N. 65 - Maggio 2013
(XCVI)
LUCIANO LIBERATORE
il filosofo tradizionalista e reazionario
di Tommaso Venezia
Quello
che
viene
proposto
in
questo
articolo,
non
intende
costruire
la
storia
del
filosofo
padre
Liberatore
Luciano,
sacerdote
della
Congregazione
del
Santissimo
Redentore
di
Napoli,
nato
ad
Avella
di
Nola
il
27
Ottobre
1782,
ma
descrivere
e
analizzare
aspetti
significativi
del
suo
pensiero
filosofico
e
politico.
Nello
studio
che
si è
condotto
su
padre
Luciano,
si
ritiene
che
appartiene
a
una
serie
di
religiosi
oltranzisti,
autori
di
manuali
di
più
ligio
conformismo
ecclesiastico,
che
nella
Napoli
di
metà
ottocento
vennero
diffusi
grazie
alla
Reale
Tipografia,
che
suscitarono
sdegno
anche
all’estero,
interessante
fu
lo
sconcerto
del
filosofo
e
diplomatico
inglese
William
Ewart
Gladstone
in
visita
a
Napoli.
Punto
centrale
del
pensiero
filosofico
dei
Tradizionalisti
-
Reazionari
era
la
condanna
della
religione
individuale
fonte
di
disordine
e
anarchia
e
solo
Dio
e la
religione
cattolica
fonte
di
tutto.
I
maggiori
esponenti
di
questo
pensiero
filosofico
fu
Joseph
De
Maistre,
con
la
sua
opera
“Due
Pape”
(1819)
e
Juan
Denoso
Cortes,
con
la
sua
opera
“Saggio
sul
cattolicesimo,
il
liberalismo
e il
socialismo”
(1851).
Tale
pensiero
filosofico
si
opponeva
radicalmente
al
pensiero
liberale
che
si
affermò
in
tutta
Europa
mentre
a
Napoli
la
diffusione
del
pensiero
liberale
avvenne
molto
tardi.
Le
teorie
del
liberalismo
si
diffusero
non
grazie
alle
opere
di
autorevoli
economisti,
come
Adam
Smith
e
David
Ricardo
ma
attraverso
J.
Baptiste
Say
e
Pellegrino
Rossi.
Il
pensiero
filosofico
di
Kant,
fu
per
molti
studiosi
napoletani
espressione
di
grande
interesse
e
studio,
scoperto
grazie
all’eclettismo
napoletano.
Oltre
alle
teorie
di
Kant
si
svilupparono
anche
le
teorie
filosofiche
di
Hegel.
L’hegelismo
a
Napoli
trovò
il
suo
massimo
esponente
nelle
lezioni
di
Bertrando
Spaventa,
con
il
pensiero
filosofico
di
Hegel
si
tentò
di
superare
il “giobertismo”,
il
pensiero
filosofico
più
diffuso
a
Napoli
e
nel
meridione.
Padre
Luciano
pone
la
sua
riflessione
critica
contro
le
teorie
liberale
e
del
concetto
di
stato
laico.
Per
il
filosofo
napoletano
quest’ultimo
concetto
è
detestabile
in
quanto
per
lui
lo
stato
è
qual
cosa
legato
alla
concezione
cristiana
della
società.
Affermare
che
lo
stato
è
laico,
qual
cosa
indipendente
dalle
leggi
morali
della
chiesa
non
è
accettabile
ritiene
che
lo
stesso
sovrano
è un
ministro
di
Dio.
Padre
Luciano
affermava
che
“seppure
l’autorità
è
indipendente
e
avrebbe
avuto
quella
autorità
civile
di
conservare
l’ordine
e
l’unità
della
società
a
sua
volta
lo
stato
sarebbe
stato
annientato
dagli
stessi
uomini
che
lo
costituiscono”,
egli
faceva
l’esempio
della
società
cristiana
e
quella
pagana.
Quest’ultima
riteneva
che
si
prendeva
pensiero
dell’unità
della
società
e
non
dei
diritti
degli
uomini,
invece
la
cristiana
poneva
al
centro
della
società
l’uomo
e i
suoi
diritti
perciò
riteneva
la
società
cristiana
ancora
viva.
Padre
Luciano
affermava
che
con
le
leggi
e
con
le
istituzioni
dei
liberali
si
arriverà
a
una
società
senza
regole,
che
per
governare
tutto
ci
vorrà
la
forza
delle
armi
e
forte
autorità
del
governo.
Quest’ultima
analisi
del
filosofo
tradizionalista
giustificava
quell’ondata
di
repressione
da
parte
della
monarchia
borbonica
sia
livello
politico
che
culturale.
L’esempio
del
filosofo
napoletano
ci
fa
capire
il
tessuto
ideologico
fragile
della
filosofia
liberale
a
Napoli
sarà
fortemente
frenato
dall’impetuoso
affermarsi
delle
forze
conservatrici
sempre
su
posizioni
critica
verso
il
panteismo
della
filosofia
tedesca
e
liberale
europea.
Nel
proseguo
della
ricerca
la
mia
attenzione
si è
soffermata
sullo
scritto
del
filosofo
dal
titolo
“Lo
sviluppo
dei
due
nomi
Dio
e
Popolo
nel
senso
di
Mazzini
e
suoi
seguaci”.
In
questa
opera
padre
Luciano
analizza
con
molto
cura
e
con
grande
senso
critico
il
pensiero
religioso
del
Mazzini.
Libertà,
uguaglianza
e
progresso
sono
concetti
i
quali
Mazzini
vuole
diffondere
in
Italia
e in
Europa.
Secondo
Luciano,
Mazzini
da
un
senso
a
questi
temi
come
elementi
cardini,
non
di
un
pensiero
filosofico,
ma
di
una
vera
religione
che
il
popolo
deve
seguire
e
amare.
Proprio
contro
questo
pensiero
laico
che
il
filosofo
tradizionalista
scrive
nel
1850
“Lo
sviluppo
dei
due
nomi
Dio
e
popolo
nel
senso
di
Mazzini
e
suoi
seguaci”.
In
questo
libro
Padre
Luciano
mette
in
risalto
tutta
la
sua
formazione
cattolica,
tutto
il
suo
pensiero
filosofico.
Si
evidenzia
dai
primi
capitoli
più
che
un
contrasto
ideologico,
un
differente
visione
di
due
religione
tra
quella
cattolica
e
quella
laica
mazziniana.
Il
filosofo
napoletano
capisce
che
questa
nuova
religione
non
pone
più
Dio
al
centro
del
culto
ma è
l’uomo
che
viene
equiparato
a
Dio.
Tra
Dio
e il
popolo
non
c’è
più
quella
netta
divisione,
l’uomo
è
arbitro
di
se
stesso.
Quest’ultimo
punto
è
fondamentale
per
la
sua
analisi,
essendo
l’uomo
senza
punto
di
riferimento
ma
egli
stesso
arbitro
della
propria
vita
porterebbe
l’uomo
verso
l’ateismo,
anzi
al
suo
proprio
annientamento.
Porterebbe
l’uomo
indietro
di
duemila
anni,
dove
i
pagani
sarebbero
identificati
come
nuove
idolatrie
e
l’“Essere
Supremo”
venerato
sul
medesimo
altare
del
Dio
cristiano.
Padre
Luciano
chiama
questa
nuova
religione
come
il
“Nuovo
Protestantesimo”,
che
vuole
svilupparsi
in
Italia
e in
Europa
e
bandire
la
religione
cattolica,
questa
è
l’unico
ostacolo
all’adempimento
dei
mazziniani
per
lo
sviluppo
della
loro
religione.
Il
filosofo
napoletano
da
attento
studioso
analizza
con
molto
cura
le
strade
che
Mazzini
e i
suoi
seguaci
vogliono
portare
avanti
per
lo
sviluppo
della
loro
religione.
La
prima
cercano
di
fare
entrare
la
nuova
religione
poco
alla
volta
nella
società
per
distaccare
la
gente
dalla
religione
cattolica,
la
seconda
è
quella
di
far
credere
alla
gente
di
restituire
alla
religione
cattolica
il
suo
antico
splendore,
fanno
finta
di
venerare
tutti
i
suoi
dogmi
e di
armonizzare
con
la
politica
di
ogni
stato
in
cui
essa
si
trova.
Padre
Luciano
da
cattolico
conservatore,
mette
in
risalto
anche
l’autonomia
che
la
chiesa
cattolica
romana
ha
sui
stati
sovrani,
scrive
“Quanto
alla
religione
cattolica
e ai
suoi
precetti,
il
sovrano
deve
avere
a
gloria
il
sottomettere
l’autorità
e il
suo
trono
a
quella
della
chiesa
del
pontifex
maximus”.
Quindi
per
padre
Luciano
sono
le
leggi
divine,
che
regolano
la
società.
La
società
degli
uomini
ha
bisogno
delle
leggi
divine,
leggi
che
non
cambiano
con
il
passare
del
tempo
sono
essenziali
pere
la
vita
dell’uomo.
Altre
leggi
poi
riguardano
il
modo
per
amministrare
la
stessa
chiesa
e i
suoi
sacramenti.
La
chiesa
non
sarebbe
un
corpo
immaginario
ma
una
istituzione
sovranazionale,
che
regola
con
le
sue
leggi
la
vita
di
ogni
uomo.
Padre
Luciano
respinge
quindi
ogni
interferenza
del
potere
laico
in
quello
religioso,
ribadendo
cosi
quella
autonomia
della
chiesa
cattolica
romana
dallo
stato.
Ritiene
che
è
pericoloso
che
questi
due
poteri
siano
uniti
nelle
mani
sia
esso
un
monarca
sia
lo
stesso
Papa.
Il
padre
redentorista
ricorda
che
ci
sono
stati
nella
storia
dell’uomo
esempi
devastanti
come
nell’antico
Egitto
con
i
faraoni
e
gli
imperatori
romani.
Per
tali
motivi
padre
Luciano
fa
una
forte
critica
ai
“nuovi
protestanti”,
i
quali
non
riconoscono
più
l’autorità
del
Papa
nel
campo
spirituale
e
tendono
di
unire
nello
stato
sia
il
potere
temporale
che
quello
politico,
parla
quindi
di
un
vero
potere
assoluto
dello
stato,
di
una
vera
ascesa
della
dottrina
laica
su
quella
cattolica.
Padre
Luciano
mette
in
risalto
nel
proseguo
del
suo
libro
la
pericolosità
di
questa
nuova
religione.
Temi
come
libertà,
uguaglianza
e
democrazia
porterebbero
la
società
all’anarchia.
Il
teologo
fa
l’esempio
della
Francia
post-rivoluzionaria
(1793).
Queste
falsa
libertà
per
il
padre
redentorista
hanno
per
scopo
di
sopraffare
le
autorità
sia
quella
temporale
sia
spirituale.
Il
fine
ultimo
dei
liberali
è di
sovvertire
le
istituzioni
costituite.
Su
questo
tema
il
filosofo
napoletano
fu
molto
influenzato
dagli
avvenimenti
che
avvennero
negli
anni
1848-49
e la
costituzione
della
Repubblica
Romana.
Alla
fine
del
libro
padre
Luciano
da
una
priorità
più
politica
al
suo
studio.
Ritiene
che
l’unico
scopo
di
Mazzini
e
dei
suoi
seguaci
è
quello
di
riportare
l’Italia
alla
sua
antica
potenza
senza
l’autorità
del
Papa
e
dei
monarchi
ma
sostituendo
a
essi
un
nuova
forma
istituzionale
la
Repubblica.
Su
questi
temi
Padre
Luciano
sarà
sconfessato
dagli
eventi
storici
saranno
proprio
le
idee
democratiche
di
Mazzini
che
si
svilupperanno
e
punto
di
riferimento
per
molti
politici
democratici.
Riferimenti
bibliografici:
V.
Liberatore
Luciano,
Lo
sviluppo
dei
due
nomi
Dio
e
Popolo
nel
senso
di
Mazzini
e
suoi
seguaci
(Napoli,
Stamperia
Reale,
1850).
Bruno
Iorio,
Il
primato
napoletano,
Giacinto
dÈSivo
e la
dialettica
della
Controrivoluzione.
Quaderni
di
sud
europeo,
Napoli,1988.
Antonio
Sarubbi,
Manuale
di
storia
delle
dottrine
politiche,
G.
Giappichelli
editore,
Torino,
1991.