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ARTE


N. 78 - Giugno 2014 (CIX)

Lucas Cranach il Vecchio
IL FASCINO del rinascimento tedesco

di Federica Campanelli

 

Di norma, pensando al Rinascimento vengono alla mente immagini, nomi e stilemi appartenenti all’arte e alla cultura italiane, che in tal periodo vissero uno dei loro periodi più brillanti e prosperi. Tuttavia, non deve sfuggire alla memoria l’esistenza di importanti propaggini rinascimentali che dal XVI secolo si svilupparono oltralpe e in particolare in territorio tedesco. Seppur influenzato dai movimenti artistici di altri paesi come le Fiandre o la stessa Italia, il Rinascimento tedesco riuscì infatti a elaborare un linguaggio proprio e ben distinguibile. In tale contesto, uno dei maggiori artisti fu Lucas Cranach, originario dalla Baviera e noto come “il Vecchio” per distinguerlo dal suo omonimo ultimogenito, brillante allievo e futuro gestore della bottega paterna.

 

Virtuoso incisore e pittore, Cranach nacque nel 1472, in una cittadina dell’alta Franconia da cui prese il nome, Kronach. Probabilmente fu qui, nella bottega del padre Hans, che la sua carriera artistica prese vita; di fatto, però, le uniche notizie certe sulle vicende professionali dell’artista tedesco le abbiamo a partire dal periodo 1501-03, quando, un Cranach ormai trentenne realizzò a Vienna alcune opere pittoriche di carattere religioso e ritrattistico, tra cui il ritratto dell’umanista Johannes Cuspinian e la moglie (Anna Putsch), datato 1502.


Il Cranach introdusse, così, nella ritrattistica tedesca, la maniera di concepire il doppio ritratto come dittico in cui i personaggi, pur trovandosi in due opere distinte, emergono dal medesimo scenario paesaggistico.
 

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Da sinistra a destra: Crocifissione (1503),

Ritratto di Giovanni Cuspiniano e la moglie (1502-1503 circa), San Girolamo (1502)

 

Durante i primi anni di attività, le opere di Cranach manifestano l’eredità del realismo fiammingo e la condotta propria della cosiddetta Scuola del Danubio, ben riconoscibile nell’estrema cura per i dettagli e un rinnovato interesse per il paesaggio naturalistico. Opere come i ritratti sopra citati, il San Girolamo (1502), la Crocifissione del 1503, i successivi Riposo durante la Fuga in Egitto (1504) e il Martirio di Santa Caterina (1506), raccontano di quel retaggio.

 

Un anno sicuramente importante per Cranach fu il 1505. Il principe elettore di Sassonia Federico il Saggio (Federico III di Sassonia), della casata Wettin, lo volle a Wittenberg come pittore di corte. Lucas Cranach, che giunse a corte in sostituzione del veneziano Jacopo de’ Barbari, rimase al servizio dei Wettin per quasi cinquant’anni, vale a dire fino al termine della sua stessa vita, avviando a partire dal 1507 una bottega – passata poi al figlio – che si rivelò molto fortunata.

 

Wittenberg è celebre anche per la presenza di un personaggio-chiave della moderna storia europea: trattasi del monaco Martin Lutero, che presso l’università della città sassone – fondata da Federico III di Sassonia nel 1502 – si dedicò all’esegesi delle Sacre Scritture. Fu alla porta della Schlosskirche (la chiesa del castello di Wittenberg), che Lutero affisse le celebri 95 tesi, denominazione semplificata della Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum, un elenco di enunciai contro la vendita delle indulgenze previste dalla Chiesa.

 

L’artista tedesco fu considerato una personalità di rilievo nell’ambito della Riforma, innanzitutto per l’impegno propagandistico che dimostrò attraverso la grande produzione di ritratti di Lutero, talvolta rappresentato al fianco di altre figure dell’epoca (tra i più celebri si ricordano il dittico del 1529 col Ritratto di Martin Lutero e sua moglie Caterina Bore e quello con il Ritratto di Lutero e Filippo Melantone del 1543).

 

La partecipazione alle vicende del suo tempo, non si esaurì per Cranach con la celebrazione ritrattistica di Martin Lutero: egli era infatti legato al monaco anche da un rapporto di amicizia e di sincera riconoscenza, tanto da testimoniare alle sue nozze avvenute nel 1525. Cranach, dunque, fu protagonista e propagatore delle idee luterane attraverso le parole e i fatti: tra le altre cose si dedicò alla realizzazione delle incisioni per illustrare la “nuova” Bibbia tradotta in tedesco da Martin Lutero, un prodotto editoriale che pare abbia goduto di un ottimo risultato dal punto di vista commerciale.

 

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Da sinistra a destra: Ritratto di Martin Lutero con la moglie Caterina Bore (1529),

Ritratto di Martin Lutero e Filippo Melantone (1543)

 

La svolta luterana si tradusse nell’inevitabile recessione della più classica iconografia sacra, per dar spazio a una pittura che fosse anch’essa riformata, controllata, e che si poté avvalere di un fidato interprete come il Cranach. Il suo linguaggio artistico, tanto innovativo se guardiamo alla maniera “classica” italiana, quanto perfettamente in linea con gli stravolgimenti religiosi e sociali in atto nella Germania dell’epoca, dettò la produzione di un rinnovato corredo iconografico. Dopotutto, Cranach e i suoi contemporanei, dovevano pur far fronte al sensibile calo della domanda di opere a carattere sacro, gettando uno sguardo anche alla committenza aristocratica.

 

Fu così che s’intensificò la produzione di opere le cui tematiche affondavano le loro radici nella tradizione popolare, nell’allegoria, nel fiabesco.

 

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Da sinistra a destra: dalla serie delle Coppie male assortite 1520-30

 

Il tema delle Coppie male assortite, di matrice letteraria, fu, per esempio, proposto più volte – e con grande successo – dalla bottega di Cranach. Sono circa quaranta le opere in cui improbabili coppie di giovani fanciulle e vecchi danarosi, o viceversa, si scambiano strampalate effusioni amorose (nonché denaro). Il messaggio che emerge diverte ma richiama all’attenzione un atteggiamento amorale, corrotto, che rimarca il ridicolo di chi cede a tale condotta.

 

Altro soggetto ricorrente è quello del Nudo, della figura umana dai profili eleganti e dal gusto sovraterreno. Le diafane donne di Cranach si mostrano in pose tipiche dell’ideale rinascimentale italiano, pur rispondendo ai diversi canoni estetici nordeuropei per cui la forma plastica risulta più allungata, i volti di certo meno celestiali rispetto ai personaggi pittorici a cui la nostra tradizione ci ha abituato. La produzione seriale di nudi attraverso i quali l’artista sviluppa tematiche che vanno dall’allegorico al mitologico, fu davvero considerevole.

 

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Da sinistra a destra: Ninfa (1530-34), Ninfa della fonte (1518)

 

Celebre è la sua Ninfa, o sarebbe meglio dire, le sue Ninfe: ad oggi si conoscono sette riproduzioni, tutte realizzate nella sua prolifica bottega tra il 1518 e il 1537 circa, in cui lo stesso soggetto – peraltro già emerso alla fine del XV secolo in Italia – viene declinato secondo piccole ma importanti varianti. Si guardi per esempio alla Ninfa della fonte del 1518: a differenza delle successive sei versioni della medesima composizione, nel primo dipinto la creatura è priva di alcuni attributi iconografici (le pernici e la faretra con arco e frecce) che fanno della ninfa un personaggio mitologico assimilabile a Atalanta – secondo letture a volte “forzate” – a una divinità come Artemide.

 

In molte versioni di Venere e Cupido (come la tavola del 1529, oggi alla National Gallery di Londra) Cranach illustra un Idillio di Teocrito (324-250 a.C. circa): Il Rubatore di favi. Gli scritti dell’autore siceliota fecero la loro comparsa tra i banchi dell’Università di Wittemberg grazie alla traduzione dei testi dell’accademico Georg Sabinus e all’insegnamento del riformatore Filippo Melantone. Quella che dipinge Cranach è una favola morale, dove il piccolo Amore, punto da un’ape mentre ruba un favo di miele, si lamenta per il dolore con la madre Venere. Quest’ultima lo ammonisce, rinfacciandogli: “[...] forse che non se’ tu simile all’api? Sì piccoletto, oh quante piaghe fai”.

 

Il messaggio moralizzatore è chiaro: la ricerca del piacere rappresenta un rischio, sia per l’anima, sia per il corpo.

 

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Da sinistra a destra: Venere e Cupido (1529 circa), Venere (1532), Tre grazie (1531)

 

É ancora il corpo nudo dall’elegante silhouette allungata e dallo sguardo malizioso a incarnare le altre tematiche: il Giudizio di Paride (una prima versione del 1512-1514 e una seconda del 1527), le molte riproduzioni con Adamo ed Eva (tra le più celebri si ricorda la tavola del 1528 oggi agli Uffizi di Firenze), le tavole con le Età dell’oro e Età dell'argento (1530), i diversi dipinti che ripetono il soggetto con le Tre Grazie, le figure di Lucrezia e Venere, nelle loro molteplici versioni, abituarono l’occhio e il gusto dell’Europa dell’epoca, imponendo lo stile di Cranach come una sorta di paradigma della grazia femminile nei territori europei fuori dall’Italia di Tiziano e Raffaello. Non a caso, Cranach è considerato tra i più importanti e produttivi autori di Nudi della storia dell’arte.

 

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Da sinistra a destra: Età dell'oro (1530), Lucrezia (1524), Adamo ed Eva (1528)

 

Un’altra fortunata serie di opere che riscosse grande popolarità a corte – e in breve anche tra i gruppi sociali più abbienti – attinge i suoi soggetti ancora una volta dalla letteratura antica, medievale o dalle storie dell’Antico Testamento, specie quando la donna riveste i panni del potere ottenuto attraverso l’astuzia e la menzogna.

 

Le scene con Aristotele e Fillide, Salomè, Giuditta con la testa di Oloferne, o con Lot e le figlie, si moltiplicarono a dismisura nella bottega dell’artista tedesco, anche per rispondere al successo del tema della Weibermacht (il dominio delle donne), che consolida l’esistente rapporto gerarchico tra i sessi.

 

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Da sinistra a destra: Giuditta con la testa di Oloferne (1530), Aristotele e Fillide (1530)

 

Nel 1547 l’elettore Giovanni Federico I di Sassonia (Giovanni il Magnanimo) fu fatto prigioniero dalle truppe di Carlo V in seguito alla battaglia di Mühlberg. Lucas Cranach lo raggiunse nel 1550 ad Augusta, luogo in cui il principe avrebbe trascorso la sua prigionia.

 

Affezionato artista di corte, pittore propagandista, uomo d’affari: si legge che nell’arco della sua vita, Luca Cranach il Vecchio abbia prodotto, grazie alla sua stimata e infaticabile bottega, circa quattrocento opere (e forse più). Quanto a Giovanni Federico, fu rilasciato nel 1552 e scelse Wimer come nuova sede dell’elettorato sassone. Fu proprio qui che Cranach morì nel 1553.



 

 

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