N. 101 - Maggio 2016
(CXXXII)
Lui
è
tornato
Adolf
Hitler
ai
giorni
nostri
di
Francesco
Agostini
Come
vi
sentireste
se
Adolf
Hitler
fosse
vivo
ai
giorni
nostri?
Su
questa
semplice
domanda
si
snoda
il
film
Lui
è
tornato,
adattamento
cinematografico
dell’omonimo
romanzo
di
Timur
Vermes.
Il
libro,
uscito
nel
2013,
è
stato
un
vero
e
proprio
best
seller,
tradotto
nella
bellezza
di
quarantuno
lingue
e
uscito,
qui
in
Italia,
con
la
Bompiani.
La
trama
di
“Lui
è
tornato”
è
semplicemente
geniale.
Un
bel
giorno,
esattamente
nello
stesso
punto
in
cui
prima
sorgeva
il
bunker
del
Führer,
Adolf
Hitler,
misteriosamente,
si
risveglia.
Ovviamente
tutto
è
cambiato:
il
bunker
non
esiste
più,
Eva
Braun
nemmeno.
Anche
il
Terzo
Reich
è
scomparso.
Siamo
nell’epoca
moderna
e la
seconda
guerra
mondiale
è un
lontano
ricordo.
Hitler
però
è
sempre
lo
stesso:
stesso
look,
stessa
eloquenza
aggressiva
e
violenta,
stesso
modo
autoritario
di
porsi.
Viene
notato
accidentalmente
da
un
reporter
che
lo
trova
una
perfetta
imitazione
dell’originale;
da
questo
incontro
casuale
inizierà
per
Adolf
Hitler
una
inaspettata
carriera
televisiva
nella
speranza,
antica
e
nuova,
di
utilizzare
lo
schermo
per
iniziare
una
nuova
scalata
al
successo
e al
potere.
Il
film
di
David
Wnendt
si
appresta
a
diventare
un
classico
nella
filmografia
nazionale
e
mondiale.
Partiamo
dal
protagonista,
Oliver
Masucci,
strepitoso
nell’interpretazione
del
Führer;
stesse
movenze,
stesse
pose.
Incredibile.
Da
un
punto
di
vista
fisico
Masucci
è
dovuto
ingrassare
la
bellezza
di
ventuno
kg
al
fine
di
risultare
più
credibile,
avvicinandosi
così
alla
corporatura
più
massiccia
del
vero
Adolf
Hitler;
inoltre
ha
dovuto
studiare
per
due
settimane
i
discorsi,
l’arte
oratoria
e lo
stile
tipico
del
dittatore
del
Terzo
Reich.
Il
film
rende
bene
lo
spirito
del
libro.
Naturalmente,
almeno
all’inizio,
si
rimane
spaesati:
è
complicato
vedere
Hitler
farsi
dei
selfie
con
i
passanti,
correre
sulle
macchine
a
scontro
o
semplicemente
partecipare,
con
garbo
e
sobrietà,
ai
più
seguiti
programmi
televisivi
nazionali.
Se
però
si
va a
fondo,
è
normale
lasciarsi
coinvolgere
da
un
film
che
ha
nelle
sue
corde
una
satira
velenosa
e
tagliente,
che
rispecchia
alla
perfezione
quella
del
libro
di
Timur
Vermes.
Si
sorride,
è
vero,
ma
non
si
ride.
Una
delle
frasi
più
belle
e
taglienti
del
libro,
con
ovvi
riferimenti
contemporanei
è:
“Al
vertice
del
Paese
c’era
una
donna
tozza,
che
infondeva
lo
stesso
ottimismo
di
un
salice
piangente”.
Il
senso
del
film,
coerentemente
con
il
libro,
è
proprio
questo:
fare
satira
dove
non
si è
mai
fatta,
scardinare
certi
tabù
e
far
vedere
le
cose
attraverso
un
altro
punto
di
vista.
Certo,
non
era
facile.
Il
regista
David
Wnendt
è
riuscito
a
cogliere
nel
segno
grazie
anche
a un
montaggio
accurato
e
ben
fatto,
che
conferisce
al
film
un
ritmo
serrato
che
non
annoia.
Insomma,
se
il
libro
di
Timur
Vermes
è
stato
un
best
seller,
il
film
non
è
affatto
da
meno.
Consigliatissimo.