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N. 64 - Aprile 2013 (XCV)

LISIPPO
IL PASSAGGIO DALLA SCULTURA CLASSICA ALL’ELLENISMO - PARTE II

di Massimo Manzo

 

L’Apoxyòmenos è forse l’opera più famosa di Lisippo, nonché l’emblema delle sue innovazioni stilistiche. Meritano però un accenno altre due statue di atleti attribuite all’artista di Sicione, delle quali incredibilmente conserviamo gli originali in bronzo. Si tratta dell’”Atleta vittorioso” (più comunemente noto come Atleta di Fano), e del “Pugile delle terme” (o Pugile in riposo).

 

Il primo, oggi conservato al Getty Museum di Los Angeles, è ancora al centro di un’aspra polemica tra lo Stato italiano e il museo statunitense. Le autorità italiane lo reclamano, convinti che la cessione al Getty sia illegale; gli americani sostengono invece che la statua fu trovata in acque internazionali e quindi l’Italia non avrebbe diritto di rivendicarla.

 

C’è un unico aspetto sul quale i due contendenti concordano: il bronzo è sicuramente un capolavoro. Il giovane atleta è rappresentato mentre si cinge il capo con una corona d’olivo o d’alloro, simbolo della vittoria nelle competizioni sportive dell’antichità.

 

La posa è rilassata, l’atteggiamento calmo e sicuro.  Probabilmente la statua faceva parte di un complesso monumentale celebrativo; a Olimpia forse, o a Delfi, secondo altri. È inoltre uno dei pochi bronzi greci a grandezza naturale giunti sino a noi. 

 

L’attribuzione a Lisippo è supportata, oltre che da considerazioni stilistiche e dalla concordanza delle fonti antiche, anche dall’esame del carbonio 14, il quale colloca l’opera tra il IV e il II secolo a.C..

 

La paternità del “Pugile delle Terme”, invece, non è stata sempre così chiara. Molti studiosi nel corso del tempo lo ritennero prodotto di uno scultore successivo, Apollonio, forse fuorviati dalla firma di quest’ultimo incisa sul guantone. Oggi la maggior parte degli esperti ritiene che si tratti di un originale lisippeo, o quantomeno attribuibile alla sua scuola. L’elemento più impressionante di questa scultura, giuntaci in condizioni quasi perfette e conservata al Museo Nazionale Romano, è il suo estremo realismo.

 

Il pugile è ritratto seduto, in un momento di riposo appena dopo il combattimento. La testa è girata verso destra, come se qualcuno o qualcosa avesse improvvisamente attirato l’attenzione dell’uomo. La maestria dell’autore traspare chiaramente dai particolari, che rendono soprattutto il volto del soggetto spaventosamente simile a quello di un vero pugile, provato da mille scontri. 

 

In uno degli occhi si nota un ematoma, Il labbro è leggermente affossato, a causa della perdita dei denti superiori, il viso e le orecchie sono pieni di cicatrici e graffi, il setto nasale è rotto. Tutti questi dettagli sono visibili grazie all’utilizzo per le rifiniture di leghe metalliche dalle sfumature diverse rispetto al bronzo del resto della statua. Un espediente ingegnoso quest’ultimo, degno di un grande maestro.

 

Nel campo della ritrattistica le innovazioni introdotte da Lisippo sono altrettanto rivoluzionarie. Gli aspetti fondamentali del futuro registro ellenistico sono tutti anticipati dall’artista di Sicione. Nel corso della sua carriera, egli ritrasse numerosi personaggi sia contemporanei che del passato.

 

Per ognuno, lo scultore riuscì a trovare una formula che si adattasse perfettamente al soggetto. Ancora una volta Plinio coglie con una breve affermazione l’essenza dei ritratti lisippei: “Soleva dire comunemente [Lisippo] che gli antichi riproducevano gli uomini per come erano, egli invece come all’occhio apparivano. Una sua caratteristica è di aver osservato e figurato i particolari e le minuzie anche nelle cose più piccole”.

 

Lisippo, insomma, riesce a conciliare nello stesso ritratto il verismo dei lineamenti fisici con la perfetta resa psicologica del personaggio.

 

Un esempio emblematico è il celeberrimo ritratto di Alessandro magno della Gipsoteca di Monaco, oggi conservato in numerose copie. In esso, l’abitudine del macedone di reclinare il capo leggermente verso destra viene fedelmente rappresentata, ma diventa per l’osservatore un indizio prezioso del carattere. L’aggiunta di questo semplice elemento riesce infatti a donare l’immagine di un sovrano ispirato, quasi in contatto diretto con gli dei.

 

Il successo del ritratto lisippeo è senza precedenti, tanto da farlo diventare il simbolo per eccellenza della regalità. In altri termini, qualunque ritrattista successivo intenda effigiare un re o un potente, dovrà ineluttabilmente fare i conti con l’artista di Sicione.

 

Lo stesso Alessandro fu talmente stupito dal risultato da vietare tassativamente ad altri scultori di ritrarlo: solo Lisippo avrebbe potuto tramandare il suo aspetto ai posteri.

 

Non bisogna sottovalutare l’immensa ammirazione che il macedone nutriva nei confronti dello scultore. Al contrario, la circostanza conferma le doti innate di quest’ultimo, in grado di comprendere immediatamente la personalità dei suoi “modelli” e di riuscire a tradurla efficacemente in arte.

 

È curiosa la somiglianza tra Alessandro e Lisippo. In fondo, ognuno nel proprio campo ha incarnato la “chiave di volta” che nell’arco della storia congiunge il vecchio al nuovo.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

P. Moreno, Lisippo, Bari 1975;

G. M. A. Richter, L’arte greca, Torino 1969;

A. Giuliano, Storia dell’arte greca, Roma 1998.



 

 

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