
elezioni. In esilio volontario in
Lituania da un paio di giorni, ha fatto
un appello a Lukašėnka e al suo popolo
per una tregua delle ostilità. Molti i
maltrattamenti e le manganellate durante
i fermi dei manifestanti, che sono scesi
in piazza dopo l’annuncio della conferma
per la sesta volta di Lukašėnka alla
presidenza per protestare contro i
brogli. Virali sono diventati i video
degli agenti di polizia e dei militari
che hanno gettato le loro divise come
segno di dissenso nei confronti dei
colleghi che hanno arrestato o malmenato
le persone che protestavano
pacificamente. Oltre settemila arresti
in soli cinque giorni di proteste per la
vittoria di Lukašėnka.
Se è vero che Lukašėnka potrebbe aver
riportato comunque una maggioranza,
magari appena sopra il 50% dei consensi,
un regime si tiene solo con una evidente
“maggioranza bulgara”, mentre con un
risultato appena superiore alla
maggioranza dei voti si inizia a
ragionare con una logica democratica, in
cui anche il parere dell’opposizione o
dello sconfitto di turno conta nella
gestione del Paese.
Gli altri sfidanti di Lukašėnka che sono
arrivati fino alle elezioni del 9 agosto
sono stati: Andrej Dmitrijeu (Андрэй
Уладзіміравіч Дзмітрыеў), co-presidente
del movimento politico Dite la verità
(Гавары праўду); Sjarhei Čeračen (Сяргей
Уладзіміравіч Чэрачэнь), a capo della
Hramada (Беларуская сацыял-дэмакратычная
Грамада), partito di opposizione e Hanna
Kanapackaja (Ганна Анатольеўна
Канапацкая), membro indipendente del
Parlamento dal 2016 al 2019.
Le elezioni arrivano in un delicato
momento politico, in cui popolarità di
Lukašėnka è in evidente declino,
soprattutto a causa di un’economia in
crisi. In Bielorussia i casi di
coronavirus continuano a crescere, con
molti cittadini che biasimano il
presidente per non aver imposto
l’isolamento e per avere sottovalutato
la pandemia per mesi, fino a quando, il
28 luglio, ha dichiarato di aver
contratto e sconfitto il COVID-19 da
solo. Tesi sono i rapporti con Mosca, a
seguito della riduzione delle forniture
di energia russa a prezzi calmierati.
Inoltre il recente vertice dei ministri
degli Esteri dell’Unione Europea ha
annunciato sanzioni per i responsabili
dei brogli elettorali e degli arresti di
massa.
Il docile e apolitico stereotipato
cittadino tipo bielorusso, che non
avrebbe mai sfidato il temuto regime, è
come se si fosse improvvisamente destato
e non fosse più disposto a essere
indulgente di fronte alle ennesime
elezioni fraudolente.
Lukašėnka resta saldo al potere e più
popolare che mai solo nell’immagine dei
media statali. Secondo NetBlocks,
l’organizzazione non governativa che
monitora la libertà di espressione in
internet, la connettività di Internet è
stata interrotta in tutta la Bielorussia
fin dalla mattina presto del giorno
delle elezioni. L’interruzione ha
interessato l’accesso a Internet e alle
principali piattaforme di social-media:
Facebook, Messenger, YouTube, Instagram,
WhatsApp, Telegram e Viber.
I social media sono spesso indicati come
i motori della democrazia negli Stati
autocratici, mentre in alcuni Paesi
appaiono come strumenti dei regimi che
utilizzano una vasta gamma di meccanismi
per limitare la libertà di espressione
online, la Bielorussia è uno di questi
regimi. Nei paesi autoritari i blogger
politici si distinguono come nuovi
leader politici o attori anti-regime,
servono come fonti di informazione
alternative, sostengono l’azione
politica o mobilitano il sostegno
finanziario per diverse iniziative.
Le condizioni politiche nei Paesi con
pratiche di controllo da parte dei
governi consolidati complicano le
routine di pubblicazione per i blogger
politici e possono aumentare gli
incentivi all’autocensura.
Nei paesi autocratici la spirale del
silenzio è attualmente messa in
discussione dai blogger politici, in
quanto opinion leader politici
decentralizzati. Se gli anziani ancora
si informano attraverso giornali e
televisione, dove il modello sovietico
di propaganda continua a funzionare, le
giovani generazioni si affidano sempre
più ai social media e ai siti
indipendenti online. Ci riferiamo
soprattutto alla cosiddetta “generazione
Lukašėnka”, nata e cresciuta durante i
lunghi ventisei anni della presidenza
del bat’ka (ба́тька), del padre della
Patria.
I principali aspiranti sfidanti di
Lukašėnka, tra i quali diversi avversari
di spicco che non hanno avuto il
permesso di candidarsi, hanno utilizzato
i loro account Facebook, Twitter e
Instagram per diffondere il loro
messaggio politico.
Tichanoŭskij ha circa 250.000 iscritti
al suo canale YouTube, A Country For
Living, che punta i riflettori su
presunti illeciti e corruzione in
Bielorussia. Fino al suo arresto con
l’accusa di appropriazione indebita,
Viktar Babaryka (Віктар Дзмітрыевіч
Бабарыка), l’avversario maggiormente
temuto da Lukašėnka, aveva oltre 300.000
follower su Instagram. L’eco dei social
media ha contribuito alla sua campagna,
permettendo la raccolta di centinaia di
migliaia di firme a sostegno della sua
candidatura in un Paese con una
popolazione inferiore ai dieci milioni
di persone.
I social media in Bielorussia sono
dunque espressione di dissenso, un
valido strumento per canalizzare e
lasciar sfogare la rabbia e la
frustrazione nei confronti dell’ultimo
dei dittatori europei, come nel 2005
l’allora segretario di Stato americano
Condoleezza Rice ha descritto Lukašėnka,
del quale vogliamo ricordare un
particolare legato alla vicenda degli
italiani dispersi durante l’Operazione
Barbarossa del 1941. Mussolini, alleato
di Hitler, inviò circa 229 mia soldati a
sostegno dell’invasione dell’Unione
Sovietica, dei quali circa 74.800
persero la vita tra i campi di battaglia
e di prigionia. Durante una visita di
Stato a Minsk dell’allora premier
Berlusconi del 30 novembre 2009, il
presidente bielorusso ha donato
all’Italia quattro corposi faldoni di
documenti provenienti dagli archivi dei
servizi di sicurezza del suo Paese e che
riguardano atti processuali di alcune
centinaia di Italiani presi prigionieri
durante la Seconda Guerra Mondiale. Una
vicenda dolorosa, occultata dall’Unione
Sovietica fino al crollo del regime; una
verità conosciuta sin dall’inizio in
Italia, ma taciuta e obliata dagli alti
dirigenti del PCI a stretto contatto con
Mosca, per fedeltà all’alleato e che
Lukašėnka ha voluto in modo strumentale
“regalare” al governo del Cavaliere.eserunt mollit anim id est laborum... |