antica
LEPTIS MAGNA
L’ARCO QUADRIFRONTE DEI SEVERI
di Eleonora Cossu
In Libia, poco fuori la città di
Al-Khums, si estende il sito di
Leptis Magna, una delle più antiche
colonie fenicie dell’Africa e
patria dell’imperatore Settimio Severo
(193-211 d.C.). A sudovest di Leptis
Magna, all’incrocio di due importanti
assi viari, la grande strada litoranea
che collegava Oea (odierna
Tripoli) alla Cirenaica e all’Egitto, e
quella che dalla città si spinge
all’interno della regione, sorge l’arco
quadrifronte dei Severi.
i
Fronte sudovest dell’arco quadrifronte
A partire dal XVIII secolo le antichità
di Leptis Magna sono state descritte dai
viaggiatori che si sono avventurati
sulle coste dell’Africa del nord.
In una relazione di viaggio del giugno
del 1806 viene menzionato il monumento,
riconoscibile come arco trionfale
anche se molto deteriorato: gli unici
resti che allora emergevano dalla sabbia
erano due piloni collegati a un’arcata,
quella di sud-ovest.
I primi lavori di ricostruzione
iniziarono nel 1915 sotto la direzione
di Pietro Romanelli e terminarono, dopo
molte campagne di scavo, nel 2004 con
non pochi problemi per gli studiosi che
si sono succeduti riguardo la corretta
collocazione dei vari fregi e dei
timpani spezzati delle facciate.
L’imponente arco ha pianta quadrata, con
un lato di 14 m circa e si imposta su un
basamento sollevato dal piano stradale
per mezzo di tre gradini. Il nucleo è
costituito da blocchi in calcare grigio
locale ed è rivestito da marmo
proconnesio.
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Fronti sudest e nordest dell’arco
quadrifronte
I quattro fornici hanno larghezze
differenti: i maggiori, quelli di
nordest e sudovest, hanno una luce di m.
5,40, gli altri due di m. 5,20. Su tutte
le facciate dell’arco troviamo, ai lati,
paraste angolari con capitelli corinzi,
decorate con tralci di vite che partono
da crateri. Seguono i trofei, ai piedi
dei quali sono legati i prigionieri con
abbigliamento tipico orientale.
Sui capitelli corinzi delle paraste si
imposta l’archivolto, con una triplice
fascia liscia decorata con perline,
esternamente ornata da una cornice
aggettante a doppia foglia d’acanto.
L’estradosso è occupato da Vittorie
alate che sorreggono la palma e la
corona.
L’architrave è decorato con tre cornici
piatte. Sopra la cornice modanata è
collocato il fregio con girali d’acanto.
Al di sopra dei capitelli delle paraste
angolari si imposta l’architrave
maggiore, a tre fasce lisce, che si
interrompe poco prima del sottostante
fregio.
Sulla fronte nord-ovest questo campo è
occupato da una lastra recante
l’iscrizione incompleta: “DIVO AV
DIVAE” certamente non ascrivibile al
tetrapilo; a complicare l’ipotesi di
appartenenza della lastra all’arco, fra
l’altro, va ricordata una non
indifferente discrepanza cronologica fra
questa e il monumento stesso, comportata
dal fatto che la coppia di imperatori,
nell’iscrizione già divi,
daterebbe il quadrifronte almeno al 218
d.C., mentre lo studio dei ritratti
imperiali lo fissa in una cronologia
compresa tra il 206 e il 209 d.C.
Proseguendo con la descrizione troviamo
un fregio continuo a cespi d’acanto con
aquile nel mezzo. Seguono in alto
quattro cornici modanate aggettanti con
diverse decorazioni. L’arco termina con
un attico, sul quale sono posti grandi
pannelli composti da più lastre alte
mediamente m. 1,72, con rilievi
celebrativi.
A inquadrare i fornici dell’arco si leva
su ogni fronte, in avancorpo, una coppia
di colonne scanalate con capitelli
corinzi che poggiano su plinti marmorei.
Sopra l’architrave aggettante troviamo
due mensoloni, anch’essi aggettanti,
decorati con un fregio a girali d’acanto
rifinito con palmette e con quattro
cornici, che sostengono elementi
architettonici affini a timpani spezzati
rivolti verso l’interno della facciata.
La parte più interessante del monumento
è quella composta dai rilievi
dell’attico: il fregio di nord-ovest
raffigura un corteo trionfale con i
personaggi disposti su due piani. Il
fulcro della composizione è
rappresentato dalla quadriga imperiale,
sulla quale sono raffigurati Settimio
Severo con i figli Caracalla
e Geta.
Sullo sfondo, spicca un edificio a tre
piani con grandi finestroni ad arco che
rimanderebbe alla tipologia
architettonica delle torri
mesopotamiche, alludendo quindi alle
campagne orientali di Settimio Severo
con le due guerre partiche combattute
fra 194 e 198 d.C.
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Lastre con corteo trionfale
Anche nel fregio di sudest, molto
lacunoso, è raffigurato un corteo
trionfale: al centro rimane parte di una
quadriga, preceduta da un gruppo di
divinità fra cui Ercole, Roma
o Virtus, Giulia Domna,
moglie di Settimio Severo, seguita sullo
sfondo da una Vittoria in volo.
Il fregio della fronte nord-est presenta
un sacrificio solenne con trentasette
personaggi e due tori condotti al
sacrificio. Lungo la raffigurazione si
riconosce Settimio Severo, di cui rimane
solo la parte inferiore. In secondo
piano, seduta, in posizione più elevata
rispetto agli altri personaggi compare
una divinità che impugna uno scettro, è
Giunone. In piedi, davanti a lei, è
ritratta Giulia Domna, la quale stringe,
con la mano sinistra, un piccolo vaso
colmo di frutta.
Nel fregio di sudovest è rappresentata
invece la Concordia Augustorum:
l’attenzione si concentra sui due
personaggi centrali raffigurati
nell’atto di stringersi la mano. Col
capo scoperto e togato Settimio Severo,
con il lituo nella mano sinistra, si
accinge a stringere la mano di un
giovane, di profilo, imberbe e a capo
scoperto, identificabile in Caracalla,
futuro imperatore. È presente anche Geta,
posto quasi frontalmente. Dietro
Caracalla troviamo Giulia Domna a capo
scoperto, riconoscibile dalla
caratteristica acconciatura, che osserva
la scena.
In secondo piano, dietro ogni membro
della famiglia imperiale sono
raffigurate le divinità protettrici
della domus divina: Minerva,
con scudo e doppia lancia, mentre alle
spalle di Caracalla si profila Ercole,
con clava e leontea. Dietro Geta abbiamo
la Tyche con cornucopia e
a destra di Settimio Severo sta
Liber nudo.
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Fregio con
Concordia Augustorum
All’interno dell’arco quadrifronte è
visibile la cupola con lacunari ornati
di rosoni, mentre agli angoli sono
collocati rilievi con aquile ad ali
spiegate con le zampe poggiate su un
globo al di sopra di un cespo d’acanto.
Le due facce interne di ogni pilone
presentano lastre con i rilievi
“minori”: a oggi si conservano
ventiquattro scene, poche delle quali
complete, con figure di divinità,
immagini a carattere religioso e
militare, queste ultime identificabili
verosimilmente con le campagne orientali
dell’imperatore.
Riferimenti bibliografici:
A. Di Vita, Leptis Magna. Tetrapilo
dei Severi: dal rudere alla restituzione
in L’Africa Romana.
Atti del XVI convegno di studio,
Rabat (2004), XVI, 2006, pp. 2305-2312.
J.B. Ward Perkins, The Arch of
Septimius Severus at Lepcis Magna in
Archaeology, IV, 1951, pp.
226-231.
V.M. Strocka, Beobachtungen an den
Attikareliefs des severischen
Quadrifrons von Lepcis Magna in
AntAfr, VI, 1972, pp. 147-172. |