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N. 79 - Luglio 2014 (CX)

QUESTIONI DI INGIUSTIZIA
IL CASO DI LEONARD PELTIER

di Filippo Petrocelli

 

Leonard Peltier è in carcere da oltre quarant’anni. La sua storia è poco conosciuta ma è emblematica di un certo modo di intendere la “giustizia” negli Stati Uniti.

 

Nella sua persona rivive lo spirito indomito di Cavallo Pazzo e Nuvola Rossa, la ribellione degli indiani d’americani, ma soprattutto l’orgoglio e la fierezza di un popolo sconfitto ed emarginato. E la sua unica vera colpa, sembra essere proprio quella di non essersi arreso alla “dominazione bianca”.

 

Nato nel settembre del 1944 in Nord Dakota, Peltier è un nativo americano, di etnia sioux-obija ed è diventato un simbolo per tutti coloro che non vogliono “seppellire l’ascia di guerra”, né piegarsi ai cowboy a stelle e strisce di ogni tempo.

 

Accusato di un duplice omicidio di due agenti federali nel 1975 nella riserva di Ridge Pine, sconta in realtà la sua militanza nei gruppi attivi per i diritti degli indiani.

 

Quello che ha subito Peltier sembra in effetti un processo politico: i suoi principali accusatori hanno ritrattato la loro prima versione sostenendo di aver ricevuto minacce fisiche e verbali da parte di agenti del FBI, mentre tutto l’iter processuale è avvenuto a Fargo, città attraversata da forti sentimenti razzisti, con una giura composta esclusivamente da bianchi.

 

Non è un caso: Peltier è membro dell’AIM, ossia American Indian Movement organizzazione nata a Minneapolis negli anni Sessanta per difendere gli indigeni dall’espropriazione delle terre nelle Riserve e per conservare e mantenere viva la cultura dei nativi americani.

 

In quel periodo il governo statunitense promuove una politica avversa ai popoli indigeni, la cosiddetta relocation, mirata a urbanizzare gli ultimi indiani d’America, attraverso la sospensione degli aiuti statali alle Riserve.

 

Ma sono anche “anni violenti”: nella riserva di Pine Ridge nella sola metà degli anni Settanta vengono uccisi fra i 100 e i 300 militanti dell’AIM, spesso per mano di milizie private foraggiate dalle compagnie multinazionali o da “pellerossa” più interessati ai dollari che alle radici.

 

Peltier è un uomo molto sensibile e in gioventù si dedica a un pellegrinaggio costante per la nazione indiana: visita gli “ultimi”, organizzando assistenza agli esclusi di ogni genere dagli ex-carcerati agli alcolisti, dalle periferie di Portland a quelle di Seattle, la sua mano è sempre protesa verso l’altro.

 

È proprio per questa autorità “morale” che viene mandato nella primavera del ‘75 a Pine Ridge su mandato dei capi Sioux: l’intento è porre fine alle violenze e controllare la situazione sul campo.

 

Il capo della riserva Richard Dick Wilson infatti, ha abusato del suo potere cedendo grandi appezzamenti a imprese private e fondando fra le altre cose una milizia armata – i Guardians of the Oglala Nation, detti GOONs – che sparge il terrore fra i nativi.

 

Peltier arriva nella Riserva insieme ad altri membri del movimento indiano nel giugno del 1975. Il 26 del mese però due agenti del FBI fanno irruzione a Pine Ridge in cerca di un sospetto, generando una sparatoria che lascia sul campo i due federali e un nativo.

 

Per paura di ritorsioni tutti gli abitanti scappano in massa, mentre il governo organizza una spettacolare caccia all’uomo. Anche Peltier fugge in Canada aiutato da chi vive a Pine Ridge ma viene arrestato nel febbraio del 1976 e successivamente estradato negli USA assieme a due suoi compagni.

Mentre gli altri militanti dell’AIM coinvolti vengono assolti per legittima difesa, Peltier viene processato separatamente e condannato a due ergastoli per omicidio di primo grado.

 

A nulla è valsa la perizia balistica, resa pubblica dopo cinque anni sull’arma di Leonard: non è stata la sua pistola a uccidere gli agenti del FBI. Peltier è però diventato l’agnello sacrificale di una vendetta trasversale che ha messo in scena i sentimenti peggiori dell’America profonda.

 

Ad oggi una campagna internazionale ne chiede la liberazione, forte di venti milioni di firme. Importanti associazioni, enti governativi, tribunali internazionali, parlamentari di varie nazionalità e ONG ne denunciano l’ingiusta detenzione ma non sono bastati neanche gli appelli accorati di Desmond Tutu, Madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama e Nelson Mandela.

 

I suoi sostenitori credono che Peltier sconti una sola colpa, quella di non essersi voluto arrendere alla distruzione del suo popolo e paghi soprattutto per il suo impegno sociale e comunitario. Per questi valori nell’american way of life non c’è mai stato spazio.

Ecco perché nonostante le evidenze, a Leonard Peltier viene negata, ancora oggi, una riapertura del processo.



 

 

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