N. 98 - Febbraio 2016
(CXXIX)
LETTERATURA
AFGHANA
UNA
SINTESI
di
Vincenzo
La
Salandra
Nella
Repubblica
dell’Afghanistan
si
hanno
due
lingue
letterarie,
espresse
nelle
lingue
pashtu
e
farsi
(o
dardi).
Quest’ultima,
che
è il
farsi
della
Persia,
è
stata
l’unica
lingua
ufficiale
dell’Afghanistan
fino
al
1936.
In
seguito
fu
dichiarata
lingua
nazionale
anche
il
pashtu,
che
è
poi
la
vera
lingua
(distinta
in
vari
dialetti)
del
popolo
afghano.
Anche
questa
lingua
è,
come
il
farsi,
una
lingua
indoeuropea
del
gruppo
iranico.
Il
testo
più
antico
della
letteratura
in
lingua
pashtu
risale
al
XIII
secolo,
ed è
la
Vita
dei
santi,
di
un
certo
Suleyman
Maku,
che
fu
scoperta
e
pubblicata
nel
1940.
Nel
1944
fu
pubblicata
l’antologia
L’ignoto
tesoro,
raccolta
all’inizio
del
XVIII
secolo
da
Muhammed
Hotak,
contiene
anche
una
poesia
in
pashtu
che
risale
addirittura
all’VIII
secolo.
La
letteratura
afghana
in
lingua
pushtu
(variante:
pashtun
e
pashto)
è
ampiamente
rappresentata
da
opere
ereticali,
del
movimento
chiamato
roshani,
il
cui
fondatore
fu
Bayazid
Ansari
(15251585),
autore
di
un
libro
ispirato
Il
beatissimo
annuncio,
che
contiene
anche
inserti
in
farsi,
in
arabo
e in
urdu.
L’autore
aveva
idee
tendenti
al
panteismo
e si
rendeva
conto
dei
problemi
sociali.
Nel
XVII
secolo
diversi
poeti
si
fecero
portatori
delle
sue
idee,
fra
cui
suo
nipote
Mirza-khan
Ansari.
Avversario
di
questo
movimento
fu
Darwezi
(1533
1638),
autore
del
libro
I
tesori
dell’Islam.
In
questo
periodo
non
furono
pochi
i
poeti
afghani:
quasi
tutti
si
ispirarono
agli
ideali
del
sufismo.
Fra
questi
poeti
va
ricordato
il
maggiore,
Abdurrahman
(1632-1708).
Un
altro
poeta,
che
visse
alla
corte
dei
khan
e
scrisse
poesie
ispirate
alla
mentalità
feudale,
fu
Khushhal-Khan
(1613-1689),
che
era
anche
il
capo
di
una
tribù.
Fra
i
suoi
numerosi
figli
e
nipoti,
molti
furono
i
poeti
e i
prosatori.
Fra
i
poeti
del
XVII
secolo,
periodo
assai
felice
dal
punto
di
vista
letterario,
va
ricordato
anche
Abdul
Hamid
(1660-1732),
autore
di
poesie
pessimistiche.
Per
lui
l’amore
non
è
una
gioia
ma
un
castigo
del
cielo.
I
suoi
versi,
divenuti
assai
popolari,
sono
di
grande
eleganza
e
purezza
formale.
Un
altro
intenso
poeta
fu
Ahmad
shah
Durrani
(1721-1771),
che
nel
1747
fondò
il
moderno
stato
dell’Afghanistan,
tentando
di
riunire
politicamente
le
varie
tribù
e i
khanati
indipendenti.
Come
lirico,
cantò
la
primavera
e
l’amore.
Quasi
tutto
il
XIX
secolo
trascorse
nella
guerra
contro
gli
invasori
inglesi:
fu
anche
negativo,
dal
punto
di
vista
della
cultura
pashtò,
il
trasferimento
della
capitale
da
Kandahar
a
Kabul
(fine
del
XVIII
secolo).
Una
larga
fetta
della
popolazione
di
Kabul
e
dintorni
era
costituita
da
Tagiki,
e la
lingua
ufficiale
e
letteraria
era
il
farsi.
Dopo
la
metà
del
XIX
secolo
si
ebbe
un
risveglio
della
cultura
pashtò,
ma
non
nell’Afghanistan,
bensì
appena
fuori
dai
suoi
confini,
a
Peshawar
(attuale
Pakistan).
Il
fondatore
della
moderna
prosa
in
pashtò
fu
Ahmad
Maulawi.
La
sua
lingua
e il
suo
stile
divennero
esempi
classici,
e i
suoi
testi
furono
più
volte
ripubblicati,
anche
in
libri
scolastici
e di
studio
come
La
chiave
della
lingua
afghana
(1872).
All’inizio
del
XX
secolo
si
diffuse
la
cultura
di
origine
europea
e si
formò
il
movimento
politico
e
culturale
detto
dei
“Giovani
afgani”,
che
promosse
per
prima
cosa
la
lotta
contro
gli
Inglesi,
per
la
conquista
dell’indipendenza.
La
guerra
per
l’indipendenza
si
combatté
con
successo
nel
1919.
E si
costituì
il
regno
dell’Afghanistan.
In
questo
periodo
molti
poeti
pubblicarono
poesie
in
pashtò
su
diversi
giornali.
Nel
1916
era
iniziato
intanto
un
grande
lavoro
per
la
compilazione
di
un
dizionario
pashtò.
Le
lingue
afghane
usano
tutte
l’alfabeto
arabo,
con
segni
diacritici
per
indicare
i
suoni
tipici
di
queste
lingue.
Dal
1940
la
rivista
Kabul,
organo
ufficiale
dell’accademia
letteraria
e
artistica
dell’Afghanistan,
venne
scritta
interamente
in
lingua
pashtò.
I
teatri
cominciarono
a
operare
nel
1942.
Un’importante
rivista
culturale-letteraria
di
questo
periodo,
sempre
in
lingua
pashtò,
fu
L’alba
dell’Afghanistan,
pubblicata
a
Kandahar.
Un
prosatore
importante
di
questi
anni
fu
Kushkaki
(autore
dei
romanzi
Due
amati
fratelli,
e
L’amore
segreto)
,
specialista
nel
descrivere
vita,
amori
e
conflitti
dei
ceti
mercantili.
Ebbero
notorietà
i
libri
di
viaggi
di
Hadim
(nato
nel
1912);
Nur
Muhammed
Taraki
pubblicò
invece
racconti
e
bozzetti
dedicati
alla
vita
dei
contadini
(per
esempio
il
romanzo
I
vagabondaggi
di
Bang,
del
1958).
Anche
in
Afghanistan
fu
popolare
la
poesia
dei
cantori
epici
(detti,
con
parola
araba,
ashug).
I
più
noti
ashug
dell’Ottocento
furono
(a
Peshawar)
Mira
e
Muhammed
D’gin.
Nell’Afghanistan
orientale
furono
noti
nella
prima
metà
del
XX;
secolo
Tawakul
e
Gul.
Amori,
leggende,
imprese
storiche
sono
i
loro
temi
costanti
di
questa
fase
della
produzione
letteraria
afgana.
Sempre
nell’ambito
della
poesia
popolare
afgana
sono
molto
diffusi
i
“distici”
(specie
di
stornelli),
detti
comunemente
“landyj”.
Importanti
e
gradevoli
anche
gli
ancestrali
“canti
nuziali”
che
conservano
tracce
di
remoti
riti
tribali.
Molto
importante
anche
la
letteratura
in
farsi:
diversi
furono
gli
eminenti
scrittori
e
poeti
persiani
e
tagiki
che
vissero
in
Afghanistan
a
partire
dall’epoca
medievale.
Scrisse
in
farsi
lo
studioso
e
scrittore
Mahmud
Tarzi
(1868-1934),
che
fu
importante
come
pensatore
ma
fu
più
noto
come
traduttore
dei
romanzi
di
Giulio
Verne.
Fu
lui
(con
i
suoi
colleghi)
che
fissò
le
norme
base
della
lingua
letteraria
farsi.
L’ultimo
periodo
del1’Afghanistan
fu
certo
poco
favorevole
alla
letteratura
e
alla
cultura:
con
il
colpo
di
Stato
del
17
luglio
1973
fu
detronizzato
il
re
Muhammed
Zahir
Shah,
e
prese
il
potere
il
generale
Daud,
ma
un
altro
colpo
di
Stato,
dei
generali
di
sinistra,
portò
al
potere
il
Consiglio
della
Rivoluzione,
dominato
dal
Partito
Democratico
Popolare
(comunista).
Dopo
di
che
si
scatenò
la
lotta
con
un
altro
partito
comunista,
per
cui
entrarono
i
Sovietici:
vaste
zone
dell’Afghanistan
furono
quindi
occupate
dai
sovietici,
che
non
riuscirono
però
mai
ad
avere
il
controllo
del
Paese,
che
riottenne
l’indipendenza
dopo
lo
scioglimento
dell’URSS.
Anche
attualmente
la
letteratura
afgana
langue
e
non
trova
voce
nei
circoli
delle
lettere,
eppure
quanta
forza
espressiva
quanta
magmatica
volontà
di
espressione
nel
grembo
di
questo
martoriato
popolo.