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N. 23 - Novembre 2009
(LIV)
la letteratura russa al cinema
venezia e roma celebrano gogol e tolstoj
di Leila Tavi
La
66°
edizione
del
Festival
del
Cinema
di
Venezia
e la
4°
del
Festival
internazionale
del
Film
di
Roma
hanno
reso
omaggio
a
due
icone
della
letteratura
russa:
Gogol
e
Tolstoj.
A
Venezia
è
stato
presentato
nella
Settimana
della
Critica
il
film
dell’esordiente
Ilya
Demichev
Kakraki
(Come
gli
scampi),
una
rivisitazione
del
racconto
Il
cappotto
in
chiave
moderna,
che
riporta
prepotentemente
in
vita,
proprio
secondo
la
profezia
di
Nabokov,
il
fantasma
di
Akakij
tra
noi.
Nel
film
di
Demichev
rivivono
l’assurdo,
la
goffaggine,
le
tragedie,
le
speranze
tradite
e le
illusioni
riconquistate
dei
personaggi
di
Gogol.
Michail,
funzionario
ministeriale
di
mezza
età
con
famiglia,
s’innamora
a
prima
vista
di
una
bellissima
ragazza
aspirante
attrice.
Una
sera
la
porta
a
mangiare
le
aragoste
e
per
descriverle
i
costosi
crostacei,
di
cui
la
ragazza
di
umili
origini
non
ha
mai
sentito
parlare,
li
paragona
a
dei
grossi
scampi,
così
la
ragazza
conia
il
termine
kakraki,
appunto
“come
gli
scampi”.
Quando
Michail
offre
gli
scampi
alla
ragazza
è
come
se
le
offrisse
l’anima,
dentro
a
quella
dura
corazza
è
nascosto
il
suo
essere
profondo,
puro
rispetto
al
mondo
burocratico
e
corrotto
della
pubblica
amministrazione.
Demichev
ha
scelto
di
rappresentare
l’assurdità
delle
regole
che
regnano
sovrane
nel
mondo
della
burocrazia
russa
attraverso
il
feticismo
per
le
scarpe
del
quadro
ministeriale
e
del
suo
capo,
che
si
sfidano
a
chi
acquista
le
scarpe
più
pregiate
e
costose.
Proprio
come
Gogol,
che
era
ossessionato
dalle
scarpe,
ne
aveva
di
tutti
i
tipi
e da
ogni
prezzo.
Il
protagonista
del
film
lascia
che
la
ragazza
infili
la
forchetta
nella
sua
anima,
pur
prevedendo
che
ciò
potrà
avere
conseguenze
irreparabili.
Per
aiutare
la
madre
di
lei
chiederà
una
mazzetta
su
un
appalto,
finirà
in
carcere,
solo
e
miserabile;
alla
sua
morte
i
secondini
gli
ruberanno
le
sue
belle
scarpe
di
vitello.
In
una
Mosca
dalle
atmosfere
retrò,
dove
di
traffico
si
parla
solo,
mentre
le
strade
sono
libere
come
ai
tempi
del
socialismo,
Demichev
riesce
nell’intento
di
dimostrare
che
la
nuova
generazione
di
Russi,
se
pur
con
più
soldi,
non
è
più
libera
rispetto
alle
precedenti.
Il
regista,
che
è
pronipote
di
Marlon
Brando,
scava
ancora
una
volta,
con
la
stessa
sottile
ironia
degli
scrittori
dell’Ottocento,
nei
mali
della
burocrazia
russa,
che
ancora
oggi
gioca
un
ruolo
importante
nella
vita
dei
cittadini
russi.
Un
omaggio
ai
200
anni
dalla
nascita
di
Gogol.
Al
Festival
di
Roma
è
stato
presentato
in
concorso
The
last
station
di
Michael
Hoffmann,
con
l’attrice
Helen
Mirren,
che
con
questo
film
ha
vinto
il
Marc’Aurelio
come
migliore
attrice.
The
last
station
è un
melodramma
storico
che
ripercorre
gli
ultimi
anni
della
vita
di
Tolstoj:
la
costituzione
della
comune
di
Teljatinki,
nei
pressi
della
sua
tenuta
di
campagna
di
Jasnaja
Poljana,
nella
regione
di
Tula,
la
diffusione
del
movimento
tolstoiano
e i
contrasti
con
sua
moglie,
la
contessa
Sofja,
che
dopo
cinquant’anni
di
vita
insieme
e
tredici
figli,
non
condivide
le
rivoluzionarie
idee
di
Tolstoj
sintetizzate
nel
“Manifesto
antigovernativo”.
Il
regista
analizza
il
rapporto
di
odio
e
amore
tra
i
due
coniugi
attraverso
la
figura
di
Valentin
Bulgakov,
giovane
segretario
appena
assunto
da
Tolstoj.
La
storia
narra
eventi
realmente
accaduti,
documentati
dagli
scritti
di
Bulgakov.
Valentin
Bulgakov
sintetizzò
il
concetto
di
pacifismo
radicale
di
Tolstoj,
ispirato
ai
precetti
cristiani,
durante
l’ultimo
anno
della
vita
dello
scrittore,
in
un
libro
pubblicato
nel
1917
con
il
titolo
Etica
cristiana.
Il
libro
è
una
pedissequa
raccolta
della
dottrina
tolstoiana,
paragonabile
per
rigidità
al
puritanesimo
inglese,
che
il
giovane
segretario
redasse
basandosi
sui
suoi
fedeli
resoconti
delle
osservazioni
filosofiche,
etiche
e
morali
di
Tolstoj.
Il
segretario
personale
dello
scrittore
pubblicò
anche
una
biografia,
in
cui
è
messa
in
rilievo
la
personalità
di
Tolstoj
piuttosto
come
uomo
geniale,
generoso
e di
buon
cuore
che
come
“doctrian”.
Bulgakov
entrò
a
servizio
di
Tolstoj
dopo
l’arresto
del
precedente
segretario
personale
Nicolaj
Gusev.
È da
questa
biografia
che
Jay
Parini,
il
co-sceneggiatore
del
regista
Michel
Hoffmann
e
autore
del
bestseller
da
cui
è
tratto
il
film,
si è
ispirato.
Un’altra
interessante
figura
analizzata
nel
film
è
Vladimir
Chertkov,
primo
segretario
di
Tolstoj.
Chertkov
proveniva
da
una
famiglia
aristocratica
di
Pietroburgo,
figlio
di
un
generale,
di
bella
presenza
e
benestante,
lasciò
tutto
per
diventare
un
seguace
del
movimento
tolstoiano.
Incoraggiato
dallo
scrittore
fondò
una
casa
editrice
che
aveva
lo
scopo
di
pubblicare
letteratura
a
“prezzo
politico”
per
le
masse.
Un
altro
dei
propositi
di
Chertkov
era
quello
di
rendere
universalmente
fruibile
i
romanzi
e
gli
scritti
di
Tolstoj,
senza
il
vincolo
dei
diritti
d’autore.
Su
questo
punto
i
contrasti
con
Sofja
si
acuirono.
Al
principio
la
contessa
apprezzò
le
buone
maniere
e la
bella
presenza
di
Chertkov,
con
il
passare
del
tempo
si
accorse
della
pericola
influenza
del
segretario
su
suo
marito
e di
come
i
suoi
propositi
di
esportare
il
messaggio
tolstoiano
potessero
nuocere
alla
sua
famiglia,
riducendola
al
lastrico.
I
due
divennero
acerrimi
nemici
e
gli
ultimi
anni
della
vita
dello
scrittore
furono
caratterizzati
dagli
aspri
contrasti
tra
Sofja
e
Chertkov,
che
cercarono
con
ogni
mezzo
di
gettarsi
fango
reciprocamente
agli
occhi
dello
stanco
e
vecchio
Tolstoj.
Il
punto
forte
del
film
è
proprio
questo
entanglement
tra
i
tre
e le
pungenti
battute
che
i
protagonisti
si
scambiano:
Tolstoj
rimprovera
alla
moglie
di
fare
della
tenuta
di
campagna
un
palco
d’opera
e di
meritare
piuttosto
un
coro
greco
che
un
marito;
Chertkov
mette
in
guardia
Tolstoj
che
un
qualsiasi
altro
uomo
al
suo
posto
avrebbe
ucciso
una
moglie
come
Sofja
o
sarebbe
emigrato
in
America;
Sofja
ridicolizza
l’intera
opera
del
movimento
tolstoiano
ironizzando
sul
fatto
che
i
contadini,
per
i
cui
diritti
il
marito
tanto
si
prodiga,
spenderebbero
i
dieci
rubli
in
più
sicuramente
“a
puttane
o
per
ubriacarsi”.
La
riappacificazione
tra
i
due
coniugi
arriverà
solo
nella
stazione
di
Astapovo,
120
chilometri
a
sud-est
di
Mosca,
dove
Tolstoj,
ormai
vecchio
e
malato,
è
costretto
a
fermarsi
durante
una
fuga
dalla
sua
casa,
da
sua
moglie,
dal
suo
passato.
Solo
sul
letto
di
morte
lo
scrittore,
che
attraverso
l’opera
dei
suoi
seguaci
diventerà
un’icona
per
i
Russi,
si
mostra
arrendevolmente
uomo
davanti
a
sua
moglie.
Nel
mese
di
novembre
del
prossimo
anno
ricorrono
i
100
anni
dalla
morte
dello
scrittore.
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