LA SIMBOLOGIA DEL LEONE E IL MITO DI
ERACLE
ALCUNE TESTIMONIANZE DALLE SPORADI
MERIDIONALIO
di jacopo
Moretti
La simbologia del leone nelle
testimonianze artistiche
appartenenti al mondo classico è
molto frequente: se si pensa alla
cultura babilonese, questo felino è
presente sulle celebri mura di
Babilonia, per l’esattezza sulla
porta di Ishtar, divinità femminile
corrispondente alla dea sumera
Inanna, di cui il leone era
l’attributo. Nel mondo egizio, pur
avendo un volto umano, le sfingi che
custodivano le piramidi avevano un
corpo da leone: l’esempio più noto
è, probabilmente, la grande statua
monolitica di sfinge sita nella
necropoli di Giza. Rappresentazioni
di questo felino compaiono, anche,
nelle manifestazioni artistiche
legate all’impero persiano e a
quello fenicio: basti pensare, nel
primo caso, al fregio di leoni del
Palazzo di Dario I a Susa, città
stanziata sul fiume Kerkha,
nell’attuale Iran, oppure, nel
secondo caso, ai cosiddetti leoni di
Sulci, in Sardegna. Nella cultura
ebraica, invece, il leone è stato il
simbolo della tribù di Giuda, il
quarto figlio di Giacobbe stando a
quanto è scritto nella Genesi.
Questi sono soltanto alcuni degli
esempi più celebri, particolarmente
significativi perché permettono di
capire quanto la simbologia fosse
rappresentata nel mondo antico
vicino orientale. Proprio per via
delle sue caratteristiche positive
quali la forza, il coraggio e
l’orgoglio, specie nelle culture
orientali dove si praticava il
‘culto del sovrano’, il leone è
diventato il simbolo per eccellenza
della regalità e, per questo,
ampiamente adottato come emblema di
divinità e sovrani (ancora oggi, del
resto, nell’immaginario collettivo,
il leone rappresenta il “re della
Savana”).
Tuttavia, il leone è anche uno degli
animali più temuti e che
maggiormente incutono timore: per
questo, è stato spesso rappresentato
anche su costruzioni funzionali a
difendere degli spazi, per esempio
sulle mura difensive delle città,
come nel caso di Babilonia, oppure
sui monumenti funerari, per
proteggere lo spazio sacro destinato
ai defunti, come nel caso della
grande Sfinge di Giza.
La simbologia del leone in Grecia
La simbologia del leone naturalmente
è stata adottata, anche, dalla
cultura greca: gli esempi più famosi
possono essere, in questo caso, le
nove sculture che rappresentano
questo felino scoperte a Delos,
isola situata a Sud-Ovest di Mykonos,
nella cosiddetta Terrazza dei Leoni,
oppure il celebre Leone del Pireo
proveniente da Atene e importato a
Venezia nel XVII secolo, oggi ancora
visibile di fronte all’ingresso
dell’Arsenale.
Particolarmente noto è anche il
Leone di Anfipoli (VI secolo a.C.),
in Macedonia, che rappresenta, di
nuovo, un esempio di scultura
tombale, indice del fatto che anche
nel mondo greco il felino continuava
a essere rappresentato come custode
e difensore degli spazi sacri.
Nella mitologia greca,
l’associazione più nota è quella con
Eracle, il quale, nella sua prima
fatica, ha dovuto uccidere e
scuoiare per ordine di Euristeo il
leone Nemeo, una belva invulnerabile
da armi nata dal rapporto incestuoso
tra la mostruosa Echidna, in parte
una bellissima donna e in parte un
vorace serpente, e il cane Orto
allevato da Selene, la dea della
luna (Grant, Hazel 1989). In questo
racconto, quindi, l’eroismo non è
attribuito al leone, il quale, pur
conservando in parte le sue
connotazioni positive, si
contraddistingue, piuttosto, per la
mostruosità, bensì a Eracle, che è
per eccellenza la personificazione
della forza e del coraggio.
Testimonianze da Kos
Il valore simbolico di questo
episodio del mito è rimasto molto a
lungo nell’immaginario collettivo
dei Greci: volendo ora restituirne
qualche testimonianza di carattere
storico-artistico, un esempio
eccellente è offerto dall’Erma di
Eracle rinvenuta, nel 1934, nella
cosiddetta «Casa Romana»di Kos,
risalente nel suo primo impianto
all’età ellenistica e sita nella
zona della città detta Amygdalona,
dove si trovava il quartiere
signorile con belle case distribuite
in insulaeregolari lungo il decumano
(Laurenzi 1957). Le sculture
rinvenute al suo interno, però, sono
datate tra la fine dell’Ellenismo e
gli inizi dell’impero romano (I
secolo a.C. - I secolo d.C.): è
significativo constatare che la
memoria mitologica del leone di
Nemea fosse ancora viva dopo così
tanti secoli.
L’Ermadi Eracle proveniente da Kos è
una scultura alta 0,5 m rinvenuta in
stato frammentario, con la testa
spezzata in due, che rappresenta
Eracle avvolto nella leontis con il
capo cinto dallo strophion (benda,
fascia), simbolo dell’apoteosi. Pur
essendo andata perduta insieme alla
parte inferiore dell’erma, dalle
repliche di età romana apprendiamo
che la statua originariamente aveva
unita al corpo con un perno di ferro
la testa di un leone, sulla quale
poggiava anche la mano sinistra
dell’eroe greco (Laurenzi 1957). Il
riferimento all’episodio del mito
appare quindi evidente.
All’interno della Chora della città
di Kos, durante gli scavi italiani
effettuati nella prima metà del
secolo scorso, è stato rinvenuto
anche un santuario dedicato a
Eracle: si tratta del grande
complesso architettonico situato
all’angolo orientale dei quartieri
portuali che, in greco, viene
denominato Herakleion. Per ragioni
di spazio, non si entra qui nel
merito della questione, ma, a
proposito di scultura, è
interessante constatare che,
direttamente dal santuario, dovrebbe
provenire il frammento con la leonte
di una grande statua di Eracle in
marmo bianco, alta circa 1,5 m e
oggi murata all’interno della
Moschea della Loggia (Malacrino
2006). Trattasi, questa, di un’altra
testimonianza artistica che
rappresenta l’episodio della prima
fatica di Eracle: il termine leonte
si riferisce, infatti, alla pelle
del leone nemeo, che l’eroe aveva
indossato dopo aver sconfitto la
belva con la forza delle proprie
mani.
La presenza di un santuario dedicato
all’eroe e il ricorrere di
rappresentazioni scultoree che fanno
riferimento all’episodio del mito
sono tutti elementi che, nel
complesso, dimostrano una forte
vitalità del culto eracleo
sull’isola di Kos.
Testimonianze da Rodi
Un altro caso di studio sulla
simbologia del leone proveniente
dalle Sporadi meridionali è offerto
dalle evidenze numismatiche di
Lindos ascrivibili al periodo che
vanno dalla fine del VII fino agli
inizi del IV secolo a.C. Le varie
monete pubblicate provenienti dalla
città in questione (Manolis,
Evangelia 2015) sono in totale
ventisei: la più antica è datata tra
il 610 e il 561 a.C., quella più
recente tra il 400 e il 380 a.C. La
pressoché totalità di queste monete
hanno coniata sul rovescio la testa
di un leone, indice del fatto che,
almeno nei secoli in questione,
questo felino era l’emblema della
polis, nello stesso modo in cui lo
era la civetta ad Atene, la
tartaruga a Egina o il Pegaso a
Corinto.
Non è un’operazione semplice
spiegare quale sia il nesso tra la
simbologia del leone e la città di
Lindos: volendo confrontare le
evidenze numismatiche con ulteriore
documentazione, ci si accorge che
tra le statuette in terracotta
rinvenute nella stipe votiva del
santuario (Athenaion) ce ne sono
parecchie che rappresentano queste
creature, ma è altresì vero che ce
ne sono anche tante altre
raffiguranti animali differenti.
Figurine di leoni, inoltre, sono
state prodotte per molti secoli,
quindi non si riescono a ricollegare
a un fenomeno preciso.
Fino alla fine del I millennio a.C.,
comunque, i leoni erano presenti
nell’antica Grecia e abitavano aree
che oggi corrispondono alla Grecia
moderna, ai Balcani e, forse, ad
alcune parti dell’Europa
sud-orientale, oltre che nel
Nord-Africa e nel Medio Oriente (si
può presupporre, quindi, che ce ne
fossero anche a Rodi?).
È plausibile anche che tale
simbologia sia stata assimilata
direttamente dal mondo antico
vicino-orientale e che, in seguito,
sia stata reinterpretata in
relazione al repertorio mitologico
tradizionale; del resto, l’isola è
posta proprio tra l’Asia e la
Grecia, tra l’Egeo e il Mar di
Levante, quindi nel punto d’incontro
di elementi etnici diversi che,
certamente, si sono anche fusi
insieme (sotto questo punto di
vista, già a partire dalle fasi
pre-greche, la documentazione
archeologica dimostra l’esistenza di
interazioni con i Fenici, gli Ittiti
e i Micenei).
Senza nessuna pretesa di collegare
necessariamente i due fenomeni, va
constato anche che, a livello
insulare, il mito di Eracle aveva
goduto di un’enorme fortuna: un
ottimo esempio è offerto dalla
personalità di Pisandro di Camiro,
poeta epico originario dell’isola e
vissuto, secondo il lessico
bizantino Suida, nel VII secolo a.C.
Pur non essendo particolarmente
noto, egli era stato inserito nel
canone epico accanto a Omero ed
Esiodo e, in età ellenistica, tenuto
in grande onore dai successori di
Alessandro e dai filosofi della
scuola cinica proprio per gli onori
resi a Eracle.
Pisandro è autore di un poema epico
in due libri intitolato Eraclea che
riuniva insieme le varie leggende
sull’eroe, con anche un colorito
locale (Cessi 1935). Per noi,
purtroppo, sono sopravvissuti
soltanto dodici frammenti, non tutti
di paternità certa. L’attività
letteraria di Pisandro ci permette
di constatare che a Rodi, nel VII
sec. a.C., il mito di Eracle era
particolarmente conosciuto.
Da Diogene Laerzio apprendiamo,
inoltre, che la famiglia del tiranno
lindio Cleobulo (VI sec. a.C.)
vantava una discendenza mitica da
Eracle e, le stesse origini,
dicevano di avere anche i membri
della grande famiglia ialisia degli
Eratidi, da cui discenderebbe anche
il celebre pugile Diagora. A
prescindere dal fatto che si tratti
di un’informazione storicamente
fittizia, è molto significativo
apprendere che, tra le personalità
di spicco dell’isola, alcune si
presentassero come discendenti di
Eracle, perché il fenomeno, essendo
evidentemente uno strumento di
propaganda politica funzionale a
legittimare il proprio status,
permette di comprendere la notorietà
e il valore che questo mito aveva
acquisito nelle tradizioni locali.
È quindi evidente che le leggende
legate a Eracle sull’isola di Rodi
siano state particolarmente vive e
che tali siano rimaste almeno fino
al I secolo a.C.: il celebre testo
epigrafico della Cronaca di Lindos
redatto nel 99 a.C. da Timachi da di
Rodi (Blinkenberg 1941) ricorda
ancora, tra le leggende più antiche
legate al santuario della città, sia
Eracle che suo figlio Tlepolemo, i
quali, ai tempi della Guerra di
Troia, avrebbero consacrato nella
città dei doni alla dea Atena.
Non si può escludere, dunque, che la
simbologia del leone così frequente
per secoli sulle evidenze
numismatiche di Lindos possa essere
effettivamente collegata
all’importanza del mito di Eracle
nella tradizione locale.
Riferimenti bibliografici:
Blinkeberg Chr., Inscriptions
(Lindos: fouilles et recherches
1902-1914, 2), Berlin, Copenaghen
1941
Grant m., Hazel J., Dizionario
della Mitologia classica, Milano
1989
Laurenzi L., Sculture inedite del
Museo di Coo, estratto da
«Annuario della Scuola Archeologica
di Atene», vol. XXXIII-XXXIV, Roma
1957
Malacrino C.G., Il santuario di
Eracle kallinikos epi limeni e lo
sviluppo del porto di Kos in età
ellenistica, in «Numismatica e
Antichità classiche», XXXV, 2006,
pp. 181-219
Manolis I.S., evangelia D., Ta
Nomìsmata tis Nìsou Ròdou katà tin
Archeòtita, Athina 2015.