N. 26 - Febbraio 2010
(LVII)
Louise Nevelson
“Da Kiev a New York”
di Michele Broccoletti
Louise
Berliawsky
Nevelson,
conosciuta
meglio
come
Louise
Nevelson,
viene
probabilmente
considerata
tra
gli
artisti
americani
più
illustri
del
secondo
dopoguerra.
Kiev,
allora
appartenente
alla
Russia
zarista,
è la
città
che
diede
i
natali,
il
23
Settembre
1899,
a
Louise
Nevelson.
Poco
dopo
la
nascita
della
figlia,
il
padre
di
Louise,
Isaac
Berliawsky,
che
era
un
commerciante
di
legname,
decise
di
emigrare
negli
Stati
Uniti:
la
piccola
Louise
si
sentì
abbandonata
e
per
questo
smise
di
parlare
per
sei
mesi.
Louise
dovette
aspettare
il
1905,
quando,
all’età
di
sei
anni,
poté
ricongiungersi
al
padre,
trasferendosi,
insieme
con
tutta
la
famiglia,
negli
Stati
Uniti,
a
Rockland,
nello
stato
del
Maine.
Essendo
nata
in
una
famiglia
ebrea
ortodossa,
durante
la
gioventù
Louise
dovette
affrontare
le
discriminazioni
dei
sui
coetanei,
che
furono
superate
soprattutto
grazie
all’aiuto
di
un
parroco
cattolico
di
Rockland.
Per
fortuna
però,
in
America
il
padre
di
Louise
divenne
presto
un
costruttore
di
successo
e,
oltre
a
possedere
un
importante
deposito
di
legname,
intraprese
anche
l’attività
di
agente
immobiliare.
Anche
grazie
alle
ricchezze
accumulate
dal
padre,
Louise,
ormai
naturalizzata
statunitense,
poco
dopo
aver
raggiunto
la
maturità,
poté
sposarsi,
nel
1920,
con
Charles
Nevelson.
I
due
giovani
coniugi
si
spostarono
a
New
York,
dove
Louise
iniziò
a
studiare
la
pittura,
il
disegno,
il
canto
e
l’arte
drammatica.
Dall’unione
nacque
Myron
Nevelson,
ma
la
coppia
si
separò
nel
1931,
dopo
soli
dieci
anni
di
matrimonio.
Uncomfortable
MemoriesProprio
all’inizio
degli
anni
’30,
Louise
Nevelson
si
iscrisse
ad
un
corso
presso
l’Art
Students
League
di
New
York,
dando
avvio
a
quella
che
fu
la
sua
formazione
artistica.
Per
circa
due
anni
collaborò
con
il
pittore
tedesco
Hans
Hofmann,
grazie
al
quale
conobbe
il
cubismo,
e
viaggiò
in
Europa,
visitando
Monaco,
Berlino
(ebbe
il
coraggio
di
andare
in
Germania
in
un
momento
in
cui
tutti
gli
ebrei
cercavano
di
fuggire…),
Vienna
ed
altre
città
dell’Italia
e
della
Francia.
In
seguito
divenne
l’assistente
di
Diego
Rivera
con
il
quale
lavorò,
per
alcuni
progetti,
a
New
York
ed a
Città
del
Messico.
Dal
1933
Louise
Nevelson
iniziò
ad
esporre
i
propri
lavori,
principalmente
costituiti
da
incisioni
e
pitture,
mentre
è
nel
1936
che
cominciò
ad
esporre
anche
le
prime
sculture,
per
arrivare
al
1941,
anno
in
cui
l’artista
realizzò
la
sua
prima
mostra
personale,
presso
la
Nierendorf
Gallery
di
New
York.
Tra
il
1949
ed
il
1950,
Louise
Nevelson
si
diede
allo
studio
ed
all’approfondimento
di
ulteriori
tecniche
artistiche,
utili
per
la
lavorazione
della
terracotta,
dell’alluminio
e
del
bronzo.
In
questi
anni
lavorò
presso
lo
Sculpture
Center
di
New
York
e
Atelier
17.
Alla
seconda
metà
degli
anni
Cinquanta
invece,
risale
la
sua
prima
serie
di
sculture
in
legno,
create
con
assemblaggi
di
oggetti
di
scarto,
che
vengono
riciclati
dall’artista,
la
quale
li
trasforma
letteralmente
in
opere
d’arte.
Nelle
sue
sculture,
la
Nevelson
pratica,
in
funzione
simbolica,
il
monocromo,
passando
dal
nero
opaco
(anni
’55-’59),
al
bianco
(anni
’59-’60),
all’oro
(anni
’60-’61),
per
arrivare
all’utilizzo
di
materiali
luminosi
e
trasparenti,
quali
lo
specchio,
l’alluminio
ed
il
plexiglass.
Sicuramente
la
Nevelson
è
tra
i
primi
artisti
americani
che
trasformò
l’arte
dell’assemblaggio
in
un
proprio
punto
di
forza,
rendendo
indistinti
i
confini
esistenti
tra
scultura,
collage
e
lavorazione
del
legno.
Incastonando
casse
impilate,
con
pezzi
di
legno
di
ogni
genere
e
con
materiali
di
scarto
raccolti
in
ogni
angolo
delle
strade
di
Manhattan,
nascevano
architetture
astratte,
barocche
e
monumentali,
che
suggeriscono
un
mondo
poetico
ed
immaginario.
Unendo
insieme
oggetti
che
la
gente
comune
gettava
via,
Louise
Nevelson
riusciva
a
ridare
vita
ai
più
disparati
materiali,
che
acquistavano
una
sorta
di
“vita
spirituale”,
superiore
alla
vita
per
la
quale,
gli
stessi
oggetti
erano
originariamente
stati
creati.
Alcuni
musei
iniziarono
ad
acquistare
le
sue
opere
ed i
suoi
lavori
già
negli
anni
’50:
gradualmente,
anche
grazie
alle
continue
esposizioni
personali
(in
tutto
si
contano
135
mostre,
tra
cui
annoveriamo
anche
una
retrospettiva
postuma,
organizzata
nel
1994
al
Palazzo
delle
Esposizioni
di
Roma),
aumentò
e si
diffuse
la
fama
di
Louise
Nevelson,
la
quale
presto
venne
impegnata
da
numerose
commissioni
pubbliche,
che
richiesero
la
produzione
di
sculture
monumentali
e di
grandi
dimensioni.
La
fama
dell’artista
americana,
nel
corso
del
tempo,
aumentò
in
maniera
esponenziale,
al
punto
che
la
stessa
Nevelson,
durante
tutto
l’arco
della
sua
carriera,
fu
omaggiata
con
premi
e
riconoscimenti
importanti
ed
ebbe
l’onore
di
ricoprire
prestigiose
posizioni
di
leadership
all’interno
di
associazioni
e
comunità
artistiche.
Attualmente,
le
opere
di
Louise
Nevelson
sono
conservate
in
oltre
80
musei
e
collezioni
sparse
in
tutto
il
mondo.
Scomparsa
nel
1988,
Louise
Nevelson,
arrivata
bambina
negli
Stati
Uniti,
ha
assistito,
durante
la
sua
vita,
ad
eccezionali
eventi
storici,
ma a
sua
volta
è
stata
anche
protagonista
e
promotrice
di
importanti
cambiamenti
artistici,
tramite
la
creazione
di
un
unico
linguaggio
visivo,
che
probabilmente
le
vale
il
titolo
di
“grande
donna
della
scultura
contemporanea”.
Nel
mondo
dell’arte,
complicato,
difficile
e
dominato
dagli
uomini,
Louise
Nevelson
riesce
ad
imporsi
come
artista
e
come
donna
allo
stesso
tempo,
concentrandosi
sul
lavoro
e
seguendo
il
proprio
personale
stile.
Evitando
in
continuazione
le
varie
etichettature,
(di
volta
in
volta
il
suo
lavoro
è
stato
ricondotto
al
Cubismo,
al
Dadaismo,
al
Surrealismo,
all’Espressionismo
Astratto,
al
Minimalismo,
al
Femminismo
e
all’Arte
delle
Istallazioni…)
Louise
Nevelson
si
mostra
come
una
donna
di
grande
determinazione,
capace
di
difendere
il
suo
status
di
donna-ebrea-emigrante…
Louise
Nevelson
è
sicuramente
una
delle
artiste
più
significative
del
ventesimo
secolo.