N. 94 - Ottobre 2015
(CXXV)
LUDWIG FISCHER
La storia (tragica) di un’esistenza
di Eugenio Hanozet
Ludwig
Fischer
nacque
il
cinque
febbraio
del
1807
a
Jena.
Difficile
immaginare
un
contesto
più
complesso
e
meno
tranquillo
in
cui
nascere.
La
città
tedesca,
culla
del
romanticismo,
aveva
visto
pochi
mesi
prima
l’ingresso
trionfale
delle
armate
francesi
e la
sfilata
del
loro
imperatore
il
quale,
correndo
a
dorso
di
un
cavallo
bianco,
diede
immagine
per
un
istante
allo
“spirito
del
mondo”;
almeno
così
pensò
il
padre
di
Ludwig
mentre,
da
dietro
la
sua
finestrella,
sbirciava
Napoleone
passare
per
la
strada
da
trionfatore.
Spirito
del
mondo
o
meno,
certo
è
che
Bonaparte
non
andava
per
il
sottile
e
sapeva,
quando
necessario,
essere
brutale
e
violento:
non
aveva
avuto
troppe
remore
a
decretare
la
fine
del
Sacro
Romano
Impero,
istituto
più
che
millenario,
figuriamoci
se
ne
poteva
avere
nello
scacciare
qualche
inutile
e
sconosciuto
cittadino
tedesco
dalla
propria
casa
per
alloggiarvi
i
suoi
soldati.
Ed
infatti
lo
fece
e
tra
quelli
che
dovettero
abbandonare
casa
e
tetto
per
fare
posto
agli
ufficiali
della
Libertà
e
dell’Uguaglianza
c’era
anche
il
padre
di
Ludwig.
All’epoca
inutile
e
sconosciuto
(ai
più)
ma
di
lì a
breve
più
che
conosciuto:
celebre,
tanto
celebre
quanto
lo
stesso
Napoleone:
egli
era
Georg
Wilhelm
Friedrich
Hegel.
A
Jena
il
filosofo
svevo
aveva
preso
in
affitto
una
camera.
Erano
ancora
lontani
da
venire
i
giorni
del
successo
e
del
guadagno!
La
sua
padrona
di
casa
si
chiamava
Christiane
Charlotte
Fischer
sposata
Burckhardt,
il
cui
marito
faceva
il
sarto.
Ludwig
nacque
dalla
relazione
tra
lei
ed
Hegel.
Certo
una
relazione
ci
doveva
essere
stata,
ne
era
la
prova
Ludwig,
ma
di
quale
tipo
di
relazione
si
sia
trattato
possiamo
solo
immaginarlo.
La
donna
doveva
essere
diciamo
così
una
persona
“allegra”
dal
momento
che
prima
di
Ludwig
la
Burkchardt,
come
la
chiamava
Hegel
con
ostentato
distacco,
aveva
già
avuto
altri
due
figli
al
di
fuori
del
matrimonio,
un
maschio
ed
una
femmina,
Thèrèse,
che
sarà
una
delle
poche
persone
legate
a
Ludwig
da
un
affetto
sincero,
reciproco
e
duraturo.
Per
tenere
a
freno
le
richieste
della
donna,
che
era
rimasta
vedova
del
marito,
pare,
proprio
in
quei
concitati
mesi,
Hegel
si
era
lasciato
sfuggire
una
promessa
di
matrimonio
che
mai
pensò
realmente
di
mantenere.
Ed
infatti
mai
mantenne!
Partì
da
Jena
il 1
marzo
del
1807
per
trasferirsi
a
Bamberga.
Allontanatosi
da
Jena
però
non
interruppe
del
tutto
i
rapporti
con
il
figlio
naturale.
Per
l'educazione
di
Ludwig
(o
Louis,
come
in
alcune
lettere
viene
chiamato,
alla
faccia
del
volksgeist)
il
padre
fece
affidamento
alla
famiglia
del
suo
amico
intimo,
l'editore
e
libraio
Karl
Friedrich
Frommann,
in
particolare
alla
sorella
di
questo:
Madame
Bohn.
Benché
le
notizie
sul
ragazzo,
e
soprattutto
su
questi
primi
anni
di
vita
jenese,
non
siano
molte
né
particolarmente
chiare,
è
certo
che
anche
la
madre
continuò
ad
essere
presente
nella
sua
vita
fino
alla
sua
morte,
di
cui
rimane
misteriosa
la
causa
e
che
possiamo
collocare
tra
1811
e
1816
e
con
lei,
come
già
detto,
la
sorella
Thèrèse,
di
sei
anni
più
grande
del
ragazzo.
Si
sa
di
gravi
problemi
di
salute,
ben
curati
dalla
signora
Bohm,
e di
qualche
intemperanza
mostrata
da
Ludwig
nei
confronti
dei
suoi
tutori,
delle
regole
e
dell'autorità
in
generale.
Nel
1811
Hegel,
che
si
era
trasferito
ad
Heidelberg
e lì
lavorava
come
rettore
del
ginnasio
locale,
sposò
Marie
von
Tucher.
Il
matrimonio
contribuì
ad
assottigliare
i
già
delicatissimi
legami
che
univano
l'eroe
dell'idealismo
tedesco
con
il
frutto
non
voluto
di
un
istantaneo
desiderio
sessuale.
Fino
ad
allora
il
filosofo,
per
quanto
umanamente
assente,
non
aveva
però
fatto
mancare
ai
Frommann
il
necessario
per
il
mantenimento
del
bambino,
nonostante
egli
stesso,
da
un
punto
di
vista
economico,
non
navigasse
ancora
in
buone
acque.
È lo
stesso
Hegel
a
scusarsi,
in
una
lettera,
con
madame
Bohn
per
il
mancato
invio
di
vestiti
nuovi
per
Ludwig.
Dopo
la
nascita
dei
due
figli
“legittimi”,
Karl
ed
Immanuel,
il
problema
della
spartizione
dei
beni
familiari
diventerà
sempre
più
grave,
diventando
in
ultimo
la
vera
causa
della
rottura
definitiva
tra
padre
e
figlio.
Dov'è
lo
Spirito
Oggettivo,
cessa
quello
soggettivo!
La
carriera
di
Hegel,
intanto,
svolgeva
il
suo
processo.
Quando
nell'ottobre
del
1816
arrivò
alla
tanto
desiderata
cattedra
universitaria,
ad
Heidelberg,
il
professor
Hegel
pensò
di
aver
raggiunto
una
posizione
sociale
ed
economica
abbastanza
solida
da
poter
chiamare
a sé
Ludwig.
Vinte,
per
il
momento,
le
ostilità
della
moglie,
ordinò
che
il
ragazzino,
il
quale
stava
per
compiere
i
dieci
anni,
venisse
a
vivere
con
la
sua
famiglia.
Ad
accompagnarlo
nel
viaggio
da
Jena
fu
un
collega
di
Hegel
all'università
di
Heidelberg,
Heinrich
Voss,
docente
di
filologia
classica
e
noto
per
aver
tradotto
in
tedesco
Omero.
Un
segno
dell'odissea
che
spettava
al
fanciullo!
Voss
ebbe
del
ragazzo
un'impressione
molto
favorevole,
di
un
ragazzo
“così
carino”,
la
stessa
simpatia
che
provocò
a
Goethe
che
proprio
in
quei
giorni
ebbe
modo
di
incontrarlo.
Evidentemente
le
notizie
delle
sue
intemperanze
a
Jena
o
non
erano
vere
oppure
queste
erano
soltanto
reazioni
infantili
ad
una
situazione
abbondante
di
confusione
e
mancante
di
affetto.
Il
ragazzo
adesso
andava
invece
“con
fiducia
incontro
al
mondo”,
come
scrisse
Goethe.
La
speranza
di
ripartire
da
capo,
accolto
nella
casa
paterna,
di
una
nuova
stabilità
e di
nuove
possibilità
di
crescita
lo
avevano
predisposto
al
meglio.
Lo
stesso
Hegel
si
stupì
delle
qualità
di
Ludwig,
che
diede
al
padre
immediate
soddisfazioni
scolastiche
ottenendo
da
subito
ottimi
risultati
al
ginnasio
di
Heidelberg.
Nell'ottobre
del
1818
Hegel
ottenne
ciò
che
sognava
da
tempo:
la
cattedra
di
filosofia
all'università
di
Berlino.
Nella
capitale
prussiana
Ludwig
iniziò
a
frequentare
il
ginnasio
francese.
Anche
qui,
come
già
ad
Heidelberg,
con
ottimi
risultati.
I
problemi
che
non
aveva
dalla
scuola
arrivarono
però
dai
rapporti
in
famiglia
che
si
fanno
via
via
sempre
più
tumultuosi.
Come
in
una
di
quelle
fiabe
della
tradizione
germanica
che
lo
spirito
romantico
stava
riscoprendo,
e
che
Hegel
non
apprezzava
per
il
loro
sentimentalismo,
furono
la
matrigna
ed i
fratellastri
i
“cattivi”
di
questa
storia.
L'Antitesi!
Al
di
là
di
una
certa
freddezza
e di
un
clima
che
spingeva
“più
verso
la
paura
che
verso
l'amore
per
i
genitori”,
Ludwig
denuncia
in
una
lettera
la
totale
mancanza
di
denaro
a
sua
disposizione.
Nonostante
la
brillante
posizione
raggiunta
dal
padre
infatti
i
soldi
rimangono
un
problema
per
la
famiglia
Hegel.
E
quei
pochi
che
ci
sono
non
vengono
certo
spesi
per
il
figlio
illegittimo,
considerato
fin
da
subito
da
Marie
come
un
intruso.
Terminata
la
sua
istruzione
ginnasiale
il
suo
sogno
sarebbe
stato
quello
di
iscriversi
alla
facoltà
di
medicina
ma
il
padre
spense
immediatamente
ogni
speranza
rifiutandosi
di
pagare
le
ingenti
spese
che
una
scelta
del
genere
avrebbe
comportato
e
non
fu
nemmeno
disposto
a
pagare
per
lui
un
apprendistato
per
una
formazione
professionale.
Tra
un
litigio
ed
un
castigo
il
ragazzo
crebbe.
Aveva
diciotto
anni
nel
1825
quando
venne
scoperto
a
rubare
una
piccola
quantità
di
denaro
in
casa.
Fu
l'occasione
buona
per
sbarazzarsene:
Ludwig
venne
cacciato
di
casa
e
mandato
a
Stoccarda
dove
vivevano
la
sorella
ed
altri
parenti
del
padre
e
costretto
a
trovarsi
un
lavoro
per
il
suo
sostentamento.
In
fondo
l'agghiacciante
frase
scritta
sul
cancello
all'ingresso
di
Auschwitz,
“Il
lavoro
rende
liberi”,
è
l'essenza
della
figura
hegeliana
del
servo-padrone,
laddove
è
proprio
il
lavoro
che
emancipa
il
servo
e
asservisce
il
padrone.
A
lavorare,
dunque!
Trovò
un
posto
da
commesso
presso
un
negoziante
della
città.
Travolto
nuovamente
dai
problemi
dell'abbandono
riemersero
in
lui
quella
spigolosità
e
quell'intemperanza
che
alcuni
lamentavano
ai
tempi
della
sua
prima
infanzia
a
Jena.
Un
litigio
col
suo
datore
di
lavoro
gli
offrì
la
scusa
per
dimettersi.
Fu
questo
però
il
fatto
che
segnò
il
punto
di
non
ritorno
nei
rapporti
col
padre.
Hegel
infatti,
fuori
di
sé
dalla
rabbia
e
dalla
vergogna,
lo
disconobbe
definitivamente,
vietandogli
anche
di
portare
il
suo
cognome.
Da
quel
momento
Ludwig
sarà
Ludwig
Fischer,
prendendo
il
cognome
della
madre
da
ragazza.
Al
giovane
non
rimaneva
ormai
molta
scelta.
Solo,
come
solo
non
era
mai
stato,
con
pochissimi
soldi
e
anche
pochissima
“roba”:
Hegel
non
gli
aveva
lasciato
che
pochi
stracci,
tenendo
parte
della
sua
biancheria,
e
nemmeno
un
libro.
Si
procurò
un
po'
di
denaro
vendendo
un
orologio
e si
diresse
verso
l'Olanda,
deciso
ad
arruolarsi.
Proprio
in
quegli
anni
infatti
le
Province
Unite
erano
rientrate
in
possesso,
grazie
alla
“generosità”
diplomatica
della
Gran
Bretagna,
delle
Indie
Olandesi.
Un
possedimento
diretto
del
governo
e
non
più
della
VOC,
la
potente
compagnia
commerciale
che
ne
aveva
sfruttato
le
risorse
prima
delle
guerre
napoleoniche.
Per
riaffermare
la
propria
autorità
sulle
quelle
isole
l'Olanda
aveva
deciso
l'invio
di
consistenti
reparti
militari,
tanto
più
che
nel
1820
era
esplosa
a
Sumatra
una
violenta
guerra
interna
causata
dai
Padris
Musulmani,
una
setta
di
fondamentalisti
islamici
che
cercava
di
sostituire
costumi
ed
usanze
tradizionali
degli
abitanti
dell'isola
per
ridurli
ad
una
rigida
ortoprassi
coranica
e
che,
naturalmente,
lottava
anche
contro
l'occupazione
europea.
Per
un
giovane
diciottenne
che
fin
da
bambino
aveva
sempre
avuto
il
problema
dei
soldi,
la
paga
offerta
dal
governo
di
Amsterdam
non
era
affatto
male:
tre
fiorini
al
giorno,
che
sarebbero
diventati
sei
dopo
l'imbarco
per
l'oriente,
più
due
pasti
consistenti
in
una
razione
di
zuppa,
una
pagnotta
e
qualche
patata.
La
ferma
era
di
sei
anni.
Prima
della
sua
partenza
Ludwig
aveva
scritto
al
padre
“una
lettera
affettuosa
da
Magonza,
l'ultima
che
riceverà
da
me e
così
abbiamo
rotto
i
rapporti;
dato
che
di
chiedere
perdono,
di
promettere
di
emendarmi
non
sono
capace,
non
essendo
cosciente
di
alcuna
colpa”.
L'ultimo
ricordo
fu
per
la
sorella
Thèrèse,
alla
quale
si
preoccupa
di
lasciare
l'unico
oggetto
rimastogli,
una
chitarra
e
sessanta
fiorini
depositati
presso
una
banca
di
Amsterdam
(forse
un
anticipo
per
il
suo
arruolamento).
Un
giovane
ribelle,
che
suonava
la
chitarra,
in
lotta
con
un'esistenza
difficile,
si
imbarcava
su
di
un
veliero
per
andare
a
far
la
guerra:
Ludwig
sembra
il
Romanticismo!
D'altronde
era
nato
e
cresciuto
a
Jena
agli
inizi
dell'Ottocento.
Come
si
sa,
Hegel
non
aveva
simpatia
per
i
romantici.
Il
29
agosto
1825
la
“Diana”
salpava
dal
porto
di
Ostenda
per
arrivare
a
Batavia
(il
nome
che
gli
olandesi
avevano
dato
a
Jakarta)
il
26
gennaio
dell'anno
successivo.
A
bordo
c'era
Ludwig
Fischer.
Da
Batavia
il
suo
contingente
venne
trasferito
in
una
zona
interna
dell'isola
di
Java
ed
Ludwig
spostato
dal
corpo
di
fanteria
a
quello
di
artiglieria.
Per
quello
che
sappiamo
il
padre
non
si
interessò
mai
più
alle
sorti
del
figlio,
arrivando
addirittura
a
rifiutare
l'aiuto
che
un
suo
amico
olandese
gli
propose
per
essere
utile
al
ragazzo.
Quella
vicenda
non
era
stata
razionale,
non
come
intendeva
Hegel
il
termine,
per
questo
non
poteva
essere
nemmeno
reale.
Si
finse
che
non
fu!
Il
28
agosto
1831
Ludwig
Fischer
morì.
Era
a
Jakarta,
aveva
24
anni
e in
teoria
la
sua
ferma
militare
era
finita
da
due
mesi.
Probabilmente,
minato
nella
salute
dalla
malaria,
non
volle
o
non
poté
re-imbarcarsi
per
l'Europa.
Per
uno
scherzo
del
destino
o
per
l'astuzia
della
ragione
nello
stesso
anno,
il
14
novembre,
moriva
a
Berlino
anche
suo
padre,
che
suo
padre
non
era
stato.