N. 19 - Dicembre 2006
QUALE FUTURO PER L'EUROPA?
Lezione magistrale di Joseph Borrell
Fontelles
di
Federica Santamaria
La
XV inaugurazione dell’anno accademico dell’Università
degli Studi Roma Tre si è impreziosita della presenza
del Presidente del Parlamento Europeo, Josep Borrell
Fontelles, che ha tenuto una lección magistral sul
futuro incerto dell’Europa.
La
vecchia Europa, come lui la definisce, si pone di
fronte alle sfide internazionali e future con gravi
problemi da risolvere per sciogliere il nodo
dell’incertezza sul futuro di questo continente. Egli,
nel ricordare la firma dei Trattati di Roma, avvenuta
nel 1957, sottolinea l’importanza del nostro paese nel
processo di costruzione europea e, allo stesso tempo,
rivela una certa amarezza per la mancata ratifica del
Trattato Costituzionale, firmato nel 2004, il cui
testo originale viene conservato proprio a Roma.
Il
suo intervento, però, si focalizza sul tema della
pace, che per i giovani è dato come un fattore
naturale ma che fu un problema urgente che si posero i
Padri Fondatori della Comunità, e la globalizzazione,
che è la sfida presente e futura dell’Europa. Una
sfida per una globalizzazione equa, che tenda a
ridurre i cambiamenti climatici, il flusso migratorio
e sappia trovare un proprio modo di rispondere
all’evoluzione rapida che connota ormai il resto del
mondo. La risposta a queste sfide condizionerà la
nostra vita e quella dei nostri figli.
Egli
individua un problema centrale da risolvere:
l’invecchiamento delle popolazioni. Proprio l’Italia è
considerata come il fanalino di coda nelle statistiche
sulla natalità: si può già pensare che l’italiano è
una “specie” in via di estinzione, che non si
riproduce perché vive in un contesto sfavorevole e
senza speranza per il futuro, derivante maggiormente
dal lavoro precario.
L’invecchiamento dell’Europa, secondo Borrell, porta a
gravi conseguenze, quali: 1) conseguenze economiche e
sociali; 2) conseguenze derivanti dalle nostre
politiche di immigrazione. Da qui ne devono derivare
risposte concrete dall’Europa. Egli rende noti dati
statistici che vedrà gli europei diventare in futuro
solo il 5% della popolazione mondiale, che potrà
migliorare solo con un tasso di natalità pari al 2,1%
(oggi la media europea si attesta all’1,5%). Inoltre,
si hanno solo dieci anni per trovare rimedio al
cambiamento climatico in atto, che porterà a
catastrofi naturali.
Un’altra sfida a cui l’Europa deve rispondere è quella
proveniente dalle due potenze emergenti, quali Cina e
India, che registrano, rispettivamente, un tasso di
crescita del 10% e del 6%, mentre quello europeo si
attesta solamente al 1,5%-2%. Inoltre, l’India nel
2030 diventerà il paese più popolato al mondo e con la
popolazione più giovane. Egli sottolinea come queste
due potenze percepiscano l’Europa come un continente
in rovina, o con sue parole, “un museo all’aria
aperta”.
Parlando delle conseguenze economiche e sociali
derivanti dall’invecchiamento della popolazione
europea, Borrell denuncia la difficoltà con cui
l’Europa dovrà finanziare le politiche del futuro se
la popolazione continuerà a ridursi, e indica come
politica di sopravvivenza quella della natalità con
l’apporto di un’immigrazione legale, senza la quale
paesi come l’Italia sono destinati a scomparire. È
proprio sull’immigrazione e sui flussi migratori che
si sofferma il suo intervento. La pressione migratoria
esercitata alle frontiere meridionali europee sta
crescendo anno per anno ed è data dal fenomeno del
baby boom africano e dei paesi musulmani. Egli parla
di una stima tra i 3 e i 7 milioni di clandestini ogni
anno che entrano illegalmente in Unione Europea.
Al
termine dell’illustrazione dei problemi da affrontare,
Borrell si chiede quali siano e quali dovranno essere
le reazioni dell’Unione Europea. Le sfide potranno
essere vinte se i giovani miglioreranno la loro
competitività individuale e quindi investiranno nella
loro formazione, che dovrà essere continua. Inoltre
l’innovazione tecnologica e la creazione di nuove
professioni potranno garantire la crescita
dell’economia europea.
Gli
Stati Uniti, la Corea del Sud, Taiwan e India sono
paesi in cui si investe nell’innovazione e a cui
l’Europa deve guardare per costruire un futuro
prospero. Inoltre all’interno dell’Europa i paesi più
indietro devono guardare alla Finlandia, Svezia e
Danimarca, che sono ai primissimi livelli di
competitività e innovazione nel mondo. Borrell
richiama poi la strategia di Lisbona, lanciata nel
2000, per la ricerca, a cui l’Europa deve devolvere il
suo 3% del PIL, che apporterebbe maggior competizione
nel settore economico.
Oggi
l’Europa purtroppo ne devolve solo l’1,9%. Per la
gestione, invece, dei flussi migratori l’Europa,
riunita nel Vertice informale di Lahti il 20 ottobre
2006, ha rilanciato la lotta all’immigrazione illegale
ma non ha risolto la questione di quella legale, che
permetterebbe l’arresto parziale del calo demografico.
Nelle sue conclusioni, il Presidente del Parlamento
parla di un’Europa immobile, che deve cercare di
trovare le risposte alle sfide del futuro per non
perdere la sua legittimità. E queste vanno ricercate
nello sforzo comune di tutti i paesi membri e di
quelli futuri, a cui deve essere chiara l’idea che
l’agire insieme può essere la chiave per costruire
un’Europa nuova. Nelle parole di questo uomo politico
c’è tutta la speranza perché ciò avvenga e perché i
figli della nuova Europa possano avere un futuro
roseo.
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