LUCREZIA BORGIA
STORIA (controversa) DI UNA “PEDINA”
di Massimo Manzo
“Gracile in aspetto,
ha la faccia allungata, il naso
profilato, aurei i capelli, gli
occhi bianchi, la bocca alquanto
grande, candidissimi i denti; la
gola schietta e bianca ornata con
decente valore, in tutto l’esser suo
continuamente allegra e ridente”.
Così l’illustre parmense Niccolò
Cagnolo, suo contemporaneo,
descrisse Lucrezia Borgia, donna
simbolo del “lato oscuro” del
Rinascimento e incolpata delle
peggiori nefandezze: incesti,
avvelenamenti, intrighi, complotti.
La sua vera “colpa”, però, fu solo
quella di appartenere a una delle
famiglie più odiate di sempre,
diventando una pedina dei giochi di
potere di un padre e di un fratello
senza scrupoli.
Partito perfetto
Unica femmina nata dalla relazione
tra il cardinale (e futuro papa)
Rodrigo Borgia e la sua concubina
Vannozza Cattanei, Lucrezia vide la
luce nel 1480 nella Rocca Abbaziale
di Subiaco (Roma), ricevendo
un’educazione di prim’ordine.
Affidata alle cure di attenti
precettori, imparò il francese e il
latino e studiò musica, danza,
disegno e poesia. Secondo le
cronache, il padre l’amava “in
superlativo grado” e Lucrezia gli fu
sempre legatissima, pur crescendo in
un ambiente maschilista, succube
della volontà del genitore.
Intelligente, colta e di
bell’aspetto, divenne il partito
perfetto per allargare le alleanze
del casato, e a soli dieci anni fu
promessa in sposa al nobile
valenziano Cherubino Juan de
Centelles. Questi, nel 1491, impalmò
però un’altra, e Rodrigo ripiegò
allora su Gaspare da Procida, figlio
del conte di Aversa. Ben presto,
tuttavia, gli orizzonti si fecero
più vasti: salito al soglio
pontificio nel 1492 (come Alessandro
VI) e determinato a legarsi alle
maggiori dinastie della penisola,
Rodrigo ruppe il fidanzamento e
destinò Lucrezia al ventiseienne
Giovanni Sforza, signore di Pesaro e
nipote del temibile Ludovico Maria
Sforza, detto il Moro, padrone di
Milano. «Il matrimonio attestò
l’assoluta implacabilità con cui
Alessandro si serviva della figlia
ancora bambina, in questo caso
andando contro Ferrante, il re
aragonese di Napoli nemico degli
Sforza», spiega la storica Sarah
Bradford nel libro Lucrezia
Borgia, la storia vera
(Mondadori).
Scandali e dicerie
Celebrata a Roma nel giugno del
1493, l’unione durò solo quattro
anni, nel corso dei quali, vivendo
nell’Urbe, Lucrezia divenne intima
amica della bella Giulia Farnese,
nuova favorita di Rodrigo. Allegra e
amante delle feste, appena
tredicenne la giovane Borgia rivelò
qualità diplomatiche non comuni:
chiunque avesse intenzione di
guadagnarsi i favori del Santo
Padre, sapeva di dover passare da
lei. La situazione politica stava
intanto precipitando, dacché la
discesa delle armate del re francese
di Carlo VIII in Italia (1494) aveva
sconvolto il quadro delle alleanze
tra le potenze della Penisola,
inducendo Alessandro VI a
“scaricare” lo Sforza. Per farlo,
non esitò a umiliarlo,
costringendolo ad ammettere di non
aver consumato il matrimonio e
sostenendo che la figlia fosse
ancora illibata. Giovanni dovette
piegarsi ai voleri del papa, ma si
vendicò facendo circolare la voce di
un rapporto incestuoso tra Lucrezia
e il padre. Un pettegolezzo falso,
ma a suo tempo ritenuto credibile,
così come quelli sulle fantomatiche
relazioni della giovane con i
fratelli Giovanni e Cesare. Di
certo, dopo la separazione dal
marito Lucrezia fu protagonista di
un grosso scandalo per la relazione
clandestina con Pedro Calderon,
detto Perotto, affascinante ragazzo
alle dipendenze del pontefice, da
cui avrebbe anche avuto un figlio.
La tresca finì male: il 14 febbraio
1498 il cadavere di Perotto fu
ripescato senza vita dal Tevere,
insieme a quello della dama di
compagnia di Lucrezia. Dietro quel
sordido assassinio c’era
probabilmente la mano di Cesare
Borgia, forse desideroso di
“ripulire” la reputazione della
sorella in vista di un suo prossimo
matrimonio.
Vittima e vedova
Ora i Borgia avevano deciso di
legarsi al trono di Napoli, e la
scelta del futuro sposo di Lucrezia
ricadde per questo sul
diciassettenne Alfonso d’Aragona,
duca di Bisceglie e principe di
Salerno, che impalmò la giovane nel
luglio 1498. I progetti di
Alessandro riguardavano anche
Cesare, che tentò di maritare la
figlia illegittima del re di Napoli,
Carlotta d’Aragona, seppure invano.
Quanto a Lucrezia e Alfonso,
sembravano fatti l’uno per l’altra.
Lui era considerato uno degli
adolescenti più belli dell’epoca, e
lei nutriva nei suoi confronti
un’immensa passione. Ma i giorni
felici durarono poco: passò appena
un anno e le trame di famiglia
ripresero il sopravvento. Iniziata
la carriera militare al fianco del
re di Francia, rivale di Napoli, il
turbolento Cesare vedeva in Alfonso
un ostacolo alle sue aspirazioni
politiche, e così lo intimorì fino a
indurlo a lasciare l’Urbe. Alfonso
vi tornò nell’autunno 1499, appena
in tempo per la nascita del figlio,
chiamato Rodrigo in onore del
pontefice. Il suo destino era
comunque segnato: nell’agosto 1500
fu strangolato da un sicario di
Cesare. Ad appena vent’anni,
Lucrezia si ritrovò vedova e con due
matrimoni disastrosi alle spalle.
Nuova vita
Travolta dal dolore,
“l’infelicissima principessa di
Salerno”, come lei stessa si definì,
fu spedita per alcune settimane a
Nepi, vicino Roma, e in quel periodo
di isolamento iniziò un percorso che
l’avrebbe portata ad affrancarsi
dalla morsa di Rodrigo e Cesare.
Dopo aver rifiutato di sposare un
Orsini, partecipò attivamente alla
pianificazione di un nuovo
matrimonio con Alfonso d’Este (di
quattro anni più grande), figlio di
Ercole, duca di Ferrara, anche se
convincerlo fu un’impresa ardua, “poiché
Lucrezia era spuria e coperta di
molte infamie”, racconta lo
scrittore fiorentino Francesco
Guicciardini. Il 2 febbraio 1502, la
Borgia poté finalmente entrare a
Ferrara accompagnata da uno sfarzoso
corteo e con indosso un’appariscente
veste foderata d’ermellino e ornata
d’oro. Su di lei continuavano
intanto a circolare pettegolezzi
d’ogni sorta, ma nel ducato estense
seppe dimostrarsi ben diversa da
come veniva dipinta. Garbata,
intelligente e raffinata, si
guadagnò presto la fiducia del
suocero, del marito e dell’intero
popolo ferrarese. A turbarla giunse
nel 1503 la morte del padre, a
seguito della quale tramontarono
anche le fortune di Cesare, caduto
in disgrazia. Lucrezia tentò di
sostenerlo, ma i suoi sforzi furono
vani (questi fuggirà in Spagna, dove
morirà nel 1507). «Senza dubbio
Cesare e Lucrezia si amavano più di
quanto amassero chiunque altro, e
mantennero la reciproca fedeltà fino
alla fine», conferma la storica.
Mecenate
A Ferrara, Lucrezia pensò anche ad
altro, circondandosi di
intellettuali, artisti e poeti come
Ludovico Ariosto e Pietro Bembo,
sfoggiando un innato savoir faire e
rivaleggiando con la cognata
Isabella d’Este in quanto a
mecenatismo. Con Bembo, in
particolare, tra il 1502 e il 1505
nacque una relazione strettissima,
condita da un appassionato scambio
di lettere. Il poeta arrivò a
dedicarle un’opera a tema amoroso,
Gli Asolani (1505), ma non
sappiamo se la tresca fu solo
platonica o andò oltre, mentre
qualche tempo dopo, Lucrezia ebbe
una relazione con il cognato
Francesco Gonzaga. «D’altronde, il
marito Alfonso non era il tipo
d’uomo da cui la Borgia fosse
naturalmente attratta», scrive
Badford. «Non sarebbero stati fedeli
l’uno all’altra, ma nel corso degli
anni avrebbero sviluppato rispetto
reciproco e un amore profondo».
Tradimenti a parte, una volta
succeduto al padre, Alfonso si fidò
ciecamente della consorte,
affidandogli la gestione della città
nei periodi in cui era assente.
Lucrezia si mostrò all’altezza,
amministrando gli affari politici
nel migliore dei modi. Gli diede
inoltre sette figli, di cui tre
morti prematuramente, e sarà proprio
un’infezione seguita all’ultimo
parto che la stroncherà per sempre,
appena trentanovenne, il 24 giugno
1519. Negli ultimi anni della sua
vita, si era tra l’altro avvicinata
alla religione, fondando un convento
e indossando gli abiti di terziaria
dell’ordine di San Francesco.
“Sono di Dio per sempre”, furono
le sue ultime parole.
Leggenda nera
La morte di Lucrezia fu pianta da
Alfonso e da tutta Ferrara, ma per
secoli l’ombra sinistra dei Borgia
continuò a incombere su di lei. La
“macchina del fango”, scatenata da
detrattori come il pontefice Giulio
II, successore di Alessandro VI, fu
implacabile, e oltre che incestuosa
Lucrezia ne uscì come assassina e
avvelenatrice, al pari degli uomini
della sua famiglia. «La verità è che
visse in un mondo in cui i dadi
erano pesantemente truccati in
favore dei maschi», sentenzia la
storica. L’immagine sinistra della
Borgia fu in seguito sfruttata ad
arte nei romanzi ottocenteschi di
Victor Hugo e Alexandre Dumas, in
un’opera lirica di Donizetti e, più
recentemente, in innumerevoli film.
Tra tante falsità, però, una cosa è
certa: dopo cinque secoli, la sua
triste e turbolenta vita non smette
di affascinare.