N. 90 - Giugno 2015
(CXXI)
Legislazione ambientale
Una battaglia di civiltà lunga vent’anni
di Monica Vargiu
Sono
trascorsi
più
di
due
decenni,
un
lasso
di
tempo
lunghissimo,
ipertrofico,
in
cui,
a
fatti
di
cronaca
inquietanti
sono
seguiti
dibattiti
estenuanti,
accorati
appelli
alle
istituzioni
e
risposte
insoddisfacenti;
finalmente,
dopo
tante
parole
e
ben
pochi
fatti,
l’attesa
è
finita
e,
con
la
pubblicazione
in
Gazzetta
ufficiale
del
29
maggio
2015,
il
reato
ambientale
è
ascritto,
come
legge
a
tutti
gli
effetti,
nel
Codice
Penale.
Dieci
giorni
prima
infatti,
a
Palazzo
Madama,
a
larga
maggioranza,
con
170
voti
favorevoli,
20
contrari
e 21
astenuti,
era
stato
varato
il
Ddl
che
prevede
pene
severe
e
tempi
di
prescrizione
più
lunghi
per
tutti
i
crimini
commessi
a
danno
dell’ambiente.
L’iter
legislativo
è
stato
complesso,
impegnativo,
sicuramente
non
agevole,
per
via
dei
parecchi
punti
di
frizione
dati
da
posizioni
differenti;
iniziato
nei
primi
mesi
del
2014
in
Commissione
Giustizia
della
Camera,
ha
visto,
nell’evolversi
dei
lavori,
un’opera
certosina
di
mediazione,
unita
alla
necessità
di
alcune
modifiche
sostanziali,
tuttavia,
questa
legge,
risulta
oggi
un
primo
importantissimo
passo
anche
se
non
certo
esaustivo
e
definitivo,
sia
per
la
tutela
e la
salvaguardia
dell’ambiente,
sia
per
il
rispetto
fondamentale
e
indiscutibile
della
salute
dell’individuo.
Una
vittoria
storica,
quasi
un
manifesto,
per
le
tante
associazioni
ambientaliste
e
non,
in
prima
linea
(Legambiente
e
Libera
su
tutte),
che
lavoravano
da
tempo
in
direzione
di
un’urgente
sensibilità
legislativa
in
materia,
ma
anche
un
tributo
morale
doveroso
a
quella
parte
di
società
civile
che
è
stata
vittima
sacrificale
di
diatribe
giudiziarie
dolorose
fra
le
più
controverse
di
questi
ultimi
anni
e
non
solo.
Il
pensiero
riconoscente
va
anche
ai
tanti
operatori
dell’informazione
che
con
il
loro
lavoro
si
sono
spesi
senza
riserve
nell’assidua
ricerca
della
verità,
e in
particolare
a
chi,
come
nel
caso
di
Ilaria
Alpi
e
Miran
Hrovatin,
hanno
pagato
con
la
vita
il
prezzo
più
alto.
Per
troppo
tempo,
il
territorio,
inteso
nella
sua
globalità
è
stato
considerato
strumento
accessorio,
è
stato
offeso,
martoriato
in
modo
subdolo,
cinico
ed
irresponsabile,
per
sostenere
interessi
particolaristici
di
consorterie
compiacenti
e
senza
scrupoli
e,
nella
maggior
parte
dei
casi
tutto
ciò
si è
tradotto
in
un
danno
irreversibile
per
l’ambiente
e di
conseguenza
per
le
genti,
spesso
ignare,
che
in
quelle
zone
vivevano
e
lavoravano.
La
vicenda
Eternit,
La
terra
dei
fuochi,
la
discarica
di
Bussi
e
l’Ilva
di
Taranto,
sono
solo
alcuni
dei
capitoli
più
bui,
sconcertanti
e
tristemente
celebri
di
questo
delittuoso
malcostume,
le
cui
conseguenze,
hanno
inciso
in
maniera
evidente
e
indelebile
nella
storia
ambientale
del
nostro
paese,
alienando
di
fatto,
a
larghe
fette
di
popolazione,
quel
diritto
sacrosanto
alla
salute
e
alla
dignità
umana
che
è
indiscutibilmente,
motore
propulsore
di
una
società
civile.
Alcune
di
queste
vicende
sono
stati
veri
e
propri
calvari
giudiziari,
che
hanno
per
lo
più
disatteso
o
deluso
le
aspettative,
in
relazione
a
quelle
risposte
doverose
e
indispensabili
che
l’opinione
pubblica
si
aspettava.
Questa
legge
si
inserisce
nel
quadro
normativo
dei
reati
ambientali
contenuti
nel
decreto
legislativo
n.152
del
2006-c.d.
del
Codice
dell’ambiente
e
contempla,
nello
specifico,
alcuni
nuovi
reati
come
quello
di
inquinamento
ambientale,
disastro
ambientale,
traffico
e
abbandono
di
materiale
radioattivo,
impedimento
del
controllo
e
omessa
bonifica,
ma
elimina,
(e
ciò
ha
suscitato
molte
polemiche
e
pone
molti
interrogativi),
il
divieto
di
utilizzo
in
mare
della
tecnica
di
ricerca
degli
idrocarburi,
tramite
esplosione,
meglio
nota
con
il
nome
di
Air
gun.
Raddoppiano,
come
si è
detto
in
apertura,
i
tempi
di
prescrizione
e
sono
previsti
aumenti
di
pena
se
il
reato
viene
commesso
in
aree
protette
e
sottoposte
a
vincolo
ambientale.
Un
inasprimento
dei
provvedimenti
è
previsto
anche
in
materia
di
traffico
illegale
di
specie
animali
e
vegetali
in
via
d’estinzione.
Per
Roberto
Pennisi,
sostituto
procuratore
della
Direzione
Nazionale
Antimafia,
che
da
tempo
si
occupa
di
ecomafia
e
crimini
ambientali,
la
legge
in
questione
costituisce
un
buon
inizio,
ma
risulta
essere
ancora
poco
incisiva
in
materia
di
prevenzione
dei
reati,
inoltre,
sempre
secondo
Pennisi,
sarebbe
fondamentale,
in
quest’ottica,
non
depotenziare
il
Corpo
forestale
dello
Stato
per
non
influire
negativamente
sul
piano
repressivo.
Il
quotidiano
online
Green-Report,
in
un
articolo
di
Santoloci
e
Vattani,
disserta
sull’uso
dell’avverbio
abusivamente,
utilizzato
per
la
formulazione
del
reato
di
disastro
ambientale;
la
presenza
dell’avverbio
in
questione,
pone
infatti
plurimi
interrogativi
a
livello
interpretativo,
diventando
così,
di
fatto,
un
elemento
semantico
di
rilievo
determinante,
poichè,
nell’applicazione
della
legge
e
nei
conseguenti
verdetti,
si
potrebbero
presentare
interpretazioni
difformi
e
probabilmente
in
antitesi.
Una
progressione
ulteriore
del
provvedimento,
sarebbe
sicuramente
rappresentata
dalla
proposta
di
disegno
di
legge
della
Senatrice
Loredana
De
Petris,
che
ha
come
finalità
quella
di
inserire
l’ambiente,
fra
i
principi
fondamentali
dell’art.
9
della
Costituzione,
dove
già
figurano
paesaggio
e
patrimonio
artistico,
legittimandolo
così,
come
ricchezza
da
preservare
e
difendere
sopra
ogni
altro
interesse
particolare.
Al
di
là
del
dibattito
che
ne
conseguirà,
con
questo
probabile
nuovo
tassello
legislativo
e
con
tutte
quelle
che
saranno
le
articolazioni
future
in
materia
ambientale,
si è
sostanzialmente
preso
atto,
di
una
realtà
che
non
poteva
più
aspettare,
si è
data
una
prima
e si
spera
efficace
risposta,
a
quello
che
era
a
tutti
gli
effetti
un
vuoto
normativo,
da
colmare
con
urgenza.
Ci
si
augura,
in
prospettiva,
che
queste
rappresentino
solide
fondamenta
dalle
quali
partire,
per
formulare
con
decisione
e
completezza
sempre
crescente,
una
legislazione
fattiva
a
favore
dell’ambiente,
visto
e
vissuto,
non
più
in
modo
miope,
ma
come
vero
e
proprio
valore
fondante,
la
cui
centralità
e
“sacralità”,
non
deve
essere
più
messa
in
discussione
da
una
società
evoluta
e
consapevole
e
soprattutto
degna
di
essere
considerata
tale.
Se
queste
sono
dunque
le
premesse,
il
reato
ambientale
deve
essere
considerato
come
un
vero
e
proprio
crimine
contro
l’umanità
intera
e,
il
sacrificio
di
tanti
è il
monito
da
tenere
sempre
vivo
nelle
nostre
coscienze,
poiché,
l’assunzione
di
responsabilità
individuale
e
collettiva,
rappresenta
la
modalità
più
fattiva
e
illuminante
che
abbiamo
per
onorarne
la
memoria
e
determinare
il
cambiamento.