N. 149 - Maggio 2020
(CLXXX)
La
licantropia
nel
pensiero
degli
studiosi
dell’età
moderna
Trattati
e
processi
di
Enrico
Targa
L’uomo
lupo
come
metamorfosi
fisica
pose
molti
problemi
interpretativi
e
suscitò
una
certa
incredulità
nei
pensatori
e
negli
studiosi
fin
dall’antichità
greca.
Plinio
il
Vecchio
sostenne
che
la
metamorfosi
da
uomo
a
lupo
era
impossibile
da
realizzarsi
e il
medico
greco
Areteo
di
Cappadocia
paragonò
la
licantropia
a
una
malattia.
Lo
stato
dei
lupi
mannari,
dopo
l’avvento
del
Cristianesimo,
fu
incompatibile
con
l’insegnamento
della
Chiesa
cattolica
romana,
perché
la
Bibbia
non
fornì
alcuna
spiegazione
e
ciò
costrinse
i
teologi
a
una
serie
di
formulazioni:
affermando
che
il
demone
può
trasformare
i
corpi
umani
in
quello
di
un
lupo
grazie
ai
poteri
magici,
contraddissero
una
delle
basi
della
religione
cristiana
secondo
la
quale
solo
Dio
ha
il
potere
della
creazione.
La
spiegazione
che
un
demone
o
uno
stregone
potessero
gettare
l’anima
umana
nel
corpo
di
un
lupo
venne
respinta
perché
il
principio
dell’alterazione
della
realtà
divina
implicava
che
il
demone
o lo
stregone
avessero
poteri
equivalenti
a
quelli
di
Dio.
Una
spiegazione
sviluppata
nel
Medioevo
da
San
Tommaso
d’Aquino
fu
che
“il
diavolo
è
un’illusione
e
solo
Dio
può
compiere
veri
miracoli,
ma i
demoni
possono
compiere
falsi
miracoli,
far
apparire
le
cose
inesistenti,
far
apparire
un
oggetto
in
una
forma
che
non
è
suo
e
nascondere
ciò
che
è
realmente
lì
per
far
credere
alla
gente
che
manchi”.
San
Tommaso
d’Aquino
riprese
i
testi
di
Sant’Agostino
di
Ippona,
che
nell’opera
De
civitate
Dei
(413-426)
sostenne
che
le
metamorfosi
sono
illusioni
del
Diavolo
che
non
influiscono
né
sul
corpo
né
sull’anima,
ma
sul
fantasma,
cioè
una
sorta
di
“immagine
spettrale”
dell’uomo.
La
metamorfosi
in
un
lupo
era
quindi
descritta
come
un’illusione
percepita
dai
sensi.
I
dubbi
continuarono
anche
nel
corso
del
XVI
e
XVII
secolo
in
piena
Controriforma,
nonostante
gli
scettici,
soprattutto
medici,
rischiavano
di
essere
accusati
di
collaborare
con
gli
stregoni.
Il
medico
Jean
Wier
mette
in
dubbio
la
licantropia
nel
Praestigiis
daemonum
pubblicato
nel
1564,
proprio
come
Paulus
Zacchias
in
Quaestio
medico-legales
nel
1651.
Anche
se
alcune
fonti
autorevoli
smentirono
la
metamorfosi
da
uomo
a
lupo,
la
credenza
dell’esistenza
dei
lupi
mannari,
con
annessi
omicidi
orribili
di
cui
vennero
accusati,
perdurò
fino
all’inizio
del
XVIII
secolo
e
gli
uomini
sospettati
di
licantropia
furono
puniti
con
norme
molto
severe.
Nel
XV
secolo,
l’imperatore
germanico
Sigismondo
di
Lussemburgo
riunì
un
collegio
il
quale
confermò
l’esistenza
lupi
mannari.
Nel
XVI
e
XVII
secolo,
ci
furono
diverse
prove
di
licantropi.
Nel
1589
ebbe
luogo
il
processo
e
l’uccisione
di
Peter
Stumbb,
famoso
serial
killer
tedesco
reo
di
praticare
il
cannibalismo.
Era
conosciuto
come
il
lupo
mannaro
di
Bedburg.
Durante
il
suo
processo,
sostenne
che
il
diavolo
gli
donò
una
cintura
magica
capace
di
trasformarlo
in
un
lupo
avido,
molto
vorace
e
potente
con
grandi
occhi
spalancati
che
brillavano
come
il
fuoco
di
notte,
una
bocca
grande
e
larga
con
denti
aguzzi,
un
corpo
enorme
e
gambe
potenti.
Successivamente
al
ritrovamento
dei
corpi
di
tredici
bambini
e
due
donne
incinta
venne
giustiziato
insieme
alla
compagna
e
alla
figlia.
Nell’autunno
del
1573,
quando
infuriava
una
terribile
carestia,
gli
abitanti
della
regione
settentrionale
di
Dole
furono
terrorizzati
da
crimini
commessi
contro
bambini
ritrovati
fatti
a
pezzi
e
divorati.
In
seguito
all’autorizzazione,
a
tutti
i
cittadini,
del
parlamento
di
Dole
di
“radunarsi
con
spade,
alabarde,
picche,
archibugi
e
bastoni”,
il
sospetto
cadde
su
Gilles
Garnier,
un
emarginato
che
viveva
con
la
moglie
nella
foresta
di
Serre
nell’eremo
di
Saint-Bonnot,
comune
di
Amange.
Fu
portato
da
un
gruppo
di
residenti
alla
corte
di
Dole.
Garnier
confessò
e il
verbale
della
corte
del
18
gennaio
1574
sentenziò
che:
“Gilles
Garnier,
caduto
in
stregoneria,
avendo
preso
e
ucciso
diversi
bambini
dai
6 ai
12
anni
sia
con
le
mani
che
sembravano
zampe
che
con
i
denti,
la
Corte
oggi
condanna
di
essere
trascinato
a
testa
in
giù
su
un
ostacolo
dal
portiere
di
Dole
al
tumulo
di
questo
luogo
e di
essere
bruciato
vivo
(…)”.
Una
delle
sue
accuse
era
di
aver
commesso
questo
atto
il
venerdì,
giorno
in
cui
il
consumo
di
carne
era
proibito.
Sentenza
(1574)
della
corte
di
Dole
che
condanna
Gilles
Garnier
come
un
lupo
mannaro
Infine
nel
1603
in
Aquitania,
Jean
Grenier
un
bambino
di
tredici
o
quattordici
anni,
fu
accusato
di
essere
un
lupo
mannaro.
Anche
se
mostrava
qualche
ritardo
mentale
era
tuttavia
considerato
responsabile
delle
sparizioni
dei
bambini,
incluso
quello
di
un
bambino
nella
sua
culla.
Arrestato,
ammise
di
aver
divorato
quindici
bambini
e
affermò
di
essere
il
figlio
di
un
prete.
In
realtà,
durante
le
indagini,
suo
padre
risultò
essere
un
contadino
molto
violento
nei
confronti
del
proprio
figlio
malato,
e
questa
violenza
domestica
spinse
Jean
alla
fuga.
Abbandonato
a sé
stesso,
esercitò
saltuariamente
il
lavoro
di
pastore
impegnato
a
viveva
di
elemosina
in
uno
stato
d’indigenza
tale
da
farlo
apparire
come
un
vero
e
proprio
selvaggio.
Il
giudice
prendendo
in
considerazione
la
sua
età
e le
sue
disabilità
ordinò
il
suo
internamento
a
vita
in
un
chiostro.
Sette
anni
dopo,
Pierre
de
Lancre
lo
visitò
e lo
trovò
scheletrico
con
gli
occhi
infossati
e
bruciati
da
un
bagliore
inquietante,
le
sue
mani
sembravano
artigli
con
unghie
curve,
i
suoi
denti
erano
lunghi
e
appuntiti.
Imitava
i
lupi,
si
muoveva
a
carponi
e
con
agilità.
Si
era
sempre
rifiutato
di
mangiare
normalmente
e
preferiva
divorare
la
sporcizia.
Un
anno
dopo
questa
visita,
Jean
Grenier
morì
lasciando
il
ricordo
duraturo
del
bambino
lupo.
Questo
clima
era
alimentato
da
opere
estremamente
violente
nei
confronti
dei
licantropi,
un’opera
su
tutte
era
il
celebre
Malleus
Maleficarum
pubblicato
nel
1486,
che
costituì
un
vero
manuale
non
solo
per
la
caccia
alle
streghe,
ma
anche
ai
licantropi.
Il
noto
giurista
Jean
Bodin
pubblicò
nel
1580
il
famoso
Trattato
La
démonomanie
des
sorciers
traité
ou
la
sorcellerie
et
réquisitoire
contre
les
sorciers.
Questo
lavoro
mirava
alla
ricerca
incessante
e
alla
punizione
di
tutti
i
colpevoli
di
stregoneria,
compresi
i
licantropi
ovviamente
oramai
odiati
dagli
inquisitori
e
uno
dei
più
famosi,
Henry
Boguet
(1550.1619),
dovette
giudicare
nove
casi
riguardanti
lupi
mannari
a
Saint-Claude.
Secondo
Boguet,
il
lupo
mannaro
era
una
manifestazione
diretta
dell’intervento
del
diavolo:
Satana
abbandonò
il
licantropo
addormentato
in
un
cespuglio
e
tirò
fuori
un
lupo.
L’animale
divenne
il
capro
espiatorio
di
tutti
i
crimini
presenti
nella
mente
del
dormiente,
disturbando
la
sua
immaginazione
al
punto
che
“la
vittima
crede
davvero
di
essersi
trasformato
in
un
lupo
e di
correre
in
campagna
uccidendo
uomini
e
animali”.
La
realtà
della
trasformazione
fisica
era
messa
in
discussione,
ma
il
lupo
mannaro,
in
questo
caso
l’uomo,
era
comunque
considerato
responsabile
delle
sue
azioni,
in
particolare
il
fatto
di
aver
stretto
un
patto
con
il
demone,
un
atto
imperdonabile.
Altri
grandi
pensatori
dell’età
moderna
accusarono
i
licantropi
di
trattare
con
il
demone,
tra
cui
Jacob
Horstius
(1537-1600),
professore
di
medicina
presso
l’Università
di
Helmstedt
e
autore
dell’opera
De
Aureo
Dente,
che
sostenne
che
il
Diavolo
preferibilmente
attacca
le
carnagioni
malinconiche
e
timide.
Nel
1546,
Paracelso
descrive
nel
suo
De
Natura
le
trasformazioni
nel
lupo
come
reali,
nel
1585,
Hermann
Witekind
professore
all’Università
di
Heidelberg
afferma
che
la
metamorfosi
operata
da
streghe
e
stregoni
fosse
un’illusione
ottica
provocata
dal
diavolo
e
testimonia
un
suono
incontro
con
un
licantropo
nell’opera
Christlich
bedenken
und
erinnerung
von
Zauberey
e
nel
1573,
Ambroise
Paré
descrisse
la
licantropia
e
l’impotenza
maschile
come
opere
del
demone
in
Mostri
e
meraviglie.
Altri
autori
meno
noti
abbondano
nella
stessa
direzione:
Peucer
in
Des
divinations
e
Pierre
Borel
nel
1674.
Lo
scrittore
Collin
de
Plancy
studioso
di
esoterismo
e
accanitamente
anticristiano
tanto
da
essere
accusato
di
satanismo
e
autore
dell’opera
di
demonologia
Dizionario
infernale,
poi
convertitosi
alla
fede
cattolica
(1794-1881),
affermò
che
decine
di
migliaia
di
altre
persone
sospettate
di
licantropia
sarebbero
morte
nel
corso
dei
secoli
XVI
e
XVII,
vittime
della
punizione
popolare
e
senza
alcuna
altra
forma
di
processo.
Secondo
il
saggista
Jean
Marigny,
tra
il
1520
e la
metà
del
XVII
secolo,
ci
furono
circa
trentamila
casi
di
licantropia
in
Europa.
L’autore
Ian
Woodward
(n.
1939)
arriva
al
punto
di
attribuire
questa
figura
solo
al
regno
di
Francia.
Tuttavia,
il
critico
e
saggista
Michel
Meurger
(n.
1946)
contesta
l’eccesso
di
questi
cosiddetti
trentamila
casi
poiché
conta
solo
poche
centinaia
di
procedure
contro
i
lupi
mannari
europei
tra
il
XVI
e il
XVII
secolo.
Gli
studi
storici
hanno
dimostrato
che
le
popolazioni
rurali
credevano
fortemente
nell’esistenza
fisica
di
questi
“uomini
lupo”
accusati
di
devastare
la
campagna
e
attaccare
animali
ed
esseri
umani,
a
tal
punto
da
catalizzare
la
rabbia
popolare
verso
un
individuo
colpevole
di
essere
un
lupo
mannaro.
In
alcuni
casi,
c’erano
prove
di
omicidio
e
cannibalismo
contro
l’imputato,
ma
nessuna
associazione
con
i
lupi,
in
altri
invece
le
persone
erano
semplicemente
terrorizzate
dai
lupi.
In
Europa,
dal
XV
al
XVIII
secolo,
le
prove
contro
i
lupi
mannari
si
moltiplicarono
e i
colpevoli
furono
bruciati
vivi.
Quando
un
abitante
del
villaggio
era
sospettato
di
essere
un
lupo
mannaro,
di
solito
veniva
catturato
e
scuoiato
vivo
perché
secondo
la
leggenda
i
peli
del
lupo
si
nascondevano
sotto
la
pelle.
All’inizio
del
XVII
secolo,
la
stregoneria
fu
condannata
da
Giacomo
I
d’Inghilterra,
che
considerava
i
licantropi
vittime
di
un’illusione
causata
da
“una
sovrabbondanza
di
natura
malinconica”.
In
Francia,
fu
solo
il
21
luglio
1682
con
la
chiusura
della
Chambre
ardente
che
furono
proibiti
i
processi
di
stregoneria
e
licantropia.
L’ultima
esecuzione
legale
per
stregoneria
in
Europa
si
tenne
a
Clarus,
nella
vicina
Svizzera
nel
1782.
Riferimenti
bibliografici:
Michel
Pastoureau,
Le
loup:
une
histoire
culturelle,
Éditions
du
Seuil,
Paris
2018.
Gaël
Milin,
Les
chiens
de
Dieu:
la
représentation
du
loup-garou
en
Occident
(XIe-XIXe
siècles),
Brest,
Université
de
Bretagne
Occidentale,
coll.
«Cahiers
de
Bretagne
occidentale»
(no
13),
1993.