N. 3 - Marzo 2008
(XXXIV)
L’ARMA AEREA
DEL III REICH
Breve storia
della Luftwaffe
di Ferdinando Angeletti
Tra le
varie clausole che il Trattato di Versailles
aveva imposto alla Germania, una vietava
specificatamente l’esistenza o la creazione di
un’aeronautica militare. Questo perché, durante la
guerra, ci si era resi conto della pericolosità che tale
arma poteva avere; inoltre l’aeronautica tedesca,
sicuramente più avanzata di quelle alleate, aveva
provocato parecchi grattacapi e aveva detenuto, fino al
1917, il (quasi) completo dominio dei cieli. Basti
pensare alla nascita di un mito, quale quello del Barone
Rosso, che sicuramente rifletteva l’altissimo livello di
preparazione ed abilità dei piloti tedeschi.
Da
parte alleata, quindi, si era ritenuto opportuno
eliminare un elemento di instabilità e pericolosità, nel
timore di un’eventuale rivalsa tedesca.
Come
per tutte le altre clausole del trattato, anche quella
concernente il divieto di creazione di un’aviazione
venne facilmente aggirata.
Innanzitutto, se si vietava l’esistenza di
un’aeronautica, non si vietava però la progettazione e
lo sviluppo di nuovi velivoli, che venivano poi
collaudati e sperimentati nella Russia bolscevica.
Una
delle clausole segrete del trattato di Rapallo del 1922,
infatti, prevedeva che le ditte tedesche potessero
sperimentare le proprie “creazioni” in territorio
sovietico.
Come
secondo punto fondamentale, il trattato di Versailles
vietava un’aeronautica “militare”, ma nulla diceva
riguardo a quella civile.
Nacquero così decine di circoli aerei, di club
dell’aria, dove si andarono ad addestrare quelli che
saranno i primi piloti della Luftwaffe (il più famoso
club aereo fu quello della Sturmabteilung).
Un
primo passo verso l’autorizzazione alla creazione di
un’aviazione militare tedesca, si ha con la conferenza
sul disarmo di Ginevra.
Infatti nessuna nazione aveva ottemperato ai propri
piani di disarmo ed addirittura c’era chi, come la
Francia, aveva potenziato le proprie forze armate.
L’unico stato che aveva eseguito il piano di disarmo era
proprio la Germania, ma solo perché obbligata dal
trattato di pace. Poiché questa situazione sembrava un
controsenso, ci si chiedeva se si poteva permettere un
limitato riarmo tedesco, a partire dai mezzi corazzati e
dall’aviazione.
Ma il
vero momento di svolta si ebbe con la formazione del
Gabinetto Hitler. Infatti L’NSDAP (Nationalsozialistische
Deutsche Arbeiterpartei, partito dei lavoratori
nazionalsocialisti tedeschi – il partito nazista) ora al
governo aveva tra i punti principali del proprio
programma l’abolizione delle clausole dell’”iniquo”
trattato di Versailles. Inoltre tra i più importanti
gerarchi nazisti vi era Hermann Goring, asso della prima
guerra mondiale ed ex – comandante del Jagdgeschwader,
la squadriglia comandata a suo tempo da Manfred Von
Richtofen (il Barone Rosso); a costui venne affidato il
neo – costituito Commissariato del Reich per
l’aeronautica (il Reichministerium der Lufthart).
Ufficialmente il Trattato di Versailles era ancora in
vigore, né la Germania aveva già l’autorità necessaria
per poterselo scrollare di dosso.
Ciononostante si ebbero notevoli incentivi allo sviluppo
tecnologico dell’industria aeronautica interna. È in
questo periodo che le principali ditte tedesche del
settore, quali la Heinkel, la Dornier e la Junkers (solo
per fare alcuni nomi), si sviluppano, iniziando a
ricevere le prime, seppur nascoste, commesse statali.
È il 1
marzo 1935 che Hitler decide di abrogare definitivamente
il Trattato di Versailles e permette la costituzione
dell’aeronautica tedesca, la Luftwaffe (arma aerea),
posta sotto il comando di Goring.
Finalmente tutti quei preparativi, prima fatti in gran
segreto, possono venire alla luce.
La
nuova arma aerea, la terza arma delle forze armate,
subito si organizza e si diffonde in modo capillare sul
territorio tedesco. I primi piloti iniziano ad uscire
dalle scuole di formazione (i cui insegnanti non sono
altro che gli appartenenti ai circoli aerei privati di
cui si parlava prima), ufficiali dall’uniforme nera ed
azzurra entrano ed escono dagli uffici del
Reichministerium der Lufthart.
L’anno
dopo, e precisamente il 22 luglio 1936 giunse ad Hitler
una richiesta di aiuto da parte del (non ancora)
Caudillo, Francisco Franco, che guidava la fazione
nazionalista nella guerra civile.
Si era
ancora agli inizi della guerra, le truppe di Franco
erano bloccate in Marocco e non potevano passare in
Spagna a causa del blocco navale creato dalla flotta
spagnola, che si era quasi completamente schierata con i
repubblicani.
L’unico altro sistema per far affluire queste truppe
verso i fronti di guerra sul continente era un trasporto
per via aerea. La Spagna non aveva un’aeronautica
attrezzata per un ponte aereo di tali proporzioni (si
trattava di far passare i circa 5000 uomini dell’armata
d’Africa più tutti i materiali dell’intera armata che,
intanto, avrebbe tentato uno sbarco con l’appoggio dal
cielo).
Hitler
inizialmente promise l’invio di trenta Junkers Ju 52,
grandi aerei da trasporto, insieme ad alcuni piloti e
tecnici.
Ovviamente l’ordine per l’invio di queste forze doveva
essere ratificato da Goring, come comandante in capo
della Luftwaffe.
È
stato accertato come Goring, inizialmente, non fosse
molto entusiasta all’idea di inviare aerei e piloti
tedeschi a sostegno di una fazione disorganizzata e
priva di possibilità di vittoria (quale sembrava quella
nazionalista all’inizio della guerra civile).
Ciononostante Hitler diede l’avvio alla cosiddetta
operazione Feuerzauber (incantesimo di fuoco), la quale
prevedeva l’invio di trenta Ju 52 Tante Ju (zia Ju), con
relativi tecnici e piloti, e alcune batterie contraeree.
Alle richieste di Franco circa l’invio di aerei da
caccia, Hitler e Goring reagirono inizialmente
negativamente.
L’invio di aerei da guerra avrebbe compromesso quella
posizione di neutralità proclamata precedentemente dal
Reich tedesco.
È solo
più tardi, dopo che Goring si fu incontrato con i più
alti ufficiali della Luftwaffe e con i responsabili
delle fabbriche aeronautiche tedesche, che la Germania
decise di partecipare più attivamente in aiuto ai
nazionalisti.
Oltre
a considerazioni di tipo politico (tensioni in Spagna
avrebbero distratto l’opinione pubblica mondiale), si
voleva testare i nuovi velivoli tedeschi e metterli alla
prova contro l’aeronautica di un paese potenzialmente
nemico come l’URSS (che riforniva l’esercito
repubblicano).
Fu
così creata la Legione Condor al comando del
Generalleutnant Sperrle, i cui aerei, moderni caccia e
bombardieri ancora da testare sul campo, erano forniti
dalla Luftwaffe, ma i piloti o tecnici dovevano essere
rigorosamente volontari. Si trattò in verità di un
imbroglio. I piloti della Luftwaffe andavano volontari
come piloti nei “propri” aerei, dandosi anche il cambio
ogni due mesi. Si voleva, infatti, permettere al maggior
numero di soldati di “farsi le ossa” e fare esperienza
sul campo. La legione Condor si rivelò sicuramente un
grandissimo aiuto per i franchisti, che poterono così
contare su un reparto aereo composto da velivoli molto
più avanzati di quelli repubblicani (e di quelli
sovietici che erano loro forniti), e a cui venivano
affidate le operazioni di maggiore importanza, come
l’attacco su Madrid.
Essa è
divenuta tristemente famosa anche per il tremendo
bombardamento su Guernica, del settembre 1937, impresso
su tela da Picasso.
Verso
la fine del 1938, dopo aver egregiamente svolto il
proprio lavoro e, poiché gli studi sui velivoli di nuova
generazione erano conclusi, la legione fu lentamente
rimpatriata.
Durante le crisi degli anni 1936/1938, in Renania, in
Austria e nei Sudeti, l’aeronautica tedesca non ebbe un
ruolo fondamentale giacchè non c’era bisogno di farla
intervenire in modo massiccio.
Fu
solamente con l’invasione della Polonia che si sentì la
necessità di un più considerevole apporto delle forze
aeree.
Impegnate per la prima volta in un combattimento (la
Spagna può venir considerata quasi un addestramento), la
Luftwaffe sfruttò quelle tecniche belliche, elaborate e
sperimentate durante la Guerra Civile Spagnola.
Fino a
quel momento le forze aeree erano utilizzate con due
finalità: distruzione di altri aerei o bombardamento
preventivo di fortificazioni o formazioni nemiche.
Con la
Luftwaffe, fornita di bombardieri diversi per concezione
(ad esempio gli Stuka, bombardieri leggeri) dagli altri
velivoli, si ha, per la prima volta, l’idea di
aeronautica vista in appoggio alle forze di terra, quasi
fosse un’artiglieria dell’aria.
Ed è
con questa funzione che la Luftwaffe viene utilizzata
durante la campagna polacca. La Polonia non aveva
un’aeronautica degna di tale nome e comunque essa era
stata praticamente distrutta nel corso dei primi giorni
di combattimento.
È
anche grazie all’aiuto dei bombardamenti aerei che le
truppe polacche vengono sbaragliate ed addirittura è
unicamente loro il merito della resa della fortezza di
Modlin e delle fortificazioni della penisola di Hela,
con la cui caduta si chiude la conquista della Polonia.
Il
bilancio della prima vera azione di guerra condotta
dall’aviazione tedesca, è eccellente; oltre all’assenza
di vere e proprie perdite (le poche registrate furono
dovute a guasti di velivoli), esse si erano rese co –
protagoniste della cosiddetta Blitzkrieg, la guerra
lampo, che era proprio una azione congiunta di fanteria,
mezzi corazzati e, appunto, aviazione.
Pochi
giorni dopo la fine della campagna, Hitler mostrò
l’intenzione di un’invasione ad occidente, per
distruggere la Francia e domare definitivamente
l’Inghilterra.
Durante i nove mesi successivi, quelli della cosiddetta
phoney war, o drole de guerre, le forze aeree vennero
rinforzate ed iniziò il loro trasferimento verso ovest.
Inoltre, durante questi mesi, essa fu impegnata
nell’operazione Weserubung, l’invasione di Danimarca e
Norvegia.
Specialmente nelle operazioni rivolte verso quest’ultima
le forze aeree tedesche svolsero un ruolo di primo
piano, sia nell’attacco al suolo delle truppe anglo –
franco – norvegesi, sia nel rifornire le truppe alpine
di Dietl circondate a Narvik (si tratta del primo
rifornimento per via aerea della storia), sia nel
disturbare e tenere lontana la flotta inglese giunta nei
fiordi norvegesi. Aerei appartenenti alla terza
Luftflotte, danneggiarono gravemente parecchie unità
nemiche.
La
conquista della Norvegia fu di importanza capitale per
la Germania; oltre a considerazioni di carattere
economico (in Norvegia giungeva tutto il ferro delle
miniere svedesi), ve ne erano altre di carattere
militare: in Norvegia vennero installate basi per i
sommergibili e vennero ristrutturate le basi aeree
esistenti.
Quest’ultimo fatto permetterà ad alcuni aerei di
raggiungere l’Inghilterra, o almeno la base di Scapa
Flow, nelle isole Shetland, sede della Home Fleet
inglese.
Contemporaneamente a questi fatti, la preparazione dei
piani per l’attacco ad occidente andava avanti.
Il
cosiddetto Fall Blue (piano blu) non era nient’altro che
una riedizione del piano Von Schlieffen del 1914, con
due gruppi di armate impegnati, uno in azioni di
disturbo in Alsazia, contro la linea Maginot (complesso
di fortificazioni edificato tra il 1925 ed il 1936 per
proteggere la Francia da attacchi tedeschi), l’altro,
con tutte le divisioni corazzate e motorizzate
disponibili, avrebbe dovuto attaccare il Belgio e di lì
penetrare in Francia, puntando su Parigi. Era proprio il
piano che lo stato maggiore francese si aspettava, e
probabilmente si sarebbe risolto in un fallimento.
Ed è
qui che la Luftwaffe, senza volerlo, entra in gioco. Un
ufficiale della seconda Luftflotte, partito dal suo
quartier generale con il piano dettagliato
dell’invasione, perse l’orientamento e fu obbligato ad
effettuare un atterraggio di emergenza in Belgio, ove
venne internato ed i piani catturati.
Goring
si irritò moltissimo per questo incidente, che metteva
in cattiva luce le forze aeree da lui comandate, ed
epurò i vertici della seconda Luftflotte, quasi come
punizione.
Con il
senno di poi, si può affermare che l’incidente fu una
vera manna dal cielo; infatti fu quasi obbligatorio
cambiare il piano e venne adottato, in sostituzione del
Fall Blue, quello elaborato dal Generalleutnant Von
Manstein, che si rivelerà vincente.
Anche
durante la Campagna di Francia la Luftwaffe, che questa
volta si trovava di fronte l’aeronautica francese e
quella inglese (considerate tra le migliori del mondo),
si comportò egregiamente; anche qui le perdite furono
irrilevanti, mentre si misero in mostra, per la loro
perizia e precisione, le batterie antiaeree della Flak,
che dipendevano dall’aviazione e non dall’esercito.
Verso
la fine della campagna francese, comunque, si ebbe il
primo vero scacco subito dalla “invincibile” aviazione
tedesca.
I
resti dell’esercito francese e del BEF (British
Expeditionary Force, Corpo di spedizione britannico, al
comando di Lord Gort), si erano rinchiusi a Dunkerque,
sulla Manica, da dove si voleva evacuarle con l’aiuto
della flotta inglese (operazione Dynamo).
Le
divisioni corazzate avevano circondato la cittadina, ma
Hitler le fermò, concedendo l’”onore” di distruggere le
forze nemiche alla Luftwaffe, sembra su pressioni di
Goring, il quale desiderava dare prestigio alle proprie
unità.
L’offensiva aerea fallì, giacchè le unità inglesi,
benché bombardate dagli aerei tedeschi, riuscirono a
portare in salvo ben 375.000 uomini.
Oltre
alle azioni delle truppe di terra, ebbero grande risalto
i primi impieghi operativi dei fallschirmjager (i
paracadutisti).
Essi,
tipica creazione tedesca, furono per la prima volta
utilizzati in combattimento, conquistando
l’inespugnabile forte di Eben Emael (perno della difesa
di Liegi, in Belgio), nonché i ponti (ancora intatti)
sul Reno a Rotterdam.
Si
trattò di una grande conquista per la guerra moderna: da
questo momento, infatti, era possibile paracadutare
truppe dietro alle linee nemiche, quasi fossero un
novello Cavallo di Troia.
Allo
stato attuale delle cose, l’unica potenza belligerante
rimasta in campo, era l’Inghilterra.
Dopo
che essa ebbe rifiutato l’offerta di pace della Germania
(la Gran Bretagna avrebbe conservato l’impero, purché
alla Germania fosse lasciata mano libera nell’Europa
continentale), nello stato maggiore tedesco iniziò la
preparazione del cosiddetto piano Seelowe (leone
marino), ovverosia l’invasione dell’Inghilterra. Perché
essa potesse avere esito positivo, era assolutamente
necessario annientare la RAF (Royal Air Force,
l’aviazione inglese). Fu così che Goring pianificò a sua
volta l’operazione Adlertag (giorno dell’aquila), che
prevedeva bombardamenti su installazioni ferroviarie e
complessi industriali, con una doppia finalità: fiaccare
la potenza industriale inglese e, al tempo stesso,
distruggerne l’aeronautica, che sarebbe dovuta essere
attirata proprio dai bombardieri tedeschi.
Non
analizzeremo nei singoli dettagli l’andamento della
cosiddetta Battaglia d’aerea d’Inghilterra, che si
svolse tra il giugno e l’ottobre 1940; si vuole solo
ricordare come essa sia stata la prima (nonché unica, se
si escludono i bombardamenti in Kosovo del 1999)
offensiva condotta unicamente nei cieli.
Era in
qualche modo la realizzazione delle teorie che due
giovani ufficiali, l’inglese Fuller e l’italiano Douhet,
erano andati propagandando negli anni ’20 e ’30.
Secondo loro, infatti, ad uno stato sarebbe stato
necessario possedere una potente aviazione che, sia con
bombardamenti “chirurgici” su installazioni militari ed
industriali, sia con bombardamenti indiscriminati sulle
città, avrebbe ridotto il paese nemico alla rovina, sia
economica che psicologica.
A
causa di scelte strategiche errate (i bombardamenti
indiscriminati sulle città portavano alla diminuzione di
quelli sulle fabbriche, portando ad una ripresa delle
capacità industriali e belliche inglesi), di errori di
livello puramente tattico (l’impiego dei lenti Stuka
contro caccia inglesi molto più veloci), nonché di
qualità dei velivoli inglesi (gli Spitfire e gli
Hurricane di ultimo modello non solo riuscivano a
competere ma superavano in prestazioni i Bf 109 ed i Bf
110 tedeschi), Adlertag non giunse ad una positiva
conclusione; con l’arrivo della brutta stagione (si era
giunti ad ottobre), Seelowe era irrealizzabile, e così
Adlertag venne “temporaneamente” (in verità
definitivamente) sospesa e rinviata alla primavera
dell’anno successivo.
Il
bilancio di perdite umane e di velivoli fu disastroso
per la Luftwaffe tedesca. Oltre alla distruzione di più
alcune migliaia di velivoli (2352 per la precisione),
che già di per sé era una grave perdita per i tedeschi
(l’industria aeronautica nazionale era in grado di
produrre “solo” 190 velivoli al mese), la perdita più
grave si ebbe nel personale: tra morti, feriti e
prigionieri, la Germania perse circa 4000 (precisamente
3893) dei migliori piloti e tecnici di cui disponeva.
Alla
fine del conflitto il Generalfeldmarschall Gerd Von
Runstedt affermò che queste gravi perdite impedirono
alla Germania, successivamente, di sconfiggere l’Unione
Sovietica e, quindi, di vincere la guerra.
L’ultimo momento di gloria per l’aviazione tedesca si
ebbe nel 1941, con le prime fasi dell’operazione
Barbarossa (scattata il 22 giugno 1941).
L’obiettivo primario consisteva nel totale annientamento
dell’aviazione sovietica che, se dal punto di vista
qualitativo era molto inferiore a quella tedesca (e
questo fino a tutto il 1942), a livello quantitativo
poteva creare qualche problema. Nei primi giorni
dell’invasione, diciamo nella prima settimana (22/29
giugno), la Luftwaffe distrusse circa 2000 velivoli, di
cui il 75% mentre ancora erano a terra.
È con
l’inizio del 1942 che per la Luftwaffe iniziò quel
rapido declino che le fece perdere, su tutti i fronti di
guerra (fronte orientale, africano, successivamente
italiano ed occidentale), il dominio dei cieli.
Si
possono però riportare due episodi che, su tutti lo
testimoniano: la conquista di Creta e la battaglia di
Stalingrado.
La
battaglia di Creta, seppur avvenuta prima dell’invasione
della Russia, fra il 20 maggio ed il 2 giugno 1941,
mostrò già i segni di quella decadenza qualitativa che
si andrà via via accentuando.
Chiamata da Student (il fondatore del corpo dei
fallschirmjager) la “tomba dei paracadutisti germanici”,
essa mostrò come l’uso di forze aviotrasportate o
paracadutate non doveva essere effettuato senza
un’adeguata copertura da parte di altre unità.
Invece
Stalingrado, che fu una battaglia prettamente terrestre,
interessa la Luftwaffe a partire dal 15 novembre 1942,
quando la VI armata tedesca, assieme alla IV Panzerarmee
ed ai resti di due armate romene (la III e la IV), venne
circondata dalle truppe sovietiche di Zukov. Qualsiasi
comandante dotato di buon senso avrebbe ordinato la
ritirata: ma evidentemente Hitler, di buon senso, ne
aveva poco.
La sua
decisione di resistere a Stalingrado (poi ripetuta lungo
tutta la ritirata tedesca sul fronte orientale) ebbe
come primo fautore il “nostro” Goring. Egli,
inverosimilmente, promise che la “sua” Luftwaffe sarebbe
stata in grado di rifornire le truppe tedesche
accerchiate.
Si
trattava di fornire ai 330.000 uomini ben 500 tonnellate
al giorno di rifornimenti, tra viveri, apparecchiature,
munizioni ed armamenti. Va anche tenuto presente che si
era in novembre, ossia in piena stagione invernale,
sicuramente la meno adatta ad un ponte aereo di tali
proporzioni.
Ed
infatti la media che, fino all’8 gennaio 1943 (data in
cui i sovietici presero l’ultimo campo di aviazione
utilizzabile, quello di Gumrak) la Luftwaffe riuscì a
consegnare fu di sole 100 tonnellate al giorno, cosa che
portava un esercito a combattere e sopravvivere con un
quinto delle proprie necessità operative; gli effetti di
questa situazione sono da tutti conosciuti.
Una
situazione simile fu quella che le truppe italo –
tedesche dovettero sopportare in Tunisia. Durante tutta
la guerra in Africa i rifornimenti erano “a carico”
della marina italiana mentre, durante la battaglia
tunisina, il peso ricadde sull’aviazione e neanche in
questo caso essa riuscì a portarlo felicemente a termine
(il Gruppo d’Armate Afrika si arrese il 13 giugno 1943).
Abbiamo precedentemente accennato al declino della
Luftwaffe tedesca. Analizzandone le cause, si giunge a
due soluzioni di fondo: la prima consiste nel continuo
miglioramento qualitativo (e con l’entrata in guerra
degli USA anche quantitativo) delle aviazioni alleate;
al contempo non si ebbe, da parte tedesca, un adeguato
sviluppo delle proprie potenzialità, con le industrie
aeronautiche impegnate in progetti a lungo termine e,
comunque, troppo avanzati scientificamente (ma non
tecnologicamente), per quei tempi.
Si
ebbero, ad esempio, i primi aerei a reazione (il
Messerschmitt Me 263 Schwalbe), i primi missili aria –
aria (Henschel Hs 298 – Kramer Rk 344), i primi
elicotteri (Focke Wulf Fw 61 – Focke Achgelis Fa 330) ed
anche i primi aerei con ala a freccia (Dornier Do 335
Pfeil); si tratta di progetti sicuramente interessanti,
ma non per gli immediati fini bellici (essi ebbero un
limitato, se non nullo, impiego operativo).
È
interessante notare che tutti gli sviluppi aeronautici
dal 1945 alla metà dei primi anni ’90 si basino su idee
e progetti tedeschi della II guerra mondiale presi dagli
alleati alla fine della guerra e da loro utilizzati al
termine del conflitto. |