[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 203 / NOVEMBRE 2024 (CCXXXIV)


moderna

LA SIMBOLOGIA DEL LEONE E IL MITO DI ERACLE
ALCUNE TESTIMONIANZE DALLE SPORADI MERIDIONALIO

di jacopo Moretti

 

La simbologia del leone nelle testimonianze artistiche appartenenti al mondo classico è molto frequente: se si pensa alla cultura babilonese, questo felino è presente sulle celebri mura di Babilonia, per l’esattezza sulla porta di Ishtar, divinità femminile corrispondente alla dea sumera Inanna, di cui il leone era l’attributo. Nel mondo egizio, pur avendo un volto umano, le sfingi che custodivano le piramidi avevano un corpo da leone: l’esempio più noto è, probabilmente, la grande statua monolitica di sfinge sita nella necropoli di Giza. Rappresentazioni di questo felino compaiono, anche, nelle manifestazioni artistiche legate all’impero persiano e a quello fenicio: basti pensare, nel primo caso, al fregio di leoni del Palazzo di Dario I a Susa, città stanziata sul fiume Kerkha, nell’attuale Iran, oppure, nel secondo caso, ai cosiddetti leoni di Sulci, in Sardegna. Nella cultura ebraica, invece, il leone è stato il simbolo della tribù di Giuda, il quarto figlio di Giacobbe stando a quanto è scritto nella Genesi.

Questi sono soltanto alcuni degli esempi più celebri, particolarmente significativi perché permettono di capire quanto la simbologia fosse rappresentata nel mondo antico vicino orientale. Proprio per via delle sue caratteristiche positive quali la forza, il coraggio e l’orgoglio, specie nelle culture orientali dove si praticava il ‘culto del sovrano’, il leone è diventato il simbolo per eccellenza della regalità e, per questo, ampiamente adottato come emblema di divinità e sovrani (ancora oggi, del resto, nell’immaginario collettivo, il leone rappresenta il “re della Savana”).

Tuttavia, il leone è anche uno degli animali più temuti e che maggiormente incutono timore: per questo, è stato spesso rappresentato anche su costruzioni funzionali a difendere degli spazi, per esempio sulle mura difensive delle città, come nel caso di Babilonia, oppure sui monumenti funerari, per proteggere lo spazio sacro destinato ai defunti, come nel caso della grande Sfinge di Giza.

La simbologia del leone in Grecia

La simbologia del leone naturalmente è stata adottata, anche, dalla cultura greca: gli esempi più famosi possono essere, in questo caso, le nove sculture che rappresentano questo felino scoperte a Delos, isola situata a Sud-Ovest di Mykonos, nella cosiddetta Terrazza dei Leoni, oppure il celebre Leone del Pireo proveniente da Atene e importato a Venezia nel XVII secolo, oggi ancora visibile di fronte all’ingresso dell’Arsenale.

Particolarmente noto è anche il Leone di Anfipoli (VI secolo a.C.), in Macedonia, che rappresenta, di nuovo, un esempio di scultura tombale, indice del fatto che anche nel mondo greco il felino continuava a essere rappresentato come custode e difensore degli spazi sacri.

Nella mitologia greca, l’associazione più nota è quella con Eracle, il quale, nella sua prima fatica, ha dovuto uccidere e scuoiare per ordine di Euristeo il leone Nemeo, una belva invulnerabile da armi nata dal rapporto incestuoso tra la mostruosa Echidna, in parte una bellissima donna e in parte un vorace serpente, e il cane Orto allevato da Selene, la dea della luna (Grant, Hazel 1989). In questo racconto, quindi, l’eroismo non è attribuito al leone, il quale, pur conservando in parte le sue connotazioni positive, si contraddistingue, piuttosto, per la mostruosità, bensì a Eracle, che è per eccellenza la personificazione della forza e del coraggio.

Testimonianze da Kos

Il valore simbolico di questo episodio del mito è rimasto molto a lungo nell’immaginario collettivo dei Greci: volendo ora restituirne qualche testimonianza di carattere storico-artistico, un esempio eccellente è offerto dall’Erma di Eracle rinvenuta, nel 1934, nella cosiddetta «Casa Romana»di Kos, risalente nel suo primo impianto all’età ellenistica e sita nella zona della città detta Amygdalona, dove si trovava il quartiere signorile con belle case distribuite in insulaeregolari lungo il decumano (Laurenzi 1957). Le sculture rinvenute al suo interno, però, sono datate tra la fine dell’Ellenismo e gli inizi dell’impero romano (I secolo a.C. - I secolo d.C.): è significativo constatare che la memoria mitologica del leone di Nemea fosse ancora viva dopo così tanti secoli.

L’Ermadi Eracle proveniente da Kos è una scultura alta 0,5 m rinvenuta in stato frammentario, con la testa spezzata in due, che rappresenta Eracle avvolto nella leontis con il capo cinto dallo strophion (benda, fascia), simbolo dell’apoteosi. Pur essendo andata perduta insieme alla parte inferiore dell’erma, dalle repliche di età romana apprendiamo che la statua originariamente aveva unita al corpo con un perno di ferro la testa di un leone, sulla quale poggiava anche la mano sinistra dell’eroe greco (Laurenzi 1957). Il riferimento all’episodio del mito appare quindi evidente.

All’interno della Chora della città di Kos, durante gli scavi italiani effettuati nella prima metà del secolo scorso, è stato rinvenuto anche un santuario dedicato a Eracle: si tratta del grande complesso architettonico situato all’angolo orientale dei quartieri portuali che, in greco, viene denominato Herakleion. Per ragioni di spazio, non si entra qui nel merito della questione, ma, a proposito di scultura, è interessante constatare che, direttamente dal santuario, dovrebbe provenire il frammento con la leonte di una grande statua di Eracle in marmo bianco, alta circa 1,5 m e oggi murata all’interno della Moschea della Loggia (Malacrino 2006). Trattasi, questa, di un’altra testimonianza artistica che rappresenta l’episodio della prima fatica di Eracle: il termine leonte si riferisce, infatti, alla pelle del leone nemeo, che l’eroe aveva indossato dopo aver sconfitto la belva con la forza delle proprie mani.

La presenza di un santuario dedicato all’eroe e il ricorrere di rappresentazioni scultoree che fanno riferimento all’episodio del mito sono tutti elementi che, nel complesso, dimostrano una forte vitalità del culto eracleo sull’isola di Kos.

Testimonianze da Rodi

Un altro caso di studio sulla simbologia del leone proveniente dalle Sporadi meridionali è offerto dalle evidenze numismatiche di Lindos ascrivibili al periodo che vanno dalla fine del VII fino agli inizi del IV secolo a.C. Le varie monete pubblicate provenienti dalla città in questione (Manolis, Evangelia 2015) sono in totale ventisei: la più antica è datata tra il 610 e il 561 a.C., quella più recente tra il 400 e il 380 a.C. La pressoché totalità di queste monete hanno coniata sul rovescio la testa di un leone, indice del fatto che, almeno nei secoli in questione, questo felino era l’emblema della polis, nello stesso modo in cui lo era la civetta ad Atene, la tartaruga a Egina o il Pegaso a Corinto.

Non è un’operazione semplice spiegare quale sia il nesso tra la simbologia del leone e la città di Lindos: volendo confrontare le evidenze numismatiche con ulteriore documentazione, ci si accorge che tra le statuette in terracotta rinvenute nella stipe votiva del santuario (Athenaion) ce ne sono parecchie che rappresentano queste creature, ma è altresì vero che ce ne sono anche tante altre raffiguranti animali differenti. Figurine di leoni, inoltre, sono state prodotte per molti secoli, quindi non si riescono a ricollegare a un fenomeno preciso.

Fino alla fine del I millennio a.C., comunque, i leoni erano presenti nell’antica Grecia e abitavano aree che oggi corrispondono alla Grecia moderna, ai Balcani e, forse, ad alcune parti dell’Europa sud-orientale, oltre che nel Nord-Africa e nel Medio Oriente (si può presupporre, quindi, che ce ne fossero anche a Rodi?).

È plausibile anche che tale simbologia sia stata assimilata direttamente dal mondo antico vicino-orientale e che, in seguito, sia stata reinterpretata in relazione al repertorio mitologico tradizionale; del resto, l’isola è posta proprio tra l’Asia e la Grecia, tra l’Egeo e il Mar di Levante, quindi nel punto d’incontro di elementi etnici diversi che, certamente, si sono anche fusi insieme (sotto questo punto di vista, già a partire dalle fasi pre-greche, la documentazione archeologica dimostra l’esistenza di interazioni con i Fenici, gli Ittiti e i Micenei).

Senza nessuna pretesa di collegare necessariamente i due fenomeni, va constato anche che, a livello insulare, il mito di Eracle aveva goduto di un’enorme fortuna: un ottimo esempio è offerto dalla personalità di Pisandro di Camiro, poeta epico originario dell’isola e vissuto, secondo il lessico bizantino Suida, nel VII secolo a.C. Pur non essendo particolarmente noto, egli era stato inserito nel canone epico accanto a Omero ed Esiodo e, in età ellenistica, tenuto in grande onore dai successori di Alessandro e dai filosofi della scuola cinica proprio per gli onori resi a Eracle.

Pisandro è autore di un poema epico in due libri intitolato Eraclea che riuniva insieme le varie leggende sull’eroe, con anche un colorito locale (Cessi 1935). Per noi, purtroppo, sono sopravvissuti soltanto dodici frammenti, non tutti di paternità certa. L’attività letteraria di Pisandro ci permette di constatare che a Rodi, nel VII sec. a.C., il mito di Eracle era particolarmente conosciuto.

Da Diogene Laerzio apprendiamo, inoltre, che la famiglia del tiranno lindio Cleobulo (VI sec. a.C.) vantava una discendenza mitica da Eracle e, le stesse origini, dicevano di avere anche i membri della grande famiglia ialisia degli Eratidi, da cui discenderebbe anche il celebre pugile Diagora. A prescindere dal fatto che si tratti di un’informazione storicamente fittizia, è molto significativo apprendere che, tra le personalità di spicco dell’isola, alcune si presentassero come discendenti di Eracle, perché il fenomeno, essendo evidentemente uno strumento di propaganda politica funzionale a legittimare il proprio status, permette di comprendere la notorietà e il valore che questo mito aveva acquisito nelle tradizioni locali.

È quindi evidente che le leggende legate a Eracle sull’isola di Rodi siano state particolarmente vive e che tali siano rimaste almeno fino al I secolo a.C.: il celebre testo epigrafico della Cronaca di Lindos redatto nel 99 a.C. da Timachi da di Rodi (Blinkenberg 1941) ricorda ancora, tra le leggende più antiche legate al santuario della città, sia Eracle che suo figlio Tlepolemo, i quali, ai tempi della Guerra di Troia, avrebbero consacrato nella città dei doni alla dea Atena.

Non si può escludere, dunque, che la simbologia del leone così frequente per secoli sulle evidenze numismatiche di Lindos possa essere effettivamente collegata all’importanza del mito di Eracle nella tradizione locale.


Riferimenti bibliografici:

Blinkeberg Chr., Inscriptions (Lindos: fouilles et recherches 1902-1914, 2), Berlin, Copenaghen 1941
Grant m., Hazel J., Dizionario della Mitologia classica, Milano 1989
Laurenzi L., Sculture inedite del Museo di Coo, estratto da «Annuario della Scuola Archeologica di Atene», vol. XXXIII-XXXIV, Roma 1957
Malacrino C.G., Il santuario di Eracle kallinikos epi limeni e lo sviluppo del porto di Kos in età ellenistica, in «Numismatica e Antichità classiche», XXXV, 2006, pp. 181-219
Manolis I.S., evangelia D., Ta Nomìsmata tis Nìsou Ròdou katà tin Archeòtita, Athina 2015.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]