N. 68 - Agosto 2013
(XCIX)
IL LOUISIANA PURCHASE
QUANDO JEFFERSON SFIDÒ LA PROVVIDENZA
di Giovanni De Notaris
l
“Louisiana
Purchase”
fu
partorito
dalla
lungimirante
mente
di
Thomas
Jefferson
-
terzo presidente degli Stati Uniti d’America
-, che in un unico colpo cacciò via dal nord-America
sia
la
Spagna
che
la
Francia.
All’epoca
difatti
la
Spagna
era
l’unica
potenza
europea
che
a
tutti
gli
effetti
bloccava
l’espansionismo
americano
verso
l’Oceano
Pacifico,
progetto
primigenio
di
Jefferson
quando
ancora
non
era
presidente.
Pochi
mesi
dopo
l’inizio
della
sua
presidenza,
Jefferson
dialogando
con
James
Monroe,
all’epoca
governatore
della
Virginia,
a
proposito
della
sua
idea
di
un’espansione
su
tutto
il
territorio
nordamericano
della
lingua
e
dei
principi
degli
Stati
Uniti,
teorizzava,
per
quanto
riguardava
i
nativi
americani,
una
loro
assimilazione
coatta
o
volontaria;
per
quanto
riguardava
i
neri,
invece,
addirittura
un
loro
rimpatrio
in
Africa.
Jefferson
riteneva
infatti,
che
nulla
avrebbe
potuto
o
dovuto
fermare
la
volontà
che
la
popolazione
americana
aveva
di
espandersi
per
coltivare
la
terra
che
la
“provvidenza”
aveva
loro
donato;
ma
possibilmente
senza
l’uso
delle
armi.
Il
nemico
numero
uno
quindi,
era,
come
detto,
la
Spagna,
che
all’epoca
possedeva
nel
nord-America:
la
Florida,
la
zona
costiera
del
golfo
del
Messico,
tutto
il
territorio
dall’ovest
del
Mississippi
fino
al
Pacifico,
per
non
considerare
il
Messico
stesso
e
altre
colonie
sudamericane.
Una
vera
e
autentica
perenne
minaccia
agli
Stati
Uniti.
Il
territorio
del
Mississippi
era
difatti
vitale
per
il
commercio
americano,
come
pure
il
porto
di
New
Orleans.
Se
non
si
fosse
riusciti
a
impossessarsene
tutto
il
commercio
con
i
territori
del
nord-ovest
sarebbe
stato
compromesso,
in
quanto
sottomesso
all’autorizzazione
spagnola,
limitando
non
solo
la
libertà
di
commercio
e
espansione
statunitense,
ma
rischiando
pure
di
affamare
i
giovani
stati.
Ma,
come
più
volte
è
accaduto
nella
storia
americana,
la
fortuna,
o la
“provvidenza”,
come
è
meglio
nota
al
di
là
dell’Atlantico,
venne
mirabilmente
incontro
alle
ambizioni
del
presidente.
L’impero
spagnolo
difatti
era
sì
grande,
ma
non
più
potente,
ormai
in
bancarotta.
Infatti
nel
1800,
alcuni
rumors
riferiti
dall’ambasciatore
statunitense
a
Londra,
Rufus
King,
riferivano
che
la
Spagna
aveva
venduto,
con
un
trattato
segreto,
tutte
le
sue
colonie
nordamericane
alla
Francia.
Se
questi
rumors
fossero
stati
confermati,
allora
secondo
Jefferson
il
pericolo
sarebbe
stato
ancora
più
grande,
perché,
se
era
vero
che
l’impero
spagnolo
era
in
panne,
la
Francia
di
Napoleone
Bonaparte
procedeva
invece
a
tutto
gas,
essendo
ormai
la
prima
potenza
europea.
E
nella
primavera
del
1803
tutti
i
timori
di
Jefferson
vennero
purtroppo
confermati:
ora
era
la
Francia
la
potenza
da
combattere.
L’ambasciatore
americano
a
Parigi,
Robert
Livingston,
aveva
infatti
confermato
che
la
Spagna
aveva
ceduto
alla
Francia
i
territori
nordamericani
in
cambio
di
alcuni
ducati
in
Italia
come
Parma
e la
Toscana.
In
un
primo
momento
si
considerò,
da
parte
statunitense,
l’ipotesi
di
prendere
quei
territori
con
la
forza,
ma i
giovani
stati,
appena
usciti
dalla
guerra
d’indipendenza
contro
l’Inghilterra,
non
potevano
certo
sopportare
un'altra
guerra.
Livingston
fece
allora
intendere
ai
francesi
che
se
avessero
provato
a
espandersi
in
nord-America,
avrebbero
subito
lo
stesso
destino
che
era
toccato
anni
prima
all’Inghilterra.
Solo
un
bluff
ovviamente.
Jefferson
arrivò
addirittura
a
pensare
che
se
la
Francia
si
fosse
reinstallata
in
nord-America,
gli
Stati
Uniti
avrebbero
dovuto
chiedere
aiuto
alla
flotta
inglese,
atto,
quest’ultimo,
che
avrebbe
tradito
non
solo
tutta
l’impalcatura
su
cui
poggiava
la
diplomazia
jeffersoniana,
ma
anche
la
storia
recente
dei
giovani
stati
americani.
A
quel
punto
allora
il
presidente
ideò
una
seconda
ipotesi:
gli
Stati
Uniti
sarebbero
stati
disposti
a
offrire
6
milioni
di
dollari
alla
Francia
per
l’acquisto
di
New
Orleans
e
della
Florida
dell’ovest.
Se
Napoleone
avesse
accettato,
gli
Stati
Uniti
non
avrebbero
obiettato
al
suo
possesso
di
tutto
il
territorio
della
Louisiana
a
ovest
del
Mississippi.
Ma
in
un
primo
tempo
Napoleone
fu
sordo
a
quelle
richieste.
Vedeva
difatti
la
possibilità
di
usare
le
grandi
risorse
agricole
della
Louisiana
per
soddisfare
i
bisogni
delle
colonie
francesi
nei
Caraibi,
come
Santo
Domingo,
produttore
di
zucchero,
risorsa
piuttosto
proficua
per
la
Francia.
A
quel
punto
Jefferson
decise
di
inviare
in
Francia,
sempre
nella
primavera
del
1803,
Monroe,
per
discutere
dell’acquisto
di
New
Orleans
e
della
Florida
occidentale
e
orientale,
comprendente
gli
attuali
stati
della
Florida,
più
parte
degli
attuali
Louisiana
e
Mississippi.
Napoleone
intanto
aveva
inviato
a
Santo
Domingo
25.000
uomini
guidati
dal
generale
Charles
Victor
Emmanuel
Leclerc
per
ristabilire
l’autorità
francese
sull’isola,
sostenendo
il
governo
guidato
dal
rivoltoso
François
Dominique
Touissant
l’Ouverture,
capo
dei
ribelli
neri,
che
aveva
però
l’incarico
di
sedare
gli
oppositori,
sempre
di
colore,
al
suo
regime
e
alla
Francia.
Chi
non
si
fosse
adeguato
sarebbe
stato
torturato
e
ucciso.
Data
la
difficoltà
di
tenere
l’ordine,
oltre
alle
dilaganti
barbarie,
l’imperatore
considerò
l’idea
di
rendere
schiavi
tutti
i
neri
dell’isola.
Quando
ciò
divenne
palese
però,
la
popolazione
nera,
che
sfiorava
le
500.000
unità,
si
rivoltò.
Leclerc
con
le
sue
truppe,
rinforzate,
giungeva
appena
a
40.000;
una
vera
missione
impossibile.
Al
tentativo
di
ristabilire
l’ordine
contro
la
forza
devastante
degli
insorti,
si
aggiunsero
anche
epidemie
di
febbre
gialla
e
malaria,
che
decimarono
il
già
esiguo
esercito
francese.
Leclerc
comunicò
quindi
all’imperatore
che
l’isola
era
ormai
irrimediabilmente
perduta.
A
quel
punto
il
progetto
di
Napoleone
di
giungere
fino
a
New
Orleans
fallì,
e
così
nell’aprile
del
1803
comunicò
la
sua
decisione
di
vendere
la
Louisiana
agli
Stati
Uniti.
Monroe,
appena
giunto
in
Francia,
non
era
ancora
al
corrente
di
questa
decisione,
e
Livingston
si
trovò
quindi
investito
di
una
grande
responsabilità.
Decise
di
accettare
la
proposta,
anche
se
il
suo
paese
avrebbe
dovuto
sborsare
una
cifra
di
gran
lunga
superiore
a
quella
preventivata.
Il
diplomatico
temeva
difatti
che
se
non
avesse
colto
al
balzo
la
palla,
Napoleone
avrebbe
potuto
cambiare
idea.
Nel
maggio
del
1803,
quindi,
la
Francia
cedeva
agli
Stati
Uniti
l’intero
territorio
della
Louisiana
per
15
milioni
di
dollari.
Si
cominciò
allora
a
discutere
con
la
Francia
sui
confini
precisi
che
il
territorio
dovesse
avere.
Jefferson
propose
una
soluzione
che
andava
dal
Perdido
river,
il
confine
orientale
del
territorio,
nei
pressi
dell’odierna
Pensacola,
comprendendo
inoltre
tutta
la
zona
del
golfo
del
Messico,
all’epoca
la
Florida
occidentale.
La
Spagna
però
protestò
con
forza,
sostenendo
l’illegalità
dell’acquisto,
dato
che
il
governo
francese
aveva
promesso
che
mai
avrebbe
venduto
quel
territorio
agli
Stati
Uniti.
Il
segretario
di
Stato
James
Madison
chiarì
che
la
parola
data
non
era
affatto
rilevante
per
il
suo
governo,
e
che
quindi
era
un
loro
problema.
Ma
adesso,
in
seguito
a
questa
azione
unilaterale
di
Jefferson,
si
poneva
anche
il
dubbio
se
un
presidente
avesse
il
potere
di
agire
senza
l’autorizzazione
del
Congresso.
La
costituzione
difatti
non
prevedeva
l’eventualità
di
un
acquisto
da
parte
del
governo
di
un
territorio
straniero
con
successiva
incorporazione
nell’Unione.
Jefferson
sosteneva
però
che
era
nei
poteri
del
presidente
stipulare
trattati.
Ma
la
sua
azione
andava
comunque
ratificata
dai
2/3
del
Senato.
Difatti
quando
i
padri
fondatori
crearono
la
costituzione
vollero
specificatamente
che
ci
fosse
un
balance
of
powers
tra
i
due
poteri:
l’esecutivo
e il
legislativo.
Questa
azione
di
Jefferson
violava
tali
principi.
Il
presidente
ritenne
allora
che
fosse
il
Congresso
a
ratificare
il
trattato
con
la
creazione
di
un
emendamento
ad
hoc,
che
richiedeva
però
sempre
l’approvazione
dei
2/3
delle
due
camere
del
Congresso,
oltre
ai
3/4
dei
parlamenti
dei
singoli
stati,
di
modo
che,
secondo
Jefferson,
si
potesse
trasformare
l’acquisto
da
un’azione
esecutiva
a
una
congressuale.
Mentre
però
si
discuteva
sulle
modalità
della
ratifica
del
trattato,
il
tempo
passava,
e
sembrava
che
Napoleone
ci
stesse
ripensando.
Cosicché
si
pensò
di
tralasciare
l’emendamento
e di
passare
direttamente
all’approvazione
del
Congresso,
che
lo
approvò
in
soli
tre
giorni,
sotto
forma
di
trattato
internazionale,
dividendo
il
territorio
della
Louisiana
in
due
distretti
federali:
quello
della
Louisiana
e
quello
di
New
Orleans.
Un
ultimo
problema
che
si
pose
fu
poi
come
integrare
e
gestire
il
grande
territorio,
praticamente
ancora
inesplorato.
Jefferson
sosteneva
che
l’integrazione
tra
i
due
territori
sarebbe
avvenuta
reciprocamente
e
spontaneamente,
con
la
colonizzazione
dei
coltivatori
americani.
Nulla
di
traumatico
insomma.
Per
concludere
si
può
dire
che
per
quanto
Jefferson
non
possedesse
l’autorità
costituzionale
per
acquistare
la
Louisiana,
la
cosa
andava
comunque
fatta
nell’interesse
della
nazione.
E
con
il
senno
di
poi
si
capisce
come
il
grande
statista
agì
bene
e
tempestivamente,
intuendo
fin
da
allora
che
per
fare
degli
Stati
Uniti
una
potenza
mondiale,
l’espansione
in
tutto
il
territorio
nordamericano,
dall’Atlantico
al
Pacifico,
era
un
passaggio
obbligato.
Ma,
per
ottenere
questo,
bisognava
appunto
forzare
la
“provvidenza”
.